CONCOLI (Concole, Conculi), Adriano
Nacque a Todi da Valentino e Fausta Cerbasii Ciaccoli, in un periodo compreso fra gli ultimi anni del sec. XV e i primi del XVI (se è vero che la contesa da lui sostenuta con l'Ariosto non può essere collocata con assoluta certezza nel 1531: infatti secondo certe fonti potrebbe essere avvenuta nel 1521).
Il nome della famiglia deriva da quello del castello di Concolo, situato nel territorio tudertino; la sua discendenza pare si arresti nel 1698 col canonico Carlo Concoli, secondo quanto afferma il Mancini sulla scorta dell'albero genealogico che si trova in un testo manoscritto conservato nella Biblioteca comunale di Todi (ms. A.35).
Probabilmente il C. ricevette un'educazione umanistica e giuridica che lo rese capace di comporre e pubblicare versi giocosi, ma anche di ricoprire incarichi politici nella sua città. L'episodio più celebre della sua esistenza - del resto poco nota - è rappresentato dallo scambio di versi improvvisati con Ludovico Ariosto in occasione di una visita del poeta a Todi, ospite della casa di Angelo degli Atti. Ancora nel secolo scorso il ricordo di questo avvenimento fu celebrato con un dipinto sul sipario del teatro Comunale raffigurante la scena dell'arrivo del poeta davanti al palazzo Atti. Sappiamo infatti che gli accademici Convivanti vollero rendere particolare omaggio all'Ariosto e che durante la loro conversazione col poeta ebbe luogo uno scambio di versi "in stile faceto e giocoso" alla presenza del C., che poté così dar prova delle sue capacità poetiche. Non si può escludere che a questo periodo risalgano le quattro ottave intitolate Furioso alla birresca, in cui sono identificati i grandi nemici del poeta, i suoi persecutori di sempre: lo spettro della fame, l'ossessione dei debiti, la persecuzione degli sbirri.
Il C. fu molto vicino alla famiglia degli Atti e in particolare a Viviano; godette della protezione di Guido Ascanio Sforza di Santafiora e dei favori di Paolo Giordano Orsini duca di Bracciano; fu anche intimo amico di Elena Savelli, della quale, nel gennaio del 1555, fu ospite nella residenza di Montecastello in Toscana. Sempre sulla base dell'albero genealogico si può stabilire nel 1547 la data del suo matrimonio con Eusebia de Pisellis, da cui ebbe sette figli maschi ed una figlia andata sposa a Lello Fredi. Fra il novembre del '55 e l'aprile del '56 ebbe l'incarico di podestà di Castagnola in terra perugina dove, secondo quanto riferisce nelle sue poesie, seguendo certamente un topos retorico, visse malvolentieri per la villania degli abitanti, in un sonetto definiti "perdigiorni". Nel settembre dello stesso 1556 era fra i soldati che, al comando di Ludovico Stefanucci da Todi, facevano parte dell'esercito pontificio in guerra contro il viceré spagnolo di Napoli, duca d'Alba, che aveva invaso lo Stato pontificio.
Il nome del C. sembra che fosse inciso su uno sportello dell'armadio dell'Archivio comunale di Todi insieme a quello dei priori del 1557, ma la notizia non può essere confermata. Con certezza invece sappiamo che ricoprì questa carica fra il settembre e il dicembre del 1559 e, in seguito, ancora fra il maggio e il giugno del '60. Nel maggio del 1563 si trovava a Firenze da dove scriveva la dedica del suo unico volume di poesie al duca di Bracciano. Da queste composizioni apprendiamo ulteriori, scarne notizie intorno alla sua vita e soprattutto intorno ai suoi viaggi. Bisogna, tuttavia, procedere molto cautamente in questo tipo di lettura autobiografica dei suoi versi considerando l'inevitabile deformazione letteraria della verità storica che essi contengono.
Nel complesso si tratta di versi che ci testimoniano un mondo reale irto di difficoltà materiali di fronte alle quali al poeta non rimane che l'arma dello scherno e dell'ironia. Quasi mai, tuttavia, egli è capace di sollevarsi a un tono autenticamente scherzoso e serenamente comico; si sente subito, nella stessa durezza di alcuni endecasillabi come nella debordante struttura dei sonetti e persino nei titoli delle sue composizioni (come faceva già notate il Mancini), quanto il C. fosse costretto ad una condizione di povertà e di subalternità. Così anche il suo antipetrarchismo, come i versi berneschi, piuttosto che costituire una reazione alla norma del Bembo dominante l'ufficialità della lirica primo-cinquecentesca, scadono a mera strumentalizzazione del modello letterario per rozzi scopi pratici. Si lodi la bellezza della donna, oppure si scherzi, dissacrandoli, con i luoghi comuni del petrarchismo, il fine è ugualmente quello di ottenere un favore o un utile personale.
La sua morte, avvenuta presumibilmente a Todi, va collocata fra il 1571, e il '76; fu sepolto nella cattedrale di Todi e sulla tomba furono incise le parole: "Hadriano Concoli poetae gratissimo".
Opere: Rime manoscritte tra i codici Fabretti della Biblioteca comunale di Todi (citate da M. Catalano); Varie e molto dilettevole fantasie naturalmente rimate, Firenze, presso i Giunti, 1563: di tale edizione, oltre alla copia acefala e mutila della Comunale di Todi, una copia integra è conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Ferrajoli, VI, 754: cfr. Longo) e un'altra è posseduta dalla Cambridge University Library (cfr. Adams).
Bibl.: L. Leoni, Cronaca dei vescovi di Todi, Todi 1889, p. 150; F. Briganti, Le coppe amatorie del sec. XVI nelle maioliche di Deruta. Perugia 1903, pp. 11-13; M. Catalano, Vita di L. Ariosto, I, Genève, 1931, p. 574 e n.; E. Giovannetti, Todi e l'Ariosto, Todi 1933 p. 9; H. M. Adams, Catal. of books printed on the continent of Europe, 1501-1600 in Cambridge libraries, I, Cambridge 1967, p. 308, n. 2488; F. Mancini, Un poeta burlesco a Todi nel sec. XVI, in La Rass. della lett. ital., s. 7, LXIII (1959), pp. 52-71; N. Longo, Di una cinquecentina rarissima, ibid., LXXX (1976), pp. 357-361.