VALERINI, Adriano
– Nacque a Verona probabilmente intorno al 1545, figlio del tintore Andrea Valerini. Risulta ignota l’identità della madre.
Attore e capocomico, penultimo di sette fratelli, dopo la morte del padre avvenuta nel 1565 si affrancò dal fratello maggiore don Flaminio, che intanto aveva assunto il ruolo di capofamiglia e con il quale fu in società d’affari, per intraprendere la carriera di attore comico professionista.
A partire dalla fine degli anni Sessanta del Cinquecento iniziò a calcare le scene teatrali recitando commedie pastorali al seguito della nota compagnia dell’attrice Vincenza Armani, concorrente della celebre comica Flaminia. Dopo un breve trasferimento a Ferrara, la compagnia dell’Armani fece ritorno a Mantova nel 1568, per poi trasferirsi nell’agosto dello stesso anno a Montalta, luogo di villeggiatura dei Gonzaga.
Profondamente turbato dalla morte della compagna di scena avvenuta l’11 settembre 1569, nel 1570 compose in sua memoria l’Oratione in morte della divina Signora Vincenza Armani, comica eccellentissima, prima opera scritta da un attore, in cui all’esaltazione della bellezza muliebre si unisce l’elogio delle virtù morali e delle qualità artistiche della donna: l’Armani, e quindi l’arte che rappresenta, pratica riunendo in sé tutte le arti (Grammatica, Logica, Retorica, Musica, Scultura e Poesia) con la capacità di adeguare i suoi stili recitativi all’uditorio.
Nel 1570 trascorse un breve soggiorno a Verona, sua città natale, impegnandosi nella composizione delle Stanze nelle nozze dell’illustre signor conte Paolo Camillo e la signora Lisa Giusti e delle Rime diverse. Si aggregò ai Gelosi, dove recitò le parti di innamorato con il nome di Aurelio. Nel 1571 la compagnia fu in Francia al cospetto di re Carlo IX e della regina Caterina de’ Medici; conobbe un grande momento di gloria quando fu a Venezia, invitata a recitare davanti a Enrico III, che nel 1577 la volle prima a Blois, poi a Parigi.
Terminata la relazione con l’attrice Lidia da Bagnacavallo, tra il 1576 e il 1577 sposò l’attrice Silvia Roncalli, la Franceschina, vedova e madre di una bambina, Delia, affidata, dopo il matrimonio, alle cure delle monache di Genova.
La sua presenza a Mantova al seguito dei Gelosi è attestata nel 1579, come dimostrerebbe una minuta di un decreto d’espulsione ai danni della stessa compagnia. La disavventura mantovana lo indusse ad aggregarsi alla compagnia degli Uniti, costituitasi fin dal 1578, presente a Mantova nel 1584 e ancora nel 1585.
Entro il 1577 pubblicò due sillogi: le Stanze in lode del molto illustre signore il signor Tullio Guerrieri e della signora Giulia Brambati sue consorte e le Rime diverse. Nel 1578 diede alla stampa l’Afrodite, prima tragedia scritta da un comico membro di compagnia annunciata fin dalla dedicatoria delle Rime: qui esalta la funzione edificante delle rappresentazioni sceniche all’insegna del delectare et docēre, con lo scopo di fregiarsi, proprio come avrebbe fatto l’attrice comica Gelosa Isabella Andreini, di prerogative fino a quel momento appannaggio esclusivamente dei letterati.
La compagnia degli Uniti, della quale appare il responsabile nel 1581 anno in cui chiese alle autorità genovesi il permesso di recitare, ottenne il privilegio di potersi chiamare compagnia del Serenissimo Duca di Mantova; questa fu però cacciata da Guglielmo Gonzaga «sdegnato contro di loro perchè essi avevano trascurato di chiedere a lui la dovuta licenza» (Sanesi, 1954, p. 532).
Nel 1583 fu ancora a Verona, rivestendo il delicato ruolo di portavoce nel contrasto che vide opposti gli attori comici all’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, che aveva imposto il divieto di recitare commedie nella sua diocesi con apposito decreto. L’episodio in questione è raccontato nella Supplica (Venezia 1634) di Nicolò Barbieri.
Nel 1583 si recò a Genova dove si associò ai Confidenti. Nel 1584 fu a Ferrara e a Reggio per poi fare ritorno a Mantova nel 1586, ancora al seguito dei Gelosi, dopo una breve tappa bolognese nel 1585. Il principe Vincenzo Gonzaga già a partire dal 1583 aveva concepito l’idea di riunire le migliori compagnie di attori professionisti sotto il suo controllo, dimostrando uno spiccato favore nei riguardi della compagnia, tanto da prenderne le difese in una lettera rivolta al governatore di Milano datata 1588.
Nel 1586 compose le Bellezze di Verona, opera che unisce esaltazione e glorificazione municipalistica.
A Vincenzo Gonzaga, diventato duca dopo la morte del padre Guglielmo avvenuta nel 1587, dedicò la Celeste galeria di Minerva, una raccolta di versi encomiastici preceduti da un prologo in prosa, in cui si immagina che il duca Vincenzo e altri personaggi dell’epoca (i Gonzaga di Guastalla e i Gonzaga di Sabbioneta, ambasciatori, consiglieri e ministri di corte, i Castiglione, i Guerrieri, i Maffei e gli Strozzi, l’élite scaligera dei Canossa, i Bevilacqua e i Giusti) siano trasformati in statue poste ad adornare una rarissima galleria del cielo. Con l’opera, edita nel 1588 e dedicata al potente mecenate, Valerini nutrì la speranza di recitare con gli Uniti a Verona presso gli accademici Filarmonici: nel 1591 il netto rifiuto da parte dei rettori veronesi, a cui si rivolse in varie occasioni per assicurarsi immunità, privilegi e protezione, lo indusse a rimanere a Mantova, dove sconsolato scrisse i Cento madrigali editi nel 1592, esempio di una poesia da consumarsi in sedi non propriamente teatrali.
Il 29 febbraio 1592 nominò eredi universali i suoi figli, Lenadro e Mario, provvedendo a costituire una dote per sua figlia Cinzia. La data della sua morte è da collocarsi entro il 26 agosto 1593.
Opere. Orazione in morte della divina signora Vincenza Armani, Verona 1570; Le stanze d’Adriano Valerini, nelle nozze dell’illustre signor conte Paolo Camillo e la signora Lisca Giusti, Verona 1570 e prima del 1582; Oratione d’Adriano Valerini veronese, in morte della Divina Signora Vincenza Armani, comica eccellentissima. Et alcune rime dell’istesso, e d’altri autori, in lode della medesima. Con alquante leggiadre e belle compositioni di detta signora Vincenza, Verona 1570; Rime diverse d’Adriano Valerini veronese. Con origine della illustrissima famiglia de i signori conti Bevilacqui. Al molto illustre signore, il conte Mario Bevilacqua, Verona [1577]; Le bellezze di Verona, nuovo ragionamento d’Adriano Valerini veronese; nel quale con brevità si tratta di tutte le cose notabili della città, Verona 1586; La Celeste galeria di Minerva con le imagini del serenissimo sig. duca Vincenzo Gonzaga, de cavalieri Mantovani e d’alcuni d’altre città, Verona 1588; Cento Madrigali di Adriano Valerini dedicati al m. illustre sig. conte Marco Verità; con alcune annotationi del sig. Fulvio Vicomani da Camerino in alquanti de i madrigali, Verona 1592. Vari componimenti dell’autore pubblicati anche in: In rev. admodum D. Marcellum Tolosam congreg. Clericorum regularium theologum, e concionatorem diversorum scriptorum veronesium elogia, Verona 1591; Rime e versi di varii autori veronesi in laude del rev. D. Marcello di Tolosa, Verona 1591; Rime di diversi fatte nelle promozione del monsignor Silvano Cocconi, Verona 1592 (cfr. Carpanè - Menato, 1994, pp. 69, 81, 82).
Fonti e Bibl.: S. Maffei, Verona illustrata [...] contiene l’istoria letteraria o sia la notizia de’ scrittori veronesi, II, Verona 1731, pp. 408 s.; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II, Milano 1744, pp. 236 s.; L. Rasi, I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, I, Firenze 1897, pp. 204-208; J. Schlosser, La letteratura artistica. Manuale delle fonti della storia dell’arte moderna, Firenze 1935, p. 550; I. Sanesi, Storia dei generi letterari italiani. La commedia, I, Milano 1954, p. 532; R. Brenzoni, A. V. umanista veronese (1545-marzo 1592), in Nova Historia. Rivista di cultura storica, 1956, n. 4-5-6, pp. 1-6; B. Croce, Poeti e scrittori del pieno e tardo Rinascimento, II, Bari 1958, p. 175; S. Ughi, Di A. V., di Silvia Roncagli e dei Comici Gelosi, in Biblioteca teatrale, III (1972), pp. 147-154; G.P. Marchi, Notizia di A. V. umanista e attore comico, in A. Valerini, Le bellezze di Verona, a cura di G.P. Marchi, Verona 1974, pp. XI-XXXVI; L. Puppi, A laude de Verona e de sua gloria. Osservazioni sul mito di una scuola pittorica come appunti di storia della storiografia, in Maestri della pittura veronese, a cura di P. Brugnoli, Verona 1974, pp. XIII-XXXVII; F. Marotti - G. Romei, La commedia dell’arte e la società barocca. La professione del teatro, II, Roma 1991, pp. 27-30, 156 s.; L. Carpanè - M. Menato, Annali della tipografia veronese del Cinquecento, II, 1589-1600, Baden-Baden 1994, pp. 69, 81, 82; R.G. Arcaini, I comici dell’arte a Milano, in La scena della gloria. Drammaturgia e spettacolo nella Milano spagnola, a cura di A. Cascetta - R. Carpani, Milano 1995, p. 273; F. Taviani, La commedia dell’arte e Gesù Bambino. Intorno all’Afrodite del V., in Origini della commedia improvvisa. Atti del Convegno... 1995, a cura di M. Chiabò - F. Doglio, Roma 1996, pp. 49-83; G.P. Marchi, L’esperienza teatrale di A. V., in La commedia dell’arte tra Cinque e Seicento in Francia e in Europa. Atti del Convegno internazionale di studi..., Verona-Vicenza... 1995, a cura di E. Mosele, Fasano 1997, pp. 173-180; B. Furlotti, Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra Bologna, Parma, Piacenza a Mantova (1563-1634), Milano 2000, pp. 83 s.; R. Tessari, Il teatro a Mantova tra 1563 e 1630: una mirabile galleria dell’effimero, in Gonzaga. La Celeste Galeria. L’esercizio del collezionismo (catal., Mantova), a cura di R. Morselli, Milano 2002, pp. 177-183 (in partic. p. 180); P. Bossier, Ambasciatore della risa. La commedia dell’arte nel secondo Cinquecento (1545-1590), Firenze 2004, p. 210; D. Caracciolo, Desiderata per una riedizione della Celeste Galeria di Minerva, in Kronos. Scritti in onore di Francesco Abbate, 2009, n. 13, pp. 173-175; A. Valerini, La Celeste Galeria di Minerva, introduzione di R. Morselli, con un saggio critico di D. Caracciolo, Firenze 2011.