AERONAUTICA
La parola aeronautica deriva da ἀήρ "aria" e ναυτιχή "arte di guidare una nave". È la mirabile conquista umana dell'inizio del sec. XX.
La densità dell'aria relativamente piccola riduce di gran lunga le resistenze che un mobile incontra spostandosi in essa, di fronte a quelle che incontrerebbe nell'acqua o sulla superficie. Le grandi velocità che si possono perciò raggiungere nell'aria e che, con macchine eccezionali, hanno oltrepassato già i 500 km. all'ora, costituiscono il fattore essenziale della navigazione aerea, divenuta il mezzo più celere di locomozione che attualmente esista anche per la possibilità di tenere la via più breve.
Il problema del volo affaticò e attrasse l'intelletto umano fin dalle epoche più remote, ma è stato definitivamente risoluto solo con la comparsa del motore leggiero (v. motore per aviazione).
Le vie seguite per la soluzione sono due ed appaiono a prima vista fondamentalmente diverse, sebbene abbiano invece in comune molti principî e molte leggi. Sono la via statica e la via dinamica. La prima ha condotto all'aerostato e al dirigibile, ed è detta del più leggiero dell'aria, l'altra all'aeroplano e condurrà probabilmente anche all'elicottero (v.) ed è detta del più pesante.
Gli antichi favoleggiarono di voli e viaggi aerei di divinità, di eroi e perfino di uomini, attestando fin dalle epoche più remote l'aspirazione al dominio dell'aria.
Nelle Noctes Atticae (X, 12, 9-10) Aulo Gellio narra come Archita di Taranto, amico e contemporaneo di Platone, costruisse una colomba meccanica volante. Ad Archita si attribuisce anche l'invenzione del cervo volante. Sono a un di presso di tale epoca gli studî di Aristotele (384-322 a. C.) sul volo degli uccelli e sulla costruzione di una macchina aerea. Note pure le ricerche di Plinio il vecchio (morto il 79 d. C.). Dopo un lungo periodo di silenzio ci giungono notizie di un volo con ali eseguito da un certo Oliviero di Malmesbury (1050) che si lanciò da una torre e perì miseramente, e di un altro tentato nel sec. XII, con una specie di paracadute, da un saraceno di Bisanzio. Ruggero Bacone (1256) nel suo libro De Secretis artis et naturae parla di una macchina volante ad ali battenti: notizia certa si ha di un esperimento compiuto nel 1420 dal matematico Giovanni Battista Danti di Perugia, il quale si gettò a volo da una torre per andare ad atterrare in un luogo prestabilito ma urtò in un tetto e si fratturò le gambe. Ma i primi documenti di studî con vera base scientifica li troviamo nell'opera del più grande precursore dell'aviazione: Leonardo da Vinci (1460). Egli nel Codice Atlantico ha lasciato disegni, descrizioni ed appunti di macchine volanti, elicotteri, paracadute che dimostrano come avesse meravigliosamente intuito il meccanismo del volo, la funzione degli impennaggi, la necessità di collocare il centro di gravità del sistema volante in un punto ben definito.
Nel 1595 Fausto Venanzio da Sebenico, forse attirato dalla concezione vinciana del volo meccanico, si dedicò alla ricerca di un dispositivo mercé il quale l'uomo potesse gettarsi, senza pericolo, da grandi altezze (fig.1); pubblicò anche in Venezia un'opera intitolata Machinae novae in cui descrive e discute scientificamente il paracadute, rappresentato in apposita vignetta. In un libro, Le veglie piacevoli, ovvero notizie de' più bizzarri e giocondi uomini toscani, del Manni (2ª ed., Venezia 1762), si narra di tentativi di volo a vela, compiuti con un paio d'ali adattate alle braccia, slanciandosi da punti elevati del terreno, dal lucchese Paolo Guidotti (1569-1626). In uno di tali tentativi l'animoso sperimentatore si spezzava una gamba. Intanto si veniva delineando lentamente in base ai principî della meccanica, l'aerodinamica teorica, nuova scienza che studia la resistenza dell'aria. Tra i primi ricordiamo il Newton, il quale però giunse a risultati fallaci. Egli non vide chiaro nel fenomeno della resistenza dell'aria, che attribuì all'urto e al rimbalzo delle molecole fluide sull'ostacolo, con le stesse leggi della luce che percuote uno specchio. Seguendo la via tracciata dal Newton sarebbe facile dimostrare la impossibilità del volo meccanico perché la forza sostentatrice di un'ala, dedotta in conseguenza della sua teoria, è circa un centesimo di quella sperimentalmente riscontrata.
Ma, attraverso gli studî e le prove, si era, già dalla metà del sec. XVIII, precisato il concetto che il volo umano poteva essere realizzato per le due vie sopra ricordate, cioè del più leggiero e del più pesante.
La via del "più leggiero" - Il primo ad avere l'idea di seguire la via del più leggiero (v. aerostato) fu il padre Lana che sostenne la possibilità di far ascendere nell'aria dei palloni di rame, entro cui fosse stato praticato il vuoto; ma la cosa restò pura affermazione di possibilità. Sembra invece che il padre Bartolomeo Lorenzo Gusmão di Santos del Brasile, si sollevasse l'8 agosto del 1709 con un pallone (v. aerostato).
I tentativi si moltiplicarono e si susseguirono fin verso il 1783 allorché avvennero le prove dei fratelli Mongolfier e i viaggi di Pilâtre de Rozier, Lunardi, ecc. Dopo le prime ascensioni venne subito l'idea e il desiderio di dirigere gli aerostati, ma la cosa fu realizzata solo negli ultimi anni del secolo testé decorso perché fino ad allora era mancato il mezzo di dare agli aerostati una velocità propria rispetto all'aria in cui erano immersi. L'aerostatica ebbe però, nonostante questo lato debole, notevole sviluppo militare e sportivo.
La soluzione della dirigibilità (v. dirigibile) si ebbe con l'invenzione del motore a scoppio (v.). L'applicazione decisamente positiva fu fatta in Germania nel 1897 dal generale conte Ferdinando Zeppelin che costruì un dirigibile di 127 metri di lunghezza e 11 .300 metri cubi di volume con una potenza di 32 HP. Nel medesimo tempo (1900) il brasiliano Santos-Dumont aveva costruito un dirigibile che raggiunse la velocità di 25 km. all'ora.
In Italia il conte Almerico da Schio costruiva (fig. 2) un piccolo dirigibile da 1200 mc. e il Forlanini ne impostava un altro (fig. 3) nell'hangar di Crescenzago presso Milano; l'Usuelli costruiva il suo U e Nino Piccoli il suo Ausonia, mentre gli allora tenenti Crocco e Ricaldoni iniziavano lo studio metodico della propulsione costruendo delle eliche aeree che rappresentarono un vero progresso, e impostavano il dirigibile P di 2700 mc., il quale, dopo una prima gita a Roma provenendo dal lago di Bracciano, fece il memorabile viaggio da Bracciano a Napoli e viceversa (fig. 4). Il tipo P (piccolo) fu riprodotto successivamente in varî esemplari. I due dirigibili P 2 e P 3 presero parte alla campagna di Libia compiendovi ben 194 ascensioni. Ai tipi piccoli seguirono in Italia i dirigibili M (medî) di cui furono costruiti numerosi esemplari che presero parte alla campagna di guerra del 1915-18.
Dopo la guerra lo Stabilimento di costruzioni aeronautiche di Roma costruiva il dirigibile N (Nobile) a tipo semirigido, simile nella forma e nella struttura generale al dirigibile Forlanini e costruito secondo la tecnica introdotta dal Crocco. Questo dirigibile (fig. 5) partì il 10 aprile 1926 dall'aeroporto di Ciampino e pervenne dopo alcuni scali intermedî alla Baia del Re, donde l'11 maggio 1926 partiva, avendo a bordo oltre al celebre esploratore polare Amundsen che aveva organizzata la spedizione, lo stesso Nobile ed altre 14 persone: sorvolava il Polo alle ore 1 e 30 antimeridiane del giorno 12 maggio (ore Greenwich) ed atterrava la mattina del 13 a Teller in Alaska avendo percorso 5300 km. senza scalo al disopra della calotta artica. Il dirigibile, che aveva preso il nome di Norge, era stato preceduto di pochi giorni nella traversata dall'aviatore Byrd, il quale, con un aeroplano, aveva fatto all'incirca il percorso inverso.
Per quanto la imprese degli aeroplani abbiano attenuato l'interessamento per il dirigibile e molte nazioni abbiano trascurato questo tipo di macchina aerea a causa del suo costo intrinseco e di quello del suo ricovero ed esercizio, molte altre, specie tra quelle più ricche, continuano gli studî e le costruzioni perché intravedono la possibilità di avere un collegamento sicuro quanto il piroscafo, ma di questo molto più celere, con le aeronavi di grande cubatura. La cubatura di 100.000 mc. di alcuni dirigibili già costruiti è ritenuta nel momento attuale ancora troppo modesta per poter affrontare con sicurezza la grande navigazione. Ciò nonostante il dirigibile Conte Zeppelin di tale cubatura (105 mila metri cubi) ha eseguito nel 1928 la traversata atlantica partendo da Friedrichshafen (lago di Costanza), e dopo aver sorvolato New York ha atterrato nell'aeroscalo di Lakehurst dopo 105 ore di navigazione compiendo poi felicemente il viaggio di ritorno. È importante constatare che nonostante il tempo pessimo, le due traversate hanno avuto successo (figg. 6, 7 e 8).
La via del "più pesante". - Il volo mediante il più pesante fu tentato con soluzioni diverse, derivate specialmente dalla osservazione del volo animale. Alcuni inventori tentarono di adoperare ali battenti ossia superfici rapidamente mosse in senso perpendicolare al loro piano (v. ortottero), altri ali mobili alla guisa dei remi cercando di imitare molto da vicino il volo degli uccelli (v. ornitottero); altri, attraverso la concezione vinciana, una elica sostentatrice, ossia girante in un piano orizzontale con asse quindi verticale (v. elicottero). Nel 1877 l'ingegnere milanese Enrico Forlanini costruiva un elicottero messo in moto da un piccolo motore a vapore da lui stesso ideato: in una riunione tenuta ai giardini pubblici di Milano l'elicottero si sollevò fino a 13 metri dal suolo (senza passeggero): può dirsi che questa esperienza rappresenti il primo volo di una macchina più pesante dell'aria, che siasi sollevata da terra con mezzi proprî ed abbia effettivamente volato. La soluzione dell'elicottero, se può dirsi realizzata (fig. 9) perché apparecchi con eliche sostentatrici, montati da passeggeri, si sono sollevati nell'aria verticalmente, non è ancora pervenuta a quella semplicità di meccanismo, a quella possibilità di manovra che caratterizza la macchina praticamente utilizzabile. Essa permetterebbe il sollevamento verticale e la discesa pure verticale, oltre la traslazione con evidenti straordinarî vantaggi di sicurezza e di comodità.
Il tentativo fatto recentemente dallo spagnolo La Cierva col suo autogiro, può considerarsi come una soluzione ibrida tra l'elicottero e l'aeroplano che tratteremo poi (fig. 10). L'autogiro del La Cierva ha infatti, per superficie sostentatrice, l'elica orizzontale come l'elicottero; però non si vale di questa per salire ma soltanto per sostenersi nell'aria come fa l'areoplano, mentre, come in questo, una seconda elica serve alla propulsione.
L'ultima soluzione che imita una delle modalità di volo frequentemente usata dai grandi uccelli e che abbiamo visto tentata sporadicamente dai varî inventori, come p. es. il Danti di Perugia, comincia ad avere affermazioni serie e concrete verso la fine del sec. XIX. Nel 1879 Vittorio Tatin a Chalais Meudon provava un apparecchio che può considerarsi il precursore del moderno aeroplano, al quale però mancava solo il motore: il Tatin ebbe la ventura di poter compiere, già grave di età, un volo sull'aerotorpedine Paulhan-Tatin nella quale egli aveva realizzato, col motore a scoppio, le sue idee di circa 40 anni prima.
Durante questo periodo, e precisamente dal 1891 al 1896, l'ingegnere prussiano Otto Lilienthal costruì (fig. 11) un apparecchio slittante, dai francesi chiamato pianeur, composto di due ali e di una coda, di grandezza sufficiente per sostenere un uomo: con questo apparecchio, slanciandosi dall'alto di una collina, riuscì a compiere oltre 2000 voli rettilinei di qualche centinaio di metri di lunghezza ciascuno. Il 9 agosto del 1896 lasciava la vita in uno di questi tentativi. Contemporaneamente il francese Clemente Ader procedeva sulla stessa via, applicando all'apparecchio un motore a vapore, senza però avere prima sufficientemente studiato il problema della stabilità longitudinale e trasversale. L'apparecchio (fig. 12) si sollevava di qualche poco da terra e si sfasciava al suolo immediatamente dopo (14 ottobre 1889).
I risultati positivi ottenuti da Lilienthal trovarono imitatori in America. L'ingegnere Ottaviano Chanute di Chicago, oriundo francese, costruì, coadiuvato da due collaboratori, un apparecchio a velatura biplana col quale tra il 1896 ed il 1899 effettuò un migliaio di voli a vela felicemente riusciti. Due giovani fabbricanti di biciclette di Dayton (Ohio), i fratelli Wilbur ed Orville Wright, continuarono gli studî dello Chanute e costruirono un aeroplano. Essi fecero fare un notevole passo avanti a questa macchina perché risolsero praticamente il problema dell'equilibrio laterale e longitudinale. Per l'equilibrio laterale adottarono il gauchissement o "svergolamento" delle ali, mediante il quale era possibile ristabilire l'equilibrio trasversale per qualsiasi ragione alterato. Consisteva nella distorsione inversa dell'ala destra rispetto alla sinistra, o viceversa, per modo che la forza portante da una parte diventasse minore della forza portante dall'altra, per correggere la inclinazione presa dall'apparecchio a sinistra o a destra (v. aeroplanino). Così pure risolsero il problema dell'equilibrio longitudinale mediante l'impennaggio verticale posteriore e l'equilibratore anteriore. Il loro lavoro fu condotto dal 1901 al 1903 nel più grande segreto a Kittyhawk nella Carolina del Nord.
Sino dal 1902 essi disponevano di un apparecchio a velatura biplana, con cui avevano effettuato più di 800 voli a vela; questo apparecchio era munito di tutti gli organi di sostentamento, stabilizzazione e direzione, in uso anche oggi.
Occorre peraltro qui ricordare il nome poco noto di un solitario studioso, L.V. Mouillard, morto nel 1897. Questi, accampatosi sul limitare del deserto a S. dell'Egitto, studiò per circa 10 anni il volo dei grandi uccelli predatori ed espose le sue ricerche in due opere: L'empire de l'aire, Le vol sans battement. Egli giunse alla concezione del governo dell'aeroplano, basato sullo svergolamento delle ali e sul timone di direzione. Aveva comunicato tali idee allo Chanute fino dal 1890 prendendo anzi, in unione a questo, un brevetto in America il 18 maggio 1897; onde è probabilissimo che i fratelli Wright conoscessero già l'importanza del gauchissement. Per la proprietà di questo brevetto "che rivendicarono a sé stessi", intavolarono numerose cause agli altri costruttori europei e americani che se ne erano valsi.
Il Mouillard concludeva l'opera sua esprimendo la sua amarezza perché, giunto alla fine della vita, vedeva chiara la possibilità del volo alla cui soluzione aveva dato tutto sé stesso, ma doveva rinunciare a vederne la realizzazione per la mancanza del motore adatto.
Più fortunati di lui i Wright, dopo le prime esperienze di volo a vela, apposero al loro aeroplano nell'anno 1903 un motore a scoppio a 6 cilindri, da loro stessi costruito, della potenza di 16 HP, azionante due eliche giranti in senso inverso perché le coppie di reazione alla coppia motrice di ciascuna elica, si neutralizzassero tra loro.
Il 17 dicembre 1903, dopo tre brevi voli, tutti felicemente riusciti, in una quarta esperienza questo primo aeroplano a motore compì un volo di 260 m. e della durata di 59 secondi contro un vento di 9 m. al secondo. Continuarono a Dayton, ove rientrarono, le esperienze per mettere a punto il loro aeroplano, cioè per dimostrare la capacità di fare evoluzioni in aria. Il 5 ottobre 1905 riuscirono a compiere un volo in circuito chiuso di 39 Km. Per opera dei due arditi e tenaci americani l'aeroplano era così realizzato (fig. 13).
In Europa, frattanto, si iniziarono esperienze analoghe, che condussero in Francia Santos-Dumont a compiere sin dal 1906 voli con aeroplano a motore. Seguirono i varî tentativi dei primi costruttori francesi: Voisin, Delagrange, Farman e Blériot. Questo ultimo giunse, con la costruzione di un monoplano munito di un eccellente motore Antoniette e provvisto di aleroni, i quali sostituivano lo svergolamento dei Wright e davano all'apparecchio il comando della stabilità trasversale, a compiere il 10 giugno 1908 voli di alcune decine di minuti, a velocità propria di circa 18-20 metri al secondo, effettuando anche evoluzioni con giri assai stretti.
Mentre in Francia si compiva questo passo innanzi, i Wright, rimasti inattivi nel periodo 1905-1908, ripresero le esperienze con un nuovo aeroplano capace di portare un passeggero oltre il pilota e munito di un motore di 25 HP. Successivamente Wilbur Wright venne in Europa ed iniziò i voli a Parigi, valendosi, per aiutare la trazione dell'elica all'inizio della marcia sull'apposita rotaia, ed acquistare la velocità necessaria a sostenersi, di uno speciale sistema di lancio costituito da un pilone dalla cui cima cadeva un contrappeso: egli effettuò varî voli con evoluzioni attestanti ormai la padronanza della guida dell'apparecchio.
Wilbur Wright vinceva il 21 settembre 1908 la coppa Michelin con 1 h. 31′ di volo coprendo 66 km. di distanza; il 18 dicembre 1908 batteva il record d'altezza raggiungendo 110 m. di quota, il 3 dicembre 1908 superava ogni precedente record di durata e di distanza con 2 h. 30′ 21′′ di volo su 124 km. e 700 m. di percorso. Moriva di tifo a Dayton nel 1912, mentre i suoi tentativi già delineavano un successo che avrebbe avuto la più larga ripercussione nella storia.
Nel 1908 il pilota francese Delagrange veniva in Italia con un apparecchio costruito dai fratelli Voisin, col quale eseguiva voli a Roma l'11 aprile per 12.750 m. in 15′ e 25″, e successivamente in altre città.
Nel 1908 a Torino l'ing. Faccioli costruiva un suo aeroplano, il primo costruito in Italia, col quale effettuava nel gennaio 1909 un volo a 20 m. di altezza, troncato da un incidente all'apparecchio. Nell'aprile 1909 a cura del Club Aviatori Roma, aveva inizio sul campo di Centocelle la prima scuola piloti di aeroplano con un apparecchio Wrigh,: istruttore era lo stesso Wright, venuto in Italia per esperienze di volo; allievi il sottotenente di vascello Calderara ed il tenente del genio Savoia.
L'aviazione dal I908 al 1914. - Nel 1909, affermatasi ormai la possibilità pratica del volo, erano raccolti in tutti gli stati sovvenzioni e premî d'ogni natura, intesi a promuovere il progresso aviatorio. Si cominciano ad avere i primi piloti aviatori.
Il 25 luglio 1909 Blériot, sul suo monoplano n. 9 (fig. 14) (motore Anzani), alle ore 4, 41 partiva da Calais e, alla quota di 50-100 metri, raggiungeva con un volo di 32′, su 38 km. circa di percorso, la costa inglese a Dover. La Manica era così superata anche con l'aeroplano. Nello stesso anno 1909 si tennero riunioni aviatorie nei varî stati europei, ove già si erano costruiti molteplici tipi i quali uno dopo l'altro superavano i risultati precedenti. Il 3 novemhre 1909 H. Farman vinceva la coppa Michelin con un volo di 229 km. di fronte al precedente di 124 km. col quale era stata vinta un anno prima da W. Wright. In Italia una prima riunione aerea fu organizzata a Brescia (Montichiari) dall'8 al 9 settembre 1909 con intervento di 13 piloti fra cui 4 italiani. Una seconda manifestazione aerea si svolse a Verona dal 22 al 29 maggio 1910, e ad essa intervennero sette piloti esteri ed uno italiano, Cattaneo, che raggiunse la velocità massima di km. 73, 108 all'ora. Paulhan salì a 1630 metri. La terza riunione fu tenuta a Milano nello stesso anno 1910 (24 settembre-3 ottobre) coll'intervento di 27 piloti, di cui tre italiani, fra i quali Cattaneo, che batté con 88,557 km. all'ora la precedente velocità massima raggiunta a Verona. In tale occasione si ebbe la prima traversata delle Alpi, la quale avrebbe dovuto svolgersi fra Briga e Milano in corrispondenza del Sempione; richiedeva quindi un volo in quota elevata con atmosfera probabilmente agitata; dura prova per la scarsa esuberanza di forza motrice e la deficiente solidità degli aeroplani d'allora. Il peruviano Géo Chavez (che l'8 settemhre aveva conseguito a Issy-les-Moulineaux il primato nei voli in altezza, raggiungendo i 2587 m. di quota) fu il pilota che ebbe l'ardire di tentarla. Partito da Briga il 23 settembre su un Blériot, egli superò il Sempione e raggiunse felicemente Domodossola, ma, mentre stava atterrando, a una decina di metri dal suolo, probabilmente per rottura di un'ala, periva dopo aver vinta la prova.
Il 29 ottobre 1910 in America Graham White, su Blériot 100 HP., vinceva la coppa Gordon Bennet su 100 km. alla velocità oraria di 109 km.; il 29 dicembre 1910 Tabuteau, su Farman, vinceva la coppa Michelin con un volo di 7 h. 50′ su 582 km., di fronte ai 229 km. del 1909. Fra il 1911 e il 1914 si moltiplicarono i circuiti aerei nei varî stati e accanto a quelle francesi si affermarono le costruzioni tedesche ed inglesi.
L'Italia ebbe i suoi piloti di aeroplano non appena si aprirono le prime scuole civili di aviazione: a Centocelle (Roma, 1909), poi divenuta militare (1910) e nel 1911 trasferita ad Aviano; a Pordenone, a Taliedo (Milano), a Vizzola Ticino, nel 1910. Nel settembre 1909, in occasione del concorso d'aviazione di Brescia, comparvero in gara un triplano dell'ing. Faccioli, e un biplano del comm. Mario Cobianchi. Verso la fine di quell'anno, fu provato un biplano-biposto Bossi Maioli, e alla Esposizione di aviazione di Milano, fu presentato un biplano "extra leggiero" dei medesimi inventori. Nel giugno 1910 il marchese Filiasi mise a punto un proprio tipo di apparecchio che, pilotato da Mario Calderara, eseguì qualche volo, che però rimase senza fortuna. Eguale sorte ebbero il biplano Marra-Alfieri, provato pure a Roma l'8 giugno 1910 (e che l'8 del mese successivo causò la morte del Marra), e il biplano Asteria. dell'ing. Darbesio.
Nel 1910 l'ing. Alessandro Marchetti di Roma costruiva la sua Chimera, che volò da lui stesso pilotata; questo apparecchio era degno di molta considerazione e fu il primo gradino della ascensione di questo costruttore geniale che, dopo cinque anni di silenzio, riprese il lavoro e pervenne poi a dare gli apparecchi con i quali De Pinedo fece il giro del mondo e Del Prete e Ferrarin volarono senza scalo da Roma al Brasile.
Solamente nel 1911 qualche apparecchio italiano incominciò ad affermarsi. In quell'anno comparvero il monoplano Antoni già provato nel 1910 a Cameri e a S. Rossore, il monoplano Gabardini, il Chiribiri ed i primi tipi del Caproni. Questi ultimi soltanto dopo essere stati sperimentati nel raid Milano-Roma (febbraio 1911) furono adottati per la costituzione di una squadriglia da esplorazione. Nel 1914 il Caproni trimotore da 300 HP. fu adottato dalla nostra aviazione militare quale apparecchio da bombardamento e fu il primo tipo di concezione italiana che prendesse parte gloriosa alla nostra guerra nell'aria.
Nel celere ritmo del successivo progresso, si possono ricordare, prima della guerra, il felice superamento delle Alpi fra Briga e Domodossola, effettuato il 25 gennaio 1913 da Bielovućić, e fra Berna e Milano da Bider, il 13 luglio dello stesso anno; il primo looping eseguito da Pégoud su monoplano Blériot il 21 settembre 1913; i voli rovesciati eseguiti dallo Chevillard con apparecchio Farman; la traversata del Mediterraneo da Saint-Raphaël a Biserta effettuata dal francese Garros in unico volo di 800 km.
All'inizio del conflitto mondiale, nel luglio 1914, si erano raggiunti i seguenti dati massimi:
velocità: km. 203,850 all'ora, (da Prévost il 29 settembre 1913);
distanza: km. 1021,200 (Seguin il 13 ottobre 1913);
quota: 6120 m. (Legagneux il 28 dicembre 1913).
Con lo scoppio della guerra l'aeronautica diventa completamente militare, i tipi di apparecchi si moltiplicano e si specializzano, le caratteristiche di velocità e di quota, di maneggevolezza e di portata si migliorano, le potenze a bordo aumentano, talché alla fine del conflitto abbiamo, p. es., gli apparecchi giganti tedeschi Lizenz polimotori, pesanti oltre 10 tonnellate, l'apparecchio italiano Sia 9 B monomotore con motore da 700 HP., ecc.
Lo sviluppo dell'aeronautica durante la guerra sarà però considerato più oltre, dove si tratta dell'aeronautica militare perché intimamente legato con l'impiego bellico.
L'aeronautica dal 1918 al 1928. - Gli straordinarî progressi compiuti durante la guerra dall'aeroplano, la diffusione della sua conoscenza fra il pubblico, l'interesse personale di tutti coloro che avevano acquisito speciali capacità nella pratica del loro servizio aereo, furono circostanze favorevoli che generarono l'illusione della possibilità di una rapida trasformazione dell'attività militare di guerra in una attività civile e commerciale, illusione che costò ai varî stati non poco denaro. Non era possibile infatti, in breve tempo, trarre dagli apparecchi militari, la cui costruzione era orientata esclusivamente ai fini dell'offesa e del combattimento, dei mezzi di navigazione commerciale: la vita delle imprese civili sorte a questo scopo fu mantenuta con l'ossigeno del denaro pubblico. Il massimo contributo statale allo sviluppo dell'aviazione civile fu dato dalla Germania, alla quale il Trattato di Versailles vietava la costruzione e l'esercizio di mezzi aerei militari, per modo che questa nazione poté concentrare tutti gli sforzi ed i mezzi finanziarî alla organizzazione aeronautica civile che rapidamente diffuse le sue propaggini per il mondo.
L'affermazione dunque dell'aeronautica civile fu più rapida e vasta, per il valido concorso statale, di quanto non sarebbe stata se la si fosse considerata come un'impresa privata, degna di vivere solo se economicamente redditizia per intima vitalità, senza aiuti esteriori. Gradatamente però il mezzo aereo si avvia a conquistare questa capacità di vita mediante il miglioramento delle sue qualità secondo i bisogni. Durante la guerra, sotto la pressione delle più imperiose necessità, mancava il tempo per soffermarsi in lunghe ricerche scientifiche di perfezionamenti di forma e si cercava di realizzare sempre migliori caratteristiche di velocità e di salita in quota per la via più semplice, quella dell'accrescimento della potenza a bordo. Questa via era naturalmente antieconomica e non può quindi essere seguita da un'aviazione commerciale illuminata. È necessario cercare di raggiungere le qualità indispensabili mediante lo studio sistematico e scientifico delle forme, per modo che le potenze a bordo e i conseguenti consumi siano sempre più modesti. Questa direttiva, intesa a curare le qualità di penetrazione, di portanza e quindi di efficienza degli apparecchi, rappresenta la via maestra per lo sviluppo vitale dell'aviazione civile. L'affinamento, infatti, di quelle qualità rende possibile, dato il servizio richiesto, la installazione a bordo di minori potenze; la minore potenza importa minore consumo e minor peso dell'apparato motore; il minor peso ed il minor consumo influiscono sulle dimensioni rendendole più modeste: di qui minor costo di costruzione, di esercizio e maggiore autonomia. Ma dello sviluppo dell'aviazione civile parleremo più oltre.
Tra le grandi imprese compiute dopo il 1918 dobbiamo ricordare il memorabile volo Roma-Tokio (1920) di km. 18.000 attraverso avversità atmosferiche e traversie d'ogni genere, compiuto dall'allora tenente Arturo Ferrarin che giunse a Tokio il 30 maggio, dopo 109 ore di volo effettivo, non computati naturalmente gli scali intermedî. L'apparecchio col quale compì questa transvolata era stato progettato dal personale della Direzione tecnica dell'aviazione militare italiana e costruito dalla ditta Ansaldo.
Nel 1925 l'allora colonnello Francesco De Pinedo, con apparecchio idrovolante Savoia 16 ter, compì il grande volo di 55.000 km. costeggiando tre continenti in 360 ore di volo effettivo. Il viaggio (fig. 15) fu eseguito in tre tempi: da Sesto Calende (21 aprile 1925) a Melbourne (9 giugno 1925), cioè 25.500 km. in 160 ore; da Melbourne (416 luglio 1925) a Tokio (20 settembre 1925), cioè 13.500 km. in 90 ore; da Tokio (16 ottobre 1925) a Roma (7 novembre 1925) cioè 18.000 km. in 110 ore di volo, effettuate in 21 giorni. Lo stesso pilota, accompagnato dal capitano Carlo Del Prete, partiva il 13 febbraio 1927, e dall'Italia, dopo aver costeggiato la Spagna e l'Africa giungeva al Brasile e all'Argentina; poi, nonostante che il suo apparecchio fosse un idrovolante (era un Savoia S. 55, fig. 17, progettato dall'ing. Marchetti e costruito a Sesto Calende, con due motori da 500 HP. Asso Isotta Fraschini), traversò le impervie regioni dell'America meridionale, poi il golfo del Messico, e attraverso l'America del nord tornò sull'Atlantico che sorvolò per la seconda volta giungendo in Roma il 16 luglio 1927 (fig. 16). Questo volo di 44.000 chilometri insieme con la sua precedente transvolata, fatte entrambe senza speciali preparativi, tendevano a dimostrare la possibilità della navigazione aerea con idrovolante, facendo solo assegnamento sulle organizzazioni esistenti per la navigazione marittima e fluviale: questi voli dunque, oltre a mettere in nuova e più vivida luce la eccezionale fibra degli strenui navigatori dell'aria, hanno avuto anche il carattere di una importante affermazione economica della navigazione aerea.
Nel 1927 l'americano Lindbergh partiva il 20 maggio da Roosevelt Field (New York) ed atterrava alle ore 22,30 del 21 maggio al campo del Bourget a Parigi, avendo superato senza scali, da solo, 5860 km. di oceano in 33 h. e 30', con un apparecchio monomotore della potenza di soli 200 HP. (fig. 18): chiara dimostrazione del nostro asserto che la via per ottenere le grandi autonomie e quindi il trasporto economico sta nell'affinamento delle qualità aerodinamiche. Successivamente altri audaci tentarono la traversata e miseramente fallirono; invece, in un solo volo, C.D. Chamberlin e Ch. A. Levine, su apparecchio ideato e costruito dall'italiano Bellanca, dallo stesso Roosevielt Field raggiungevano la Germania con un volo di 6293 km. durato dal 4 al 6 giugno. Un'altra transvolata fu effettuata dal 29 luglio al 1° agosto dall'americano Byrd con tre passeggeri, partendo, egli pure, da Roosevelt Field e atterrando sulla costa di Francia, dopo aver vagato per parecchio tempo sul territorio francese senza essere riuscito ad individuare Parigi a causa della nebbia.
Tra i voli transoceanici ricordiamo ancora le trasvolate del Pacifico, prodromi del futuro collegamento aereo delle Americhe con l'Asia e l'Australia. Gli americani K. Smith, C. Ulm, H. Lims e J. Warner fra il 1° maggio e il 7 giugno 1928 compirono il volo da Oakland in California, per Honolulu (nelle isole Hawai) e Suva (nelle isole Figi) a Brisbane in Australia.
Negli ultimi anni si sono effettuate ripetute transvolate inglesi dall'Inghilterra, per l'Egitto, alla Colonia del Capo e agli altri possedimenti inglesi d'Oriente, ma il primato delle grandi traversate spetta fino ad oggi all'Italia. Il maggiore Arturo Ferrarin e il maggiore Carlo Del Prete con apparecchio e motore di concezione e costruzione schiettamente italiane (fig. 19) partirono da Roma (Montecelio) il 3 luglio 1928 e rimasero in volo fino al 5 luglio, avendo percorso 7150 km. senza scalo al disopra del Mediterraneo e dell'Atlantico: atterrarono a Genibabbu sulla costa brasiliana. Essi si erano preparati a questa meravigliosa impresa con un volo di prova in circuito chiuso sulla campagna romana compiuto dal 31 maggio al 2 giugno 1928, durante il quale rimasero 58 ore e 34′ in volo senza scalo, battendo di 5 ore ogni record precedente.
Mentre la tecnica preparava gli apparecchi idonei ai voli di grande durata, altre competizioni eccitavano invece alla ricerca della velocità sempre più alta. La coppa istituita nel 1913 da Giacomo Schneider, comprende una prova di navigabilità dell'apparecchio (idrovolante) ed una gara di velocità su un percorso non inferiore ai 350 km.: essa rimarrà in possesso definitivo della nazione che sarà riuscita vincitrice della gara per tre volte in 5 anni. I risultati di questa gara dimostrano i rapidi progressi realizzati nel campo della velocità; ricordiamo: 1926, vittoria francese con 72 km. ora; 1914, inglese con 89 km.; 1920, italiana con 165 km.; 1921, italiana con 189 km.; 1922, inglese con 235 km.; 1923, americana con 285 km.; 1925, americana con 373 km.; 1926, italiana con km. 396,700; 1927, inglese con 454 km.
Nel campo delle altissime velocità, peraltro. nel medesimo anno 1927, l'Italia a breve distanza dalla coppa Schneider del 1927, col medesimo apparecchio e motore italiani con cui aveva concorso alla gara, conquistava nuovamente il primato della velocità: infatti il 4 novembre 1927 il maggiore Mario De Bernardi raggiungeva sulla base regolamentare di 3 km. in quattro successivi passaggi, la velocità media di km. 479,290, regolarmente omologata dalla Federazione aeronautica internazionale come record mondiale: il 30 marzo 1928 il De Bernardi batteva il proprio record, raggiungendo la media di 512,776 km. all'ora con lo stesso apparecchio Macchi e motore Fiat dell'anno precedente (fig. 20). In 15 anni si era passati dunque dai 72 km. del 1912 ai 512 del 1928. Chi esamina il diagramma di queste velocità lo trova risolutamente ascendente, senza accenni a flessi o incertezze: è quindi da presumere che la velocità vada aumentando ancora per molto tempo collo stesso ritmo di precipitoso aumento.
Mentre si svolgevano queste ardenti competizioni, mentre i governi consideravano con sempre crescente interesse l'importanza militare dell'aeronautica, questa permeava a poco a poco la vita economica e politica dei varî paesi: non sembra eccessivo prevedere che, come lo sviluppo della navigazione marittima ha avuto in passato una ripercussione di prim'ordine nella vita economica dei popoli, un'influenza non minore dovrà avere nell'avvenire lo sviluppo della navigazione aerea.
Fattori precipui dello sviluppo aereo di una nazione sono:
1. Gli istituti di studio e di ricerca guidati da persone illuminate e adatte all'indagine sperimentale;
2. lo sviluppo industriale: l'aeronautica chiede all'industria la parte migliore della sua produzione: non trova quindi terreno favorevole dove l'industria ha caratteristiche d'inferiorità o poca diffusione;
3. la buona organizzazione dell'aeronautica civile e militare che permetta di utilizzare, senza inutile dispendio, il nuovo mezzo;
4. la presenza in paese delle materie prime e dei combustibili usati dagli aerei, senza di che la potenza e la stessa esistenza dell'aeronautica d'una nazione, sono precarie.
Dopo la guerra le varie nazioni seguirono due vie diverse di organizzazione: alcune, con concetto unitario, riunirono tutte le forme delle attività aeronautiche militari e civili sotto la dipendenza di un unico ente che fu un Ministero dell'aria. L'Inghilterra adottò un ordinamento di questo genere sin dal 1918, l'Italia nel 1923, dopo a Rivoluzione Fascista. Ad esso addivenne anche la Francia nel 1928, dopo una lunga serie di eventi disgraziati.
Altre nazioni invece lasciarono suddivise le attività aeree militari e civili tra i varî ministeri che avevano analogia di attribuzioni. Cosi fu fino al 1928 in Francia, dove l'aviazione formata di apparecchi terrestri dipendeva dal Ministero della guerra; quella formata di idrovolanti da quello della marina, quella coloniale dal Ministero delle colonie, mentre quella civile con la parte tecnica dal Ministero dell'industria e del commercio. Questo tipo di organizzazione ha naturalmente anch'esso i suoi vantaggi perché mette i mezzi aeronautici alla diretta dipendenza di coloro che debbono servirsene, con risparmio di spese generali; certo è che la Francia, la quale ha avuto campo di esaminare comparativamente le conseguenze della propria organizzazione, di quella inglese e dell'italiana, se ha creduto di dover abbandonare la propria per accettare l'altrui, deve aver trovato che i vantaggi della organizzazione a tipo inglese superavano gli svantaggi che sarebbero derivati dalla sua adozione.
Aeronautica militare. - La guerra aerea. Il problema della guerra aerea è oggi ancora mal definito poiché l'esperienza del solo conflitto europeo, che sorprese l'aeronautica in sul nascere, non può essere sufficiente a formare una concezione organica e sicura. Bisogna perciò limitarsi a stabilire alcuni elementi fondamentali per inquadrare il problema che è uno dei principali e più appassionanti della guerra futura. La storia dell'aeronautica militare ha breve vita: tralasciamo l'uso dell'aerostato che rimonta al secolo scorso e il primo impiego dell'aeroplano e del dirigibile fatto dall'Italia nella guerra italo-turca del 1911 e 1912 (v. più sotto). Da principio fu predominante l'uso dell'aeronautica per l'esplorazione: venne, però, subito naturale l'idea di valersi della condizione privilegiata di poter navigare nel cielo sovrastante al nemico per offenderlo, lasciandogli cadere sopra delle bombe: così insieme con la macchina fotografica aerea comparve la bomba. La limitazione del carico degli aeroplani durante la guerra libica aveva permesso l'offensiva solo colle bombe di un chilo che l'allora tenente Giulio Gavotti portava in tasca per gettarle sul nemico; solo sei anni dopo gli aeroplani lanciavano bombe di 800 chilogrammi (fig. 21).
Se fu l'Italia che ebbe la sorte di attuare la prima applicazione bellica degli aerei, la guerra europea dette però il più vigoroso impulso allo sviluppo dell'aeronautica facendole compiere un cammino che in condizioni normali avrebbe richiesto assai maggior tempo.
In tutti gli stati belligeranti nel 1914 l'aviazione era presso a poco quale l'aveva trovata la guerra libica: regnava una grande incertezza e possiamo anche dire un grande scetticismo sulla parte che avrebbe potuto avere nel combattimento. Molti credevano che l'aviazione avrebbe potuto essere utile principalmente come una specie di cavalleria aerea per la ricognizione: ma pochissimi erano in grado di saperla adoperare perché ne ignoravano le possibilità o le chiedevano cose assurde o impossibili per allora.
La Francia all'inizio del conflitto disponeva di 22 squadriglie con un totale di 142 apparecchi (all'armistizio questi erano 4500); la Germania possedeva all'inizio 240 apparecchi (all'armistizio erano diventati 5000). L'Inghilterra entrò nel conflitto con 4 squadroni ossia con circa 50 apparecchi (alla fine della guerra erano divenuti oltre 5000). L'Italia aveva 70 apparecchi e 4 dirigibili (all'armistizio gli aeroplani erano 1778 e i dirigibili 22).
Il rapido crescere delle forze aeree fu naturale conseguenza dell'orientamento della tecnica al più grande sforzo guerresco. Si vide subito quale servizio l'aviazione fosse capace di rendere nelle sue ricognizioni; tanto più che molte notizie importanti, da essa fornite, risultarono esatte nei controlli che si poterono eseguire: ciò valse a diffondere una giusta valutazione dell'utilità della nuova arma. Il primo risultato veramente brillante e di grandiose conseguenze, ottenuto dall'osservazione aerea, fu la notizia riportata il 5 settembre 1914 dagli aviatori francesi circa il cambiamento di direzione della marcia della prima armata tedesca di von Kluck. In seguito a tale notizia il generalissimo Joffre arrestò la ritirata delle armate francesi e decise l'attacco che si sviluppò nella battaglia della Marna. Più tardi ritroviamo nel fronte italo-austriaco un esempio consimile: l'osservazione aerea dette allo Stato maggiore italiano la certezza che la grande offensiva, preannunziata dagli Austriaci contro l'Italia nel giugno del 1918, si sarebbe svolta nel settore del Piave e che nel restante del fronte nulla vi era da temere tranne azioni dimostrative. Fu così possibile al comando italiano sguarnire i settori non minacciati e concentrare le forze dietro la zona sulla quale si sarebbe scatenato l'attacco.
Dopo la battaglia della Marna, il passaggio dalla guerra di movimento a quella di posizione sviluppò l'osservazione aerea, che cominciò ad avere il compito dello studio particolareggiato del campo di battaglia nei suoi apprestamenti offensivi e difensivi e quello della regolazione del tiro dell'artiglieria. Tali compiti furono facilitati rispettivamente dalle macchine fotografiche (figg. 22, 23 e tavv. XCVII, XCVIII) e dalla trasmissione radiotelegrafica.
Si vuole attribuire ad un casuale incontro di piloti inglesi e tedeschi, avvicinatisi pare più per curiosità che per altro, l'inizio del combattimento aereo e l'origine dell'apparecchio da caccia: in quell'incontro il tedesco, che era armato di una carabina a mano, fece fuoco sull'apparecchio inglese. All'armamento a mano fu poi sostituita l'installazione di mitragliatrici, e gli apparecchi che ne furono armati vennero destinati ai servizî di protezione degli altri in ricognizione o in azione di bombardamento. L'idea del combattimento aereo non aveva dunque da principio il carattere aggressivo di ricerca dell'avversario per stabilire la superiorità della propria parte, ma il compito difensivo in caso di incontro. Altri apparecchi cominciarono a portare le bombe che lasciavano cadere sulle truppe e sulle città avversarie: il munizionamento di caduta era però in principio di entità assai modesta a cagione della piccola capacità di trasporto degli aeroplani, ma crebbe rapidamente di potenzialità col progredire della tecnica.
La specializzazione successiva nei compiti condusse anche alla specializzazione dei tipi degli aeroplani, i quali svilupparono le caratteristiche meglio atte a servire il fine cui erano destinati: così gli apparecchi destinati alla caccia diventarono sempre più veloci e maneggevoli, gli apparecchi destinati al bombardamento divennero man mano più grandi e meglio adatti a portare grossi carichi di esplosivo; gli apparecchi da ricognizione e da osservazione del tiro si armarono per la difesa, cercarono la velocità per sfuggire al nemico e chiesero quei dispositivi che potevano essere utili a rendere migliore la visibilità, più facile il compito della trasmissione delle informazioni colla radio e della documentazione delle osservazioni con la fotografia.
Verso la fine del 1917 l'aeronautica aveva assunto presso tutte le nazioni un'incontrastata influenza sull'andamento delle operazioni campali e cominciò a farsi strada il concetto del dominio dell'aria. Nel 1918 esisteva già in Italia una Massa da caccia e un'Aereonautica a disposizione: forze aeree in mano al Comando supremo, da impiegare su obiettivo da esso prescelto al momento opportuno. In Francia esisteva la Divisione aerea da combattimento costituita da due squadre da caccia e da due squadre da bombardamento. L'Inghilterra e l'America avevano costituito, sul territorio francese, una Armata aerea indipendente a cui fu anche assegnata una squadriglia italiana: tale armata doveva agire per proprio conto nell'aria come la marina agiva sul mare. Il comando francese trovò qualche volta che questa armata indipendente agiva forse con troppa indipendenza, specialmente quando si recava a bombardare le città tedesche suscitando la rappresaglia germanica su Parigi, mentre invece il comando delle forze terrestri avrebbe reputato più opportuna l'azione contro le masse di truppe tedesche che brulicavano sulle linee direttrici della marcia d'invasione dopo gli sfondamenti del fronte franco-inglese del primo semestre del 1918. Esempio, questo, degno di particolare attenzione, e che dimostra come l'aeronautica, potendo agire sul mare e sulla terra indifferentemente, riuscirà a collegare le altre due forze armate per modo che non si concepirà più per l'avvenire lo sviluppo della guerra se non alla dipendenza di un solo capo, che adopererà le tre forze per raggiungere la mèta decisiva della guerra. I Tedeschi per loro conto avevano create poderose squadre da bombardamento, coadiuvate da treni attrezzati i quali portavano tutto il necessario: era così possibile lanciare queste squadre da un fronte all'altro, variando improvvisamente la forza aeronautica presente sul luogo.
In sintesi si può dire che l'aeronautica durante la guerra europea sia passata attraverso i seguenti stadî:
1914. Guerra di movimento: primi tentativi di impiego dell'aviazione, per l'esplorazione vicina e lontana.
1915. Guerra di posizione: si precisano i compiti dei mezzi aerei e si sviluppa il servizio di osservazione nel campo tattico con l'ausilio della fotografia; hanno inizio le azioni di offesa nell'aria e al suolo.
1916. Continua la guerra di posizione e l'aviazione perfeziona i sistemi di osservazione; comincia a farsi strada il concetto della supremazia aerea e dell'impiego a massa.
1917-18. Ripresa della guerra di movimento, benché soltanto su alcuni tratti della fronte: l'aeronautica cresciuta di numero e di potenza s'impone come arma offensiva, capace di svolgere compiti autonomi in grandi masse.
Oggi si può dire che le forme di azione militare dell'aeronautica sono abbastanza definite, per lo meno nei riguardi della specializzazione degli apparecchi e delle conseguenti loro caratteristiche: questa azione può considerarsi separatamente rispetto ai tre compiti fondamentali:
a) offesa contro obiettivi di superficie a mezzo di bombardamento e mitragliamento;
b) offesa nell'aria contro gli aerei avversarî
c) osservazione sulla terra e sul mare.
Il compito del bombardamento impone agli apparecchi speciali caratteristiche che più sotto vedremo. Tramontata, almeno nella concezione dei tecnici militari più illuminati, la vecchia distinzione di apparecchi da bombardamento diurno e notturno, nata dalla convenienza dell'uso notturno di apparecchi di mediocre qualità, che di giorno avrebbero corso serio pericolo per le offese avversarie, ci si è avviati verso un tipo di aeroplano di rilevante autonomia, bene armato per la difesa, capace di un carico abbastanza forte, studiato nelle sue forme aerodinamiche per modo che alla potenza modesta sia accoppiata una velocità rilevante e la possibilità di navigazione a quota elevata.
È superfluo, anzi assurdo, l'uso dell'aeroplano dove arriva il cannone; mediocre efficacia esso può avere su truppe combattenti, enorme azione materiale e morale ha invece, se diretto contro il cuore del paese per attaccarne le sorgenti dell'energia e della produzione. Per adempiere questo compito è necessaria, come si è detto, autonomia rilevante che dovrà operare evidentemente sul terreno nemico: ma la grande autonomia porta con sé, per la sua durata, che una parte del percorso sarà certamente diurno, specie nella stagione estiva; quindi l'apparecchio per il bombardamento dovrà essere dotato di caratteristiche tali che gli permettano di esplicare anche di giorno la sua azione sul territorio nemico.
Consideriamo ora quali sono le caratteristiche e la classificazione dell'azione di bombardamento.
I compiti fondamentali sono distruttivi o di logoramento morale; dal punto di vista delle quote il bombardamento può essere o da alta o da bassa o da media quota; riguardo agli obiettivi si distingue in antinavale, antiterrestre, antiaereo; riguardo ai proietti impiegati può avere carattere esplosivo, incendiario, venefico, fumogeno: può infine avere scopi tattici, strategici o politici: la sua efficacia dipende dalla buona preparazione e dalla buona esecuzione. Il bombardamento è l'azione bellica caratteristica dell'aeronautica (figg. 24, 25, 26, 27 e 28) capace di portare l'offesa nelle regioni più lontane dal fronte di combattimento: probabilmente nelle guerre future scompariranno i concetti che hanno dominato in passato circa un fronte di combattimento lineare sulla superficie della terra; le intere nazioni saranno trascinate a subire l'offesa ed a combattere senza distinzione di sesso e di età, per la difesa del territorio.
L'azione contro obiettivi navali può considerarsi come un caso particolare di bombardamento: essa viene effettuata con grosse bombe o siluri, attaccando navi alla fonda o in navigazione.
Nel 1923 e 1924 gli Stati Uniti eseguirono una lunga serie di esperienze di bombardamento, adoperando come bersagli le navi da guerra ex-germaniche o altre radiate. Con queste esperienze si accertò che una bomba di 800 chili, od anche di minore entità, caduta sopra o in prossimità di una nave da guerra la mette fuori combattimento qualunque ne sia la potenza. Si delinea così un altro poderoso nemico delle grandi navi da guerra, oltre al sommergibile.
Veniamo ora a considerare l'altra forma del combattimento dell'aereo contro obiettivi di superficie: l'azione del combattimento al suolo porta un forte contrasto tra le necessità di impiego e le possibilità dei mezzi aerei. Essa si esplica in genere sulle colonne nemiche in marcia di avvicinamento, di trasferimento o in ritirata; od opera, in accompagnamento delle proprie fanterie attaccanti, contro le fanterie avversarie. Per adempiere a questi compiti gli aeroplani debbono scendere a quote di pochi metri. Si discute molto quale debba essere il tipo di aeroplano da combattimento al suolo perché sia adatto a questa mansione: ma è certo che esso dovrebbe essere dotato di buona velocità, armato di mitragliatrici per il tiro nel settore inferiore, blindato nelle sue parti vitali per neutralizzare la reazione terrestre. Si parla anche di armare questo aeroplano di un cannoncino capace di aggredire con successo i tanks. Apparecchi di questo genere furono costruiti durante la guerra sia dalla Intesa sia dalla Germania, ma il peso della corazzatura era così rilevante che risultò scarsa la capacità di salita e mediocre la maneggevolezza.
La lotta tra la corazza e l'arma offensiva, nel caso dell'aeroplano, si deciderà molto presto, se non si può dire già decisa, a favore di quest'ultima. Resterà allora la tesi di alcuni scrittori militari italiani che sostengono il cosiddetto volo rasente, ossia l'efficacia di un volo rasente terra con apparecchi veloci e bene armati i quali riporranno tutta la loro difesa nella velocità e nella sorpresa dell'avversario, che avrà solo per un istante sotto il proprio tiro il nemico in volo.
b) L'offesa nell'aria può essere attuata da uno o più aeroplani veloci a rapidissima salita che possano imporre il combattimento all'avversario. Nella guerra europea gli apparecchi da caccia furono quasi esclusivamente monoposti ed il pilota era anche il mitragliere. La mitragliatrice divenne solidale con l'apparecchio e veniva puntata con questo: il pilota faceva partire la raffica di colpi nel momento in cui si accorgeva di avere a tiro l'avversario. Ciò naturalmente richiedeva non comuni abilità di pilotaggio e prontezza di spirito. Si parla oggi di apparecchi biposti da caccia e di apparecchi da combattimento capaci di neutralizzare col formidabile loro armamento la maneggevolezza dei monoposti: si sostiene che questi apparecchi dovrebbero essere dotati di velocità uguale o poco superiore a quella degli apparecchi da bombardamento, con uguale autonomia per sostituire la caccia nella scorta delle spedizioni di bombardamento lontano, ove questa ultima, per la sua scarsa autonomia, non potrebbe essere utilizzata (v. più sotto).
L'apparecchio da caccia, come fino ad oggi è stato, esplica la sua azione in voli di crociera intesi a mantenere sgombra dalle forze avversarie una data zona di cielo, oppure in voli di allarme nei quali reagisce all'annunzio di una minaccia avversaria per portarsi in quota ad aspettarvi il nemico o in voli di scorta nei quali protegge altri apparecchi aventi missioni speciali.
Ai servizî di allarme (figg. 29, 31) sono adibiti apparecchi di facile messa in moto e di spiccatissime caratteristiche di salita. Si può però prevedere che, nonostante le stazioni di avvistamento e nonostante le ottime qualità ascensionali dei caccia, non sarà facile intervenire in tempo utile anche di giorno, contro un avversario che si avanzi minaccioso su una località difesa, anche, p. es., alla quota non certo elevata di 5000 metri. Il caccia per giungere a tale quota impiega circa un quarto d'ora; è chiaro che se la partenza in allarme non è avvenuta almeno quando l'avversario si trovava a circa 50 km. di distanza, l'avversario eseguirà la propria azione indisturbato ed al cacciatore non resterà che tentare di punirlo. La difesa quindi dal bombardamento è molto problematica specialmente per le città costiere, di giorno; impossibile di notte (v. più sotto).
c) Osservazione. All'inizio delle ostilità, chiuse le frontiere, gli usuali mezzi di comunicazione cessano e gl'informatori fanno pervenire con difficoltà le loro relazioni; l'aereo, invece, può sorvolare il territorio nemico, scrutarlo e raccogliere tutte le notizie che possono interessare lo svolgimento delle operazioni.
La ricognizione si svolge nel campo strategico e nel campo tattico.
La ricognizione strategica è operazione ardua per le difficoltà materiali e per la difficoltà intrinseca del compito: deve perciò essere preparata con cura minuziosa dal punto di vista tecnico e da quello militare. Gli ufficiali osservatori saranno in genere ufficiali di Stato maggiore, accuratamente preparati al servizio per speciali conoscenze geografiche, informati completamente della direzione in cui debbono portare le loro indagini: essi debbono avere già, quando partono, l'immagine viva di quello che troveranno dall'altra parte, in modo da portare immediatamente l'attenzione su quanto vedono di nuovo, per completare con le singole impressioni il quadro generale e per procedere alla documentazione fotografica di quello che più interessa (figg. 30, 32 e tav. XCIX).
Nella ricognizione tattica invece l'osservatore aereo esercita in generale l'opera sua quasi sempre, nella guerra di trincea, sulla stessa zona e può raccogliere dati tanto più particolareggiati e sicuri quanto meno esteso è il terreno che gli è assegnato. Nel complesso l'osservazione aerea permette di rilevare con precisione le difese nemiche, di giudicare del loro sviluppo e della entità dei nuovi lavori, di osservare quali punti il nemico meglio protegge, quali i passaggi che prepara, quali le postazioni delle sue batterie, ecc.
In genere, nella osservazione aerea hanno importanza non solo le informazioni positive ma anche le negative; infatti dire che su una determinata località non si vede nulla che interessi il Comando, è molto più che tacere, poiché significa che l'osservatore ha rivolta su quel luogo la sua attenzione ed ha visto che non vi era nulla di interessante. I rilievi fotografici (tav. C) hanno fornito, durante la guerra passata, la esatta visione delle sistemazioni difensive avversarie; durante il combattimento talvolta, dalla intensità degli effetti dei tiri su certe località, si è potuta dedurre la direzione dell'attacco imminente. Nella guerra passata gli apparecchi da ricognizione tattica erano quasi sempre impiegati soli e la loro sicurezza veniva affidata al servizio di crociera; verso la fine però cominciò ad essere necessaria una scorta; si giunse poi, negli ultimi tempi, alla pattuglia da ricognizione in sostituzione dell'apparecchio isolato: oggi si parla dell'apparecchio triposto per dare all'osservatore la tranquillità della sua missione mentre un mitragliere lo difende dagli attacchi.
L'apparecchio destinato al servizio di artiglieria volava, in genere, isolato; compito suo era osservare il risultato dei tiri su un bersaglio conosciuto, eseguiti da una batteria propria, anche essa conosciuta, oppure quello di richiedere alle proprie batterie di sparare su bersagli apparsi interessanti o pericolosi per la sua parte; dando naturalmente la posizione in cui il bersaglio si trovava. Specie nella guerra di movimento la cosa può essere di grande utilità. Le comunicazioni tra batteria e aeroplano in volo, avvengono per radiotelegrafia e radiotelefonia.
L'aviazione da ricognizione, durante la guerra passata, è stata adoperata, per la sua ottima conoscenza del terreno, anche per il collegamento tra le truppe in linea e i comandi retrostanti (figg. 33 e 34) durante le azioni, quando non era facile ai messaggeri terrestri portare le notizie o non era possibile comunicare telefonicamente per le frequenti interruzioni delle linee telefoniche. Era specialmente utile per stabilire, mediante la fotografia, la linea di occupazione delle proprie fanterie in quei luoghi dove le aridità del terreno e le rovine apportate dalla guerra avevano cancellato ogni punto di riferimento.
Formazione di volo. - Le formazioni di volo possono essere o in linea di fronte, quando gli apparecchi volano allineati uno a fianco dell'altro, o in linea di fila, quando gli apparecchi si seguono l'uno all'altro, o a cuneo (fig. 35), formazione imitata da quella che prendono alcuni uccelli migratori, col vertice avanti: parecchie unità possono comporre più cunei. Gli apparecchi di ogni cuneo sono scaglionati anche in quota colla punta più in basso.
I dirigibili nella guerra europea. - Particolare interesse presenta l'esperienza dell'impiego del dirigibile, fatta nella guerra passata specialmente da parte tedesca e italiana. All'inizio della campagna la Germania con due dirigibili, lo Z 1 e lo Z 8, volle riconoscere le nuove posizioni francesi in Alsazia e disturbare la ritirata col lancio delle bombe; entrambi i dirigibili andarono perduti. Un altro, lo Z 9, fece nel mese di agosto 1914 due ricognizioni strategiche, ma fu l'ultima azione esplorativa dei dirigibili sul fronte occidentale: l'esperienza aveva dimostrato immediatamente che il dirigibile non era adatto ad azioni diurne sul territorio nemico, a causa della sua vulnerabilità.
Con la creazione di aeronavi più potenti (circa 25.000 mc.) e col favore della notte, nel marzo 1915 i tedeschi eseguirono il primo bombardamento su Parigi da 2400 m. di quota; il successivo aprile un'aeronave di 32 mila mc., capace di un carico utile di 15.000 kg., attaccò i porti inglesi e Londra. In seguito ai nuovi progressi tecnici, nel gennaio del 1916 furono nuovamente bombardati Parigi, i porti inglesi ed alcuni concentramenti di truppe. Dopo la costruzione di sei dirigibili da 35.000 mc. si poterono eseguire nuovi attacchi di cui l'ultimo fu compiuto il 23 agosto su Londra, con tre dirigibili, di cui uno andò distrutto. Nella grande offensiva di Verdun furono impiegati ben 7 dirigibili, i quali, data l'importanza dell'attacco, si impegnarono a fondo nonostante le condizioni sfavorevoli e cioè luna piena, venti forti, tempeste di neve. I risultati furono di lieve entità ed invece fu forte il numero delle aeronavi perdute. Essendosi poi perfezionata la difesa antiaerea dell'Intesa, i dirigibili tedeschi incontrarono difficoltà e perdite sempre maggiori per cui fu deciso di cambiare loro le mansioni; parte dei dirigibili fu ceduta alla Marina, parte fu impiegata al fronte orientale. Nel 1917 due grandi dirigibili da 55.000 mc. furono destinati all'attacco di Pietrogrado, attacco che non poté effettuarsi in principio per avverse condizioni atmosferiche e non fu più eseguito per lo scoppiar della rivoluzione. Sono degne però di particolare ricordo sia la parte presa dai dirigibili alla battaglia dello Jutland, sia il raid dello Zeppelin che, partito dalla Bulgaria verso una colonia tedesca dell'Africa centrale per recare a questa soccorso di armi e munizioni, ebbe, quando già aveva oltrepassato l'Egitto, notizie radiotelegrafiche che la colonia era caduta in mano inglese e che era necessario prendere la via del ritorno, ciò che il dirigibile compì felicemente senza scalo, avendo tenuta l'aria per circa 8 giorni. In complesso in Germania erano entrati in servizio durante la campagna 50 aeronavi, di cui 25 erano andate distrutte (17 di queste, dall'offesa antiaerea).
Bisogna tener conto che, a contribuire alle condizioni sfavorevoli di azione guerresca del dirigibile, stava, durante la guerra, il fatto che esso era gonfio di idrogeno, il che rappresentava una condizione di assoluta inferiorità. Una pallottola incendiaria poteva appiccare il fuoco e ridurre in fiamme la più colossale aeronave. Forse, se fin d'allora si fosse potuto usare il gas elio che, com'è noto, non è infiammabile, ed è usato oggi dall'America, il dirigibile avrebbe potuto affrontare la guerra in molto migliori condizioni.
La Francia non ebbe la possibilità di fare un grande impiego dei dirigibili (figg. 36, 37, 38, 39) perché alla relativa ristrettezza della fronte faceva riscontro una intensissima reazione aerea e antiaerea per modo che quei pochi dirigibili che furono da essa costruiti vennero adoperati per la sorveglianza sul mare e nella lotta contro i sommergibili.
I dirigibili italiani nei loro varî tipi: P (piccoli, fig. 39) M (medî), MA (alta quota, figg. 40, 41), V (veloci: ne furono costruiti due soli esemplari ma non corrisposero alle speranze), F (Forlanini), O (osservatore), ecc. (v. Dirigibile), furono usati per il bombardamento, per l'osservazione specialmente sul mare e per la lotta contro i sommergibili: in massima eseguivano il bombardamento i dirigibili posti a disposizione dell'esercito, gli altri erano a disposizione della marina specialmente per l'esplorazione. Nella lotta contro i sommergibili essi riuscivano particolarmente utili perché potevano navigare a bassissima velocità od anche fermarsi e scrutare i fondali nei quali i sommergibili potevano essere in agguato, con evidente vantaggio sull'aeroplano e sull'idrovolante al quale la velocità non permette l'osservazione lunga e precisa e l'uso del cannocchiale per un tempo rilevante, mentre il dirigibile poteva tenere l'aria per molte ore e magari tutta la giornata.
Al principio della guerra, l'impiego da parte italiana dei dirigibili assegnati all'esercito non fu forse molto intenso: divenne intensissimo invece dall'agosto del 1918 quando ne assunse il comando l'allora maggiore Valle, il quale seppe gareggiare e talvolta superare con i suoi cinque dirigibili la massa degli aeroplani per quantità di esplosivo lanciato mensilmente sul nemico.
Dall'inizio della campagna alla conclusione dell'armistizio, i dirigibili mobilitati del R. Esercito compirono con esito positivo 197 azioni di guerra gettando in totale 133 tonnellate di esplosivo e 32 tonnellate di stampati. Su un totale di 25 dirigibili mobilitati 12 andarono distrutti con 13 morti e 10 prigionieri.
Aeronautica navale. - Comprende tutti i sistemi e gli apprestamenti intesi a conservare ed impiegare gli aerei, utilizzando come basi le piattaforme navali o meglio, sfruttando, col trasporto di essi a grande distanza, il loro carico utile ai fini dell'impiego immediato.
A parte il prevedibile uso commerciale, del resto già iniziato, di aerei sistemati su transatlantici per mantenere o prendere contatto sollecito coi porti di partenza o di arrivo, l'aeronautica navale è uno dei migliori ausilî alla guerra marittima, nella protezione delle flotte, nell'agevolare l'avanscoperta e nell'estendere l'efficacia offensiva, sì che oggidì è giusto ritenere che le operazioni belliche navali non possano essere disgiunte dalla partecipazione dei mezzi aerei. Così una flotta o un reparto navale moderno dovrà avere come suo corredo contingente: aerei di scorta per la ricerca dei sommergibili e dei banchi minati; aerei da esplorazione per la sorveglianza dello specchio d'acqua interessante le azioni strategiche e tattiche; aerei da caccia per la difesa contro i velivoli avversarî; aerei da osservazione per regolare il tiro navale a grandi distanze, e infine aerei bombardieri o siluranti per concorrere all'offensiva oltre i limiti concessi alle armi navali.
Già fin dal principio della guerra europea tutte le marine belligeranti adottarono, con ripieghi, la sistemazione di idrovolanti su qualche unità da battaglia o unità all'uopo adattate (in Italia l'incrociatore Elba), per quanto già dieci anni prima si fossero fatte delle esperienze, presto superate, di sistemare su alcune dei palloni frenati e rimorchiati. Ma lo studio di un così assillante problema condusse presto alla costruzione di vere e proprie navi portaerei, dotate di grande spazio, alta velocità, sufficiente armamento e tutte le sistemazioni necessarie per poter conservare a bordo un buon numero di apparecchi, alcuni pronti al volo e altri smontati, mezzi per farli partire e ricuperarli, rifornirli, ripararli, ecc.
Così, mentre le prime navi portaerei contenevano esclusivamente degl'idrovolanti, che si ammainavano in mare e rientravano a bordo con speciali grue, le più recenti (fig. 44) dispongono di un vasto ponte di lancio scoperto e libero da sovrastrutture, su cui possono partire e giungere coi proprî mezzi gli aeroplani terrestri; oppure di mezzi meccanici di lancio (catapulte) per gli idrovolanti, che non sono forniti di ruote. Questa applicazione delle catapulte (fig. 42) è estesa anche alle navi da battaglia ed agl'incrociatori, affinché possano disporre di aerei indipendentemente dalle navi speciali.
Con tali espedienti si è venuta a sopprimere la necessità di fermare la nave per la messa in mare e il ricupero degli apparecchi, evitando di esporla a facili attacchi dei sommergibili; come pure a semplificare la manovra di partenza degli idrovolanti dall'acqua, che è sempre limitata dalle condizioni , del mare, e infine ad ottenere la possibilità di lanciare varî aerei in un breve spazio di tempo.
Con la partenza dalla piattaforma mobile, in moto colla nave, l'aereo ha già una velocità iniziale e può più sollecitamente acquistare la velocità di sostentamento e perciò può partire in uno spazio più breve di quello che gli occorrerebbe sul campo. Lo stesso vantaggio si ottiene nella estinzione della velocità alla discesa in relazione alle dimensioni della piattaforma mobile.
Analogo vantaggio, nel caso di idrovolanti, è ottenuto dalla catapulta per la sola partenza, mentre per il ritorno essi sono obbligati ancora ad ammarare nelle vicinanze della nave, per essere quindi issati a bordo con speciali apparecchi di sollevamento.
Perciò, nei riguardi della sollecitudine, la nave portaerei è servita meglio dall'impiego di aeroplani anziché di idrovolanti, i quali, per contro, sono, per la loro natura, più adatti dei primi nell'utilizzazione marina, perché meno soggetti a perdite nel caso di discesa forzata in mare in seguito ad incidenti di volo.
Una delle più grandi difficoltà che devono risolvere gli apprestamenti interni di una nave portaerei è quello della angustia dello spazio, con le conseguenti difficoltà di smistamento degli aerei, e le esigenze di approntamento e di sollecito invio e raccolta di un numeroso stuolo di macchine. Perciò, mentre alcuni aerei pronti a spiccare il volo sono tenuti sul ponte di lancio opportunamente ormeggiati, altri sono preparati nel ponte sottostante e sollevati successivamente su quello di lancio attraverso vasti boccaporti e per mezzo di potenti elevatori elettrici, che sboccano nella parte poppiera del ponte, onde si possa disporre della quasi totale estensione di questo, per spiccare il volo. Altri elevatori sistemati nella parte prodiera servono alla manovra inversa, ossia alla ridiscesa degli aerei in arrivo dopo che, avendo atterrato da poppa, essi hanno esaurito la loro inerzia durante il percorso sul ponte e con l'aiuto di appositi freni. Esistono dispositivi speciali, costituiti per lo più da reti laterali, per evitare che gli aerei in corsa sul ponte, in partenza o in arrivo, possano, per cattiva manovra o per movimenti di rullio della nave, uscire dalla piattaforma senza velocità sufficiente per sostenersi e cadere in mare.
Le navi portaerei rispondono a requisiti del tutto speciali, sicché anche le linee architettoniche si allontanano notevolmente da quelle di tutte le altre unità navali rispondenti alle esigenze del commercio e della guerra.
La necessità di mantenere libero il ponte di lancio ha obbligato a rinunziare alle sovrastrutture o a ridurle in un castello laterale, dove sono raccolti gli accessori che necessariamente devono restare allo scoperto (fumaioli, ponte di comando, stazione di governo, alberi da segnali, aereo radiotelegrafico, ecc.).
All'epoca attuale le navi portaerei più rinomate, originali ovvero ottenute modificando opportunamente unità navali esistenti, sono le seguenti: Hermes, Eagle, Furious, Glorious, Courageous, inglesi; Lexington, Saratoga, americane; Akagi e Kaga, giapponesi; Bearn, francese. Di queste alcune superano i 200 m. di lunghezza, 30.000 tonn. di dislocamento e 30 miglia di velocità, alla quale ultima, dato il moderato armamento, è affidata soprattutto la sicurezza della nave.
La capacità massima aerea è, per ora, di circa 70 apparecchi, parte pronti al servizio, parte smontati e parte stivati, destinati ai varî impieghi guerreschi. Ciascun aereo può partire in pochi minuti.
Gl'idrovolanti sono dunque lanciati dalle navi meccanicamente a mezzo delle catapulte. È questo un apparato atto ad imprimere all'aereo, poggiato su di un carrello che scorre su due ferro-guide per una breve corsa, un impulso sufficiente a dargli il sostentamento che, aggiunto all'azione del motore già in funzione, gli permetta di sorreggersi in volo.
Esistono attualmente molti tipi di catapulte, azionate dall'aria compressa, dal vapore, dalla forza idraulica, dall'energia elettrica, dalla carica di un volano o da esplosivi. Generalmente l'immediata espansione prodotta dalla scarica di una di tali energie agisce su di un paranco multiplo, all'ultima cima del quale è assicurato il carrello. Appositi dispositivi provocano l'immediato arresto del carrello giunto in fine di corsa e il distacco automatico del velivolo da esso.
Normalmente per velivoli di moderate dimensioni e del peso di 1500 kg. (apparecchi da ricognizione) si può ottenere, con catapulte di qualunque genere, un impulso di 20-25 metri al secondo, dopo una corsa di una ventina di metri.
L'uso della catapulta, che nei primordî destò qualche preoccupazione per le eventuali ripercussioni che poteva avere sull'organismo umano il passaggio dalla quiete ad un'alta velocità in poco più di un secondo di tempo, è oramai accettato e universalmente diffuso; non è improbabile che esso venga esteso anche a idrovolanti costieri commerciali, di grosso tonnellaggio e di elevato carico alare, ai quali necessiterebbe un lungo tratto di acqua tranquilla per acquistare coi propri mezzi la velocità sufficiente al distacco.
La caratteristica essenziale dell'impiego degli aerei a bordo è quella di essere sempre a disposizione immediata di una forza navale in navigazione o in combattimento, senza che questa sia obbligata a ricorrere alle più o meno lontane basi aeree costiere.
Durante le traversate marittime in zone presumibilmente infestate da sommergibili, gli aerei sono lanciati in volo per il servizio di vigilanza e di scorta o dalle unità che ne sono fornite o dalle navi portaerei che accompagnano la forza navale o il convoglio; esplorano la zona acquea antistante alla rotta oltre i limiti del contatto subacqueo dei sommergibili e segnalano con la radio o con sistemi visivi convenzionali se ve ne sono in agguato; e contemporaneamente li offendono col bombardamento. La forza navale o il convoglio si premuniscono lanciando le loro scorte antisommergibili di superficie sulla zona segnalata e assumendo contemporaneamente rotte di sicurezza.
Nella fase strategica della guerra, una forza navale si serve degli aerei inviandoli alla ricerca del nemico, per riconoscerne l'entità, la densità, la formazione, la presenza di rinforzi ecc. (figg. 4, 45, 46 e 47).
Nel contatto balistico, gli aerei osservatori del tiro sono utilizzati quando la distanza, pur essendo accessibile all'offensiva delle armi, non permette un'efficace osservazione diretta dei colpi, e perciò una buona regolazione del tiro. In questa azione gli aerei si dispongono a distanza e quota opportune per dominare il panorama del tiro, segnalandone i risultati con la radio.
Nell'attacco aereo avversario gli apparecchi da caccia sono lanciati dalla nave portaerei e contrattaccano gli aerei avversarî, appoggiati dal proprio tiro antiaereo.
Nello scontro navale gli aerei da combattimento (bombardieri o siluranti) sono lanciati per neutralizzare l'offensiva del nemico, per ostacolare l'arrivo di rinforzi avversarî o per inseguire reparti in ritirata.
Nelle azioni costiere le navi portaerei conducono l'offensiva a distanza, proteggendo le teste di ponti di sbarco, e favoriscono il lavoro degli aerei agevolandone la autonomia e assistendoli con la raccolta ad azione ultimata.
In tutte queste operazioni le navi portaerei, che sono moderatamente difese dalle proprie armi, affidano la loro protezione all'alta velocità e all'azione delle scorte navali composte di esploratori leggieri e di cacciatorpediniere.
Un particolare impiego degli aerei navali, oltre ai citati, è quello in ausilio ai sommergibili (figura 46), i quali dovendo sorvegliare una zona marina e disponendo di limitata visibilità, possono servirsi del proprio aereo per esplorare un orizzonte più vasto. Perciò i sommergibili dispongono di piccoli aerei ad ali ripiegabili, contenuti in un tunnel a tenuta ermetica di pressione per le profondità accessibili, e li spediscono in volo, facendoli partire dal mare coi loro mezzi, durante la sosta in emersione.
L'aeronautica navale non richiede speciali tipi di velivoli, ma solo speciali particolari come è quello della ripiegabilità o smontamento delle ali per comodità di stivaggio, o quello di opportuni attacchi che permettano di sollevare gl'idrovolanti con le grue o di collegarli al carrello delle catapulte. Un tipo di aereo navale che non ha ancora assunto maturità di applicazione ed al quale abbiamo già accennato è l'elicottero (fig. 9), apparecchio ad asse motore verticale, atto a sollevarsi e discendere verticalmente, oltre che ad eseguire il volo orizzontale, sia con motori ausiliarî, sia con variazioni di inclinazione dell'asse motore. Questo apparecchio speciale offrirebbe caratteristiche vantaggiose appunto nell'impiego sulle navi, potendo permettere l'invio quasi contemporaneo di varî apparecchi senza necessità di piano di lancio, di catapulte o di mezzi di sollevamento.
La Spagna durante l'ultima guerra col Marocco si servì di una nave portaerei, la quale, oltre a contenere degl'idrovolanti, poteva alloggiare in una vasta cavità che si estendeva per la lunghezza quasi totale della nave, un piccolo dirigibile di tipo italiano e costituiva così un hangar, da cui quello usciva dalla parte superiore per mezzo di un complesso sistema di ritenute e di ormeggi.
La tendenza a una grande autonomia, caratteristica dei dirigibili, non ha fatto progredire questo sistema, limitando l'intervento navale all'eventuale ormeggio delle aeronavi alle navi per rifornimento o per rimorchio.
Armamento aeronautico. - L'armamento aeronautico, cioè tutto quel complesso di congegni e materiali installati sugli aerei atti ad offendere mediante il tiro di caduta di lancio, ebbe un notevole sviluppo durante la grande guerra; anzi si può dire che, prima di questa, mezzi di offesa e di difesa non esistevano.
Tutti i materiali d'armamento impiegati dai nostri aviatori in Libia, negli anni 1911-1912, consistevano in bombette sferiche, tipo Cipelli, del peso di circa kg. 2 (fig. 51) con spoletta capace di esplodere in qilalunque direzione d'imbatto; in pistole Mauser adoperate come arma da difesa, in caso di forzato atterraggio in campo nemico; e, verso la fine di detta guerra, in bombe da kg. 6 in numero di tre per ciascun aereo
Le bombe Cipelli venivano portate dagli aviatori in sacchetti di tela e lanciate a mano sul nemico. Il primo lancio di questo materiale esplosivo fu effettuato, come si è già ricordato, dall'allora tenente Gavotti contro gli Arabi di Ain Zara il 10 novembre 1911.
La grande guerra non trovava molto migliorati i mezzi offensivi impiegati dagli aerei. Si era riusciti a mettere un treppiedi sugli aeroplani per l'installazione di una mitragliatrice, ma gli aviatori ritenevano più pratico lasciarla a terra, poiché l'arma, data l'impossibilità d'impiego, almeno nei primi mesi della campagna, rappresentava solo un peso inutile ed una resistenza dannosa.
Questo primo periodo della guerra è caratterizzato dal fatto che gli aerei impiegati effettuavano indifferentemente, a seconda dei bisogni, ricognizioni, azione di bombardamento, crociere difensive, aggiustamento del tiro d'artiglieria; e la situazione era tale che da una parte e dall'altra non si poteva impedire o ostacolare alcuna analoga azione avversaria.
Si era constatato così che le bombe, sebbene avessero un effetto materiale piuttosto limitato, ne avevano uno morale grandissimo; ciò spinse allo studio di bombe potenti e conseguentemente allo studio di aeroplani atti a portarle e di congegni di puntamento capaci di far migliorare la precisione di tiro. Incomincia a sorgere così l'aviazione da bombardamento (fig. 49).
Inoltre i belligeranti potevano bombardare a piacimento obiettivi nemici con facilità, e contro questa azione non esistevano ostacoli o impedimemi serî, data l'inefficacia del tiro antiaereo ed il risultato quasi nullo di crociere difensive effettuate con pochi aeroplani inadatti, su vastissime zone di frontiera. D'altra parte levarsi in volo, in seguito ad allarme, per impedire un bombardamento avversario, non portava ad alcun risultato, poiché il tempo impiegato per raggiungere la quota di volo dell'avversario era tale che quest'ultimo aveva tutto il tempo di bombardare e di ritornarsene indisturbato. Di fronte a questo stato di cose nacque l'aeroplano da caccia, ossia l'aereo monoposto rapido, capace di portarsi in pochi minuti a 2000 o 3000 metri, con una mitragliatrice fissa all'apparecchio e posta al disopra dell'ala superiore per poter sparare fuori del piano di rotazione dell'elica (fig. 50). Il pilota per puntare l'arma puntava l'apparecchio, ossia agiva ai timoni di profondità e di direzione in modo che la linea di mira posta davanti a lui (tacca di mira e mirino o asse ottico di un collimatore) passasse pel bersaglio. A terra questa linea di mira veniva regolata in modo che il tiro risultasse centrato quando si mirava al bersaglio posto a metri 200 di distanza. L'arma impiegata per la caccia era una mitragliatrice, che fu durante la guerra del calibro di mm. 7,7 (v. mitragliatrice).
L'entrata in azione di sezioni e squadriglie formate con questi apparecchi ebbe subito una ripercussione nel modo di impiego degli aerei; ormai la libertà d'azione nei bombardamenti aerei diurni veniva ad essere limitata, perché i nuovi apparecchi si dimostrarono capaci di disturbare fortemente o impedire l'azione dei velivoli nemici. Le perdite nel campo avversario per opera di questi caccia incominciarono a farsi sentire e ciò rese più guardinga l'attività aerea.
Sincronizzazione delle armi. - Ma il dispositivo suaccennato non poteva rappresentare che un passo avanti verso la definitiva soluzione dell'armamento dell'apparecchio da caccia, poiché l'installazione dell'arma non era priva di inconvenienti. Infatti, p. es., l'armamento del monoposto Nieuport (fig. 50) dava luogo ad alcuni inconvenienti gravi: precisamente, l'inceppamento dell'arma o l'esaurimento dei 47 colpi del caricatore costringevano il pilota ad abbandonare il combattimento, poiché sia la manovra del disinceppamento sia la sostituzione del caricatore richiedevano molto tempo, durante il quale la possibilità di manovrare l'apparecchio veniva ad essere molto limitata ed il pericolo di subire un'improvvisa scarica dell'avversario molto aumentato. In queste condizioni il pilota faceva la manovra dell'avvitamento, perdendo 3 o 400 metri di quota per avere agio di rimettere l'arma in efficienza. Inoltre sia il disinceppamento dell'arma sia la sostituzione del caricatore non erano, data la postazione dell'arma, operazioni facili ed agevoli.
Questi difetti nell'armamento dei primi caccia portarono allo studio della cosiddetta sincronizzazione delle armi, ossia si cercò di collocare l'arma a portata di mano e di rendere possibile il tiro attraverso l'elica senza colpire quest'ultima. Per comprendere come ciò avviene, è necessario prima esaminare il problema teorico; e poi la sua realizzazione meccanica.
In ciascuna mitragliatrice passa un certo tempo t1 dall'istante in cui si libera il percussore all'istante in cui il medesimo va a battere contro la capsula della cartuccia; un tempo t2 da quest'istante a quello in cui la pallottola esce dalla bocca dell'arma; e un tempo t3 da quest'istante a quello in cui la pallottola passa attraverso il piano di rotazione dell'elica. Il valore di t1 dipende dal tipo d'arma che si considera, e può variare fra 3 e 15 millesimi di secondo. Il valore di t2 è quasi uguale per tutte le mitragliatrici ed è dell'ordine di 1,5 millesimi di secondo. Il valore di t3 dipende dall'installazione dell'arma, e precisamente dalla distanza fra la bocca dell'arma stessa ed il piano di rotazione dell'elica.
Dall'istante quindi in cui si libera il percussore all'istante in cui la pallottola attraversa il piano dell'elica, passa un tempo T, che è la somma dei tre tempi t1, t2, t3.
Per la mitragliatrice Vickers, che fu un'arma molto impiegata dall'Intesa per il tiro attraverso l'elica, il valore di T è uguale a 6 millesimi di secondo.
Ora, se un'elica compie N giri per minuto primo durante questo tempo percorre un angolo uguale a
e se il numero dei giri dell'elica è uguale ad N1 durante il tempo T la medesima percorrerà un angolo uguale a
Ponendo N = 700 ed N1 = 1700, i valori angolari, espressi in gradi, della rotazione dell'elica nel tempo T risultano allora rispettivamente di 25°12′ e 61°12′.
Ora, se mediante organi ruotanti od oscillanti, colleghiamo il motore, o meglio il suo albero di distribuzione, con la mitragliatrice in modo che il percussore dell'arma venga lasciato libero quando il bordo d'uscita di una delle pale dell'elica si trova dinnanzi all'asse della canna, la pallottola attraverserà il piano dell'elica a una distanza angolare dal bordo d'uscita dell'elica stessa che dipende dal numero di giri di quest'ultima. Precisamente a 25°12′, se l'elica girerà a 700 giri al minuto; a 61°12′ se girerà a 1700 ed in un punto compreso tra i due primi, se l'elica girerà ad una velocità compresa fra 700 e 1700 giri. Se poi il tiro si effettua facendo variare il numero di giri dell'elica fra 700 e 1700, le pallottole passeranno ad una distanza angolare dal bordo d'uscita dell'elica variabile fra 25°12′ e 61°12′, interessando un settore che è di 61°25′ − 25°12′ = 36°.
Questa è in modo sommario la base della sincronizzazione delle armi, tenendo conto solo degli elementi principali.
La soluzione pratica di questo problema portò alla possibilità oi poter collocare una o due armi fisse alla fusoliera dell'aeroplano da caccia (fig. 52), con i seguenti vantaggi rispetto al vecchio armamento del tipo Nieuport:
a) soppressione delle resistenze nocive rappresentate sia dall'arma posta sull'ala sia dalla sua installazione;
b) facilità di poter disinceppare l'arma installata a portata di mano del pilota;
c) possibilità d'impiego di una mitragliatrice a nastro (fig. 53) con grande disponibilità di colpi (circa 300).
Come arma per il tiro attraverso l'elica venne impiegata dall'lntesa la Vickers perché, oltre ad essere una mitragliatrice a nastro, è particolarmente adatta a questo speciale tiro, dato che in essa t1 è piccolissimo e precisamente circa 3 millesimi di secondo. La mitragliatrice Vickers è un'arma del tipo a rinculo, del calibro di mm. 7,7; ha una celerità di tiro di colpi 550 al minuto ma, dotata di acceleratore di tiro, può raggiungere anche i 1000 colpi. L'aeroplano Spad VII (fig. 54), uscito verso la fine del 1916 ed il principio del 1917, aveva due di queste armi sincronizzate. Si pensò anche di fare a meno della sincronizzazione nel caso di motori con riduttore non coassiale coll'albero (v. motore). La mitragliatrice od il cannoncino erano posti allora coassiali con l'albero dell'elica, che era forato e permetteva quindi il tiro senza sincronizzarlo con la rotazione. In molti idrovolanti non era necessario il sincronizzatore, data la postazione dell'elica a poppavia del pilota (elica spingente).
Anche oggi i velivoli da caccia sono armati con mitragliatrici che tirano attraverso l'elica. Il numero delle armi impiegate per ciascun velivolo con tiro attraverso l'elica giunge fino a 4.
In questo campo dell'armamento quindi nessuna variazione sostanziale si è avuta dalla fine della grande guerra a oggi; fondamentalmente l'armamento dei caccia è rimasto lo stesso.
Gli apparecchi da ricognizione, che prima avevano il solo armamento (fig. 55) di una mitragliatrice manovrata dall'osservatore, ebbero poi una o due mitragliatrici con tiro attraverso l'elica, manovrate dal pilota e una o due mitragliatrici in torretta sulla fusoliera manovrate dall'osservatore.
Armamento per aeroplano da bombardamemo. - Citiamo ad esempio quanto ha fatto in proposito l'Italia nella guerra europea. I primi veri aeroplani da bombardamento impiegati da noi, nel grande conflitto, furono i Caproni trimotori (figg. 56, 57, 58) della forza di 300 HP. Il carico di bombe che questo apparecchio poteva portare era di kg. 300. E bene distinguere l'armamento di questo aeroplano, come di tutti gli altri da bombardamento, in armamento offensivo ed armamento difensivo.
Il primo comprende:
a) portabombe con relativi organi di comando;
b) bombe;
c) traguardi di puntamento.
Il secondo comprende:
a) armi e munizioni;
b) correttori di tiro per armi mobili;
c) torrette per mitragliatrici.
Portabombe. - I portabombe adoperati durante la guerra erano Costituiti da telai in acciaio; lo sgancio delle bombe era comandato mediante filo Bowden il quale faceva scorrere un'asta o ruotare un albero. Questi congegni erano primitivi anche perché le bombe allora impiegate non erano molto pesanti. Oggi se ne hanno di svariatissimi tipi, a sgancio comandato meccanicamente od elettricamente e adatti alle varie specie di tiro.
Bombe. - Le bombe da aeroplani sono proietti ad alto rendimento, perché contengono una percentuale di esplosivo che arriva fino al 60% del peso totale della bomba. Le percentuali più alte si raggiungono nelle grosse bombe. Le parti principali che costituiscono una bomba da aeroplano sono le seguenti:
a) involucro contenente l'esplosivo;
b) spoletta e detonatore;
c) impennaggio.
L'involucro ha sempre una forma di buona penetrazione ed è pesante o leggero a seconda che è destinato ad essere impiegato contro bersagli molto o poco resistenti; generalmente esso è di acciaio fuso e può essere intero oppure costituito di più parti riunite mediante avvitatura, chiodatura o saldatura.
La spoletta è l'organo più delicato della bomba. Può essere del tipo normale o universale: il primo funziona all'imbatto secondo una determinata direzione; il secondo invece funziona per qualsiasi direzione d'imbatto. Nelle spolette per bombe si distinguono due specie di sicurezze, e cioè quella di trasporto e quella di impiego. La sicurezza di trasporto generalmente è data da una spina passante che immobilizza il percussore direttamente (spoletta normale) o indirettamente (spoletta universale). La sicurezza di trasporto si toglie dopo il caricamento delle bombe sull'aeroplano e prima della partenza. La sicurezza d'impiego si toglie automaticamente durante la caduta della bomba e precisamente dopo i primi due o trecento metri di caduta. L'automaticità si ottiene nella spoletta normale mediante l'azione dell'aria sulle pale di di elichetta.
I detonatori impiegati nelle bombe per aeroplani sono perfettamente analoghi a quelli dei proietti dí artiglieria.
L'impennaggio dalla bomba assicura la stabilità lungo la traiettoria alla bomba stessa, portando il centro di pressione dietro il centro di gravità del proietto e consente il minimo di oscillazione all'asse della bomba intorno alla tangente alla traiettoria in ogni punto di questa.
Le bombe usate durante la grande guerra dall'aeronautica italiana furono:
granata torpedine da kg. 6,500, con carica di kg. 1,500 di perclorato di ammonio;
granata torpedine da kg. 15, con carica di kg. 8,500 di esplosivo al perclorato;
granata mina da kg. 23,500, con carica di kg. 9 di esplosivo B.P.D.;
granata mina da kg. 75, con carica di kg. 25 di esplosivo B.P.D.;
granata mina da kg. 104, con carica di kg. 30 di tritolo
Traguardi di puntamento. - Come traguardo di puntamento durante la guerra fu impiegato dall'Italia il traguardo mod. E, dovuto all'allora capitano Enrico Maltese. Questo traguardo non è altro che un goniometro a cannocchiale a doppia riflessione con livella sferica diottrica (v. puntamento).
Armi installate in torretta. - Come armi installate in torretta s'adoperarono da noi (ed in parte si usano ancora) mitragliatrici analoghe a quelle per fanteria, ma con raffreddamento ad aria.
La difesa territoriale antiaerea. - All'inizio della guerra europea la difesa contro gli aerei in tutte le nazioni era, anch'essa, allo stato embrionale, come lo erano però anche gli attacchi aerei, perché l'aviazione doveva limitarsi ad azioni di ricognizione, data la scarsa capacità di trasporto più volte accennata.
In Italia, come altrove, non si avevano, al principio delle ostilità, appositi cannoni controaerei, ma solo utilizzazioni di bocche da fuoco già esistenti; anche i sistemi di tiro erano più affidati all'abilità e alla fortuna dei comandanti di batteria, anziché a norme sancite dalla tecnica del tiro. Per contro gli studî e le esperienze avevano fatto notevole cammino; sono da ricordare le esperienze del Crocco con cannone a dodici canne, munito di proietti a spoletta extrasensibile, che rappresenta anche oggi un interessante mezzo di difesa.
Nel prosieguo della guerra, quando i bombardamenti aerei divennero quotidiani, specie nelle notti lunari, si provvide a una difesa più omogenea e più organica. Si armarono con batterie numerose località; per alcune piazze marittime si formarono zone difensive; si pensò al mascheramento; a Venezia si adottò (primo uso di questo genere di difesa) un sistema di doppia cinta di palloncini frenati.
I bombardamenti diurni divennero man mano abbastanza rari, perché l'aviazione da bombardamento fu tenuta in soggezione dai caccia. Ovunque, anche quando attaccavano i semplici aeroplani da ricognizione, essi formavano il passatempo e l'ammirazione dei fanti che, disseminati nelle trincee, dimentichi del pericolo cui si esponevano, uscivano all'aperto e accompagnavano con grida i combattimenti e gli episodî delle epiche lotte.
Questi ricordi, diffusi nelle masse, sono serviti a mantenere in tutti la convinzione che, per quanto si possa progredire nelle costruzioni e nella tecnica dei velivoli da bombardamento, di pari passo si progredirà in quella dei caccia, per modo che i bombardamenti diurni saranno sempre più contrastati di quelli notturni se non saranno favoriti dalla sorpresa o dalla assoluta padronanza dell'aria.
E su questo dominio, su cui lungamente si è scritto da valorosi studiosi di questioni militari aeronautiche, molti sono ancora dubbiosi, perché come nessuna marina, per quanto potente, ha potuto mai ottenere un'assoluta padronanza del mare, pur essendo in taluni stretti o tratti di mare obbligata la rotta delle navi, così probabilmente neppure l'aviazione, data la libertà di scelta consentita all'avversario anche meno forte (scelta del momento, della quota, della rotta, e dell'obiettivo), probabilmente non potrà mai canseguire il pieno dominio dell'aria, almeno nel significato assoluto della parola.
Così pure è problematica la completa distruzione della flotta aerea nemica da parte di quella dominatrice, perché l'avversario saprà ben premunirsi in tempo, sia disseminando i suoi velivoli fuori degli hangar, sia provvedendo con campi occasionali al momentaneo danno che può essere apportato a quelli permanenti. In ogni modo è certo che le azioni da bombardamento, sia con bombe ad alto esplosivo, sia con gas venefici, se vi sarà chi affronterà la grave responsabilità di adoperarli, per i progressi fatti e da farsi dell'aviazione saranno sempre più temibili; onde tutte le nazioni si preparano a neutralizzare le conseguenze di un'eventuale offesa avversaria.
Alle incursioni diurne un'aviazione da caccia vigile e attenta potrà per lo meno imporre la quota elevata, ma non sarà mai supponibile che in ogni luogo e in ogni momento vi siano squadriglie di vigilanza, in potenza, pronte alla difesa.
È probabile che per la difesa si avrà un limitato numero di squadriglie opportunamente dislocate nel territorio, in volo, o in agguato nei campi d'aviazione, pronte ad attaccare il nemico che tentasse una sorpresa, sia con apparecchi isolati, sia con forti squadriglie da bombardamento. Questa difesa attiva sarà integrata con opportuna difesa passiva e con offesa da terra mediante cannoni antiaerei. Se tutto questo è ovvio per l'azione diurna, lo sarà ancora più per le imprese notturne, nelle quali l'efficacia della caccia è molto discussa. In tutte le nazioni, infatti, pur dando pieno sviluppo alla flotta aerea, si cerca e si studia il miglior modo di completare la difesa del paese con un'acconcia difesa da terra.
E questa difesa da terra consisterà:
1. In un apposito servizio di avvistamento di velivoli nemici e un richiamo opportunamente rapido dei centri d'importanza demografica, militare e industriale allo stato d'allarme.
2. Nello studio e nelle predisposizioni per sgombrare dalle località più colpite o minacciate la popolazione superflua e inutile alla vita della città.
3. Nella preparazione di un numero sufficiente di ricoveri a prova di bomba.
4. Nell'approntamento dei mezzi collettivi e individuali per neutralizzare l'effetto venefico dei gas che fossero usati dal nemico.
5. Nella protezione materiale delle opere d'arte, nel mascheramento permanente o temporaneo, mediante mimetismo, cortine di fumo o analoghi accorgimenti, di taluni speciali obiettivi, nell'oscuramento totale o parziale di notte.
6. Nell'organizzazione pronta e completa dei mezzi per spegnere gli incendî per soccorrere i feriti, per riparare i danni ai caseggiati, ai ponti.
7. Nella sistemazione, per la difesa di obiettivi poco estesi, di reti di palloncini frenati muniti di cavetti di acciaio sospesi in aria per modo da costituire una zona pericolosissima per il velivolo avversario che si avventurerà in essa.
8. Nella difesa attiva propriamente detta, e cioè in una viva e potente azione di fuoco con mitragliatrici e cannoni controaerei (figura 39) tale da impedire con cortine di fuoco che l'attaccante possa raggiungere gli obiettivi ai quali mira.
Tutto questo arma mentario va completato da appositi strumenti di ascolto, da proiettori, da telemetri speciali, ecc.
Il complesso di questa difesa da terra, insieme con la difesa aerea, forma la difesa controaerea di una nazione: questa difesa, se non potrà eliminare l'offesa dall'aria, servirà almeno a renderla più ardua e quindi meno frequente.
In Italia, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Russia, ed in quasi tutte le altre nazioni si fanno esperimenti per stabilire fin dove e quanto si può contare su ogni singola difesa. Questi esperimenti conducono a risultati molto relativi, perché manca il fattore essenziale, il fuoco, ma sono di guida e di conforto al ragionamento.
La Germania, p. es., cui è stata limitata dal trattato di Versailles, come più volte si è ricordato, la potenzialità della forza militare, ha però già attuata la difesa aerea territoriale. Pur contando su poche batterie (sempre per la limitazione degli armamenti) dà ampio sviluppo alla difesa passiva con palloncini, col mascheramento, col sistema di avvistamento e di segnalazioni e più che altro con un perfetto funzionamento degli organi di comando della difesa.
L'Italia ha preparato una difesa del territorio su una base che essa sola può adoperare perché essa sola dispone di una Milizia volontaria, libera da qualsiasi obbligo di leva, sempre pronta a prestare l'opera sua; alla Milizia volontaria è affidata la costituzione di tutti i reparti avvistatori, mitraglieri, artiglieri, e ciò senza nessun intralcio alla mobilitazione dell'esercito. Una tale organizzazione, pronta ed efficace, corrisponde ai bisogni dell'Italia che, per la lunghezza delle sue coste e per la dislocazione dei suoi centri industriali, è più che ogni altra soggetta alla sorpresa.
Tutto il territorio, nei riguardi della difesa aerea da terra, è stato diviso in grandi e piccole località a seconda dell'importanza, ed è difeso da mitragliatrici e da artiglierie.
Aeronautica civile. - La grande guerra aveva dato all'aviazione uno sviluppo prodigioso: in pochi mesi, dal velivolo malsicuro, di piccola capacità di trasporto e di pochissima autonomia, si era arrivati ai grossi plurimotori, capaci di portare per centinaia di chilometri pesi rilevanti.
La fine della guerra troncò di colpo la necessità di una produzione colossale di macchine e di piloti, per modo che i governi del tempo si trovarono improvvisamente dinanzi al problema di dirigere all'attività civile una rilevante massa di uomini e di macchine preparate per la guerra, e ciò per la tranquillità sociale e per utilizzare un mezzo di trasporto rapido che si delineava capace di un grande avvenire. Così si ebbero i primi tentativi di aviazione civile.
La Francia si prefisse il collegamento con le sue colonie mediterranee e la costa occidentale dell'Africa; l'Inghilterra un programma imperiale di reti aeree tendenti ad allacciarla con i suoi dominî di Africa, di Asia e di Australia; la Germania, a cui il trattato di pace impediva di avere un'aviazione militare, dedicò larghi mezzi finanziarî alla preparazione di una fitta rete di linee aeree, che oggi intersecano ormai tutto lo stato e si collegano con molte capitali straniere.
L'Italia, dopo un pullulare di piccole iniziative e di esperimenti falliti per insufficiente preparazione, ebbe una lunga stasi nello sviluppo dell'aviazione civile. Questa risorse, come tante altre attività, per volontà del governo fascista, che, conscio dell'importanza politica e commerciale del nuovo mezzo di comunicazione, dette ad esso tutto l'impulso consentito dalla particolare situazione economica e industriale del paese.
Lo sviluppo raggiunto in tutto il mondo dall'aviazione civile dimostra come essa corrisponda oramai ai nuovi bisogni dell'umanità, per modo che va valutata nella vita nazionale alla stessa guisa della nave o della ferrovia.
L'aviazione civile, come oggi è costituita, comprende tre specie di attività:
aviazione da lavoro;
aviazione da turismo,
aviazione da trasporto commerciale.
Nella prima vanno inclusi gli studî aerologici, i rilievi fotocartografici e fotogrammetrici, la propaganda, la pubblicità, ecc.
Nella seconda le diverse manifestazioni dello sport.
Nella terza va incluso il trasporto di persone, posta e merci.
L'aviazione da lavoro vive ormai, si può dire, indipendente in tutti i paesi col ricavato della propria attività commerciale. Questa attività ha molteplici manifestazioni: dalla fotografia panoramica degli stabilimenti industriali per fini di pubblicità alle fotografie planimetriche per bisogni catastali, dal lancio di manifestini alle esibizioni reclamistiche con scritte luminose e fumogene, dall'accertamento degli incendî delle foreste, allo spargimento di speciali medicamenti contro i parassiti delle coltivazioni, ecc.
In Italia questa specie di attività aerea si va sviluppando in relazione colla possibilità; ragioni contingenti ostacolano alcune delle nominate attività, ma in un avvenire non lontano esse troveranno anche da noi la loro strada.
L'aviazione da turismo è già ben sviluppata all'estero, specialmente in America e in Inghilterra, dove l'aeroplano di piccola potenza è diventato un mezzo di trasporto individuale alla portata del gran pubblico, ma anche in Italia si è provveduto a far sorgere e sviluppare questa nuova attività aviatoria.
Un apposito concorso è stato bandito dal Ministero dell'aeronautica tra le diverse case costruttrici di aeroplani, per stimolare la produzione di tipi italiani di velivoli da turismo aereo, i quali unissero alle ottime qualità di volo e ad una buona velocità, un costo non eccessivo.
Dal numero delle adesioni e dai risultati del concorso stesso è da prevedere che non è lontano il momento nel quale anche in Italia il movimento degli apparecchi da diporto sarà intenso, per modo che molti viaggi, oggi compiuti con l'automobile o altri mezzi meno rapidi, saranno eseguiti, più velocemente e con maggiore soddisfazione, per via aerea.
Voli a vela. Accanto all'aviazione sportiva è da considerare il volo a vela, tenuto in particolare onore in Germania e giustamente apprezzato anche in Italia. Il volo a vela, o volo senza motore, ha trovato entusiastici propugnatori ma anche scettici avversarî. Ciò nondimeno esso si è sempre più affermato tra la gioventù sportiva e ha raggiunto record di durata in volo di alcune ore. In Italia, dove aveva avuti i primi e più lontani precursori, solo nel 1925, con l'aiuto del Ministero dell'aeronautica, fu curato da prima come iniziativa privata tra i giovani studenti dell'università di Pavia, e subito dopo venne insegnato sotto il controllo incitatore dello stato.
L'aviazione da trasporto commerciale, infine, è quella che maggiormente forma oggetto delle cure da parte dei singoli governi, poiché risponde ad esigenze economiche e politiche di particolare interesse per i governi stessi, i quali non mancano di seguire attentamente gli sviluppi delle diverse aviazioni nazionali e di accaparrarsi in tempo le grandi vie di navigazione aerea mondiale.
L'aviazione commerciale, a somiglianza della navigazione marittima, con cui ha comuni gli interessi politico-economici, è largamente sovvenzionata dai singoli stati.
Diversi sono i sistemi usati presso le diverse nazioni per sovvenzionare le linee aeree, perché nelle condizioni attuali queste non potrebbero vivere senza l'aiuto statale.
L'aviazione commerciale entrerà nel campo delle pratiche comunicazioni solo quando sarà possibile viaggiare non solo di giorno, ma anche e principalmente di notte, e quando l'organizzazione dei servizî sussidiarî avrà raggiunta quella perfezione che è acquisita ormai dai servizî ferroviarî e permetterà inoltre di vincere le molteplici barriere opposte dalle alte montagne, dal mare e dal deserto, collegando tra loro regioni lontane.
Sono quindi da sviluppare e da perfezionare:
1. il servizio delle comunicazioni nelle sue quattro branche: telefono, telegrafo, radiotelegrafia o radiotelefonia, nonché la rete dei radiofari e degli impianti radiogoniometrici sulle grandi rotte marittime e su quelle svolgentisi in zone montagnose o fortemente nebbiose;
2. il servizio aerologico, la cui rete va raggruppata in centri regionali;
3. la rete dei campi di fortuna lungo le rotte terrestri;
4. aeroporti adeguatamente attrezzati;
5. idroporti che consentano la partenza e l'arrivo sicuro degli idrovolanti con qualsiasi tempo;
6. i servizî della dogana, di polizia, d'ispezione, di controllo, della posta, dell'assistenza sanitaria, dei mezzi di locomozione, ecc.;
7. rotte notturne, fari, segnalazioni luminose, proiettori, ecc.
Poiché l'aviazione consente rapidi trasporti da un punto all'altro del territorio dei diversi stati, e congiunge celermente paesi e nazioni lontani tra loro, è sorto il bisogno che l'organizzazione dei servizî sussidiarî abbia uno sviluppo e un indirizzo quanto più è possibile uguale nei diversi paesi interessati.
Si è venuta così affermando la necessità di codificare norme legali e di adottarle internazionalmente.
Dal 1919, nel quale anno sorse il primo organismo internazionale tra i paesi dell'Intesa, la C.I.N.A., cioè la Commission internationale de navigation aérienne, ad oggi, numerosi istituti sono nati con scopi specifici (v. appresso), nonché numerosi sono stati, sia gli aggruppamenti di nazioni, sia gli accordi singoli tra stati e stati per stabilire le norme giuridiche e tecniche riguardanti l'aviazione civile. Questi accordi, realizzando per la prima volta nel campo del diritto aeronautico una collaborazione ed una elaborazione internazionale, non mai finora raggiunta in campi affini, come ad esempio quelli del diritto commerciale e del diritto marittimo, fanno prevedere una sempre maggiore intesa tecnica, legale ed economica tra i diversi governi ed i diversi gruppi finanziarî che si interessano dell'aviazione commerciale e delle grandi linee di navigazione aerea.
La rete aerea italiana. - Seguendo un logico programma di collegamenti interni, inseriti nelle grandi vie di comunicazioni internazionali, il 1° aprile 1926 l'Italia inaugurò le prime linee aeree commerciali, cioè la Torino-Pavia-Trieste, seguita a breve distanza di tempo (7 aprile 1926) dall'apertura al traffico della linea Genova-Roma-Napoli-Palermo. Il 1° agosto dello stesso anno venne inaugurata la linea Brindisi-Atene-Costantinopoli, il 18 dello stesso mese la linea Venezia-Vienna ed infine il 25 ottobre la linea Trieste-Zara.
Nell'anno 1927 la rete si accrebbe del prolungamento fino a Roma della linea Venezia-Vienna e dell'esercizio delle linee aeree dell'interno dell'Albania (entrambe dal 1° febbraio 1927).
Il 21 aprile 1928 vennero aperte al traffico tre nuove linee aeree:
Roma-Terranova-Cagliari;
Brindisi-Valona;
Milano-Trento-Monaco;
alle quali sono seguite entro l'autunno dello stesso anno le linee:
Roma-Genova-Barcellona-Palma di Maiorca-Roma;
Roma-Siracusa-Tripoli;
Roma-Milano.
Nel 1926, con una rete aerea di km. 3844, vennero percorsi 523.122 km.; nel 1927 invece sono stati percorsi complessivamente km. 1.327.656. Si è avuto nel secondo anno un aumento nell'attività di volo di km. 804.534. Tale aumento è continuato nel terzo anno, e tutto fa prevedere che lo sviluppo della rete e la media della regolarità di esercizio andranno sempre aumentando.
Durante gli anni di esercizio dal 1° aprile 1926 al 30 giugno 1928 sono stati volati km. 2.685.809 e sono stati trasportati 24.397 viaggiatori senza alcun incidente ai passeggieri e all'equipaggio.
La rete aerea mondiale. - Tale rete in corso di attuazione iniziale nel presente periodo di primo sviluppo aeronautico, (fig. 60), già si delinea nelle sue linee maestre, attraverso alla politica aerea seguita dalle varie grandi potenze che guidano lo sviluppo civile del mondo.
L'impero britannico con la sua estensione mondiale trova elemento fondamentale di esistenza, nel dominio delle linee di comunicazione ed ha sin dall'inizio sentita l'importanza del mezzo aereo. Convinto del valore che la navigazione aerea avrà in un prossimo avvenire nel campo della concorrenza economica, commerciale o bellica, esso ha per primo riunito tutte le attività aeronautiche in un unico fascio, costituendo il Ministero dell'aria.
A mantenere nel mondo il predominio conquistato nei secoli, esso ritiene necessaria e persegue una energica politica aeronautica, atta a completare ed estendere il valore concreto della sua tradizionale politica navale. In tale intento è agevolato dai suoi molteplici Dominions, tra i quali ha la possibilità di organizzare una rete mondiale di basi aeree.
Al di fuori delle comunicazioni aeree interne nelle Isole Britanniche e di immediato collegamento coi grandi centri europei di Parigi e Berlino, naturale inserimento nella rete aerea dell'Europa centrale, l'Inghilterra ricerca l'attuazione di due rotte aeree principali:
a) la rotta dell'Estremo Oriente, che deve collegarla, per Gibilterra-Port Darwin, con l'Australia e la Nuova Zelanda;
b) la rotta africana, che, avendo a comune colla precedente il tratto Inghilterra-Egitto, dovrà collegare il Cairo con la Colonia del Capo, grande arteria meridiana attraverso al continente africano, alla quale s'innesteranno rami divergenti verso i Dominions dell'Africa occidentale.
Per quanto riguarda la Germania, occorre rilevare come tutte le principali linee di comunicazione aerea economicamente importanti in Europa, dal N. al S. e dall'E. all'O dell'Europa, sorvolino la Germania. Berlino è stato giustamente definito l'incrocio aereo dell'Europa.
La Germania tende a partecipare alle principali linee aeree europee; ha già attualmente (1928) in esercizio o in avanzato corso di istituzione: Berlino-Parigi-Madrid; Berlino-Londra-Parigi-Vienna-Balcani; Berlino-Varsavia-Leningrado-Ukraina; Berlino-Scandinavia; Berlino-Monaco-Milano.
Inoltre, in quel medesimo campo delle rotte mondiali, che si sono viste ricercate dall'Inghilterra, la politica aerea tedesca propugna l'attuazione di:
a) una rotta aerea dell'Estremo Oriente, attraverso alla Russia europea ed asiatica verso Pekino, con successivo prolungamento sino al Giappone;
b) una rotta aerea transatlantica, pel Brasile e l'Argentina alla Terra del Fuoco.
Nella realizzazione della prima di tali rotte l'aeronautica tedesca tende a sostenere, nel grande traffico aereo internazionale, la concorrenza con la rotta inglese dell'Estremo Oriente, contrapponendo al tracciato più meridionale di quella, un percorso attraverso alle massime estensioni europee ed asiatiche, sul territorio dei due colossali stati russo e cinese.
Nella seconda di dette rotte la Germania viene a competere con la concezione francese di un collegamento transatlantico tra l'Europa ed il Brasile, considerato quale prolungamento del suo servizio aereo tra la madre patria ed i possedimenti dell'Africa nord-occidentale.
Da Parigi infatti irradiano due grandi fasci di rotte aeree, l'uno all'incirca da Nord a Sud, che, sorvolando il Mediterraneo, raggiunge da un lato la Tunisia e dall'altro l'Algeria tendendo, con frequenti voli militari, antesignani di un servizio regolare di prossima istituzione, a raggiungere poi il Senegal. E per l'appunto questa rotta, che il pensiero aeronautico francese prevede quale tratto iniziale della grande linea transatlantica, congiungerà l'Europa all'America del sud.
Ne è indice sicuro l'opera di penetrazione e di propaganda aeronautica svolta dalla Francia nell'America meridionale e particolarmente nel Brasile.
Oltre al fascio Francia-Africa-America meridionale, l'aeronautica francese considera ed ha anzi attuato in gran parte una grande rotta trasversale, congiungendo Londra, per Parigi, con la Polonia a N. e colla Turchia europea a S., affacciandosi per tal modo anche essa alla ricerca di quel collegamento coll'Oriente cui tendono le altre grandi aeronautiche europee.
Per quanto riguarda l'aeronautica russa si può porre in rilievo come, nella ricerca dei collegamenti interni, essa sia indotta a dare particolare importanza a quelli con la Russia asiatica, che, rappresentano una parte della rotta aerea Europa-Oriente e interessano vivamente l'aeronautica europea, in genere, e principalmente quella tedesca. Gl'interessi della Germania e della Russia vengono così a coincidere.
Accanto alle due grandi rotte trasversali europee, l'una settentrionale, Inghilterra-Germania-Russia, l'altra mediana, Inghilterra-Francia-Svizzera-Penisola Balcanica-Turchia, si rende necessaria una terza rotta meridionale, attraverso al Mediterraneo.
Tale rotta interessa l'Inghilterra come primo tratto delle due rotte orientale ed africana di cui si disse precedentemente, ma riguarda direttamente l'Italia, naturale scalo aereo mediterraneo.
Una prima realizzazione al riguardo si è avuta nel 1926 coll'inizio del servizio aereo Brindisi-Atene-Costantinopoli, proseguito verso ovest colla linea Genova-Barcellona.
Inserita per tal modo in un ramo importantissimo del traffico aereo mondiale, l'Italia ha interesse a mantenersi collegata con gli altri fasci trasversali in una linea che viene altresì ad unirla con i grandi centri europei. Ecco così le già attuate linee aeree Vienna-Venezia-Roma e Monaco-Milano-Roma. Tali linee, prolungate a S. con quella in progetto, Roma-Brindisi, e con quella funzionante Roma-Napoli-Pelermo (tratto della Genova-Palermo) con il predisposto collegamento inoltre fra Roma e le colonie italiane nordafricane, consentiranno a loro volta il prolungamento verso S. del fascio Europa-Africa.
Per completare l'abbozzo della rete aerea mondiale, oggi appena delineata, occorre ricordare gli Stati Uniti dell'America settentrionale. Si può rilevare al riguardo come l'isolamento geografico del continente americano dal resto del mondo consenta agli Stati Uniti di attendere che la navigazione aerea trovi il suo naturale assestamento economico in un regime di rendimento intrinseco senza ricercarne l'artificiale immediata attuazione a spese dello stato, allo scopo di non trovarsi sopravanzati dalle altre nazioni come si verifica in Europa: il sistema pare abbia dato ottimi frutti perché numerose iniziative private vanno prosperando.
Politica aerea. - Considerato il posto assunto dall'aeronautica nella vita della società moderna è naturale che ne derivino speciali relazioni internazionali su un soggetto di tale interesse. Un primo contatto per la limitazione degli armamenti aeronautici si ebbe nella conferenza di Washington del 1922, indetta per la limitazione degli armamenti navali. Cadde allora la proposta inglese tendente ad estendere agli aerei il principio posto per i sommergibili, della esclusione cioè della guerra al commercio. Nel sotto-comitato di aeronautica si manifestarono quali tendenze delle nazioni europee: l'avversione francese a qualsiasi legame degli armamenti aerei con quelli terrestri, l'ostilità inglese ad ogni restrizione, la tendenza italiana a chiarire se praticamente il principio delle limitazioni poteva essere applicabile. Questo principio infatti trova un ostacolo non indifferente nella connessione dello sviluppo militare con quello civile e nella non convenienza di creare un ambiente sfavorevole ad un mezzo di rapida comunicazione fra i popoli, così opportuno per il progresso civile. La conferenza fallì nei suoi intenti e restò libero il campo alla gara degli armamenti aerei.
Dopo Washington, nella Commissione di controllo interalleata in Germania e specialmente nei contatti inerenti alla Società delle Nazioni, si è ritornati più volte sull'argomento; ma è sempre emersa la difficoltà di una valutazione della capacità aeronautica militare indipendente da quella civile. Oltre a questi contatti internazionali di carattere statale altri se ne sono avuti per iniziativa privata.
L'aeronautica nei servizî sanitari. - L'idea di valersi dei mezzi aerei per il rapido trasporto dei feriti ebbe una prima realizzazione per merito di una società della Croce Rossa, l'Association des Dames Françaises, ed il primo aeroplano con le ali crociate di rosso comparve nel cielo delle grandi manovre dell'esercito francese nel 1912. Seguirono, durante la grande guerra 1914-18, i primi tentativi di trasporto di feriti durante la ritirata dalla Serbia, e durante l'offensiva dell'Aisne. Da questa epoca l'aviazione sanitaria progredì, specialmente nelle colonie, dove risolveva il gravissimo problema del trasporto dei feriti attraverso le regioni desertiche, in cui non esistono né ferrovie, né strade, ma solo mezzi procedenti con grande difficoltà e lentezza. Nel Marocco e nella Siria, l'aviazione francese diede la più larga dimostrazione della praticità di tale metodo. In Italia, sono noti i coraggiosi tentativi, felicemente riusciti, dei nostri aviatori che, nella grande guerra, sistemarono opportunamente nella fusoliera barelle per il trasporto rapido di feriti gravi, con soddisfacenti risultati sanitarî. Nel 1924, in Libia, apparecchi di bombardamento furono adattati, con ingegnosi dispositivi, per il trasporto di feriti gravi, e nello scontro di Giose e di Birel-Ghnem trasportarono all'ospedale di Tripoli, durante un'azione bellica, in un'ora di volo, una settantina di feriti, che altrimenti sarebbero stati esposti alle gravi conseguenze di un viaggio a dorso di cammello di non meno di tre giorni consecutivi. Oggi, nella colonia libica, esiste un servizio di aeroplani sanitarî, che ha dato e dà i migliori risultati.
È recentissima la costruzione di un primo aeroplano sanitario, il Caproni sanitario (Ca. 80), capace di trasportare 9 feriti, di cui 6 in barella, il medico e l'infermiere, oltre il pilota, e che risponde alle esigenze tecniche aviatorie ed a quelle sanitarie. È provvisto del materiale sanitario per soccorsi urgenti e di apparecchi elettrici di riscaldamento e di ventilazione.
Tali aeroplani non troveranno soltanto impiego in guerra, ma anche in quegli altri casi in cui, per il sopravvenire di catastrofi, si renda necessaria l'istituzione di rapidi servizî sanitarî; come anche, semplicemente, nell'esercizio dell'assistenza ambulatoria di nuclei abitati sparsi in località desertiche, specie nelle colonie.
Il problema dell'aviazione come mezzo di soccorso ha interessato e interessa le Croci Rosse nel mondo, e l'esperienza in materia è oramai assai estesa e feconda di risultati pratici. La Croce Rossa svedese, ad esempio, ha un regolare servizio di trasporto di ammalati, a mezzo di aeroplani sanitarî, per le regioni boreali che si stendono di là dal cerchio polare artico, coperte di laghi e di nevi eterne. Le Croci Rosse siamese, spagnola, americana, australiana, giapponese, hanno aeroplani sanitarî proprî, e numerosi sono i casi nei quali fu possibile raggiungere, con medici, infermieri, materiale sanitario, siero antidifterico, ossigeno, viveri, generi di conforto, in occasione di necessità urgenti, individuali o collettive, luoghi dove sarebbe stato impossibile arrivare, con la dovuta rapidità, con altri mezzi.
La Sanità militare francese ha stabilito, per i bisogni ordinarî delle guarnigioni dislocate in località lontane da centri sanitarî, servizi speciali di aeroplani, dati in dotazione ad ogni Corpo d'Armata, in accordo con servizî di ambulanze. Gli stessi aeroplani sanitarî possono accorrere rapidamente, con medici e materiale sanitario, nei casi in cui occorra un pronto intervento per la intrasportabilità dell'ammalato.
Per ciò che concerne i perturbamenti che il trasporto aereo può produrre negl'individui ad esso sottoposti, è da notare che non è stato rilevato alcun disturbo sensibile per le differenze di pressione barometrica, in relazione delle altezze raggiunte, anche in individui feriti ed in malati caduti in uno stato di grande prostrazione come i tifosi, o in periodo emottico come i tubercolosi, o in malati affetti da forme acute respiratorie come i polmonitici.
È in studio la questione della neutralizzazione degli aeroplani sanitarî in tempo di guerra. Si tratta di applicare agli aeroplani sanitarî, ed al personale che li serve, le guarentigie concesse al materiale ed al personale sanitario dalla convenzione di Ginevra. Il caso però è diverso, e presenta pericolose incognite, per la possibilità che avrebbe il personale di volo degli aeroplani sanitarî di raccogliere dati e informazioni di interesse bellico, durante i voli effettuati in vicinanza delle posizioni nemiche.
Bibl.: Nella sequente bibliografia sono indicate soltanto alcune tra le pubblicazioni più recenti o più notevoli, con particolare riferimento all'Italia e agli argomenti trattati nell'articolo. Si rimanda, per ulteriori notizie, al ricchissimo volume di G. Boffito, Biblioteca aeronautica italiana illustrata, Firenze 1929, e alle riviste speciali.
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Aviazione civile, commerciale e sanitaria. - G. Costanzi, Note sull'aeronautica postbellica, in Le vie del mare e dell'aria, genn. 1922; G. Porzio, Aeronavigazione commerciale, in L'ala d'Italia, 1926, n. 7; O. Pomilio, Trasvolate oceaniche e superaviazione, in Aeronautica, 1927, n. 4; L. Tarantini, Considerazioni sull'aviazione civile e suoi rapporti con l'aviazione, in Riv. aer., 1927, n. 6; A. Di Nola, Importanza della medicina nell'aviazione ed organizzazione del servizio sanitario aeronautico, in Riv. aer., settembre 1927; E. Garuffa, La teoria dell'autogiro La Cierva, in L'ala d'Italia, 1927, n. 12; A. Vecellio, Il volo a vela, in Aeronautica, Milano 1928, n. 4; I. Balbo, L'aeronautica: realizzazioni e propositi, Roma 1928; una ricca bibliografica contiene (oltre l'op. cit. del Boffito), P. Brockett, Bibliography of aeronautics, Washington 1910, con varî supplementi.
Diritto aeronautico.
Appena l'aviazione mostrò la possibilità di servire a viaggi e commerci, si ebbe cura di studiarne il regolamento giuridico. Prima di allora l'aviazione non era stata oggetto che di norme di polizia di sicurezza. I primi studî sul diritto aereo (1901-1910) sono stati compiuti quasi completamente in base a principî teorici; si aveva quasi fretta di fissare le norme del diritto, prima di essere sorpresi dal rapido divenire della navigazione aerea. In tal modo, il regolamento giuridico si andò formando contemporaneamente e talvolta precorse il fenomeno stesso da disciplinare. Così il processo di formazione del diritto aereo è stato ben diverso da quello del diritto marittimo, costituitosi spontaneamente. Da ciò derivano i maggiori difetti e i maggiori pregi del nuovo diritto.
Le ricerche assunsero fin dal principio un carattere internazionale e si ebbero congressi internazionali di aerostatica a Strasburgo (1898), a Parigi (1900), a Berlino (1902), a Pietroburgo (1904), nei quali, però, prevalse lo studio dei problemi tecnici dell'aviazione. Nella Conferenza della pace, tenutasi all'Aia nel 1900, cominciò a delinearsi una legislazione giuridica dell'aviazione, sebbene sotto un aspetto esclusivamente bellico. Seouirono le discussioni dell'Institut de droit international (sessione di Newport, 1900, e di Bruxelles, 1902), che diedero il primo esame approfondito di alcuni principî regolatori della materia, anche nel campo commerciale. Invece, nella Conferenza della pace all'Aia del 1907 e in quella internazionale di Parigi (1910) dominarono le preoccupazioni d'indole militare, che contribuirono a rendere meno notevoli i risultati del congresso. In quelli che seguirono, di Verona (1910), di Madrid (1911), di Ginevra (1912), di Francoforte (1913) e di Parigi (1914), furono esaminati i varî aspetti del complesso problema giuridico della navigazione aerea, e la nota predominante fu l'affermazione della libertà dell'aria, contro le eccessive diffidenze dei governi. specie per la tutela militare territoriale.
Scoppiata la grande guerra (1914-1918), non si ebbero più congressi, ma, per contro, un enorme incremento dell'aviazione come arma di guerra. Cessato il periodo bellico, ciascuno stato belligerante, anche per usufruire della straordinaria dotazione di apparecchi e di piloti, si adoprò a trasformare in aviazione civile quella militare, e si ebbero così le prime linee di navigazione aerea regolare e le prime compagnie esercenti servizî ordinarî per passeggeri e per merci (v. sopra). Le une e le altre si son moltiplicate nell'ultimo decennio in modo così prodigioso, da potersi dire che oggi tutto lo spazio intorno al globo è solcato da linee di navigazione. Già si apprestano servizî regolari per i voli transoceanici. Le stesse disposizioni del trattato di pace di Versailles (artt. 198-202), che vietano alla Germania di possedere un'armata aerea, sono valse a rendere più possente la navigazione aerea civile tedesca. È naturale che, sorta così un'imponente massa di rapporti economici e di interessi commerciali, vi si sia sovrapposta subito la regolamentazione giuridica. Essa ha ricevuto contemporaneamente un incremento di pari importanza.
Fonti del diritto aereo. - Principale fonte del nuovo diritto è la Convenzione internazionale per il regolamento della navigazione aerea, approvata a Parigi il 13 ottobre 1919, e preparata durante la Conferenza della pace. Essa ha valore per 41 stati. Si può dire la vera Charta della navigazione aerea. Essa permette però (art. 16) ad ogni stato contraente di stabilire in favore dei suoi aeromobili nazionali riserve e restrizioni circa i trasporti commerciali di persone e di merci fra due punti del territorio e fa salva ad ogni stato la facoltà, per diritto di sovranità, di stabilire le norme di diritto amministrativo interno e di diritto penale amministrativo per tutti i servizî e per la tutela di tutti gli interessi pubblici inerenti alla navigazione aerea. Si sono avute in conseguenza molteplici leggi nazionali, le quali tutte si sono fondate e modellate sulla detta convenzione di Parigi.
Questa è stata resa esecutiva nel Regno con regio decreto 24 dicembre 1922, n. 1878. A sua volta la legge italiana 20 agosto 1923, n. 2207, stabilisce che la detta Convenzione di Parigi ha pieno valore anche per gli aeromobili italiani, in ciò che essa legge non abbia diveramente regolato.
Alla Convenzione di Parigi non hanno ancora aderito gli stati ex-nemici, i quali, per quanto riguarda l'aeronautica civile, non sono più soggetti alle limitazioni imposte loro dai trattati di pace. D'altra parte, gli stati che si mantennero neutrali nell'ultima guerra sono riluttanti ad aderirvi, benché ne abbiano facoltà per l'art. 41 della Convenzione. Vi sono, però, convenzioni particolari fra stato e stato, o gruppi di stati, che non si allontanano notevolmente dalla Convenzione di Parigi, e che hanno importanza per il diritto internazionale aereo. Tali sono la Convenzione provvisoria fra i Paesi Bassi e la Francia, del 2 luglio 1923; quella fra la Germania e la Danimarca, del 25 aprile 1922; quella fra la Svizzera e la Francia, del 9 dicembre 1919; quella fra la Svizzera e l'Inghilterra, del 6 dicembre 1915; quella fra la Svizzera e la Germania, del 1° settembre 1920; quella fra la Svizzera e il Belgio, del 13 giugno 1922; quella fra l'Inghilterra e la Svezia, del 16 febbraio 1921; quella fra l'Inghilterra e la Norvegia, del 15 luglio 1921, ed altre, già concluse o in via di conclusione.
Nel campo internazionale è notevole la disposizione dell'art. 34 della Convenzione di Parigi, la quale istituisce una Commissione internazionale di navigazione aerea (comunemente chiamata C.I. N.A.), sotto l'autorità della Società delle Nazioni. La C.I.N.A., fra le altre attribuzioni, ha quella di ricevere da ciascuno stato contraente o fare a ciascuno di essi le proposte di modificazioni o di emendamenti alle disposizioni della Convenzione e di notificare le variazioni adottate. In tal modo, il diritto aereo internazionale può continuamente perfezionarsi mediante un organo legislativo internazionale, che, se non ha una completa autonomia, è pur sempre un eccezionale esempio di un organo di produzione di un diritto comune a un gran numero di stati.
Ciò nel campo ufficiale. In quello non ufficiale, è del pari notevole l'attività del Comité juridique international de l'aviation, che mira all'elaborazione di un Codice dell'aria con carattere internazionale. Diversi istituti giuridici o parti del detto codice sono stati già elaborati nei congressi di Parigi (1911), di Ginevra (1912), di Francoforte (1913), di Monaco (1921), di Praga (1922), di Roma (1924), di Madrid (1928). Organo di questo comitato è la Revue juridique internationale, che si pubblica a Parigi. Il comitato spera che, ad opera compiuta, il codice possa essere adottato da tutti gli stati, che hanno concorso alla sua elaborazione mediante i proprî delegati.
Occorre anche far menzione del Comité intern. technique des experts juridiques aeriens (comunemente detto C.I.T.E.J.A.). ll comitato, istituito nel 1926, è composto di delegati governativi di 47 stati, allo scopo di proporre un unico diritto privato aeronautico. Ha sede a Parigi.
Accanto a codesta legislazione internazionale, si sono avute le varie leggi nazionali. Quella italiana, già ricordata, fu promulgata con r. decreto legge 20 agosto 1923, n. 2207, e convertita in legge con legge del 31 gennaio 1926, n. 253. La legge italiana è completata da un Regolamento per la navigazione aerea, redatto in esecuzione dell'art. 47 della legge, chc all'uopo accordava al governo speciali poteri. Esso consta di 288 articoli e forma con la legge un sistema di norme regolatrici della navigazione aerea completo ed organico, quale forse non si è conseguito in nessun altro stato. Le altre principali leggi sono quelle dell'Inghilterra (Air Navigation Act, 1920); della Danimarca (Legge regolatrice dell'aeronautica); della Finlandia (Legge regolatrice della navigazione aerea, 25 maggio 1923); della Svezia (Prescrizioni regolanti la navigazione aerea); della Norvegia (Legge supplementare aggiunta alla legge doganale del 20 settembre 1845, riguardante lo svolgimento del traffico aereo da e per l'estero); del Belgio (Legge 16 novembre 1919); della Bulgaria (Legge per la navigazione aerea dell'8 luglio 1925); della Svizzera (Ordinanza del Consiglio federale del 27 gennaio 1927); della Francia (Legge 31 maggio 1924); della Germania (10 agosto 1922); dell'Austria (Legge 10 dicembre 1919); dell'Olanda (Decreto 2 settembre 1920); della Russia (Reg. gen. 27 gennaio 1922).
Queste sono le fonti legislative particolari del diritto aeronautico. Naturalmente, dove non vi ha disposizione particolare, si applica il diritto comune.
Autonomia del diritto aereo. - Il diritto aereo deve considerarsi come un diritto autonomo. Di ciò non dovrebbe neppure discutersi. L'affermazione di tale concetto è necessaria soltanto per alcuni dubbî sollevati circa la sistemazione scientifica di questo nuovo ramo del diritto. La sua affinità col diritto marittimo, avvalorata dalla terminologia adoperata per le operazioni aeree (navigazione aerea, libri di bordo, equipaggio, pilota, ufficiale di rotta ecc.) - in difetto del vocabolario azzurro, promesso dal d'Annunzio (carlinga, fusoliera, ecc.) - ha fatto ritenere che il diritto aeronautico sia più o meno simile a quello marittimo, dal quale dovrebbe trarre presso a poco la totalità delle norme regolatrici dei principali istituti. Si avrebbe così un fenomeno di mimetismo fra le due branche del diritto. L'affermazione non è punto esatta. Come il diritto ferroviario, quello industriale, quello del lavoro, e, più recentemente, quello corporativo, il diritto aereo non è che un ramo di un solo albero che, piantato sul terreno fecondo dell'attività umana, si fa ogni giorno più ricco di nuovi germogli. Ma, come i rami sono vere pianticelle che mettono radici nel tronco e vengono alimentate da questo, così le varie branche del diritto sono intimamente fra loro connesse e traggono vita da una fonte comune, che è il diritto privato. De uno universo iure. Ciò non toglie che il diritto aereo abbia tratto una buona parte del suo regolamento dal diritto marittimo. Gli obblighi e le facoltà del comandante e del pilota, i libri di bordo, le iscrizioni nei porti e negli aeroporti, i nomi e i segnali, il gettito, l'abbandono ai creditori, l'ipoteca aeronautica e il pegno marittimo, e fors'anco la contribuzione per avarìa comune sono istituti comuni alla navigazione marittima e a quella aerea. Bisogna però riconoscere che, finora, il diritto aeronautico non ha creato nessun istituto suo proprio, con caratteri particolari. Ne e causa la sua formazione, quasi tutta teorica. Soltanto l'esercizio dell'aereo-navigazione, che diventa ogni giorno più intenso e più vasto, potrà creare questo ordinamento più originale e caratteristico. Il giurista se ne accorgerà quando sarà già costituito, e si affretterà a trarne formule legislative.
Presupposti del diritto aereo. - Il diritto aeronautico ha alcuni presupposti che sono indispensabili per la sua esistenza.
a) Primo fra questi è la libertà dell'aria. Il vecchio principio romanistico, che lo spazio soprastante al suolo appartiene al proprietario del suolo, reso più assoluto nel diritto comune medioevale e limitato in quello moderno dal concetto dello spazio utilizzabile, non è oggi che un ricordo storico. La Convenzione internazionale di Parigi del 1919 stabilisce che ogni stato ha la sovranità completa ed esclusiva sullo spazio atmosferico al di sopra del suo territorio e delle sue acque territoriali (art.1). Ogni stato, però, si obbliga a concedere in tempo di pace la libertà di passaggio inoffensivo al di sopra del suo territorio e delle sue acque territoriali, come pure del territorio e delle acque territoriali delle sue colonie, agli aeromobili degli altri stati, senza distinzione di nazionalità. Devesi, tuttavia, avvertire che la Convenzione di Parigi non si applica che agli stati contraenti. Allo stesso principio è ispirato l'art. 1 della legge italiana, secondo il quale lo stato esercita sovranità piena ed esclusiva sullo spazio atmosferico che sovrasta il suo territorio, comprese in esse le acque territoriali. Agli effetti di tale sovranità, devesi intendere per territorio dello stato quello nazionale, metropolitano e coloniale, quello dei protettorati e dei paesi affidati per mandato o per qualsiasi altro titolo allo stato italiano, quando speciali convenzioni internazionali non dispongano diversamente.
b) Altro presupposto è la libertà della navigazione aerea. Questo principio è proclamato indirettamente dall'art. 3 della Convenzione di Parigi, che dà facoltà agli stati contraenti di vietare il volo soltanto al di sopra di determinate zone, come ora si dirà. L'art. 2 della legge italiana lo afferma in modo diretto, proclamando che la navigazione degli aeromobili di nazionalità italiana è libera. Non si tratta di un privilegio a favore degli aeromobili di nazionalità italiana, giacché il capoverso dell'articolo aggiunge che per gli aeromobili stranieri si osservano le norme stabilite dalle Convenzioni internazionali, in quanto siano applicabili nel regno a norma delle leggi vigenti. Ora, come già si è notato, la Convenzione di Parigi proclama la stessa libertà. Conforme principio è contenuto nell'art. 1 del Code de l'air.
La libertà è, tuttavia, disciplinata. L'art. 2 della legge italiana spiega che la navigazione degli aeromobili è sottoposta al controllo dell'Alto Commissariato (oggi Ministero dell'aeronautica) e subordinata all'osservanza dei limiti imposti e delle condizioni stabilite dalle leggi aeronautiche e dai relativi regolamenti. Necessità d'ordine militare, di ordine pubblico o di pubblica sicurezza esigono, inoltre, che il volo sia vietato al di sopra di alcune zone di territorio, dette zone vietate. Ciò è riconosciuto nell'art. 3 della Convenzione di Parigi, dove, peraltro, il divieto è consentito soltanto per ragioni d'ordine militare o nell'interesse della pubblica sicurezza, e a condizione che esso concerna tanto gli aeromobili privati dello stato che stabilisce il divieto quanto quelli degli altri stati. Il capoverso ultimo dell'art. 2 della legge italiana aggiunge che, in caso eccezionale, può vietarsi il volo anche al di sopra di tutto il territorio dello stato. Bisogna intendere per casi eccezionali quelli dei periodi bellici, in tal modo armonizzandosi la disposizione dell'art. 2 della legge italiana con la disposizione dell'art. 2 della Convenzione di Parigi, che stabilisce la libertà di passaggio soltanto in tempo di pace. L'art. 67 del regolamento indica le autorità che possono stabilire l'elenco delle zone vietate. Il successivo art. 68 impone determinati obblighi all'aeromobile, che si accorga di trovarsi sopra una zona vietata. Gli artt. 69 e 70 stabiliscono, a loro volta, le misure che debbono adottare le autorità, che si accorgono di aeromobili naviganti su zone vietate, e la procedura da osservare per la visita al velivolo, dopo che avrà approdato nel più vicino aeroporto, disponendo che il velivolo rimanga sotto sequestro fin quando il comando della divisione militare non abbia disposto per il rilascio.
Dato il carattere rigoroso del divieto e le gravi conseguenze della trasgressione, la Convenzione di Parigi dispone opportunamente col capoverso dell'art. 3, che ciascuno stato debba pubblicare e notificare agli altri stati contraenti la posizione e l'estensione delle zone vietate. Per impedire, poi, che gli aeromobili provenienti dall'estero o diretti all'estero attraversino involontariamente zone vietate, prescrive i punti di passaggio per attraversare il confine terrestre o il litorale marittimo. Vi sono, infine, zone nelle quali è vietato agli aeromobili civili di eseguire fotografie e cinematografie aeree (decreto ministeriale 18 maggio 1926).
Caratteri dell'aeromobile. - La legge italiana chiama aeromobile l'apparecchio destinato alla navigazione aerea. La Convenzione di Parigi lo chiama aéronef. Quest 'ultima espressione (cfr. all. D alla Convenzione) indica i palloni, frenati o liberi, i cervi volanti, i dirigibili e i velivoli. La parola pallone, frenato o libero, indica un aeromobile che impiega un gas più leggiero dell'aria quale mezzo per sostenersi nell'atmosfera, e che non ha organi proprî di propulsione. La parola dirigibile indica un aeromobile che ha un gas più leggiero dell'aria quale mezzo per sostenersi nell'atmosfera, e che ha organi proprî di propulsione. La parola velivolo indica ogni aeroplano, idrovolante (a galleggianti laterali o a battello centrale) ed ogni altro aeromobile più pesante dell'aria, avente organi proprî di propulsione. Secondo la legge italiana, però, la parola aeromobile non comprende i palloni frenati e gli altri apparecchi, che non servono alla navigazione aerea, vale a dire al trasporto di persone o di cose. Gli aerei senza motori, che hanno ancora poca importanza pratica, sono da ascriversi alla categoria degli aeromobili.
Classificazione degli aeromobili. - Gli aeromobili, siano del tipo più leggiero, siano del tipo più pesante dell'aria, si distinguono in aeromobili di stato e in aeromobili privati. Secondo l'art. 30 della Convenzione di Parigi, sono considerati aeromobili di stato: a) gli aeromobili militari, b) gli aeromobili destinati esclusivamente a servizî di stato, come la posta, le dogane e la polizia. Ogni altro aeromobile sarà reputato aeromobile privato, anche se aeromobile di stato purché non sia destinato ai suddetti servizî di posta, di dogana e di polizia. La legge italiana al citato art. 3 non ha potuto seguire cotesta classificazione e ha considerato come aeromobili di stato quelli eserciti da amministrazioni statali (militari e civili); ha considerato come aeromobili privati tutti gli altri. La legge aggiunge che possono essere dichiarati aeromobili di stato, mediante deliberazione del Ministero dell'aeronautica, quelli che, pur appartenendo a privati cittadini o a società, compiano un servizio per conto dello stato. Naturalmente questo più largo concetto dell'aeromobile di stato non può servire che per i rapporti interni, agli effetti, cioè, della stessa legge e dei relativi regolamenti. Ciò è detto in modo esplicito dal citato art. 3. Agli effetti, invece, della Convenzione internazionale di Parigi, anche gli aeromobili di stato sono considerati aeromobili privati, tranne quelli adibiti ai servizi militari, di dogana o di polizia.
Ultima importante distinzione per il regolamento giuridico degli aeromobili, è quella di aeromobili civili e di aeromobili militari. Ogni aeromobile comandato da persone in servizio militare è considerato aereomobile in servizio militare.
Precipuo oggetto di questa esposizione è l'aeromobile civile: di quello militare si parlerà in fine.
L'aeromobile e la proprietà di esso. - La costruzione dell'aeromobile in Italia è libera. Non vi sono norme speciali circa i tipi e i requisiti di sicurezza, i quali non sarebbero tollerabili col progresso della tecnica di uno strumento di trasporto, che è in continuo divenire. Invece, nessun aeromobile può essere ammesso alla circolazione aerea senza i certificati di navigabilità. È attraverso detto certificato che l'autorità pubblica riconosce per i tipi di aeromobile nuovi, trasformati o modificati, le condizioni di idoneità al volo. Il regolamento italiano per la navigazione aerea (artt. 126-155) contiene norme particolareggiate circa la concessione del detto certificato. Per agevolare i varî controlli, necessarî alla sua concessione, è fatto obbligo a tutti i costruttori o ditte di denunziare al Ministero dell'aeronautica l'inizio della costruzione, e di notificare se l'aeromobile stesso sia costruito per proprio conto ovvero per commissione, specificando in tal caso chi sia il committente (art. 132 mod.). Il certificato di navigabilità attesta che l'aeromobile ha superato le prove e i controlli tecnici prescritti per permettergli la navigazione. Viene rilasciato sia per gli aeromobili del tipo più pesante, sia per quelli del tipo più leggiero (art. 126). Il certificato dura sei mesi (art. 149) e può essere prorogato. Dev'essere costantemente portato a bordo dell'aeromobile (art. 126). Le condizioni richieste per conseguire il certificato di navigabilità variano a seconda che si tratti a) di aeromobili di tipo nuovo; b) di aeromobili di tipo già approvato dagli enti tecnici dell'aeronautica di stato; c) di aeromobili costruiti per conto dello stato e ceduti ai privati; d) o, infine, di aeromobili costruiti all'estero e che hanno acquistato la nazionalità italiana per cambio di proprietario. Naturalmente nel primo caso i controlli tecnici sono assai più rigorosi e vanno dall'esame delle caratteristiche del progetto all'esecuzione di una serie di prove di volo per verificare le caratteristiche del volo stesso, del centramento, della stabilità in rotta, del comportamento durante la partenza e l'atterraggio (o ammarraggio, se trattasi di idrovolante), del funzionamento del gruppo motopropulsore (art. 128). Il regolamento negli articoli sopra citati stabilisce anche le norme di procedura per la concessione del certificato, e per le indicazioni che esso deve contenere. Codesto documento è richiesto ed è valido, oltre che per la navigazione nazionale, anche per quella internazionale (art. 11 della Convenzione di Parigi).
Registro aeronautico italiano - Immatricolazione dell'aeroplano. - Gli art. 6 e 7 della legge italiana istituirono il registro aeronautico nazionale, in cui devono essere iscritti tutti gli aeromobili italiani, eccettuati quelli militari, di dogana e di polizia. Questo registro è stato definito lo stato civile degli aeromobili. È fatto obbligo a tutti i proprietarî di aeromobili di chiedere l'immatricolazione nel registro aeronautico nazionale, per il conseguente rilascio del certificato d'immatricolazione, non oltre gli otto giorni dalla data di rilascio del certificato di navigabilità (articolo 159 reg.). Detto certificato è il documento ufficiale che fa fede dell'avvenuta iscrizione dell'aeromobile, ne determina l'identità e ne permette l'ammissione alla circolazione aerea (art. 158 reg.). Anche i costruttori sono, pertanto, obbligati a chiedere l'immatricolazione dei loro aeromobili, qualora intendano impiegarli in qualunque attività aeronautica, esclusi i voli compiuti per prove o collaudi (art. 161 reg.). Il certificato deve essere tenuto costantemente a bordo (art. 158 reg.) e l'aeromobile che ne sia privo non può essere ricoverato in alcun aeroporto, salvo che dimostri che ne sia stata fatta, almeno, la domanda e ne attenda la concessione (art. 163 reg.). Il documento è rilasciato dal Ministero dell'aeronautica (art. 162 reg.).
Catasto aeronautico. - Il registro aeronautico nazionale ha altra funzione, anche più importante. L'art. 157 del regolamento dichiara che esso ha il valore di atto pubblico per gli effetti civili e penali e il successivo art. 158 aggiunge che esso fa fede della proprietà dell'aeromobile ai sensi dell'art. 7 della legge. In effetti, l'art. 7 dispone che i passaggi di proprietà, gli atti di costituzione, modificazione e rinunzia di diritti reali, ivi compresa l'ipoteca, per essere validi, anche tra le parti, debbono essere trascritti. In tal modo, la legislazione aeronautica ha prevenuto la riforma del nostro ordinamento giuridico circa i trapassi immobiliari, dichiarando che la trascrizione del contratto è richiesta non soltanto per l'efficacia del contratto di fronte ai terzi, ma anche per la validità dello stesso inter partes. Con ciò l'aeromobile è assimilato ai beni immobili, sebbene sia cosa mobile, come la nave; ma l'assimilazione e il susseguente obbligo della trascrizione degli atti traslativi di proprietà servono a creare il catasto probatorio degli aeromobili, che permette di dimostrarne rapidamente e sicuramente la proprietà e di facilitarne i passaggi.
In conseguenza, ogni contratto di vendita o di cessione dell'aeromobile deve essere fatto per iscritto. L'art. 7 della legge aggiunge che in paese estero i passaggi di proprietà e gli altri negozî giuridici sopra ricordati devono essere fatti per atto ricevuto nella cancelleria del r. console, dinanzi all'ufficiale consolare e non hanno effetto neanche fra le parti se non trascritti nei registri del consolato. Il console deve trasmettere copia dell'atto da lui autenticato al Ministero dell'aeronautica, che ne curerà l'annotazione nel registro aeronautico nazionale. In ogni caso, i negozî giuridici suddetti devono essere annotati nel certificato di immatricolazione. Cotesta disposizione ha molta importanza, giacché gli amministratori del Registro e gli ufficî consolari non possono ricevere e trascrivere un atto qualsiasi, relativo ai negozî giuridici sopra indicati, se non venga loro presentato il certificato di immatricolazione e se in esso non vengano fatte le prescritte annotazioni. Nel concorso di più aventi diritto alla trascrizione, la data dell'annotazione nel certificato di immatricolazione determina la preferenza.
La Convenzione di Parigi ha pure previsto l'istituzione di un registro aeronautico per ciascuno stato contraente e ha disposto che gli stessi debbano scambiarsi fra loro e trasmettere ogni mese alla C.I.N.A. copia delle iscrizioni e delle radiazioni che sono state effettuate sul proprio registro durante il mese precedente (art. 9).
Nazionalità dell'aeromobile. - Ogni aeromobile deve avere una nazionalità e non può averne più d'una. Il principio è stato affermato nella Convenzione di Parigi (art. 5) ed è consacrato nell'art. 5 della legge italiana. L'estremo giuridico della nazionalità è essenziale alla navigazione, giacché le due disposizioni ora citate dichiarano che l'aeromobile che non abbia la nazionalità di uno degli stati contraenti o con il quale l'Italia abbia concluso una convenzione particolare, non può circolare sul territorio italiano.
L'aeromobile apolide non è ammesso.
Si tratta ora di vedere come si possa riconoscere la nazionalità. L'art. 5 della legge italiana ha disposto che la nazionalità di un aeromobile, non di stato o non considerato di stato, risulta dall'iscrizione in uno, ed in uno solo, dei registri aeronautici nazionali. Lo stesso principio si trova nell'art. 6 della Convenzione di Parigi. In conformità dello stesso principio, l'art. 160 del regolamento italiano dispone che, nei casi di immatricolazione contemporanea in Italia e all'estero, l'immatricolazione effettuata in Italia è considerata nulla ed inefficace. Nei casi di immatricolazione all'estero di un aeromobile già immatricolato in Italia, si procede alla radiazione di tale aeromobile dal registro aeronautico nazionale. Sistema rigido.
Rigido del pari è il criterio con cui è permessa l'iscrizione. In effetti, essa è consentita:
a) se l'aeromobile appartenga per intero ad un cittadino italiano;
b) se appartenga ad una società, purchè si provi che il capitale di essa appartenga permanentemente per due terzi almeno a cittadini italiani, e che il presidente ed almeno due terzi degli amministratori, fra i quali deve essere compreso l'amministratore delegato, se esiste, siano cittadini italiani.
Una sola eccezione è consentita alla norma indicata alla lettera a), ed è nel caso che i comproprietari di un aeromobile siano di nazionalità diversa; nel qual caso l'iscrizione potrà aver luogo se siano italiani i comproprietarî, che ne posseggono più della metà del valore.
La nazionalità dell'aeromobile deve risultare in maniera palese, mediante la marca di nazionalità, che ogni aeromobile è obbligato a portare. La marca italiana è rappresentata dalla lettera I maiuscola. L'aeromobile deve, inoltre, avere una marca di immatricolazione, diversa per ogni aeromobile, rappresentata da un gruppo di quattro lettere maiuscole, una delle quali almeno deve essere vocale. Il gruppo complessivo delle cinque lettere è usato come nominativo dell'aeromobile nel fare o ricevere segnali per mezzo della radiotelegrafia e di ogni altro mezzo di comunicazione (art. 54 reg.). Norme particolareggiate sono state stabilite per la notificazione delle marche, per il loro collocamento sui velivoli, sui dirigibili, sugli aerostati, sui cervi volanti, per le loro dimensioni, per la larghezza delle lettere, ecc. (articoli 55-62 reg.).
Personale di bordo. - La legge italiana (art. 13) dispone che il comandante, i piloti, i meccanici e il personale di rotta dell'equipaggio degli aeromobili devono esser provvisti di patenti di abilitazione, rilasciate dal Ministero dell'aeronautica, giusta quanto è prescritto dai regolamenti. Tale norma fissata per la navigazione italiana trova riscontro in quella stabilita dagli articoli 11-13 della Convenzione di Parigi per quella internazionale. Ivi è riconosciuto che le patenti di abilitazione e le licenze rilasciate o rese valide dallo stato del quale l'aeromobile possiede la nazionalità, a norma degli allegati B ed E, devono essere ritenute valide dagli altri stati. Ogni stato, però, ha diritto di non riconoscere, per la circolazione aerea nei limiti e al disopra del proprio territorio, le patenti di abilitazione e le licenze conferite a un proprio cittadino da un altro stato contraente.
La legislazione italiana, col titolo IV del regolamento per la navigazione aerea, ha dato un largo e minutissimo svolgimento al sistema di norme sul personale di bordo. Il principio è che nessuno può esercitare a bordo alcuna mansione, senza esserne riconosciuto idoneo e avere ottenuto un brevetto aeronautico, dopo aver superato gli esami prescritti dal capo III dello stesso titolo, e con i programmi e le condizioni ivi indicati. I piloti e gli ufficiali di rotta adibiti a trasporti pubblici non possono entrare in funzione né prima dei 19 anni né dopo i 49. Il brevetto aeronautico è di varie specie: a) brevetto di pilota di velivolo (sia con motore che senza motore); b) brevetto di pilota d'aerostato; c) brevetto di pilota di dirigibile (di prima, di seconda e di terza classe); d) brevetto di ufficiale di rotta; e) brevetto di meccanico (motorista e radiotelegrafista). Per conseguire ciascuno di questi brevetti, il candidato deve provare di possedere particolari conoscenze tecniche. Il conseguimento di ciascun brevetto abilita il titolare a particolari mansioni.
Oltre le qualità tecniche, il candidato per conseguire un brevetto aeronautico deve essere di nazionalità italiana, di buoni precedenti penali, di buona condotta, deve possedere il certificato di idoneità psico-fisiologica rilasciato da uno degli istituti medico-legali per l'aeronautica esistenti nel Regno, e deve documentare di avere il consenso del padre o di chi esercita la patria potestà, qualora sia minorenne.
Documenti di bordo. - Il principio generale dell'obbligo dei documenti di bordo è stabilito dall'art. 12 della legge italiana, che prescrive che ogni aeromobile privato, per poter navigare, deve essere munito dei documenti di bordo prescritti dal regolamento. Questo, poi, ne ha dato una minuta disciplina col suo capo VII. Come avverte la relazione al re, che accompagna il regolamento, le principali fonti del capo VII sono da ricercare nelle deliberazioni della C.I.N.A. concernenti i libri di bordo obbligatorî per gli aeromobili. Essi sono: a) il giornale di rotta; b) il libretto dell'aeromobile; c) i libretti dei motori; d) il libretto delle segnalazioni. Il primo di detti libri nel regolamento italiano ha ricevuto un'importanza maggiore di quella che ha nella legislazione internazionale. Esso è obbligatorio per tutti gli aeromobili, a qualunque scopo essi siano adibiti. Deve essere costantemente portato a bordo; vi devono essere annotate le nascite, le morti, e tutti gli avvenimenti, che possono avere effetti civili e penali. L'art. 168 aggiunge che l'annotazione è fatta ad ogni effetto, anche probatorio, e che i detti avvenimenti devono essere denunziati nel prossimo luogo di approdo alle competenti autorità del regno o al competente console italiano, a seconda che l'atterraggio avvenga nel regno o all'estero.
I libretti dell'aeromobile, dei motori e delle segnalazioni sono, invece, obbligatorî soltanto per gli aeromobili adibiti al trasporto pubblico di passeggeri e di merci. Per gli apparecchi destinati ad altro scopo, l'uso è facoltativo. I detti libretti possono essere normalmente custoditi nell'aeroporto nel quale l'aeromobile ha la sua abituale residenza. Tutte le annotazioni negli stessi devono essere effettuate non oltre le 24 ore dal ritorno dell'aeromobile all'aeroporto di abituale residenza.
Come si è detto, l'art. 168 del regolamento avverte che le annotazioni nel giornale di rotta sono fatte per ogni effetto anche probatorio. Tale espressione per quanto si riferisce alle nascite e alle morti non dà luogo a difficoltà, anche perché l'art. 8 della legge spiega che tali nascite e morti si considerano, per ogni effetto, come avvenute nel territorio italiano. Ma per quanto si riferisce a "tutti gli altri avvenimenti" la norma non è ben chiara. Il successivo art. 169 aggiunge: "I libri di bordo, anche di aeromobili non adibiti all'esercizio di un'attività commerciale, fanno prova in giudizio secondo le norme relative ai libri di commercio". Anche questa disposizione non è ben chiara, per la diversa funzione che esercitano i documenti di bordo in confronto con i libri di commercio, per la diversa personalità del pilota o dell'ufficiale di rotta in confronto con quella del commerciante; per le diverse garenzie nella formazione degli uni o degli altri libri. Non risulta, però, che fino ad oggi alcuno si sia avvalso di codesto principio dell'art. 169 e si prevede, che esso per molto tempo ancora non avrà un'importanza pratica.
Oltre che dei libri suddetti, ogni aeromobile, impiegato nell'aeronavigazione nazionale od internazionale, se trasporta passeggeri, deve esser provvisto di un elenco, dal quale risulti il nome, il cognome, il domicilio di ciascuno di essi.
Dotazione e divieto di oggetti a bordo degli aeromobili. - Gli aeromobili per essere ammessi alla circolazione aerea devono avere a bordo, in più dei documenti accennati, una serie di strumenti che sono necessarî per regolare la rotta e garentirne la sicurezza (art. 134 reg.). Devono, inoltre, essere muniti di fanali, per i quali il regolamento reca particolareggiate disposizioni (artt. 105-118). Devono, infine, essere muniti di un apparecchio radio (radiotelegrafia o radiotelefonia), se siano destinati al trasporto pubblico internazionale ed atti a trasportare più di cinque persone, e allorquando debbano percorrere più di 160 km. senza scalo, o più di 25 sul mare. Lo stesso obbligo è prescritto agli aeromobili destinati a trasporto pubblico; ma gli apparecchi sono diversi a seconda che gli aeromobili siano suscettibili di portare più di 5 ma meno di 10 persone, o siano idonei a trasportare 10 o più persone (art. 45 della legge; artt. 173-182 reg., modif.; art. 14 convenzione di Parigi).
Per contro, gli aeromobili su tutto il territorio dello stato e sulle rispettive acque territoriali non possono portare a bordo apparecchi fotografici e cinematografici di presa che non siano imballati e piombati, salvo particolari permessi (art. 16 legge; artt. 71-75 reg.). Parimenti è vietato ad ogni aeromobile di trasportare per via aerea esplosivi, armi e munizioni da guerra (art. 76 reg.). Altre restrizioni per ragioni di ordine pubblico o di carattere finanziario possono essere prescritte dalle competenti autorità (art. 17 legge), e anche senza il concorso delle predette ragioni le stesse autorità possono stabilire ulteriori restrizioni e riserve circa i trasporti commerciali di cose e di persone fatti da aeromobili stranieri fra due punti del territorio italiano (art. 18 legge).
Istituti ausiliarî della navigazione aerea. Aeroporti e campi di fortuna. - Si intende per aeroporto ogni località, sia terrestre sia acquea, destinata, anche in via temporaena, alla partenza, all'approdo o allo stazionamento degli aeromobili. La località destinata soltanto a permettere l'approdo e la partenza degli aeromobili che durante la navigazione siano obbligati ad una forzata discesa chiamasi campo di fortuna (art. 6 reg.). Nella legislazione italiana, però, sono considerati come aeroporti anche gli aeroscali per l'atterraggio dei dirigibili e gl'idroscali per l'ammarraggio degl'idrovolanti. Il regolamento italiano disciplina con particolare cura nel titolo II il servizio degli aeroporti. Dopo avere data la nozione generale e provveduto ai relativi servizî e alla polizia di sicurezza, divide le norme in due parti: la prima dedicata agli aeroporti statali, la seconda a quelli privati. Nella prima (capo II) gli artt. 11 e 12 disciplinano l'attività del comandante dell'aeroporto, per quanto concerne il traffico aereo. I successivi, fino al 17, gli approdi, le soste, le partenze degli aeromobili privati; quelli dal 18 al 34 l'assistenza, i rifornimenti, i ricoveri offerti agli aeromobili privati e le tasse relative. Segue la sezione IV, che si occupa del servizio doganale. Delle norme di questa sezione si terrà conto, per necessità di sistematica, quando si esporranno i principî del diritto fiscale aeronautico.
Gli aeroporti privati non possono essere istituiti senza l'autorizzazione del Ministero dell'aeronautica, il quale, compiuti gli accertamenti opportuni, concede il nulla osta. Essi sono sottoposti al controllo ed alla vigilanza delle autorità. Se siano gestiti a scopo commerciale, le relative tariffe devono essere approvate dal Ministero dell'aeronautica. Ad ogni fine di mese, l'esercente deve inviare al comandante dell'aeroporto, dalla cui giurisdizione dipende, un rapporto dal quale risulti l'attività aerea svolta nel mese decorso e il movimento degli aeromobili.
Servitù aeronautica. - A facilitare la costruzione e la sistemazione degli aeroporti e dei campi di fortuna per le rotte aeree dei veicoli, è intervenuta la legge del 28 giugno 1927, n. 1630. La legge considera come opere di pubblica utilità quelle necessarie per l'impianto degli aeroporti, dei campi di fortuna e delle successive modificazioni (art.1). Per rendere più sollecita la procedura dell'espropriazione la legge dichiara applicabili alle opere necessarie per gli aeroporti e i campi di fortuna le norme speciali degli artt. 12 e 13 della legge 15 giugno 1884, n. 2892, per Napoli.
Nella sua seconda parte poi la legge stabilisce a favore degli aeroporti e dei campi di fortuna divieti analoghi a quelli delle servitù militari (art. 8). Le zone di terreno adiacenti agli aeroporti e ai campi di fortuna, per una estensione da fissarsi caso per caso con decreto del Ministro per l'aeronautica e da inserirsi nella Gazzetta ufficiale, sono sottoposte egualmente a detti divieti, che la legge chiama servitù aeronautiche.
Transito aereo. - Come si è detto, il transito aereo è libero in teoria, ma, praticamente, è sottoposto ad una disciplina diretta a garentirne la regolarità e a tutelare gli interessi pubblici o privati che da esso potrebbero essere lesi.
A tal fine va distinto il transito aereo nazionale da quello internazionale. Poche sono le norme particolari al primo. Per es., quelle relative al manifesto doganale, che, come sarà detto in seguito, possono non applicarsi agli aeromobili che, senza merci a bordo, viaggiano entro il territorio doganale del regno (art. 22 legge). Comuni ad entrambe le specie di transito sono le seguenti:
a) la partenza e l'approdo volontario degli aeromobili devono aver luogo negli aeroporti di stato o in quelli privati autorizzati (artt. 31 della legge e 14 reg.);
b) nessun aeromobile può lasciare un aeroporto prima che il comandante dell'aeroporto od un suo delegato abbia eseguita la prescritta visita ed abbia consentito alla partenza (art. 30 legge e 17 reg.);
c) tutti gli aeromobili, tranne quelli di stato, devono pagare le tasse di partenza e di approdo (artt. 20-29 e 32 reg.);
d) nessun aeromobile può attraversare le zone vietate,
e) tutti gli aeromobili devono, nella rotta, osservare le prescrizioni tecniche e di polizia dell'aria, accuratamente esposte dagli artt. 78-104 del regolamento;
f) tutti gli aeromobili debbono conformarsi a quanto è stabilito nell'allegato D della convenzione di Parigi (regol. fari e segnalazioni e codice di navigazione aerea) e alle altre leggi e regolamenti aeronautici (art. 29 legge);
g) qualunque aeromobile ha diritto ai provvedimenti di assistenza (artt. 32 legge e 22 e 23 della convenzione di Parigi).
Le disposizioni particolari al transito internazionale sono le seguenti:
a) ogni aeromobile che proviene dall'estero o si dirige all'estero deve attraversare il confine terrestre o il litorale marittimo solo in determinati punti che, come già si è detto, sono indicati dal regolamento (art. 63);
b) l'aeromobile che viene dall'estero, italiano o straniero, e quello diretto all'estero, deve discendere e partire dall'aeroporto doganale più prossimo al punto di transito del confine terrestre o marittimo che esso ha attraversato o deve attraversare (art. 64 reg.);
c) nel caso di approdo forzato fuori degli aeroporti doganali stabiliti, il comandante dell'aeromobile deve denunciare al più presto possibile l'avvenuto atterramento all'autorità governativa più prossima, e, in mancanza, al podestà del comune, per gli opportuni accertamenti e per averne l'autorizzazione a ripartire (art. 23 legge);
d) per gli atterramenti e per le invocazioni di soccorso, l'aeromobile deve fare le segnalazioni indicate dai regolamenti (articoli 119-122).
Impianto di linee aeree. - L'art. 20 della legge stabilisce che nessuno può impiantare una linea aerea, sia nazionale sia internazionale, passando per i territorî italiani, se non ha preventivamente ottenuto la licenza dal Ministero dell'aeronautica. A sua volta l'art. 15 della convenzione di Parigi reca nell'ultimo suo capoverso che l'impianto delle linee aeree internazionali è subordinato al consenso degli stati da attraversare. In Italia i servizî pubblici di trasporti aerei sono stati regolati da uno speciale decreto-legge, che porta la data del 18 ottobre 1923. Essi rappresentano una concessione del governo. Questa può esser fatta soltanto a cittadini o enti pubblici italiani o società commerciali italiane, che dimostrino di avere la necessaria capacità tecnica e finanziaria. Per le linee internazionali si provvede mediante convenzioni fra gli stati interessati. Le principali convenzioni finora concluse sono le seguenti:
a) Brindisi-Atene-Costantinopoli (r. decr. 27 luglio 1924, n. 204, e r. decr. 11 gennaio 1925, n. 356);
b) Roma-Genova-Barcellona (r. decr. 15 agosto 1925, n. 1731), trasformata in Genova-Roma-Napoli-Palermo (r. decr. 7 febbraio 1926, n. 250);
c) Venezia-Vienna (r. decr. 20 agosto 1926, n. 1548), prolungata fino a Roma (r. decr. 13 febbraio 1927, n. 285);
d) linee albanesi (r. decr. 7 luglio 1927, n. 1250).
Il citato decreto-legge 18 ottobre 1923 prevede anche temporanee e modeste concessioni da farsi, con decreto del ministro, a cittadini e a società od a enti pubblici italiani per il trasporto di passeggeri a scopo di diporto, istruzione ed addestramento. La durata del permesso di volo non può superare in nessun caso il periodo di 3 anni (art. 9).
Legge imperante a bordo. - Nella relazione che accompagna il decreto legge 30 agosto 1923, diventato poi legge 31 gennaio 1926, è detto che, nel fissare le leggi che dovranno aver vigore sia per i reati, sia per gli atti civili, a bordo di un aeromobile, si è adottato in genere il concetto di applicare le leggi della nazionalità dell'aeromobile, salvo il caso di leggi di ordine pubblico, per le quali impera la sovranità italiana per tutti gli aeromobili italiani e stranieri, in quanto navigano sul nostro territorio. In conformità di tali principî, consacrati nell'art. 8 della legge, si può stabilire:
a) che l'aeromobile italiano in rotta sul territorio italiano o sul mare territoriale è completamente soggetto alle leggi italiane;
b) che l'aeromobile italiano in navigazione all'estero è soggetto alle leggi italiane, salvi i limiti che derivano dalla sovranità dello stato sottostante (norme di polizia, tributarie, ed altre di diritto pubblico);
c) che l'aeromobile italiano sopra il mare non territoriale o sopra territorio non dipendente da alcuno stato è sottoposto alle leggi italiane;
d) che l'aeromobile straniero, viaggiando sul territorio italiano, è soggetto alla legge del suo stato, se questo accorda all'Italia il trattamento di reciprocità, salvi i limiti che derivano dalla sovranità dello stato italiano.
Tra i molteplici sistemi escogitati per regolare la vita giuridica a bordo di un aeromobile in corsa, quello italiano appare il più semplice e razionale. Un'applicazione dello stesso principio si trova nell'art. 2 del regolamento, in forza del quale il comandante dell'aeromobile ha sulle persone presenti a bordo i poteri disciplinari conferiti dalle vigenti disposizioni ai capitani o padroni delle navi mercantili, in quanto siano applicabili.
Intangibilità dell'aeromobile in rotta. - La necessità che i trasporti aerei siano portati a compimento ha suggerito al legislatore di garentire la libertà del velivolo durante il viaggio. Difficoltà pratiche hanno impedito però che venisse stabilita una norma, che affermasse tale principio nella sua integrità. La convenzione di Parigi si preoccupò soprattutto di possibilità di sequestri di aeromobili per contraffazione di brevetti, disegni o modelli, misure che avrebbero arrestato la rotta dell'aeromobile. Tra stati produttori di velivoli e stati importatori sorse un dissenso che parve irriducibile, i primi esigendo la libertà del sequestro e gli altri opponendovisi. Il dissenso parve a un certo momento compromettere il risultato della conferenza: poi una formula di conciliazione si trovò nella disposizione dell'art. 18, per il quale il sequestro è possibile, ma l'aeromobile potrà sottrarvisi mediante il deposito di una cauzione, l'importo della quale sarà stabilito nel più breve termine, in mancanza di accordo amichevole, dall'autorità competente del luogo dove il sequestro dovrebbe essere eseguito. Il regolamento italiano (art. 3) è andato più oltre, ma soltanto per gli aeromobili addetti a servizî postali esercitati dallo stato o concessi ad imprese private, i quali non possono essere oggetto di procedimento conservativo od esecutivo, se non al termine del viaggio.
Allo stesso principio si ispira l'ultimo capoverso dell'art. 31 della legge italiana, che, in caso di approdo forzato fuori dell'aeroporto, non consente al proprietario del luogo, che ha sofferto dei danni, il diritto di ritenzione, ammesso da altre legislazioni; e gli fa obbligo di consentire alla partenza e di notificarla all'autorità.
Rapporti contrattuali. - I rapporti contrattuali si possono dividere in tre categorie: 1. quelli del proprietario dell'aeromobile con i proprî dipendenti; 2. quelli del proprietario dell'aeromobile con i passeggeri o speditori di merci; 3. quelli del proprietario dell'aeromobile con i terzi.
1. Rapporti col personale. - I rapporti tra i proprietarî di aeromobili o le imprese di aviazione e il personale di servizio sono soggetti al diritto comune. A seconda della natura del servizio che il personale presta, il rapporto si può definire rapporto d'impiego o di locazione d'opera. Si suole, in genere, assimilare entrambi al rapporto giuridico tra il capitano d'una nave e l'equipaggio, e si è parlato di contratto di arruolamento e di altre discipline di rapporti giuridici, che si trovano nel codice di commercio o nel codice e nel regolamento per la marina mercantile, compresa la speciale giurisdizione per regolare i conflitti fra il proprietario e il capitano della nave e il personale di bordo. Trattasi di evidente esagerazione; giacché la natura dei servizî, la loro durata, il numero del personale, l'entità economica dell'impresa, almeno nel momento attuale, differenziano notevolmente l'ordinamento giuridico dei rapporti tra proprietarî di aeromobili e personale di servizio, e quello fra armatori o capitani di nave e la ciurma che vi è a bordo. Per ora, il concetto dell'impiego e della locazione d'opera è sufficiente per regolare i reciproci diritti e doveri delle due parti e la competenza giurisdizionale in caso di conflitto. La quale ultima spetta, come è noto, alle giurisdizioni amministrative, quando si tratti di aeromobili di stato o di imprese di aviazione esercitate sotto la vigilanza e il controllo dello stato.
Assicurazione del personale contro gli infortunî. - L'art. 34 della legge dispone che ogni imprenditore di servizî aerei o costruttore o proprietario di aeromobili ha l'obbligo di provvedere all'assicurazione contro tutti gli infortunî di tutto il personale addetto, comprendendo in ciò anche l'assicurazione contro i rischi di volo per il personale occasionalmente o abitualmente volatore. Per i rischi non di volo valgono le disposizioni delle altre leggi vigenti. Questa identica disposizione si trova senza alcuna ragione ripetuta nell'art. 266 del regolamento. Il quale meglio avrebbe provveduto precisando alcuni elementi che mancano completamente nell'art. 34 della leggi, quali i capitali minimi da assicurare, e le persone che hanno diritto all'indennizzo in caso di morte dell'assicurato.
2. Contratto di trasporto aereo. - Cotesta definizione è contenuta nella legge (art. 35). Ciò deve far superare la difficoltà opposta da qualche scrittore, consistente nell'osservare che il contratto di trasporto è limitato per il diritto positivo ai soli viaggi per acqua o per terra. I nostri codici di diritto privato non hanno previsto l'aviazione.
Come si vedrà seguitando, molteplici istituti proprî dei viaggi di terra e di mare sono stati adottati dal regolamento giuridico per il trasporto aereo, ma non sempre con opportuno criterio. La verità è che, se alcune norme possono essere comuni al trasporto per terra e per mare e a quello aereo, altre non possono essere invocate che per analogia, ed altre, infine, non possono essere applicate a questa recentissima forma di trasporti senza pregiudicarla nel suo incremento, ch'è nei voti di tutti. Ciò va detto unicamente per porre in guardia contro i tentativi di applicazioni irrazionali di vecchi istituti a fenomeni recenti.
L'art. 35 della legge dispone che il contratto di trasporto deve risultare da un documento contenente le indicazioni essenziali a ogni contratto di trasporto e quelle stabilite dal regolamento. Ma il regolamento non aggiunge altro. In conseguenza, il documento menzionato dalla legge non può essere che la lettera di vettura o la polizza di carico, che comunemente suole chiamarsi, per i trasporti aerei, "lettera di trasporto aereo". Per la formazione, validità, circolazione e per i diritti inerenti al detto documento, bisogna far capo al codice di commercio. Il C.I.T.E.J.A., nella riunione di Parigi dal 4 al 7 aprile 1927, ha redatto un progetto di convenzione internazionale della "lettera di trasporto aereo" da applicarsi ai trasporti internazionali di merci con carattere commerciale.
Assicurazioni contro i rischi della navigazione aerea. - il cap. I del tit. V del regolamento vi dedica 12 articoli, che seguono in generale le norme del codice di commercio sul contratto di assicurazione, e in particolare quelle relative ai rischi della navigazione. Vi sono, peraltro, delle modificazioni e degli adattamenti, che sono parsi necessarî per meglio fare aderire la norma alle esigenze pratiche del trasporto aereo. Ond'è che le norme del codice di commercio si devono applicare alle assicurazioni contro i rischi della navigazione aerea in quanto non siano incompatibili con l'esercizio dell'aeronavigazione o contrarie alle disposizioni dei dodici articoli sopra ricordati. Una particolare deroga all'art. 605 del codice è contenuta nell'articolo 255 del regolamento per quanto riguarda le indicazioni atte a identificare la cosa assicurata e la determinazione dei rischi. Con forma assai più larga è disposto che l'assicurazione può avere per oggetto ogni interesse valutabile in danaro e che si trovi esposto ai rischi degli accidenti di aeronavigazione. Altra deroga all'art. 611 del codice è stabilita dall'art. 25 del regolamento. In effetti, nell'assicurazione a tempo, i rischi cominciano dalla data della polizza e finiscono al tempo convenuto; ma se, alla scadenza del contratto, l'aeromobile si trova ancora in viaggio l'assicurazione resta prolungata fino al termine del viaggio in corso, e l'assicurato deve un premio proporzionale al maggior tempo dei rischi. Infine, l'art. 257 del regolamento porta altra deroga all'art. 615 del codice, stabilendo che sono a carico dell'assicuratore le perdite e i danni che colpiscono le cose assicurate, anche se dipendenti da colpa dell'equipaggio.
Le azioni derivanti dal contratto di assicurazione contro i rischi dell'aeronavigazione si prescrivono in un anno, che decorre: per le assicurazioni a viaggio, dal compimento del viaggio assicurato o dal sinistro che ne ha impedito il proseguimento; per le assicurazioni a tempo, dal giorno in cui finisce l'assicurazione; in caso di perdita presunta, per mancanza di notizie, dalla fine del termine stabilito per la presunzione della perdita.
Abbandono dgli assicuratori. - Anche questo istituto è stato disciplinato dal regolamento (art. 260-264), adottandosi in massima i principî del lib. II, tit. IV, cap. II del codice di commercio (v. abbandono). Vi sono stati, peraltro, apportati "quegli adattamenti che la maggiore agilità dell'aeromobile rispetto alla nave ed altre considerazioni pratiche sembrarono consigliare". In conseguenza, l'abbandono agli assicuratori può aver luogo:
a) quando l'aeromobile, in seguito agli avvenimenti assunti in rischio, non è più suscettibile di riparazioni, o per le riparazioni occorre spendere una somma superiore ai tre quarti del suo valore in istato di integrità;
b) quando le cose trasportate, in seguito agli avvenimenti assunti in rischio, abbiano perduto più di tre quarti del loro valore allo stato integro, o quando, in seguito ad avarìe sofferte dall'aeromobile, il viaggio non possa più essere proseguito, neppure con altri mezzi, entro il termine di un mese;
c) quando siano passati tre mesi dal giorno della partenza dell'aeromobile o da quello al quale si riferiscono le ultime notizie;
d) quando l'aeromobile sia caduto in mano del nemico, trattandosi di assicurazione contro i rischi di guerra. In tutti gli altri casi, l'assicurato ha soltanto diritto al risarcimento delle avarìe sofferte.
Responsabilità dell'imprenditore del trasporto aereo. - La legge italiana (art. 35) dispone che la responsabilità è regolata dalle norme di diritto comune, che regolano la responsabilità del trasporto terrestre o marittimo, se essa stessa non vi apporti modifiche. Bisogna, dunque, far capo all'art. 400 cod. comm., e ritenere responsabile il vettore dei danni, a meno che non provi che questi sono la conseguenza di un caso fortuito o di una forza maggiore, del vizio delle cose o della colpa della persona trasportata. Unica eccezione a questa regola è stabilita dall'art. 37, che contempla il caso di trasporto a titolo gratuito od amichevole. In tal caso, il principio dell'inversione della prova cede alla teoria comune della prova della colpa da parte di chi l'afferma, e i danni sono dovuti soltanto qualora risulti provato il dolo o la colpa grave.
Clausole di irresponsabilità. - La legge italiana (art. 36) ha risolto con una precisa disposizione la nota controversia circa la validità delle clausole di irresponsabilità, che ha dato luogo a tante discussioni in tema di trasporti marittimi. Essa dichiara che sono nulle quelle clausole che non soltanto escludono, ma limitano la responsabilità per i danni sofferti dalle persone trasportate; riconosce invece la validità delle clausole che limitano o escludono la responsabilità per i danni arrecati alle cose trasportate, salvo che essi siano cagionati da dolo. La distinzione fra danni alle persone e danni alle cose era stata sostenuta in dottrina per quanto riguarda i danni marittimi, ma non aveva trovato fortuna nella legislazione positivi degli stati, specie di quelli che posseggono le maggiori flotte marittime. La tendenza è per la dichiarazione della nullità delle clausole e per la fissazione di un massimo di indennità, che può essere stabilito o in una cifra fissa senza riguardo particolare al tonnellaggio (sistema tedesco) o in una cifra proporzionata al tonnellaggio stesso, che per i trasporti marittimi è di 8 sterline per ogni tonnellata (sistema inglese). Nel progetto di convenzione internazionale sulla responsabilità del trasporto aereo, in data 27 ottobre 1925, elaborato dagli esperti ma non ratificato, la responsabilità dell'esercente è limitata alla somma di lire 10.000 per viaggiatore, somma che può essere elevata con convenzione speciale; per le merci, è limitata a lire 200 per ogni collo, salve speciali dichiarazioni dello speditore, nel qual caso l'esercente è tenuto a pagare il valore dichiarato, a meno ch'egli non provi che esso è superiore a quello reale della merce nel luogo di destinazione. Le dette cifre si riferiscono al valore aureo della lira. Ma, qualunque opinione si porti al riguardo, è certo che l'art. 36 della legge aeronautica italiana può esercitare una seria influenza sulla controversia circa la validità delle clausole limitative della responsabilità in tema di trasporto marittimo, sia perché l'art. 35 unifica i regolamenti del trasporto aereo e del trasporto marittimo, sia perché il mezzo del trasporto non può mutare il criterio di responsabilità.
3. Responsabilità dell'esercente verso i terzi. - La legge italiana non ha creato un sistema di responsabilità per i danni cagionati dalla aeronavigazione alle persone o alle cose estranee al trasporto diverso da quello comune. Quindi è vano parlare di responsabilità oggettiva o di responsabilità senza colpa o di "rischi dell'impresa". La legge si è limitata a considerare tre casi di danni più frequenti: a) quello di danni cagionati dal gettito dall'aeromobile in volo di oggetti, corpi ecc.; b) quello di danni cagionati dall'urto fra aeromobili; c) quello di danni cagionati da approdo forzato.
a) Il regolamento, all'art. 89, fa divieto di gettare dagli aeromobili altra zavorra che non sia sabbia fina, salvo il caso di pericolo o di forza maggiore. Trattasi di una precisazione del divieto del gettito contenuta nell'art. 38 della legge. In ogni caso, il gettito dà luogo al risarcimento dei danni, trattandosi di un atto volontario. Quando, invece, si tratta di cose cadute dall'aeromobile al momento della partenza o all'approdo, non si fa luogo al risarcimento di danni se si dimostri ricorrere un caso di forza maggiore. Qui trattasi, in effetti, di un gettito involontario.
Nel caso di gettito volontario, si è domandato se debba applicarsi l'istituto del contributo dell'avarìa, di cui non fanno parola né la legge né il regolamento. La risposta affermativa sembra giustificata dal principio generale dell'art. 35 della legge e da quello di equità, ch'è la base dell'antichissimo istituto.
b) I danni cagionati da urto fra aeromobili sono regolati dalla teoria della responsabilità per colpa (art. 39 legge). Le applicazioni che ne fa la legge non sono punto necessarie e non sono certo esaurienti. Anzi, l'espressione che i danni e le perdite sono a carico "dell'aeromobile colpevole" può far sorgere dubbî circa la portata della responsabilità e bisogna far ricorso all'articolo successivo per intendere che vi è una responsabilità personale del proprietario dell'aeromobile, dell'esercente del trasporto e dell'autore del danno. Unica norma di deroga ai principî comuni reca l'art. 39, ed è la concessione di un privilegio che garentisce il pagamento dell'indennità dovuta alle persone morte o ferite, in caso di insufficienza della somma distribuibile, nei confronti dei creditori per danni sofferti nelle cose.
c) In quanto ai danni prodotti dall'approdo forzato, essi sono dovuti anche se non vi sia colpa, giacché non è giusto che il terzo sopporti un danno inflittogli per evitare quello che minacciava l'aeromobile e le persone o le cose che erano a bordo. Quando, invece, l'aeromobile è obbligato a discendere per ordine dell'autorità nei casi previsti dall'art. 28 della legge, i danni ch'esso cagioni sono effetto dell'ordine ricevuto e il proprietario non è tenuto a risarcimento (art. 41). Può, tuttavia, verificarsi il caso che l'approdo ordinato non sia per sé stesso causa di danni e che questi si siano verificati per dolo o negligenza di chi ha dovuto obbedire all'ordine. In tal caso è evidente che risorge la responsabilità di chi ha eseguito l'approdo.
In tal modo, la legge ha creduto di tutelare gli interessi dei terzi, spesso vittime innocenti degli accidenti d'aviazione. Ma la tutela non è parsa abbastanza efficace, e nell'esame dello schema del regolamento il Consiglio di stato richiamò l'attenzione del governo sul bisogno di una più efficace protezione di codesti legittimi interessi. E fu, a tal uopo, inserito l'art. 267, in forza del quale la concessione delle autorizzazioni o di sussidî in materia di navigazione aerea è subordinata al deposito, da parte delle compagnie esercenti, di documenti comprovanti che esse garentiscono effettivamente, e fino alla concorrenza di un'adeguata somma, la riparazione dei danni che potranno arrecare ai terzi non naviganti.
Responsabilità solidale per i danni. - Responsabili dei danni possono essere, a seconda dei casi, il proprietario dell'aeromobile, l'esercente del trasporto o l'autore del danno. La legge, adottando un criterio analogo a quello relativo alla circolazione degli automobili, ha ritenuto opportuno proclamare la responsabilità solidale di tutte e tre le dette persone. Tale solidarietà ha luogo per tutti i danni arrecati dagli aeromobili alle persone e alle cose, sia per effetto del contratto di lavoro, sia per effetto del contratto di trasporto e sia anche per i danni extra-contrattuali sofferti dai terzi. Detto principio è proclamato nell'art. 40 della legge, il quale aggiunge - ed anche qui non a proposito - che, nel caso di concorso di colpa da parte del danneggiato, si applicano le norme di diritto comune.
Abbandono liberatorio. - Si è già accennato all'abbandono dell'aeromobile agli assicuratori. L'art. 42 della legge disciplina l'abbandono liberatorio del proprietario dell'aeromobile dalle responsabilità civili per risarcimento di danni mediante l'abbandono dell'aeromobile e del nolo esatto e da esigere a tutti i creditori o ad una parte di essi. L'istituto dell'abbandono (v.), che oggi in dottrina è oggetto di gravi critiche, acquista così nuova cittadinanza nel diritto aereo, dove, per il valore dell'aeromobile grandemente inferiore a quello della nave e per l'ammontare dei noli di gran lunga minore di quello di un trasporto marittimo, non mancherà di destare anche più vivaci obiezioni. La legge stabilisce che dell'abbandono può valersi il proprietario pur nell'ipotesi che abbia dato in locazione l'aeromobile. In quella vece, egli perde il diritto dell'abbandono qualora i danni siano stati causati per sua colpa.
L'art. 42 aggiunge l'obbligo della trascrizione della dichiarazione di abbandono nel registro aeronautico nazionale e la notificazione della stessa ai creditori, dei quali siano stati iscritti, trascritti e annotati nel registro stesso i titoli di credito. Ciascuno di costoro può prendere l'aeromobile per suo conto, con l'obbligo di pagare agli altri creditori l'ammontare dei loro crediti. Se più creditori intendano esercitare tale facoltà, è preferito il primo dichiarante e, se concorrono contemporaneamente, è preferito il creditore di maggiore somma. Se nessun creditore prende l'aeromobile per suo conto, esso è venduto ad istanza del creditore più diligente e il prezzo è distribuito fra i creditori. Ciò che rimane, dopo pagati creditori, appartiene al proprietario.
Prescrizione dell'azione dei danni. - Le azioni per risarcimento dei danni, sia contrattuali sia extra-contrattuali, si prescrivono col decorso di due anni. Nel primo caso, il termine decorre dalla data in cui ebbe fine l'ultimo dei viaggi ai quali il contratto di trasporto diede luogo; se il contratto non ebbe séguito, dalla data della sua stipulazione. Nel secondo caso, la prescrizione decorre dalla data in cui il danno ebbe a verificarsi.
La constatazione, poi, della rapidità con cui possono svanire le prove della responsabilità ha suggerito una speciale decadenza per colui che, entro tre giorni dall'avvenimento, non presenti protesta o richiamo davanti all'autorità giudiziaria del luogo in cui l'urto ebbe a verificarsi, o di quello del primo approdo. In tal caso, il termine della prescrizione decorre dal giorno della protesta o del richiamo. Può accadere, peraltro, che le persone danneggiate dall'urto non si trovino sull'aeromobile e non conoscano nulla dell'avvenimento nel breve termine indicato. In loro favore è stabilito che la decadenza non abbia luogo, perché non erano in grado di manifestare la loro volontà.
Competenza giudiziaria per l'azione dei danni. - Per l'esercizio dell'azione dei danni davanti all'autorità giudiziaria, la legge italiana (art. 43) ha creduto di apportare qualche agevolazione al titolare, derogando alle norme comuni della competenza. Ha stabilito, quindi, una larga facoltà di scelta del magistrato davanti al quale il giudizio può aver luogo, ammettendo che esso possa celebrarsi davanti all'autorità giudiziaria del luogo dove il danno si è verificato, purché non siano trascorsi due mesi dal giorno in cui è avvenuto il fatto che ha prodotto il danno (l'art. 43 aggiunge: "Il giudizio ha luogo secondo la legge italiana"; dichiarazione superflua, trattandosi di giudizio da celebrare in Italia). Codesta deroga è giustificata dalla maggiore facilità con cui le prove circa le cause e l'entità del danno possono raccogliersi nel luogo dell'avvenimento. La legge aggiunge, però, che le azioni stesse possono anche proporsi dinnanzi all'autorità giudiziaria del luogo dove l'aeromobile è iscritto, o del domicilio del proprietario, o della sede della società o del luogo dove il contratto fu stipulato, a scelta del danneggiato. Quando le imprese di trasporto aereo avranno avuto maggiore incremento e ordinamento, codesta disposizione non mancherà di essere oggetto di serie critiche, per l'onere imposto a quelle imprese di predisporre la difesa giudiziaria dei proprî interessi in luoghi così diversi.
Ipoteca aeronautica. - La facile previsione che le imprese aeronautiche abbiano bisogno di capitali ha ispirato l'istituto dell'ipoteca aeronautica, nell'intento di procurare ai prestatori di denaro alle imprese una garenzia sopra gli stessi aeromobili acquistati col finanziamento. L'art. 9 della legge, infatti, dispone che sopra l'aeromobile e i suoi accessorî può essere costituita ipoteca con le norme del codice civile. L'ipoteca deve essere iscritta nel registro aeronautico italiano per essere valida non soltanto di fronte ai terzi, ma anche fra le stesse parti contraenti. Essa è iscritta, secondo il sistema tavolare, suggerito dal Consiglio di stato, non a nome del proprietario, ma a quello dello stesso aeromobile, con tutti gli estremi necessarî per poterlo individuare (art. 260 reg.).
Questa è una importante deroga al sistema del codice civile, la quale contrasta con l'art. 9 della legge, secondo cui l'ipoteca dovrebbe essere costituita con le norme del codice civile. Ma ben altre deroghe apporta il regolamento al codice civile nel disciplinare l'ipoteca aeronautica. Esso, infatti, dispone che l'ipoteca ammessa sull'aeromobile è unicamente quella convenzionale e che non sono ammesse ipoteche legali o giudiziali. La ragione si è che l'ipoteca deve essere, come si è accennato, uno strumento di credito per l'industria aeronautica e non deve servire a rapporti creditizî, costituitisi nei limiti previsti dagli artt. 1969-1973 del codice civile, e che vincolano la cosa subordinatamente ad una specifica qualità del proprietario; vale a dire, per l'ipoteca legale, la qualità di compratore, di coerede, di socio, di tutore, di coniuge, di condannato; e per l'ipoteca giudiziale quella egualmente di condannato. Tale gravissima deroga si ritiene giustificata dalla facoltà concessa dall'art. 47 al governo del re di emanare le norme eventualmente occorrenti a completamento e per l'esecuzione della legge, nonché per il suo coordinamento con le altre leggi dello stato. In verità, tale norma non sembra giustificare la grave restrizione recata dal regolamento al principio della legge; ma è da prevedere che la stessa non darà luogo per ora a gravi controversie, perché ancora il sistema ipotecario sull'aeromobile non è entrato nelle nostre costumanze giuridiche, e il relativo ordinamento legislativo è fra quelli che hanno, forse, precorso i bisogni pratici.
Il regolamento aggiunge particolari norme circa la richiesta di iscrizioni ipotecarie; la responsabilità del funzionario, delegato al servizio dell'ipoteca aeronautica, e per l'iscrizione dell'ipoteca nel certificato d'immatricolazione dell'aeromobile. Aggiunge, infine, nell'art. 270, che, nel caso in cui un aeromobile sia distrutto, l'ipoteca è esercitata sopra la somma dovuta dall'istituto assicuratore.
L'ipoteca assicura il diritto di prelazione al creditore secondo le norme del codice civile. Ma sull'ipoteca hanno priorità (art. 9 legge) i seguenti crediti privilegiati: a) i crediti dello stato per imposte, tasse e pene pecuniarie; b) i crediti per le spese di giustizia; c) i crediti per l'assicurazione del personale, per i danni alle persone viaggianti o sottostanti; d) i crediti per risarcimento di danni da gettito e da approdo (va notato che i crediti dello stato per le spese di giustizia qui hanno privilegio, anziché costituire oggetto di ipoteca legale, a norma dell'art. 1969 cod. civ.).
Diritto doganale aeronautico. - I trasporti aerei sembravano difficilmente controllabili dal punto di vista doganale. Invece, il regolamento doganale aeronautico è sorto contemporaneamente alle prime norme relative all'aeronavigazione. Esso si fonda su due principî essenziali:
a) che ogni aeromobile, sia straniero sia italiano, proveniente dall'estero o diretto all'estero, deve discendere e partire da uno degli aeroporti doganali stabiliti, per il compimento dei riscontri e delle operazioni doganali, salvo eccezioni che potranno disporsi dal Ministero dell'aeronautica di concerto con quello delle finanze;
b) che ogni aeromobile deve avere a bordo il manifesto doganale, che deve essere presentato prima della partenza all'autorità di finanza a ciò delegata.
Allo scopo di rendere pratica la prima norma, sono stati fissati, come si è visto, i punti di confine che possono essere attraversati dall'aeromobile all'entrata o all'uscita dal regno (art. 22 legge). Quando, in caso di forza maggiore, che dovrà essere debitamente giustificato, un aeromobile attraversa il confine in un punto diverso da quelli prescritti, dovrà atterrare nell'aeroporto doganale più vicino situato sulla sua rotta. Anche in caso di approdo forzato fuori degli aeroporti doganali, il comandante dell'aeromobile deve denunciare al più presto l'avvenuto atterramento all'autorità governativa, la quale, se non sia quella finanziaria, dovrà darne partecipazione a quest'ultima (art. 23 legge). Il personale di bordo è tenuto, a sua volta, a conformarsi alle disposizioni doganali. Più rigoroso è l'obbligo per i comandanti, i quali, per gl'inadempimenti doganali, assumono la responsabilità dei vettori. Le operazioni richieste per i viaggiatori, i loro bagagli e le merci trasportate per via aerea sono da compiere secondo le disposizioni della legge doganale, applicando per lo scarico, il carico e la dichiarazione delle merci le stesse disposizioni relative alle merci arrivate o spedite per via di terra (art. 24 della legge). L'inosservanza delle disposizioni sopra menzionate fa considerare le merci estere che vengono asportate dai luoghi di approdo degli aeromobili, e quelle nazionali che siano caricate su aeromobili in partenza per l'estero, quali merci di contrabbando. Del pari, sono considerati di contrabbando gli aeromobili con i loro carichi provenienti dall'estero, che siano atterrati fuori degli aeroporti doganali, quando l'atterramento non sia stato denunziato all'autorità competente.
Circa l'altro elemento essenziale dell'ordinamento doganale aeronautico, e cioè il manifesto doganale, il regolamento (art. 37) prescrive tutte le indicazioni che deve contenere: ove ne manchi anche una sola, il manifesto si considera come non esistente. I successivi articoli fissano una serie di norme particolareggiate per tutte le operazioni doganali da eseguirsi negli aeroporti, sia per la partenza, sia per l'arrivo di un aeromobile, tanto nazionale quanto straniero. Il funzionamento degli uffici doganali negli aeroporti è una parte essenziale della vita degli stessi. Ed è perciò che, specie nel regolamento, l'ordinamento degli aeroporti sembra preordinato soprattutto alle esigenze doganali.
Importazione ed esportazione di aeromobili. - Gli aeromobili provenienti dall'estero, che approdano nel territorio dello stato per ripartire con destinazione per l'estero, sono ammessi alla temporanea importazione, insieme con tutti i loro attrezzi e le provviste per il viaggio. È pure ammessa l'esportazione temporanea degli aeromobili nazionali che vanno all'estero e che ritornano con persone e merci.
Per l'esportazione e l'importazione temporanea degli aeromobili sono in massima applicabili le disposizioni doganali per l'importazione e l'esportazione degli automobili. La temporanea importazione nel regno e nelle colonie degli aeromobili da turismo e delle loro parti ed accessorî a bordo è effettuata a mezzo del carnet de passage en douane, rilasciato dalla Federazione aeronautica internazionale e, per essa, dall'ente federato dello stato dal quale proviene l'aeromobile. Il Ministero delle finanze stabilisce le norme particolari per tali operazioni.
Diritto fiscale aeronautico. - Non esiste un vero diritto fiscale aeronautico; ma generalmente s'intende con questo nome il sistema delle tasse di approdo e delle tasse di partenza degli aeromobili negli aeroporti statali o privati. Esistono, inoltre, le tasse di ricovero per la permanenza dell'aeromobile nell'aeroporto. Per le une e per le altre sono anche autorizzate particolari forme di abbonamento (artt. 20-33 reg.).
Il r. decr. legge 23 ottobre 1927, n. 2323, ha voluto, poi, venire in aiuto dell'industria aeronautica e tener conto della forte alea che accompagna ogni iniziativa d'impianto di linee aeree. Erano già state concesse esenzioni doganali ai combustibili, lubrificanti e alle altre provviste che si trovano a bordo degli aeromobili che approdano nel territorio del regno, in quanto occorrono per la continuazione e ripresa del viaggio (art. 25 della legge aeronautica). La nuova legge accorda alle società nazionali, esclusivamente assuntrici di linee commerciali aeree, l'esenzione dai dazî doganali, dai dazî di consumo e dai diritti di vendita sui carburanti e lubrificanti destinati al funzionamento degli aeromobili impiegati per l'esercizio di tali linee. La concessione è fatta per la durata di dieci anni. Il Ministero può aggiungervi l'esenzione doganale per il materiale di volo (aeromobili, motori, ecc.), che le dette società dovessero importare dall'estero. È altresì concesso a favore delle stesse: a) la riduzione al quarto della misura normale della tassa di negoziazione; b) la esenzione dalle tasse di bollo per le convenzioni relative all'esercizio delle linee e per tutti gli atti inerenti ad esso. La tassa di registro è applicata nella misura fissa minima.
La guerra e il diritto aeronautico. - Lo stato di guerra modifica radicalmente il diritto dell'aeronavigazione. Essa non rimane più libera sui territorî degli stati belligeranti. Il transito degli aeromobili appartenenti agli stessi stati è soggetto alle debite restrizioni anche sul territorio degli stati neutri. Non è il caso in questa voce di occuparsi delle condizioni giuridiche che sorgono dalla dichiarazione di guerra. Basta qui ricordare la convenzione di Washington del 4 febbraio 1922, che stabilisce interessanti norme sulla conversione delle aeronavi civili in militari e viceversa; circa i limiti per il bombardamento da parte dell'aeronave; circa la zona neutralizzata intorno ai monumenti; circa gli obblighi rispettivi dei belligeranti e dei neutrali per quanto concerne le navi porta-aerei; circa la cattura degli aeromobili privati neutrali; circa la capacità degli aeromobili di tenere il blocco nelle attuali condizioni della guerra aerea; circa il diritto di visita degli aeromobili belligeranti su navi mercantili neutrali. Tali argomenti meritano speciali trattazioni.
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