GRANDE, Adriano
Nacque a Genova il 1° luglio 1897, figlio di Romolo, un sarto piemontese immigrato in Liguria, e di Salvina Seghezze. Non condusse studi regolari, pertanto la sua formazione culturale fu quella peculiare di un autodidatta. Si impegnò piuttosto presto in numerose attività - fu, tra l'altro, piazzista di stoffe, viaggiatore di commercio e guardiano notturno in uno stabilimento meccanico - spostandosi in varie città d'Italia, tra cui Milano, ove visse per un certo periodo dopo i vent'anni. Partecipò alla prima guerra mondiale soltanto nell'ultima fase del conflitto.
Fin dagli anni che precedettero la Grande Guerra, era entrato in contatto con l'ambiente giornalistico e culturale del capoluogo ligure ed ebbe in tal modo la possibilità di stringere legami di amicizia - in taluni casi, come quello di A. Barile, assai duraturi - fra gli altri con i conterranei C. Sbarbaro ed E. Montale; quest'ultimo, in maniera particolare, per riconoscimento dello stesso G., esercitò una funzione determinante nella formazione del suo gusto poetico, indirizzandolo nelle sue prime prove.
A partire dal luglio 1924, iniziò la professione di giornalista presso il Giornale di Genova, quotidiano fascista, per il quale svolse attività di critico letterario; nel 1929 passò a Il Secolo XIX come redattore di politica interna e critico d'arte. Agli anni Venti datano anche le sue prime collaborazioni, soprattutto in veste di critico, a numerose pubblicazioni periodiche, da L'Italia letteraria, poi La Fiera letteraria (per la quale curò la rubrica di poesia), a Il Convegno. Peraltro, l'entusiastica adesione al fascismo - in sostanza interpretato quale possibilità di integrazione dell'intellettuale rispetto alla società di massa - non impedì al G. di affidare i propri scritti alle pagine di riviste ostili al regime, come le torinesi Primo tempo e Il Baretti.
Nel 1927 fece il suo esordio come poeta, con il volume Avventure (Torino), per il quale si meritò gli apprezzamenti dell'amico Montale. Furono nondimeno le raccolte successive, specialmente La tomba verde (ibid. 1930) e Nuvole sul greto (Genova 1933), a portarlo all'attenzione di critici come G. Debenedetti e A. Gargiulo, il quale individuò nei suoi versi un certo "senso dell'esilio" correlato a un'ispirazione autobiografica.
La produzione lirica di questi anni - che a distanza di tempo si può senz'altro ritenere la più apprezzabile e durevole -, contrassegnata dall'"aridità" del paesaggio ligure e dalla bellezza che ne scaturisce all'improvviso, si inscrive evidentemente nel solco di quella che, un trentennio più tardi, G. Caproni avrebbe identificato come la "linea ligustica" della letteratura italiana del Novecento. A tali caratteri fa inoltre riscontro una tensione meditativa che conduce la scrittura del G. sul terreno di una discorsività ben lontana dall'astrattezza del gusto ermetico, destinato ad affermarsi di lì a poco e dal G. sempre ricusato.
Nel 1931, fondò a Genova la rivista Circoli, concepita già nel 1924 e alla quale è legato indissolubilmente il suo nome.
Il periodico, che intendeva raccogliere l'eredità delle riviste torinesi e della fiorentina Solaria, con la quale ebbe in comune numerosi collaboratori, si propose come "rivista di poesia" (circostanza già di per sé inconsueta per quegli anni), spazio privilegiato per il definitivo affermarsi delle voci significative della lirica italiana, da U. Saba a G. Ungaretti, fino a Montale, ma anche S. Penna, L. De Libero, L. Sinisgalli, A. Bertolucci. Pur segnata da un certo eclettismo della linea editoriale, Circoli fu piuttosto attenta alla ricezione della poesia straniera; nel 1932, per esempio, vi venne pubblicato il poema La terra desolata di T.S. Eliot nella traduzione di M. Praz. Nella sua veste di direttore, il G. si impegnò soprattutto nel dare equilibrio alle varie anime della rivista e nel far rispettare l'austero "Programma iniziale", che faceva di Circoli una rivista nata "da pochi" e "a pochi" diretta, per cui la letteratura veniva a essere l'esclusivo terreno di intervento dello scrittore.
Nel 1934 il G. si trasferì a Roma, dove si impiegò in qualità di funzionario al sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda, inizialmente collegato alla presidenza del Consiglio, poi ministero autonomo, quindi ministero della Cultura popolare (1937). Il conseguente cambiamento di sede della rivista, determinato anche da problemi di ordine finanziario, favorì una rapida involuzione in senso nazionalistico di Circoli - di cui a Roma il G. condivise la direzione con G. Agnino -, sempre più condizionata dalle scelte di politica culturale del regime.
Lo spazio concesso alla letteratura venne progressivamente riducendosi, soprattutto per gli scrittori stranieri, con il corrispondente aumentare degli articoli di carattere politico o di quelli intesi a definire la nuova "arte fascista".
Nel 1935, il G. pubblicò la sua unica opera drammatica, Faust non è morto (Genova), con la quale tentava di rilanciare un teatro di poesia, e, l'anno seguente, il volume di versi Alla pioggia e al sole (Lanciano), senza dubbio il testo poetico in cui in maggiore misura traspare la sua fede fascista. Proprio in virtù di quest'ultima, nel 1935, il G. partì volontario per la guerra d'Africa, arruolandosi nella legione "Parini"; perciò, per tutto il 1936, Circoli sospese le pubblicazioni.
Le esperienze della campagna d'Africa - grazie alle quali la sua convinta adesione al fascismo cominciò lentamente a incrinarsi - vennero rievocate nel diario La legione Parini (Firenze 1937), nonché, ulteriormente trasfigurate, nella raccolta Poesie in Africa, dell'anno successivo (ibid.). Con quest'ultimo volume, la scrittura poetica del G. registrava un distacco dalla dimensione autobiografica dello scrivere e, in special modo, l'acquisizione di cadenze di maggiore respiro poematico, a tratti quasi narrative e corali.
Rientrato in Italia e ripresa la propria occupazione al ministero della Cultura popolare, nel biennio 1937-38 il G. riuscì a rimpossessarsi di Circoli e a riprenderne le pubblicazioni, inizialmente secondo il vecchio programma di incoraggiamento e diffusione della letteratura. Tuttavia il suo ruolo divenne progressivamente sempre più subordinato, tanto che nel 1939, al momento della definitiva cessazione, la rivista, oramai ben diversa, era apertamente razzista e impegnata, per lo più, nel dibattere questioni di ordine politico-militare.
Nel 1939, peraltro, il G. diede alle stampe il romanzo L'occhio di vetro (Roma), primo di una serie di testi narrativi di non grande rilevanza. Inviato in Albania con l'incarico di fondarvi un istituto di cultura italiana, non ebbe modo di condurre a termine la propria missione a causa del sopraggiungere della guerra con la Grecia. Conobbe così, come ebbe a scrivere più tardi, la "fine ingloriosa del fascismo", nel quale aveva "sinceramente creduto"; infatti, non aderì in seguito alla Repubblica di Salò. Al ritorno in Italia, fondò, con Agnino e L. Volpicelli, una nuova rivista, Maestrale, di orientamento sostanzialmente classicistico, la quale cessò le pubblicazioni nel giugno 1943. Nello stesso anno, apparvero un nuovo volume di versi, Strada al mare (Firenze) - dove il G. dimostra di avere appreso la lezione delle Occasioni montaliane - e, soprattutto, quello che resta il suo più articolato scritto di poetica, L'ineffabile non si dimostra (per l'antologia Lirici nuovi di L. Anceschi, Milano, pp. 322-326), nel quale lo scrittore ribadisce la sua distanza dall'ermetismo e l'importanza attribuita al "mestiere" nell'elaborazione della poesia. Dal 1944 in poi, il G. si dedicò principalmente al lavoro di traduttore, soprattutto dal francese (con versioni, tra gli altri, da A. de Vigny, D.-A.-F. de Sade, G. Bernanos, J. Renard, G. Flaubert e J. Swift).
Oltre che il ritorno alla professione di giornalista, che svolse fino alla morte, il secondo dopoguerra, dopo un periodo di difficoltà, rappresentò, per il G., il decisivo approdo a una più compiuta dimensione religiosa del poetare, evidente nei sonetti di Preghiera di primo inverno (Roma 1951).
L'elemento riflessivo della sua poesia venne incrementandosi, mentre al paesaggio ligure si sostituiva quello di Roma, sua città di adozione.
Nella prima metà degli anni Cinquanta, il G., in età oramai avanzata, scoprì una nuova passione, quella per la pittura.
I suoi dipinti appaiono caratterizzati da un "vivo lirismo pittorico" di ispirazione naïf, manifestamente debitore della pratica artistica di un autore come H. Rousseau il Doganiere. Di tale esperienza dà conto, in special modo, il volume A. G. pittore candido (ibid. 1967).
L'avvicinamento al mondo cattolico, maturato nel dopoguerra, condusse il G., insieme con il vecchio amico e collaboratore E. Falqui, alla redazione del quotidiano romano Il Tempo - dove svolgeva il ruolo di redattore parlamentare - nonché alla direzione del quindicinale di letteratura e arte Persona, con M. Camillucci.
Gli ultimi anni della vita dello scrittore furono contraddistinti da un ritorno di attenzione critica nei suoi confronti, principalmente in relazione alla prima fase della produzione poetica. Nel 1967 vinse il premio Chianciano con la ristampa della Tomba verde e di Avventure (La tomba verde. Avventure, pref. di S. Solmi, Milano 1966) nella prestigiosa collana mondadoriana dello "Specchio", mentre nel 1970, sempre a Roma, diede alle stampe la sua prima e unica antologia (Poesie (1929-1969), che copre l'intero arco della sua produzione. Nel 1971, infine, stese un singolare pamphlet dal titolo Eliodoro il controcontestatore (ibid.).
Il G. morì a Roma il 7 nov. 1972.
Oltre alle opere già citate nel testo, si ricordano ancora: Ritratto di Genova, Torino 1939; Le cugine invidiose, Roma 1946; Storia di un coniglio, ibid. 1946; Fuoco bianco, Torino 1950; Canto a due voci, Siena 1954; Avventure e preghiere, Roma 1955; Consolazioni, ibid. 1955; Su sponde amiche, Padova 1958; Pitture di A. G. (1954-1958), Roma 1958; Stagioni a Roma, ibid. 1959; Acquivento, Sarzana 1962; Andrei l'onesto, Milano 1970. Le Lettere a Barile furono pubblicate postume, a cura di G. Farris, in Il Letimbro, 14 sett. 1984.
Fonti e Bibl.: G. Debenedetti, La poesia nuova e "La tomba verde", in L'Italia letteraria, VI (1930), 37, p. 6; G. Ravegnani, I contemporanei, Modena 1936, pp. 297-308; A. Gargiulo, G. e Quasimodo, in Id., Letteratura italiana del Novecento, Firenze 1940, pp. 350-356; G. Susini, Ragionamenti sulla poesia, Modena 1942, pp. 209-214; G. Caproni, A. Barile e A. G., in La Fiera letteraria, 25 nov. 1956, p. 3; Id., A. G., "erba tra le macerie", in Corriere mercantile, 1° sett. 1959; A. Vallone, Aspetti della poesia italiana contemporanea, Pisa 1960, pp. 123-126; A. Frattini, A. G., in Letteratura italiana. I contemporanei, III, Milano 1960, pp. 267-280; Circoli (1931-1939), antologia a cura di M. Boselli - G. Sechi, Genova 1962, passim; G. Cattanei, La Liguria e la poesia italiana del Novecento, Milano 1966, pp. 243-266; V. Esposito, Profilo di A. G., Genova 1970; E. Montale, Sulla poesia, Milano 1976, pp. 212-215; A. Barile, Incontri con gli amici, a cura di G. Farris, Savona 1979, pp. 135-144; A. Frattini, A. G., in Letteratura italiana contemporanea, diretta da G. Mariani - M. Petrucciani, Roma 1980, II, pp. 433-439; V. Coletti, Metafora e verità: poesie di A. G., in Scrittori e riviste in Liguria fra '800 e '900. Studi di filologia e letteratura, V (1980), pp. 363-384; F. De Nicola, Un epigramma di Sbarbaro, A. G. e la guerra d'Etiopia, in Resine, XI (1982), 11, pp. 13-26; E. Bonino, Due inediti di A. G., ibid., XIII (1984), 21, pp. 35-38; A. Guerrini, Una lettura di G., ibid., XIV (1985), 23, pp. 3-12; S. Verdino, La cultura tra le due guerre, in La letteratura ligure. Il Novecento, Genova 1988, I, pp. 319-322, 333-337; Id., L'evoluzione di "Circoli", in La Rassegna della letteratura italiana, XCII (1988), 2-3, pp. 373-396; F. De Nicola, Dal best seller all'oblio. Scrittori liguri nella letteratura italiana, Genova 1992, pp. 121-136; S. Solmi, La letteratura italiana contemporanea. Scrittori negli anni, a cura di G. Pacchiano, Milano 1992, I, pp. 134-138, 433-442; D. Astengo, "In una istantanea ingiallita": gli amici Barile, G., Sbarbaro, in La Liguria di Montale, a cura di F. Contorbia - L. Surdich, Genova 1996, pp. 159-168; D. Puccini, "L'ineffabile non si dimostra": poetica e poesia in A. G., in Resine, XIX (1997), 73-74, pp. 35-40; E. Gioanola, La poesia di A.G. e l'accidia, ibid., pp. 41-52; F. Contorbia, Genova-Trieste 1925: A. G. tra Bazlen e Montale, in Studi di filologia e letteratura offerti a Franco Croce, Roma 1997, pp. 587-614; Circoli (1931-1935), a cura di C. Daniele, Napoli 1997.