MORSELLI, Adriano
– Non si hanno notizie circa i natali e i primi decenni di vita di questo poeta e librettista attivo per i teatri di Venezia nella seconda metà del Seicento.
È generalmente ritenuto veneziano: Francesco Saverio Quadrio (1744, p. 478) lo appella semplicemente «veneto», mentre Girolamo Tiraboschi (1793, p. 493), che lo affianca a un importante librettista della generazione successiva, Francesco Silvani, lo definisce più precisamente «veneziano». E tuttavia il suo nome non compare nell’elenco dei «cittadini» veneziani compilato da Giuseppe Tassini nel secondo Ottocento (5 voll. manoscritti conservati a Venezia, Biblioteca del Civico museo Correr di Venezia, Ms., P.D.c4), né l’Archivio di Stato di Venezia conserva traccia di documentazioni relative alla vita o al testamento. Non si hanno dati certi nemmeno sulla formazione intellettuale di Morselli, che pure sul frontespizio dell’ultimo suo dramma per musica, Ibraim sultano (1692), è indicato come «dottore».
Il nome di Morselli compare più volte nel carteggio Tiraboschi-Cabassi, ove si discute di «un certo Adriano Morselli veneziano», che però pare essere confuso con un omonimo, quasi certamente un compositore, impiegato come maestro di cappella e direttore del teatro di corte a Brunswick e attivo nel porre «in armoniosa musica i più celebri drammi de’ suoi giorni» (1894-95, p. 150). Di conseguenza anche sull’ipotetico anno di nascita, che pure potrebbe combaciare con l’attività del librettista, il carteggio solleva diversi dubbi: «Ella il dice nato nel 1653, e ciò par sicuro, e afferma che nel 1674 fu fatto Segretario della Duchessa di Brunswich. Sembra strano che in età di soli 21 anni uno sia scelto a tale impiego, e temo che sia scorso qualche sbaglio di penna». Peraltro il legame di Morselli con la casata di Brunswick – i duchi fornivano milizie alla Serenissima e trascorrevano spesso il carnevale a Venezia – troverebbe flebili indizi nella dedica di alcuni suoi drammi: la Teodora Augusta(1685, musica di Domenico Gabrielli) fu offerta al duca Ernesto Augusto, Il Gordiano (1688, musica dello stesso Gabrielli) al principe Massimiliano Guglielmo. Non è peraltro improbabile che il musicista citato dai due eruditi sia invece il tenore Giovanni Morselli, cantore nella Cappella ducale di S. Marco, poi scritturato nella corte di Hannover tra il 1675 e il 1676 (Caffi, 1885, p. 46; Vavoulis, 2002-03, pp. 592-595; Id., 2010, pp. 368, 379 s., 390, 415, 419).
Secondo Eleanor Selfridge-Field (2007, p. 133 n. 269), Morselli sarebbe stato impiegato come poeta di corte a Mantova sotto Ferdinando Carlo Gonzaga e avrebbe posseduto una villa situata sul Mincio (notizie finora non suffragate da documenti mantovani).
A Venezia Morselli dovette intrattenere stretti rapporti con gli Ottoboni, in particolar modo col cardinale Pietro Vito (1610-1691), poi papa nel 1689 col nome di Alessandro VIII, e con suo nipote Antonio (1646-1710), procuratore soprannumerario di S. Marco e poi principe e assistente al soglio pontificio: per entrambi scrisse una serie di sonetti encomiastici il cui unico esemplare superstite è a Parigi (Bibliothèque nationale de France, Yd. 864).
Morselli fu autore di 16 drammi per musica, tutti ‘creati’ a Venezia tra il 1679 e il 1692 (fino al 1688 le attribuzioni risultano dalle cronologie teatrali di Cristoforo Ivanovich e Giovanni Carlo Bonlini; indi dalle dediche o dai frontespizi). Fu attivo dapprincipio per i teatri di S. Cassiano (Candaule, autunno 1679, musica di Pietro Andrea Ziani, data anche a Napoli nel dicembre dello stesso anno; Temistocle in bando, dicembre 1682, Antonio Giannettini; L’innocenza risorta,ovvero Ezio, carnevale 1683, Ziani), di S. Angelo (Appio Claudio, dicembre 1682, Giovanni Marco Martini; Falaride, tiranno di Agrigento, novembre 1683, Giovan Battista Bassani; L’incoronazione di Dario, carnevale 1684, Domenico Freschi) e di S. Salvatore (Tullo Ostilio, carnevale 1685, Marc’Antonio Ziani; Teodora Augusta, carnevale 1686; Il Maurizio, carnevale 1687, e Il Gordiano, carnevale 1688, musiche di Gabrielli). Infine lavorò continuativamente per il teatro di S. Giovanni Grisostomo della famiglia Grimani, per il quale elaborò sei drammi tra il 1688 e il 1691 (Carlo il Grande, carnevale 1688, musica di Gabrielli; Amulio e Numitore, carnevale 1689, Pirro e Demetrio, carnevale 1690, e L’incoronazione di Serse, carnevale 1691, musiche di Giuseppe Felice Tosi; La pace fra Tolomeo e Seleuco, carnevale 1691, e Ibraim sultano, carnevale 1692, musiche di Carlo Francesco Pollarolo).
Si debbono forse associare ai legami di Morselli con gli Ottoboni le fortunate riprese romane di alcuni suoi drammi, avvenute in teatri che godevano della protezione del cardinale Pietro Ottoboni (1667-1740): è plausibile che quest’ultimo, figlio di Antonio e nipote del pontefice, conosciuto e apprezzato il drammaturgo a Venezia, abbia deciso d’«importarne» i drammi nelle stagioni teatrali romane. Nel 1693 al teatro Capranica fu data la Teodora Augusta (musica di Alessandro Scarlatti), mentre al Tordinona vennero rappresentati nel 1693 il Seleuco (Scarlatti), nel 1694 Tullo Ostilio (Giovanni Bononcini) e Pirro e Demetrio (Scarlatti, data anche a Napoli), e nel 1698 Temistocle in bando (Giovanni Lorenzo Lulier, Marc’Antonio Ziani e Bononcini).
Si ritiene che la morte del Morselli vada collocata nel 1691: l’ultimo suo dramma apparve postumo per il carnevale 1692.
Alcuni drammi di Morselli, più o meno rimaneggiati, ebbero duratura fortuna in teatri italiani e stranieri: il Candaule fu dato nel 1684 a Castelbuono (Palermo) e ripreso a Napoli nel 1706 (musica di Domenico Sarro); L’Innocenza risorta a Reggio nell’Emilia come Il talamo preservato dalla fedeltà di Eudossa, indi a Napoli nel 1686 come Ezio (Scarlatti); la Teodora Augusta a Piacenza nel 1689 come Teodora clemente (Bernardo Sabadini); L’incoronazione di Dario nel 1705 a Bologna col titolo Li tre rivali al soglio (Giuseppe Antonio Vincenzo Aldrovandini); Pirro e Demetrio a Brunswick nel 1696, a Firenze nel 1711 come La forza della fedeltà e a Monaco di Baviera nel 1721 come L’amor d’amico vince ogni altro amore (Pietro Torri).
Morselli è fra i primi librettisti veneziani ad alimentare un filone per così dire ‘tragico’ – in particolare nei lavori scritti per il teatro di S. Giovanni Grisostomo – sensibile ai modelli della drammaturgia classica francese. Non per questo il librettista deflette, nella costruzione degli intrecci, dalla consuetudine del lieto fine e dall’uso spagnolesco dei personaggi e delle scene comiche; l’orientamento tragico è più un’aspirazione che una realtà, tant’è vero che il drammaturgo, sminuendo ogni intento programmatico, nella lettera ai lettori dell’Amulio e Numitore dichiara: «Non ho scritto una tragedia, ma un drama per le scene di Venezia». L’affermazione evidenzia un’opposizione netta tra generi teatrali che, quand’anche elaborino una materia comune, divergono necessariamente nell’invenzione, disposizione ed elocuzione. La drammaturgia di Morselli, ordita in trame complesse, su mutazioni sceniche frequenti e sensazionali e con escursioni cronologiche talvolta dilatate, si discosta sensibilmente dalle unità pseudoaristoteliche. A parole la tematica erotica, ingrediente di base del dramma per musica veneziano del Seicento, è adibita a fini di edificazione morale ed etico-politica, come l’autore dichiara nella dedica del Pirro e Demetrio: «Questo drama è tutto amoroso, ma gl’amori sono tutti onesti ed adornati di qualche azione eroica per adattarsi alla dignità del teatro ed al genio nobile de’ spettatori». Ciò a partire anche dalla scelta dei soggetti, perlopiù di derivazione storica, che assecondano l’esibizione di personaggi e vicende esemplari. Turpitudini e scelleratezze di tiranni vengono mostrate in scena quasi a titolo di monito, come esempi esecrandi: così nella prima scena del second’atto dell’Innocenza risorta, dove «Massimo strascina a forza Eudossa nella stanza» e si vede «Flavia che fugge da Valentiniano, che pur tenta di sforzarla»; e così nel Candaule, dove il tracotante eroe eponimo, «ambizioso oltre misura» per la bellezza della propria consorte, è punito con la morte per averla mostrata «ignuda a Gige suo favorito». La riproposta di argomenti politici e patriottici – sono gli anni della minaccia ottomana in Europa e dell’assedio dei turchi sotto Vienna, 1683 – trova eco nell’Ibraim sultano, ove l’autore presenta «le immagini del terrore ottomanico». Se lo stile tende talvolta al sublime, persistono nondimeno topoi propri della tradizione librettistica veneziana di metà Seicento: in almeno due casi ricorre la ‘scena di follia’, autentica nel paladino Orlando in Carlo il Grande (un raro esempio di melodramma ricavato dall’Ariosto, in quest’epoca), simulata nel cortigiano Perillo in Falaride tiranno d’Agrigento. Almeno due drammi di Morselli manifestano l’impronta diretta della drammaturgia francese: L’incoronazione di Serse si basa sulla Rodogune di Pierre Corneille ed è l’autore stesso a dichiararare al lettore de La Pace fra Tolomeo e Seleuco di aver modulato l’argomento del dramma su «un nobile e strano motivo da una delle più belle tragedie del grande Cornelio». La filiazione è poi segnalata anche da Bonlini, che nell’operazione di Morselli ravvisa una novità densa di conseguenze: «A questo drama ha somministrato l’idea M. Cornelio, il Sofocle della Francia. Né in avvenire sarà più o meno nuovo questo costume d’andar mendicando il soggetto alle composizioni dramatiche da fantasia forastiera» (1730, p. 242): per la verità, già nel 1688 Vincenzo Grimani aveva tratto alcuni episodi del suo Orazio dall’Horace di Pierre Corneille. A sua volta l’Ibraim sultano attinge dichiaratamente il soggetto dal Bajazet di Jean Racine, non senza arricchire l’azione di personaggi supplementari (a cominciare dall’eroe eponimo, che Morselli potrebbe aver ricalcato sull’Ibrahim ou l’illustre Bassa di Georges de Scudéry), che consentono frequenti deviazioni episodiche dall’intreccio principale.
Fonti e Bibl.:C. Ivanovich, Minerva al tavolino, Venezia 1681 (ed. aumentata Venezia 1688, in particolare pp. 433-452; facsimile a cura di N. Dubowy, Lucca 1993, con cronologia); G.C. Bonlini, Le glorie della poesia e della musica, Venezia 1730, pp. 115, 242; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, III, Milano 1744, p. 478; F. Caffi, Storia della musica sacra nella già Cappella Ducale di S. Marco in Venezia dal 1318 al 1797, Venezia 1885, p. 46 (ed. aggiornata a cura di E. Surian, Firenze 1987, p. 406); G. Tiraboschi, Letteratura italiana, VIII, Modena 1793, p. 493; Carteggio Tiraboschi-Cabassi, Carpi 1894-95, p. 150; H.Ch. Wolff, Die venezianische Oper in der zweiten Hälfte des 17. Jahrhunderts, Berlin 1937, pp. 121-124; K. Leich, Girolamo Frigimelica Robertis Libretti (1694-1708): ein Beitrag insbesondere zur Geschichte des Opernlibrettos in Venedig, München 1972, pp. 154, 158, 160; R.S. Freeman, Opera without Drama: Currents of change in Italian Opera 1675-1725, Ann Arbor 1981, pp. 17 s.; L. Bianconi - Th. Walker, Production, consumption and political function of Seventeenth-century Opera, in Early Music History, IV (1984), pp. 229, 250 n. 105, 267, 269; P. Gallarati, Maschera e musica. Il libretto italiano del Settecento, Torino 1984, pp. 9, 210; H.S. Saunders, The repertoire of a Venetian Opera House (1678–1714): The Teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo Pallavicino, Harvard 1985, passim; E. Selfridge-Field, Pallade veneta: Writings on music in Venetian society, 1650-1750, Venezia 1985, ad indicem; H.S. Saunders, voce M., A., in The New Grove Dictionary of Opera, III, London 1992, pp. 472 s.; Id., s.v. Innocenza risorta (L’), ibid., II, ibid., p. 803; B. Glixon, The letter as convention in Seventeenth-century Venetian Opera, in Critica Musica: Essays in honor of Paul Brainard, a cura di J. Knowles, Amsterdam 1996, pp. 125-141; A. Hoffmann, Tugendhafte Helden - lasterhafte Tyrannen. Italienische Oper am Ende des siebzehnten Jahrhunderts, Bonn 1996, pp. 158-177; P. Fabbri, Il secolo cantante. Per una storia del libretto d’opera in Italia nel Seicento, Roma 2003, ad ind.; V. Vavoulis, A Venetian world in letters: The Massi correspondence at the Hauptstaatsarchiv in Hannover, in Notes, LIX (2002-03), pp. 592-595; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian Opera and related genres (1660-1760), Stanford 2007, ad ind.; V. Vavoulis, «Nel theatro di tutta l’Europa». Venetian-Hanoverian patronage in 17th-Century Europe, Lucca 2010, ad ind.; S. Werr, Politik mit sinnlichen Mitteln. Oper und Fest am Münchner Hof (1680-1745), Köln-Wien 2010, pp. 129 s., 280s.