Adozione coparentale (stepchild adoption)
)
Nel linguaggio comune contemporaneo l’espressione stepchild adoption è indicata per qualificare l’adozione del figlio di un soggetto (che ne è genitore biologico) da parte del compagno dello stesso sesso. È però opportuno ricordare che, nel suo significato originario, tratto dal lessico inglese, la stepchild adoption indica l’adozione da parte del partner del genitore di un minore nato o adottato nel corso di una precedente relazione oppure, quando consentito, anche adottato come singolo1; più precisamente, invece, l’adozione coparentale indica l’adozione di un minore a favore del coniuge del genitore ossia l’istituto previsto dall’art. 44, co. 1, lett. b), l. 4.5.1983, n. 184. Ai fini dell’odierna trattazione, recependo l’utilizzo ormai “consuetudinario”, le due espressioni verranno utilizzate come sinonimi2.
Nell’ordinamento italiano, in linea con gli altri sistemi giuridici europei, il legame genitoriale può originare da un procedimento adottivo: il genitore diventa tale in assenza di legame biologico con il minore e a seguito di procedura giurisdizionale che sostituisce al vincolo biologico una attribuzione giuridica della responsabilità genitoriale. L’origine del progetto genitoriale non incide sullo stato giuridico dei figli che è sempre e comunque lo stesso (art. 315 c.c. come modificato dalla l. 10.12.2012, n. 219). Il referente normativo principale, in materia di adozione, è la l. n. 184/1983 (Diritto del minore ad una famiglia). La normativa in esame enuclea, in modo tipico e tassativo, i casi ex lege che consentono l’instaurazione giuridica (piuttosto che biologica) del legame genitoriale. In linea di principio, l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare (art. 6 l. n. 184/1983). Condizione necessaria perché l’adozione possa essere pronunciata, è che l’età degli adottanti superi di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando. In ogni caso, l’adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità (art. 7, co. 1, l. n. 184/1983): sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio. La norma testé citata (art. 7) ha riguardo ai casi “ordinari” di adozione ed esclude, di norma, l’adozione da parte di coppie formate dallo stesso sesso, atteso che il procedimento adottivo è riservato ai coniugi e non è esteso agli uniti (come noto, l’unione civile è la formazione familiare composta da due persone dello stesso sesso: v. art. 1 l. 20.5.2016, n. 763; v. in questo volume, Diritto civile, 1.1.1 Unioni civili). L’adozione non è consentita nemmeno alle persone che siano solo conviventi di fatto (al riguardo, v. art. 1 l. n. 76/2016). A fronte di casi ordinari, la normativa disciplina anche «casi particolari» di adozione, nell’ambito dell’art. 44 l. n. 184/1983. L’adozione nei casi ordinari è detta “piena o legittimante” poiché esplica effetti totalmente parificanti rispetto alla genitorialità biologica. Gli effetti dell’adozione “non piena” sono invece regolati dagli artt. 45 ss. l. n. 184/1983.
L’adozione in casi particolari (art. 44, co. 1, l. n. 184/1983) prevede che i minori possano essere adottati («anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7»):
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche maturato nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento, quando il minore sia orfano di padre e di madre4;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’art. 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Adozione piena e adozione in casi particolari rappresentano due diversi istituti giuridici, anche se, in concreto, gli autori dibattono circa la persistente diversità effettiva, alla luce delle modifiche apportate al “sistema” dal d.lgs. 28.12.2013, n. 154. L’adozione cd. legittimante, come visto, abilita l’adozione (nazionale o internazionale) di bambini in stato di abbandono, prevedendo una corsia preferenziale in favore delle persone con cui il minore abbia instaurato legami affettivi significativi e un rapporto stabile e duraturo (si tratta, in genere, della cd. famiglia affidataria: v. art. 5 bis l. 19.10.2015, n. 173). Per effetto dell’adozione ordinaria, la relazione tra minore e adottante è del tutto equiparata a quella sussistente tra genitore biologico e la propria prole. La “adozione in casi particolari” è ammessa, invece, come visto, in diversi casi specifici che concernono, per lo più, ipotesi in cui vi è già una relazione genitoriale di fatto tra un bimbo ed un adulto. La stessa è consentita anche ai singoli ed alle coppie non sposate. Si tratta dell’ipotesi di bambini già curati da parenti o conoscenti (art. 44, co. 1, lett. a, l. n. 184/1983) e dell’ipotesi di bambini che hanno instaurato una relazione filiale col nuovo coniuge del proprio genitore (art. 44, co. 1, lett. b, l. n. 184/1983). In questi casi non si tratta di trovare un genitore per un bambino abbandonato ma di tutelare e coprire giuridicamente situazioni in cui un bambino ha già chi si occupa di lui, dove vi è già un “genitore di fatto” che è tuttavia privo di riconoscimento legale formale5. Vi è da osservare che, proprio in tempi recenti, il legislatore prima (la cennata l. n. 173/2015) e la Consulta dopo hanno invero avviato un’opera di “riconoscimento” rafforzato dei legami familiari “di fatto”: in particolare, C. cost., 20.10.2016, n. 225 ha “aperto” alla tutela del cd. genitore sociale. Con la pronuncia in esame, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione – sollevata, in relazione a plurimi parametri costituzionali, dalla Corte di appello di Palermo – di legittimità costituzionale dell’art. 337 ter c.c. nella parte in cui, disponendo che il minore ha diritto di mantenere rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, impedirebbe al giudice di garantire la conservazione, nell’interesse del minore, di rapporti, ove ugualmente significativi, con soggetti diversi dal ramo parentale (nella specie, l’ex partner omoaffettiva della genitrice biologica di due minori). Per la Corte delle leggi, l’interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l’interesse del minore, di un rapporto significativo da quest’ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti è «riconducibile alla ipotesi di condotta del genitore “comunque pregiudizievole al figlio”, in relazione alla quale l’art. 333 dello stesso codice già consente al Giudice di adottare “i provvedimenti convenienti” nel caso concreto. / Non sussiste, pertanto, il vuoto di tutela dell’interesse del minore presupposto dal Giudice rimettente».
L’adozione in casi particolari è anche prevista per bambini orfani portatori di handicap (lett. c), per i quali, essendo l’adozione ammessa anche per i singoli e le coppie non sposate, viene così ampliata la platea degli aspiranti adottanti.
L’adozione in casi particolari è prevista anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (art. 44, co. 1, lett. d, l. n 1. 184/1983): si tratta della norma di riferimento per l’odierna trattazione. In passato, infatti, la disposizione è stata interpretata dalla giurisprudenza in modo restrittivo, come applicabile comunque alla ipotesi del bambino “in stato di abbandono”. Si sosteneva, dunque, che la norma abilitasse il ventaglio degli adottanti a fronte di minori in stato di abbandono, difficilmente adottabili e di fatto rimasti senza proposte adottive: come per il caso di bambini affetti da patologie psichiatriche o fisiche invalidanti. La giurisprudenza più recente ha mutato indirizzo e interpretato la norma in modo diverso: secondo il nuovo trend pretorile, la disposizione prevedendo che «vi sia la constata impossibilità di affidamento preadottivo», fa riferimento (non solo a situazioni di impossibilità materiale di adottare bambini in stato di abbandono, ma anche) ad ogni altra ipotesi di impossibilità giuridica di adottare con adozione legittimante. Si tratta, cioè, di casi in cui non vi è uno stato di abbandono e dove, tuttavia, l’adozione appare comunque consigliabile per una migliore tutela dei diritti del minore. Sulla scorta di questa interpretazione è stata consentita l’adozione di bambini risultanti affidati da anni ad una coppia o ad un singolo6. Si arriva così al tema oggetto della presente indagine: proprio attraverso il menzionato art. 44, co. 1, lett. d), l. n. 184/1983, infatti, si è arrivati ad affermare che, nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44, co. 1, lett. d), l. n. 184/1983 ed a prendere il doppio cognome, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento. In questi termini si è pronunciato originariamente il Tribunale per i minorenni di Roma, con sentenza 30.7.2014 (est. Cavallo) . Di contrario avviso è stato, di lì a breve, il Tribunale per i minorenni di Torino che, con sentenza 11.9.2015, ha affermato che l’adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983 presuppone l’impossibilità materiale di affidamento preadottivo, dovendosi ritenere “eversiva” del suo significato una interpretazione della norma che ne consenta l’applicazione anche in caso di impossibilità giuridica7. Entrambe le pronunce cennate sono state sottoposte al vaglio del giudice superiore che ha aderito alla linea inaugurata dal Tribunale romano (essendo così riformata la decisione torinese dalla Corte di appello di Torino), frattanto allineatosi nella propria giurisprudenza (Trib. min. Roma, 22.10.2015, est. Cavallo; Trib. min. Roma, 23.12.2015, est. Cavallo). In particolare, secondo il giudice superiore romano, nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44, co. 1, lett. d), l. n. 184/1983, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento; la sussistenza di tale rapporto genitoriale di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità deve essere operata in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psicosociali (App. Roma, 23.12.2015, Pres. Montaldi, est. Pagliari); della stessa idea la Corte di appello di Torino che, riformando il primo grado, afferma l’ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), della l. n. 184/1983 può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l’interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l’altra figura genitoriale sociale, seppure dello stesso sesso (App. Torino, 27.5.2016, Pres. Mecca, est. Lanza).
La questione della cd. stepchild adoption è stata infine affrontata dalla Suprema Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi con riguardo alla impugnazione di App. Roma, 23.12.2015, cit. Definendo il procedimento in senso conforme alla decisione impugnata, la Suprema Corte di ha, in primis, affermato che in ipotesi di domanda di adozione in casi particolari da parte della compagna della madre biologica non sussiste alcun conflitto di interessi fra quest’ultima e la figlia e non vi è pertanto alcuna necessità di nominare un curatore speciale. Ha quindi osservato che l’ipotesi di adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983 può trovare applicazione anche in caso di impossibilità giuridica di affidamento preadottivo per non essere il minore dichiarato in stato di abbandono sussistendo un genitore biologico che ne ha cura; la norma può pertanto trovare applicazione anche nel caso in cui sussista l’interesse concreto del minore al riconoscimento del rapporto genitoriale di fatto instauratosi con l’altra figura genitoriale sociale, seppure dello stesso sesso (Cass., sez. I, 26.5.2016, n. 12962, Pres. Della Palma, est. Acierno).
Sulla scorta dei tanti provvedimenti esaminati, deve darsi atto di una giurisprudenza ormai prevalente nel senso che l’impossibilità di affidamento preadottivo può sussistere non solo in presenza di uno stato di abbandono del minore, ma anche per la non praticabilità dell’adozione di cui agli artt. 6 ss. l. n. 184/1983 in ragione: dell’inopportunità dell’affidamento preadottivo nell’interesse del minore, pur privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori; oppure della mancanza nel minore del requisito dello stato di abbandono; e/o della mancanza negli aspiranti adottanti dei requisiti di cui all’art. 6 l. 184/19838. L’interpretazione risulta avallata non solo dalla Corte di cassazione nella pronuncia n. 12962/2016, ma anche da C. cost., 7.10.1999, n. 383, secondo cui la ratio dell’effettiva realizzazione degli interessi del minore consente l’adozione per «constatata impossibilità di affidamento preadottivo» anche quando i minori «non sono stati o non possono essere formalmente dichiarati adottabili». Questa lettura, peraltro, era stata anche avallata dalla dottrina9 prima della giurisprudenza del 2014.
Note
1 Cottatellucci, C., La vita familiare e la Cedu, in Diritto di famiglia e minorile: istituti e questioni aperte, a cura di C. Cottatellucci, Torino, 2016, 184.
2 Sull’argomento, ex multis: Gattuso, M., Tribunale per i minorenni di Roma: sì all’adozione del figlio del partner ed al doppio cognome, l’omogenitorialità è “sana e meritevole d’essere riconosciuta”, in articolo29 (articolo29.it), (29 agosto) 2014; Long, J., Adozione in casi particolari e second parent adoption, ibidem, (15 dicembre) 2014; Zaccaro, G., Adozione da parte di coppie omosessuali, stepchild adoption e interesse del minore, in questionegiustizia.it, (4 settembre) 2014; Vaccaro, G., Solo adozione speciale per le coppie omosessuali, in diritto24.ilsole24ore.com, (1° settembre 2014); Danovi, A.G.Pesce, R., Il tribunale per i minorenni di Roma ha disposto l’adozione in “casi particolari” di un minore da parte del convivente omosessuale del genitore biologico: motivazioni e prospettive, in SPIA al diritto (spiaaldiritto.it), 9/2014.
3 La Corte costituzionale ha interpretato l’art. 29 Cost. nel senso che l’istituto del matrimonio è riservato alle persone di sesso diverso, potendo le coppie formate da persone dello stesso sesso accedere a forme diverse e alternative: v. C. cost., 11.6.2014, n. 170. In particolare, in parte motiva, la pronuncia succitata osserva: «non ne è possibile la reductio ad legitimitatem mediante una pronuncia manipolativa, che sostituisca il divorzio automatico con un divorzio a domanda, poiché ciò equivarrebbe a rendere possibile il perdurare del vincolo matrimoniale tra soggetti del medesimo sesso, in contrasto con l’art. 29 Cost. Sarà, quindi, compito del legislatore introdurre una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tal piano, di assoluta indeterminatezza».
4 Lettera così modificata dall’art. 4, co. 1, l. 19.10.2015, n. 173 (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare).
5 In questi termini, efficacemente: Gattuso, M., op. cit.
6 Gattuso, M., op. cit.
7 Nocco, A., L’adozione del figlio di convivente dello stesso sesso: due sentenze contro una lettura “eversiva” dell’art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 205 ss.
8 Long, J., op. cit.
9 Ferrando, G., Diritto di famiglia, Bologna, 2013, 320.