Adriano VI
Adriaan Boeyens nacque il 2 marzo 1459 a Utrecht da Floris e Gertrud. Dopo la morte del padre, la madre lo indirizzò agli studi dei Fratelli della vita comune, improntati agli ideali della devotio moderna di ascesi, austerità e disciplina che determinarono anche i suoi orientamenti ecclesiali successivi.
Nel 1476 s’iscrisse all’Università di Lovanio, dove nel 1491 si addottorò e dove ottenne una cattedra di filosofia grazie a Margherita di York, che nel 1515 lo avrebbe nominato membro del suo Consiglio.
Adriaan fu ordinato prete e gli fu assegnata la parrocchia di Goedereede intorno al 1492. Come membro dell’università rivestì numerosi uffici accademici di rilievo. Le sue opere teologiche più importanti furono pubblicate nel 1515 (Quaestiones quotlibeticae, Lovanio) e nel 1516 (In quartum Sententiarum, Parigi) e più volte ristampate. Inoltre accumulò molti benefici e fondò un collegio per studenti di teologia a Lovanio ispirato ai principi della devotio moderna che sarebbe stato aperto nel 1523.
Di grande rilievo per gli sbocchi successivi fu l’incarico, affidatogli nel 1507, di precettore di Carlo d’Asburgo, nipote dell’imperatore Massimiliano I e suo erede. Adriaan abbandonò la docenza e divenne uno dei più stretti consiglieri di Carlo. Nel 1515 fu incaricato di recarsi in Spagna per verificare che re Ferdinando d’Aragona accettasse di nominare suo successore il nipote Carlo. Secondo alcuni studiosi la scelta ricadde su Adriaan per allontanarlo dal giovane principe (Walther 1911, p. 144), mentre secondo altri essa fu dovuta alle eccellenti qualità diplomatiche di Adriaan e al suo orientamento politico (Fagel 2010, pp. 26-27).
La missione ebbe un esito felice. Adriaan fu altresì in grado di stringere un rapporto proficuo, benché non privo di tensioni, con il potente cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, che era stato consigliere e confessore della regina Isabella di Castiglia.
Nel 1516 Ferdinando morì e reggente del Regno di Castiglia, assieme ad Adriaan, fu nominato Cisneros (benché Adriaan figurasse come ambasciatore). Nonostante le discordanti testimonianze fornite dai contemporanei, sembra che i due abbiano governato in un clima di reciproca sfiducia, mai pubblicamente palesata. Nello stesso anno Adriaan divenne vescovo di Tortosa e inquisitore d’Aragona e di Navarra.
L’anno successivo, in luglio, fu elevato al cardinalato, mentre in novembre Carlo V d’Asburgo fece il suo ingresso a Valladolid. Nel 1518 Adriaan fu nominato inquisitore generale di Castiglia e León, carica che avrebbe conservato anche dopo l’assunzione al pontificato.
Nel maggio 1520 Carlo V, lasciando la Spagna, nominò luogotenente con pieni poteri (Cisneros era morto tre anni prima) Adriaan, il quale si trovò a dover affrontare l’impegnativa rivolta dei Comuneros nel 1521.
Non fu presente quindi al conclave che si era aperto il 27 dicembre 1521, dopo la morte di papa Leone X. Il consesso si presentava, come era usuale, diviso in fazioni: gli imperiali, i più numerosi, i filofrancesi e i filoveneziani. Gli esponenti di spicco di tali gruppi erano i cardinali Giulio de’ Medici, Francesco Soderini e Pompeo Colonna. Dopo che Soderini e Colonna riuscirono a evitare l’elezione del candidato del Medici e dello stesso Medici, il conclave sembrava essere in stallo. Il Medici propose allora di eleggere un cardinale assente e fece il nome di Adriaan.
Per addivenire alla sua elezione (9 genn. 1522) fu determinante il sostegno del cardinal Caetano, Tommaso de Vio, che lo aveva conosciuto personalmente, e del cardinal Colonna.
Adriaan venne raggiunto da questa notizia mentre si trovava a Vitoria. Con grande ritardo, dovuto all’instabilità della situazione politica, entrò a Roma il 28 agosto, nonostante un’epidemia di peste infestasse la città, e fu incoronato il 31 del mese.
Durante il suo pontificato A. s’impegnò in un processo di rinnovamento interno della curia e affrontò gli urgenti problemi sul piano internazionale.
Introdusse disposizioni per risanare le finanze, disastrate dopo il pontificato di Leone X, e individuò figure di fiducia a cui affidare gli uffici di rilievo. Allo stile del suo predecessore, caratterizzato da una vita curiale lussuosa e un dispendioso mecenatismo artistico, A. contrapponeva un atteggiamento austero.
Quest’orientamento, combinato con le severe disposizioni di riforma e la difficoltà di comunicazione (non conosceva la lingua italiana e parlava sempre in latino), produssero negli ambienti curiali una crescente ostilità nei suoi confronti, poiché molti vedevano in lui un ‘barbaro’ e una creatura di Carlo V.
Egli affidò ai suoi compatrioti mansioni di responsabilità.
Ruolo centrale ebbe Willem van Enckevoirt che fu nominato datario. Questi, presente a Roma almeno dal 1489, è stato a lungo indicato dagli studiosi come l’attuatore del progetto di rinnovamento interno voluto da Adriano. Studi recenti (Touber 2010) hanno nondimeno messo in luce il fatto che Enckevoirt fosse già inserito nel sistema di patronage papale e che con A. egli fosse divenuto il tramite unico fra il pontefice e il mondo circostante, controllando così l’intera gestione di uffici e benefici pontifici.
Di fronte ai primi sviluppi della riforma protestante, A. fu contrario alla convocazione di un concilio.
Inviò alla Dieta di Norimberga il nunzio Francesco Chieregati (1522) con un’istruzione in cui sosteneva la necessità di liberarsi dell’‘eresia’ luterana e riconosceva, d’altra parte, gli errori commessi dalla Chiesa di Roma. Ricordava inoltre le comuni origini germaniche per rafforzare la sua richiesta di applicazione dell’editto di Worms che fu però rigettata dalla Dieta.
A. cercò anche di avere la collaborazione di Erasmo, che aveva conosciuto a Lovanio e che invitò più volte, senza successo, a Roma. Con Erasmo, che aveva dedicato al nuovo pontefice la sua edizione del commento ai Salmi di Arnobio il Giovane, inizialmente sembrò possibile una convergenza, ma poco tempo dopo le divergenze si palesarono. L’eminente umanista si orientò verso la ricerca della pacificazione religiosa tramite la riforma interna e il dialogo; A. invece, come si è detto, rifiutò l’idea del concilio.
Nel quadro dei conflitti fra Carlo V e Francesco I il pontefice ambiva porsi come mediatore, senza cedere alle pressioni dell’imperatore affinché si situasse apertamente dalla parte asburgica.
Per arrestare l’avanzata turca A. s’impegnò affinché i sovrani europei siglassero un’alleanza e fece conoscere la sua intenzione di imporre un armistizio triennale in tutta la cristianità (marzo 1523). La speranza di una collaborazione dei principali sovrani europei contrastava, peraltro, con le loro ambizioni sul territorio italiano. Francesco I, che in un primo tempo si era detto disposto all’armistizio, in seguito antepose la restituzione di Milano a qualsiasi trattativa.
In questa delicata situazione la curia fu resa ancora più instabile dalla notizia dell’esistenza di un progetto di congiura: il cardinale de’ Medici denunciò al papa un piano per aprire la porta d’Italia ai francesi, ordito dal suo principale antagonista, il cardinal Soderini.
Il pontefice fece arrestare e processare Soderini, mentre il cardinale de’ Medici, che già da tempo si era allontanato dalla curia, fu richiamato a Roma (23 apr. 1523). Il 30 aprile A. emanò effettivamente una bolla che prescriveva un armistizio triennale in tutta la cristianità, ma dopo la vicenda di Soderini non era agevole per il pontefice conservare un comportamento neutrale. Di fronte alla concreta minaccia d’invasione della penisola italiana da parte della Francia, in agosto A. entrò nella lega antifrancese di cui facevano parte Carlo V, il fratello Ferdinando, Venezia e Milano, ma in quello stesso mese la sua salute peggiorò sensibilmente. Morì il 14 settembre 1523 (avendo poco prima elevato alla porpora van Enckevoirt) e fu sepolto in S. Maria dell’Anima.
Bibliografia: Fonti ed edizioni critiche: B. Ortiz, Itinerarium Adriani Sexti ab Hispania, Toledo 1546 (trad. it. Descrizione del viaggio di Adriano VI, pont mass., dalla Spagna fino a Roma, con gli avvenimenti del suo pontificato, Roma 1790), ed. moderna a cura di I. M. Sagarna, Vitoria 1950; P. Giovio, Le Vite di Leon decimo et d’Adriano sesto sommi pontefici, et del cardinal Pompeo Colonna, scritte per mons. Paolo Giouio vescouo di Nocera, & tradotte da m. Lodouico Domenichi, Firenze 1551, pp. 257-338.
Per gli studi critici si vedano: Correspondance de Charles-Quint et d’Adrien VI, ed. M. Gachard, Bruxelles-Gand-Leipizig 1859, pp. 231-32; A. Walther, Die Anfänge Karls V., Leipzig 1911; L. Von Pastor, Adriano VI e Clemente VII, in Id., Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo, 4° vol., Storia dei papi nel periodo del Rinascimento e dello scisma luterano dall’elezione di Leone X alla morte di Clemente VII (1513-1534), t. 2, Roma 1956, pp. 3-148; K.-H. Ducke, Adrian VI, in Contemporaries of Erasmus: a biographical register of the Renaissance and Reformation, ed. P.G. Bietenholz, Th. B. Deutscher, 1° vol., Toronto-Buffalo-London 1995, pp. 5-9; R. Fagel, Un heredero entre tutores y regentes. Casa y corte de Margarita de Austria y Carlos de Luxemburgo 1506-1516, in La corte de Carlos V, Madrid, ed. J. Martínez Millán, 1° vol., Madrid 2000, pp. 115-138; M. Rosa, Adriano VI, in Enciclopedia dei Papi, Istituto della Enciclopedia italiana, 1° vol., Roma 2000, ad vocem (con bibliografia); G. Inglese, Machiavelli Niccolò, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 67° vol., Roma 2007, ad vocem (con bibliografia); H. Cool, C. Santing, H. de Valk, Adrian VI: a Dutch pope in a Roman context, «Fragmenta», 2010, 4, pp. IX-XIII; B. de Blaauw, Divinus cultus devotissimus. Adrian VI and papal ritual, «Fragmenta», 2010, 4, pp. 85-104; R. Fagel, Adrian of Utrecht in Spain (1515-1522): a career in the service of a Habsburg prince, «Fragmenta», 2010, 4, pp. 23-46; M. Gielis, G. Gielis, Adrian of Utrecht (1459-1523) as professor at the university of Louvain and as a leading figure in the church in the Netherlands, «Fragmenta», 2010, 4, pp. 1-22; H. Hulscher, The pontificate of Adrian VI (9 january 1522-14 september 1523), «Fragmenta», 2010, 4, pp. 47-66; C. Santing, Adrian of Utrecht. The formation of the historiographical image of the Dutch pope, «Fragmenta», 2010, 4, pp. 161-72; J. Touber, Willem van Enckenvoirt and the Dutch network in Rome in the first quarter of the sixteenth century, «Fragmenta», 2010, 4, pp. 121-44.