ADULE (῎Αδουλις, ᾿Αδουλία, ᾿Αδούλη, Αἰδουλις, Aduliton)
Antica città sulla costa abissina a S di Massaua (presso l'attuale villaggio di Zula), che Plinio dice fondata da schiavi fuggiti (Nat. hist., vi, 172 ss.: oppidum Aduliton. Aegyptiorum hoc servi profugi a dominis condidere. Maximum hic emporium Trigodytarum, etiam Aethiopum..... deferunt plurimum ebur, rhinocerotom cornua, hippopotamiorum coria, celtium testudinum, sphingia, mancipia), ma raccoglie una leggenda ellenistica che voleva spiegare etimologicamente (ἀδουλια) il nome della città; questa in realtà aveva tutt'altra origine, essendo stata fondata o da locali popolazioni cuscitiche o da immigrati sudarabici. A. è ricordata da diversi scrittori (Ptol., iv, 7; viii, 16; Eratosth., p. 23; Procop., Pers., i, 19); ma deve la sua fama principalmente alla descrizione che ne fa Cosma Indicopleuste (VI sec. d. C.), che perlustrò l'Etiopia, visse alla cDrte dei re di Axum e visitò la città ai primi anni dell'impero di Giustino (Topogr. christ., 1, 140, in Migne, Patrologia Graeca, vol. lxxxviii).
La città sorgeva in luogo pianeggiante e sabbioso, circondato a S ed a O dal letto del torrente Haddās dal fondo del quale essa si alza di qualche metro, e copriva un'area di circa 20.000 mq; il suo sito è chiaramente riconoscibile dai cumuli di sassi di materiale lavico e poroso, assai corroso dagli agenti atmosferici, prodotti dal disfacimento della parte superiore degli edifici e celanti quanto di essi resta tuttora in piedi. Gli scavi praticati da una missione italiana nel 1906 hanno portato a conclusioni molto interessanti che rivelano come la località fosse abitata in periodo molto antico.
In un primo tempo, per uno spazio piuttosto lungo, A. fu abitata da popolazioni che avevano poche relazioni con il mondo classico: gli strati più profondi degli scavi attestano una singolare ceramica nera a decorazioni graffite che fa pensare ad una parentela tra queste popolazioni della costa eritrea e le popolazioni, probabilmente libiche, riconosciute negli scavi d'Egitto. Un interessante frammento di vaso dipinto, appartenente a questi strati, ci mostra in una forma più schematica del consueto molti uomini allineati che, piegando il gomito, alzano l'avambraccio al cielo in atteggiamento che non si comprende se sia di adorazione o di danza. Per questo periodo non possiamo proporre alcuna data: questa civiltà è continuamente uniforme per un certo numero di secoli (lo strato in cui si è trovato il materiale è alto 7 m; sono presenti anche schegge di ossidiana). Possiamo chiamare questo periodo "pre-tolemaico", poiché sono assenti le tracce di quegli scambi commerciali che si stabilirono, più tardi, tra la città ed Alessandria, sotto i primi Tolomei. Al periodo tolemaico appartiene una singolarissima costruzione, priva di porte e finestre, che gli oggetti trovati nelle vicinanze ci dicono servisse ad uso religioso; un frammento marmoreo porta raffigurati tre scaglioni semicircolari, uno dei quali poggia sugli altri due come i monti nell'araldica medioevale; un altro frammento reca raffigurato un disco con sei raggi rilevati e terminati da un globetto, sostenuto da un supporto conico: presso quasi tutti i popoli dell'antichità il disco radiato significa il sole e gli scaglioni i monti: il nostro edificio era dunque un'ara gigantesca o meglio un monumento dedicato al sole cinto all'intorno da colonne, quattro delle quali sono ancora sul posto. I resti trovati nelle vicinanze non sono molto antichi e risalgono al tardo periodo tolemaico o anche romano. Un altro edificio simile, forse destinato agli stessi scopi, è conservato meglio del primo: in entrambi i casi queste costruzioni coprono una fossa rettangolare ripiena di cenere. Nell'età imperialeromana, A. dipese commercialmente da Alessandria, e negli anni precedenti alla predicazione cristiana appartenne al regno sudarabico di Axum, che pare fosse costituito nel I sec. dell'Impero. Nella descrizione dei monumenti di A. nell'opera di Cosma Indicopleuste, le miniature illustrano le costruzioni principali della città: sulla pagina presso l'orlo è una grande striscia azzurra, il mare. A metà di questa zona, distante dalla riva è una cupola rosa, rossa alla base, fregiata di tasselli aurei e sormontata da un pomo azzurro ed oro, la quale poggia sopra due torrette azzurre, la città ΑΙΔΟΥΛΙC. Più a N, sulla riva del mare, un altro edificio simile è indicato ΤΕΛWΝΙΟΝ ΓΑΒΑΖΑC: era il porto di A. (come sappiamo dagli Atti di S. Areta, martire abissino). Nel mezzo del quadro è il monumento più significativo della città, che invano gli scavi hanno tentato di riportare alla luce: una grande cattedra a forma di solium, azzurra, lumeggiata di grigio, munita di braccioli che poggiano nella parte posteriore su due colonnine dai capitelli corinzi dorati; la faccia posteriore del dorsale è rivolta all'osservatore perché gli si rendano visibili le immagini di due divinità rappresentate da due figurine vestite di rosso scuro appena discernibili, una delle quali stringe una lancia. Il sedile della cattedra è rettangolare e poggia su quattro colonnine dai capitelli corinzi dorati: nel mezzo esso è sorretto da una quinta colonnina a forma di cipresso. Su di esso sono incise le prime parole dell'iscrizione che Cosma riferisce di aver trovato incisa sulla cattedra. Dietro una stele è un guerriero, di carnagione rosso scura, coperto di brache turchine. Visibili anche tre guerrieri in cammino verso Axum, come chiarisce l'iscrizione.
Nei primi tempi dell'Islam, la città, già molto decaduta, venne del tutto abbandonata.
Bibl: R. Paribeni, Ricerche sul luogo dell'antica Adulis, in Mon. Lincei, XVIII, 1908, p. 437 ss.; C. Stornaiolo, Le miniature della Topografia Cristiana di Cosma Indicopleustes. Cod. Vat. greco 699, Milano 1908; E. Littmann, in Pauly-Wissowa, Suppl. VII, 1940, cc. 1-2, s. v.