Vedi ADRANO dell'anno: 1958 - 1994
ADRANO (v. vol. I, p. 71)
Dal 1981 la Soprintendenza Archeologica di Siracusa ha iniziato l'indagine sistematica nell'area di Α., la colonia dionisiana che copriva un'estensione di c.a 80 ha e di cui erano finora noti solo tratti della cinta muraria (il braccio orientale, in contrada Difesa, una torre quadrangolare a NO inglobata nella chiesa di S. Francesco) e alcuni vani di abitazione immediatamente all'interno delle mura, da uno dei quali proviene un tesoretto di 107 monete di bronzo (70 della zecca siracusana di Iceta 289/288 a.C. e 37 della zecca di Pirro).
Le esplorazioni sono state effettuate a più riprese nelle contrade Giobbe e Zaccani a partire da c.a 300 m a O della cinta muraria della contrada Difesa, quindi nel settore SE della città greca. Condotta in un contesto di intensa e disordinata urbanizzazione, la ricerca ha dovuto procedere di pari passo con urgenti esigenze di tutela, spesso discostandosi da quei criteri che dovrebbero contraddistinguere l'organica indagine di un tessuto urbano antico. Sono ugualmente emersi elementi importanti per la ricostruzione dell'impianto urbano; in particolare sono stati individuati in un raggio di c.a 90 m alcuni tratti di una strada di direzione N-S, fiancheggiati sul lato orientale da una canaletta in blocchi di pietra lavica. Messa in luce per un'ampiezza massima di c.a 7 m, essa costituiva una delle principali arterie viarie di Α.: l'ideale prosecuzione del suo braccio N taglia infatti l'attuale Via Catania e la parallela Via Garibaldi, per passare a poco più di un centinaio di metri a E della torre inglobata nella chiesa di S. Francesco, in prossimità della quale doveva quindi aprirsi una delle porte urbiche.
Immediatamente a E della platéia N-S e nell'ambito di altri terreni sono emerse porzioni di isolati con vani di abitazione in maggioranza riferibili a un tessuto unitario, databile fra gli ultimi decenni del IV e la seconda metà del sec. a.C., cui ci riportano anche і numerosi frammenti di intonaco parietale dipinto a fasce e riquadri in colore rosso, bianco e bruno in conformità a un partito decorativo (del così detto primo stile), più volte attestato nel primo ellenismo siceliota (a Siracusa, Eraclea Minoa, Gela, Morgantina, ecc.).
Nell'ambito dei saggi effettuati non si sono raccolti ancora dati certi per la definizione del modulo metrico dell'isolato, ma elementi di notevole interesse sono emersi da una serie di prospezioni elettromagnetiche} condotte nel 1986 su un'area di c.a 9 ha, che hanno avuto come iniziale punto di riferimento la grande arteria viaria N-S. L'interpretazione delle anomalie registrate ha confermato la prosecuzione verso S di un regolare tessuto urbano in allineamento con le porzioni di isolati messe in luce nel precedente quadriennio. In particolare spiccano sette anomalie lineari in direzione N-S parallele alla grande platèia, che si presume siano corrispondenti ad altrettante strade: la loro distanza, di c.a m 34,50 l'una dall'altra, potrebbe quindi identificarsi verosimilmente con l'ampiezza degli isolati.
Pochi, al momento, gli elementi relativi alle tipologie abitative: nella c.d. Casa D si può forse individuare uno schema planimetrico incentrato su una disposizione dei vani ai lati di uno spazio aperto, mentre, in un'altra porzione di edificio, і resti di un portichetto collocato a N potrebbero far ipotizzare la presenza di una casa del tipo a pastàs (la c.d. Casa C). Sottostanti alla fase abitativa meglio conservata, sono stati evidenziati alcuni resti di epoca anteriore riferibili forse proprio all'originario impianto dionigiano dal cui orientamento non dovrebbero differenziarsi molto le fasi successive.
La fase più recente dell'impianto del settore SE di Α., nella inoltrata età repubblicana, ci è attestata dalla Casa F, in Piazza Dionigi il Grande, che mostra diversi segni di rifacimento e ristrutturazione ed è caratterizzata dalla presenza, sul lato S, di un grande ambiente, presumibilmente un cortile con pavimentazione in lastre fittili quadrangolari.
Dalla Casa F proviene un piccolo tesoretto monetale, contenuto entro un'olpe fittile acroma, di piccole dimensioni, e costituito da 10 denari d'argento della zecca di Roma, il più antico dei quali risale al 205-190 a.C. e і più recenti al 139-138 a.C., rispettivamente emissioni dei magistrati monetari M. Aurelius Cotta e C. Rennius; l'occultamento del tesoretto potrebbe quindi venir messo in relazione con la prima rivolta servile siciliana (140-131 a.C.) і cui effetti devono essersi logicamente ripercossi su Adrano.
Inoltre, presso la chiesa di S. Alfio sono stati riportati alla luce і resti di una piccola basilica, impiantatasi sui livelli interessati dalla necropoli occidentale della città greca.
La città indigena del Mendolito. ― Le esplorazioni effettuate nel 1962-1963 dalla Soprintendenza Archeologica di Siracusa (sotto la direzione di Paola Pelagatti) nell'area della città indigena del Mendolito, su una terrazza lavica alla sinistra del Simeto, a c.a 8 km a NE di Α., si sono concentrate innanzitutto nell'ambito della fortificazione in pietrame lavico, a doppia cortina, da cui la città, che copriva un'estensione di c.a 80 ha, era circondata sui lati N, S ed E mentre a о era difesa naturalmente da alte pareti rocciose.
È stata messa in luce la porta urbica meridionale, fra due torri, con pianta a ferro di cavallo databile, in base agli elementi stratigrafici, nell'ambito della seconda metà del VI sec. a.C. Nello spigolo esterno del braccio orientale della porta era inserito il blocco in arenaria con la nota iscrizione anellenica di carattere pubblico, la cui eccezionale importanza storica e linguistica è ormai ampiamente consolidata.
Saggi effettuati all'interno delle mura hanno poi evidenziato resti di abitazioni databili fra il pieno VI sec. a.C. e, al più tardi, gli inizi del V.
Di particolare interesse è la vicina necropoli di Sciare Manganelli, a S della città, oggetto di brevi indagini durante la campagna 1962-1963 e nel 1978, con tombe a thòlos in muratura di pietra lavica, peculiare tipologia di ormai remota ascendenza micenea (come alcuni sepolcri, di tipo non dissimile, nell'area del centro indigeno poi grecizzato di Monte Bubbonia); alcune di esse hanno restituito corredi databili fra la seconda metà del VII e і primi decenni del VI sec. a.C., composti, oltre che da ceramica locale con decorazione geometrica e da ceramica corinzia attica e di tipo ionico, da manufatti in bronzo e da 4 scarabei in faïence, questi ultimi rappresentano un raro documento della penetrazione della cultura orientalizzante in ambito indigeno.
Questi ritrovamenti evidenziano l'importanza politica e il livello economico e culturale raggiunti in età arcaica dall'ancora anonima città indigena del Mendolito (Piakos?), centro che ha ormai assunto un ruolo emblematico nel quadro dei rapporti fra elemento «autoctono» e mondo coloniale (nel caso specifico і Calcidesi di Katàne).
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