Adriano Buzzati-Traverso
Adriano Buzzati-Traverso è stato uno dei principali esponenti della prima generazione di genetisti e biologi molecolari in Italia. A lui si devono molti sforzi, dopo la Seconda guerra mondiale, per l’innovazione dell’organizzazione della ricerca nel Paese e per la diffusione della cultura scientifica. Fautore del necessario processo di internazionalizzazione della ricerca, anche a livello europeo è stato uno dei principali promotori della cooperazione continentale, contribuendo attivamente alla fondazione di alcune delle istituzioni sovranazionali nel campo delle scienze della vita. La sua figura è stata quindi fondamentale per la modernizzazione della cultura italiana.
Nato a Milano il 6 aprile del 1913, Adriano era il figlio più giovane dell’importante giurista Giulio Cesare Buzzati (bellunese, professore universitario a Pavia e alla Bocconi di Milano). Più grandi di lui di qualche anno erano i fratelli Augusto (divenuto ingegnere), il celebre scrittore Dino e la sorella Angelina. Già nel corso dei suoi studi universitari andò negli Stati Uniti (alla Iowa State University, presso l’Istituto di genetica diretto da Ernest W. Lindstrom, 1891-1948) tra il 1934 e il 1935, dove entrò in contatto con i nuovi approcci alla ricerca biologica che sottolineavano, da un lato, l’importanza dell’applicazione della statistica alla genetica evolutiva e, dall’altro, la necessità di integrare la prospettiva fisica nello studio dell’eredità. Si laureò in scienze naturali nel 1936 a Milano con una tesi che introduceva i concetti della radiogenetica (l’uso dei raggi X per studiare il materiale ereditario), e iniziò subito la stretta collaborazione con uno dei decani della genetica classica italiana, Carlo Jucci (1897-1962) all’Università di Pavia.
Lo studio della biofisica e della radiogenetica lo portò alla stretta collaborazione, iniziata nel 1937, con Nikolaj V. Timofeev Ressovskij a Berlino, dove si recherà più volte fino al 1942, prima e dopo la sua partecipazione alle operazioni belliche sul fronte libico. Negli anni della guerra fu incaricato dell’insegnamento di zoologia a Milano e di genetica a Pavia. Proprio presso l’ateneo pavese Buzzati-Traverso e Jucci crearono l’Istituto di genetica, ospitato presso l’Istituto di zoologia diretto da Edgardo Baldi: a esso faceva capo la rivista «Scientia genetica», nonché la ‘Type culture collection of Drosophila’, che avrà in seguito il patrocinio della International union of biological sciences e dell’UNESCO. Nel 1948 Buzzati-Traverso partecipò al primo concorso per le cattedre di genetica e in seguito al risultato positivo venne chiamato per la cattedra a Pavia, dove aveva spostato anche il Centro per lo studio della biofisica del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), che aveva fondato presso l’Istituto italiano di idrobiologia di Pallanza nel 1945, svolgendo ricerche anche in collaborazione con Luigi Luca Cavalli-Sforza e Niccolò Visconti di Modrone. Tra il 1951 e il 1952, grazie a un accordo con il ministero degli Esteri, Buzzati-Traverso trascorse un anno presso l’Università della California, dove insegnò genetica nelle sedi di Berkeley e di La Jolla.
Tra il 1954 e il 1956 ritornò negli Stati Uniti a dirigere la nuova divisione di biologia molecolare della Scripps institution of oceanography a La Jolla, creata grazie al sostegno della Rockefeller foundation, e al suo ritorno in Italia collaborò con il Comitato nazionale per l’energia nucleare (CNEN) diretto da Felice Ippolito, di cui Buzzati-Traverso diresse la Divisione biologica. Nel 1962 lasciò Pavia per trasferirsi a Napoli, dove fondò e diresse il Laboratorio internazionale di genetica e biofisica, un’impresa ambiziosa che Buzzati-Traverso lascerà nel 1969, insieme alla direzione del mensile «Sapere», da lui tenuta per un solo anno. Dall’anno successivo ricoprì la carica di vicedirettore generale dell’UNESCO, dirigendo il Dipartimento di scienze esatte e naturali. Dal 1973 fu invece consigliere dello United nations environment program. Di fatto, dal 1969 abbandonò la ricerca biologica in favore di un maggiore impegno verso i problemi del pianeta: sfruttamento delle risorse, cambiamenti ambientali, sovrappopolazione, sempre cercando di utilizzare un approccio scientifico alle questioni in gioco. Negli ultimi anni di vita si dedicò sempre di più all’attività pubblicistica, fino alla scomparsa che avvenne a Milano il 22 aprile 1983.
L’attività scientifica di Buzzati-Traverso è strettamente intrecciata allo sviluppo di un nuovo approccio all’organizzazione e alla gestione della ricerca, nonché all’introduzione di una prospettiva multidisciplinare che ha rappresentato probabilmente l’aspetto più innovativo dello sviluppo della biologia molecolare. I suoi interessi si concentrarono negli anni Trenta e Quaranta proprio su problemi che richiedevano nuove modalità di studio, e che furono alla base dell’esplosione della ‘nuova biologia’ a partire dalla metà del Novecento. Negli Stati Uniti Buzzati-Traverso divenne familiare con le questioni dell’evoluzione osservate dal punto di vista delle frequenze genetiche, con un approccio statistico combinato con lo studio popolazionale tipico dei pionieri della genetica evoluzionistica come Theodosius Dobzhansky, Sewall Wright ed Ernst Mayr. Dagli Stati Uniti importò anche la ‘passione’ per la drosofila, il moscerino della frutta protagonista della ricerca in genetica nel Novecento grazie soprattutto agli studi di Thomas H. Morgan (1866-1945).
L’introduzione in Italia della drosofila come animale modello è uno dei principali meriti di Buzzati-Traverso. Seguendo quindi tale filone, lo studio delle insorgenze delle mutazioni in questo insetto fu l’aspetto più originale delle sue ricerche, innestato sullo studio della natura fisica del gene e delle unità biologiche elementari che Buzzati-Traverso intraprese con Timofeev Ressovskij a Berlino. Queste ricerche utilizzavano principalmente le radiazioni per studiare i processi di mutazione e quindi comprendere, da un lato, la struttura del materiale ereditario, dall’altro, l’evoluzione delle specie. Appartengono a questo ambito le prime pubblicazioni scientifiche di Buzzati-Traverso, che culminano nel 1948 con l’uscita del volume Teoria dell’urto ed unità biologiche elementari, una presentazione dell’approccio biofisico ai problemi dell’eredità, eloquentemente dedicato a Timofeev Ressovskij e considerato «il prolegomeno alla futura biologia generale» (p. 12). Il libro è firmato anche da L.L. Cavalli (non ancora Cavalli-Sforza), che diventerà uno dei più importanti genetisti a livello internazionale, anche lui laureato a Milano e avviato alle ricerche in questo campo proprio da Buzzati-Traverso.
Quest’ultimo, quindi, attribuiva allo studio genetico dell’evoluzione una straordinaria importanza, riflessa nell’organizzazione dei suoi corsi a Pavia, in cui non solo esponeva queste teorie, ma includeva lo studio della statistica e dei concetti fondamentali della nuova teoria dell’evoluzione darwiniana che va sotto il nome di sintesi moderna. Il suo progetto culturale si spinse fino a immaginare la creazione di una scuola biennale di specializzazione in genetica già alla fine degli anni Quaranta, un progetto che non andò in porto. Anche l’istituzione di un centro di ricerca per la genetica di popolazione, già presentata al CNR nel 1939, venne rifiutata per questioni economiche.
L’operazione di modernizzazione culturale di Buzzati-Traverso per gli studenti pavesi fu perseguita anche attraverso numerosi seminari tenuti da ricercatori italiani e stranieri che permisero di entrare in contatto con idee e concetti ancora poco diffusi.
L’esperienza cosmopolita convinse Buzzati-Traverso della necessità di riorganizzare la ricerca secondo gli standard statunitensi e da subito condusse una lotta all’interno della comunità accademica per superare confini disciplinari e idee antiquate sul management della scienza. Nel 1950 scriveva:
In Italia, con un po’ d’insistenza, si riesce sempre ad ottenere da enti pubblici o privati quattrini per costruire muri, e magari degli apparecchi costosi, ma quasi mai si riesce ad ottenere del danaro per il funzionamento di un laboratorio, per aumentare il personale o per offrire a questo un trattamento economico meno vergognoso (Ricerca, danaro, muri e uomini, «La ricerca scientifica», 1950, 20, 6, p. 758).
Non è un caso che negli anni Cinquanta Buzzati-Traverso cercasse anche di creare in Italia un istituto di tecnologia (ispirandosi al MIT, Massachusetts Institute of Technology, di Boston) rivolgendosi a imprenditori privati, cercando cioè di sottrarsi ai vincoli posti dall’accademia e di introdurre un’idea di formazione superiore che combinasse ricerca pura e applicata al servizio del Paese.
La vicenda della biologia molecolare era d’altra parte esemplare di un approccio che univa fisica, chimica e biologia e non poteva quindi prescindere da utilizzare strumenti e concetti interdisciplinari. La prospettiva di Buzzati-Traverso lo portò necessariamente a contatto con la comunità dei fisici, una vicinanza da cui trasse notevoli vantaggi. Rientrato dagli Stati Uniti nel 1956, ebbe il supporto del CNEN per l’organizzazione di due corsi biennali intitolati ‘Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti’ tenuti a Pavia, cui partecipò la prima generazione di genetisti formatisi in Italia con la nuova prospettiva molecolare. I corsi, a numero chiuso e con borse di studio per tutti gli studenti, ebbero un corpo docente di livello internazionale e una spiccata dimensione di laboratorio. Inoltre, prevedevano una prolungata permanenza all’estero. L’esperienza dei corsi è ricordata dai partecipanti come affascinante ed estremamente innovativa all’interno del panorama delle scienze della vita nell’Italia degli anni Cinquanta, sia per l’organizzazione meno accademica sia per i concetti e i metodi affrontati.
I corsi furono una sorta di prova per l’impresa – temeraria per certi versi – che Buzzati-Traverso mise in piedi a Napoli a partire dal 1962. Con finanziamenti del CNR e dell’European atomic energy community (EURATOM, di cui Buzzati-Traverso dirigeva l’Ad hoc working group for biology), riuscì a creare un centro di ricerca, il Laboratorio internazionale di genetica e biofisica (LIGB), di levatura internazionale ma soprattutto organizzato in modo del tutto nuovo, lontano dalla burocrazia tipica dell’università e del CNR, e gestito secondo criteri nuovi. Gli stipendi erano decisamente più alti e i contratti non dovevano sottostare alle stesse regole del CNR. Senza le pastoie dei concorsi e potendo stipulare contratti a termine, il LIGB aveva un ricambio continuo del personale ed era quindi anche competitivo sul ‘mercato’ internazionale della scienza.
Il LIGB rappresentava, in sostanza, il tentativo di importare il modello americano di organizzazione scientifica, insieme alla biologia molecolare. Un tentativo che coinvolse quasi tutta la parte di comunità scientifica che apprezzava questo nuovo approccio (in particolare, Buzzati-Traverso chiamò come vicedirettore dell’Istituto Franco Graziosi, rappresentante della cosiddetta scuola romana, che si occupava della genetica dei fagi), ma che non mancò di suscitare scetticismo e in alcuni casi aperta opposizione da parte di molti colleghi. Il LIGB ebbe infatti vita non facile: se da un lato godeva di una libertà notevole dal punto di vista scientifico e amministrativo, dall’altro si andò a scontrare con una città dove nessuno scommise sulla possibilità di crescita attraverso i laboratori scientifici. I progetti di ampliamento del Laboratorio, ospitato per oltre quarant’anni in baracche prefabbricate sottodimensionate vista la crescita numerica, non ebbero seguito perché nessuno mise a disposizione i necessari terreni, né i permessi (solo nei primi anni del 21° sec., a causa di un’ondata di maltempo, l’Istituto si è dovuto trasferire). Anche il tentativo, condotto insieme a Eduardo Caianiello e Alfonso Maria Liguori, di creare a Napoli l’Area della ricerca, in grado di rilanciare lo sviluppo scientifico e culturale del Mezzogiorno, non ebbe seguito.
La gestione del LIGB ebbe una prima fase difficile nel 1964, quando in seguito ai casi di Ippolito e di Domenico Marotta, accusati di presunti illeciti amministrativi, tutte le istituzioni scientifiche risentirono dell’irrigidimento della burocrazia. Buzzati-Traverso diede le dimissioni, e l’incarico di direttore fu preso temporaneamente da Cavalli-Sforza. Buzzati-Traverso riprese la direzione dopo pochi mesi, spingendo sempre di più il LIGB in una dimensione internazionale, con corsi d’avanguardia nelle tecniche di biologia molecolare e una produzione scientifica di alto livello da parte dei tanti ricercatori che ne frequentavano i laboratori. Nel 1967 riuscì anche a stipulare un accordo con la National science foundation (NSF) statunitense e la University of California per creare la prima scuola di dottorato italiana, embrione del progetto di International studium of molecular biology che sarebbe dovuto divenire, nell’intenzione di Buzzati-Traverso, un centro di eccellenza europeo.
D’altra parte, nel 1964 egli era stato tra i membri fondatori della European molecular biology organization che, sulla scia dei grandi progetti collaborativi nelle scienze fisiche (come i centri dell’EURATOM e il CERN), avrebbe dovuto creare un grande centro di ricerca continentale. Buzzati-Traverso sperava che Napoli potesse ospitare questo laboratorio, che fu invece fondato nel 1974 a Heidelberg. L’accordo con la NSF e la University of California non ebbe però seguito, nonostante fosse già stato stanziato un milione di dollari per il finanziamento dell’impresa. Rimandato prima al 1968 e poi all’anno successivo, fu definitivamente abbandonato con la crisi che colpì il LIGB (diventato Istituto nel 1968, alla scadenza del contratto EURATOM e quindi con la sola gestione CNR) nel 1969 e portò alle dimissioni definitive di Buzzati-Traverso.
La crisi ebbe origine da una protesta politica da parte del personale amministrativo e da una piccola frazione dei ricercatori, e correlata alle proteste nei laboratori scientifici di tutta Italia che seguirono le agitazioni studentesche e precedettero l’autunno caldo del 1969. Buzzati-Traverso fu bersagliato dalla protesta per il suo rifiuto di interagire con chi occupò l’Istituto nella primavera del 1969, bloccando del tutto la ricerca, e richiedeva una maggiore democrazia (oltre che la stabilizzazione delle molte forme di precarietà contrattuale) nella gestione dei laboratori. Veniva inoltre messa sotto accusa la gestione ‘filoamericana’ frutto, secondo gli occupanti, di un colonialismo culturale che sosteneva l’ideologia statunitense anche attraverso la diffusione di concetti e pratiche scientifiche politicamente connotate: lo studio del DNA era annoverato tra questi. La vicenda si concluse appunto con l’abbandono della direzione del LIGB da parte di Buzzati-Traverso che lasciò l’Italia per andare all’UNESCO: per l’Istituto napoletano si aprì invece una lunga stagione di crisi, che ebbe soprattutto il risultato di allontanare i ricercatori stranieri e di farne decadere la produttività scientifica.
La protesta, proveniente da una parte politica di estrema sinistra, di fatto colpiva non solo Buzzati-Traverso personalmente (che nulla volle più avere a che fare con la sua creatura partenopea), ma si scontrava anche con la sua idea di rapporto tra scienza e società e l’approccio profondamente laico e positivista alla ricerca. Gli anni trascorsi nelle agenzie internazionali, prima di dedicarsi esclusivamente alla pubblicista e alla divulgazione scientifica, riflettono anche questo aspetto dell’attività e della personalità di Buzzati-Traverso. Nel corso del tempo, si era sempre più convinto della necessità di affrontare le sfide poste dallo sviluppo sul nostro pianeta con gli strumenti e la razionalità della scienza, anche se negli anni si rese conto in misura via via maggiore del primato delle scelte politiche, in particolare per sanare le tante diseguaglianze sociali. L’attività scientifica di Buzzati-Traverso fu comunque collegata a una forte presenza su giornali e riviste e al sostegno a iniziative di carattere sociale a sfondo scientifico.
Riguardo al primo aspetto, vanno sicuramente ricordate le polemiche negli anni Quaranta contro l’errore lysenkoista e quindi contro i biologi che, nel nome dell’ideologia staliniana, avevano abiurato al loro compito di scienziati, nonché i tanti articoli scritti per criticare la gestione dell’università italiana da parte degli stessi accademici e da parte della classe politica: gli articoli furono poi raccolti in un volume che gli attirò non pochi strali da parte dei colleghi (Un fossile denutrito: l’università italiana, 1969). Per ciò che riguarda l’impegno sociale, vanno sicuramente ricordati l’appoggio alle politiche di controllo delle nascite (Buzzati-Traverso fu tra i promotori, nel 1954, della costituzione dell’Associazione italiana per l’educazione demografica), il sostegno al Club di Roma di Aurelio Peccei, e da ultimo la battaglia contro la proliferazione nucleare.
Intellettuale laico – lontano dalle «due chiese» della cultura italiana, quella vaticana e quella del Partito comunista – Adriano Buzzati-Traverso può essere oggi ricordato non solo per i suoi meriti scientifici, ma soprattutto per il suo ruolo di imprenditore scientifico, capace di innovare la cultura della ricerca, e di promotore della modernizzazione del Paese.
Sull’indeterminazione e la causalità nei fenomeni biologici, «Analisi», 1945, 1, pp. 102-10.
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Genetica e biologia generale, «Scientia genetica», 1950, 3, 3-4, pp. 3-16.
Genetic structure of natural populations and interbreeding units in the human species, «Cold Spring Harbor symposium», 1950, 15, pp. 13-23.
Ricerca, danaro, muri e uomini, «La ricerca scientifica», 1950, 20, 6, pp. 757-60.
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Paper chromatographic patterns of genetically different tissues: A contribution to the biochemical study of individuality, «Proceedings of the National academy of sciences», 1953, 39, 5, pp. 376-91.
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Scienza e partito in URSS, Roma 1954.
Attività e programmi del C.N.E.N. in biologia, Roma 1962.
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L’Enciclica contestata. Testo integrale della Humanae vitae. Documenti episcopali, Roma 1969.
Un fossile denutrito: l’università italiana, Milano 1969.
La sfida della scienza, a cura di A. Buzzati-Traverso, Milano 1976.
Morte nucleare in Italia, Roma-Bari 1982.
Carte personali e manoscritti inediti di Buzzati-Traverso, qui non citati per mancanza di spazio, sono consultabili nel Fondo Buzzati-Traverso conservato presso l’Unità di storia della medicina, Università di Roma La Sapienza.
I fini e i confini della genetica. Un ritratto di Adriano Buzzati-Traverso, a cura di G. Boera, Roma 1988.
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