AERONAUTICA
(I, p. 594; App. I, p. 32; II, I, p. 34; III, I, p. 28; IV, I, p. 41)
Industria aeronautica. − Durante il quindicennio 1973-88 il notevole incremento del traffico commerciale, specialmente su lunghe tratte, ha spinto le industrie aeronautiche alla realizzazione di velivoli con elevate autonomie e forti carichi paganti: vanno per es. ricordate le ultime versioni del Boeing 747, in grado di accogliere 495 passeggeri con autonomie superiori ai 10.000 km.
La tendenza, in campo militare, a ottimizzare le caratteristiche operative al fine di raggiungere la supremazia aerea, costringe le industrie a realizzare aerei con prestazioni sempre più spinte. Non bisogna tra l'altro dimenticare la funzione trainante esercitata dallo sviluppo dell'astronautica e la crescente labilità tra i confini dell'industria aeronautica e di quella spaziale.
I finanziamenti erogati per molte ricerche nel campo aeronautico sono stati incoraggiati fino a poco tempo fa anche dalla situazione politica mondiale che favoriva i programmi di difesa spaziali: è di questo periodo lo sviluppo dello Shuttle che, pur operando in condizioni extraatmosferiche e necessitando di un razzo vettore che lo trasporti fuori dell'atmosfera, comincia a somigliare a un aeroplano tradizionale ed è in grado di affrontare un rientro atmosferico e un normale atterraggio.
L'industria aeronautica continua e intensifica il processo di collaborazione internazionale della produzione, già intrapreso negli anni Settanta: soprattutto in Europa è frequentissimo il caso di consorzi tra industrie di paesi diversi al fine di suddividere le spese e i rischi connessi alla progettazione e alla costruzione di velivoli avanzati: ricordiamo il caso dell'EFA (European Fighter Aircraft), un caccia da superiorità tattica per gli anni 2000, e il consorzio Eurofar per lo sviluppo del convertiplano europeo.
Negli anni Ottanta vengono intrapresi nuovi progetti e approfonditi programmi in passato accantonati per motivi diversi. È il caso del velivolo da trasporto commerciale ipersonico, in fase di studio negli Stati Uniti, operante a un Mach di crociera di circa 5,5, a una quota di circa 30.000 m, battezzato Orient Express perché ne è previsto l'impiego sulle rotte transpacifiche; esso monterà probabilmente dei turbostatoreattori, propulsori formati dall'accoppiamento di un turboreattore (motore adatto sino a velocità corrispondenti a Mach 3) con un autoreattore, o statoreattore, caratterizzato da buone prestazioni a numeri di Mach superiori. L'Orient Express, che dovrebbe divenire operativo entro il prossimo trentennio − salvo soppressioni o modifiche del programma − trasporterà 305 passeggeri su tratte del tipo New York-Sidney in circa due ore e mezza.
Costruzioni aeronautiche. − Per ciò che riguarda l'aspetto tecnologico e scientifico, è da evidenziare che alle discipline tradizionali, quali per es. la meccanica dei fluidi e la teoria delle strutture, si sono aggiunte e hanno assunto ruoli primari altre discipline legate al grande sviluppo dell'elettronica e dell'informatica. È il caso dell'avionica, che nell'ultimo quindicennio ha prodotto strumentazioni di bordo sempre più sofisticate, strumenti di tipo integrato assistiti dall'elaboratore: si ricordano per es. gli EFIS (Electronic Flight Instrument Systems), piccoli schermi a raggi catodici che riproducono immagini degli strumenti e proiettano le informazioni necessarie a una corretta condotta del volo; lo HUD (Head-Up Display), monitor trasparente posto in alto di fronte al pilota, anch'esso preposto alle trasmissioni di dati sul volo.
Il maggior progresso tecnologico in tale settore è comunque il sistema fly by wire che, dapprima installato su velivoli militari, comincia a trovare applicazioni anche su macchine civili: è il caso dell'Airbus A320 (v. aeromobile, in questa App.), il primo aereo occidentale da trasporto civile con comandi al 100% di tipo FBW: in pratica, tutto il funzionamento del velivolo è controllato da sette elaboratori collegati in parallelo, che si distribuiscono i compiti automaticamente e operano un continuo confronto dei rispettivi dati.
Il velivolo è stato altresì progettato con stabilità statica neutra, soluzione che ha consentito una sostanziale riduzione della resistenza aerodinamica e del peso. Il criterio di progettare velivoli intrinsecamente instabili, o a stabilità neutra, e di stabilizzarli artificialmente con l'azionamento di una o più superfici di controllo (velivoli a configurazione controllata: CCV) comincia a riscuotere sempre maggiori consensi, soprattutto in campo militare. Gli unici comandi meccanici disponibili sull'Airbus A320 sono il timone e le manopole di regolazione longitudinale (tailplane trims) disposte al centro della consolle. Il beccheggio e il rollio, comandati da ogni pilota per mezzo di una piccola cloche posta lateralmente, sono controllati dal computer n. 2 che gestisce le funzioni di comando dell'elevatore e degli alettoni (ELAC2), mentre il gemello ELAC1 e due dei tre elaboratori incaricati del controllo degli spoilers e dell'elevatore rivestono il ruolo di sorveglianza. L'ELAC1 è pronto a subentrare all'istante nelle stesse funzioni, mentre i due SEC hanno un certo periodo transitorio durante il quale entra in funzione un sistema automatico di protezione che permette comunque la continuità delle operazioni di volo. Il sistema è completato da due FAC (Flight Augmentation Computers), incaricati di coordinare i comandi sull'asse d'imbardata. Oltre a consentire un'apprezzabile riduzione della superficie alare e quindi della resistenza aerodinamica complessiva e del peso del velivolo, i comandi attivi dell'Airbus A320 hanno il compito di ridurre i carichi indotti sull'ala dalle forze aerodinamiche e di accelerazione, utilizzando i due elementi estremi degli spoilers e degli alettoni. Questa funzione è disponibile a velocità superiori ai 370 km/h e produce effetti sensibili al di sopra di un fattore di carico di 1,3 g.
In ogni caso, il suddetto sistema di controllo fly by wire non consente al pilota di portare l'aeroplano al di fuori dell'inviluppo di volo protetto, caratteristica che lo rende interessante soprattutto per la sicurezza. Per es., anche se il pilota tira indietro al massimo la piccola barra laterale di comando, il velivolo non andrà mai in assetti di stallo.
La tecnologia dei controlli attivi, che solo recentemente ha trovato applicazione in a., apre nuove frontiere sia in campo strutturale e aerodinamico che in acustica. Le recenti normative sul rispetto dell'ambiente in materia di rumore obbligano i costruttori ad attenersi alle normative contenute nel FAR (Federal Aviation Regulations), par. 36, e a non superare gli standard prescritti, particolarmente rigidi soprattutto per quanto attiene al disturbo esterno. Cominciano così a essere costruiti motori a getto muniti di prese d'aria di nuovo disegno ed eliche dotate di pale di nuova geometria.
Il livello di comfort acustico degli aeroplani da trasporto commerciale viene migliorato prevedendo accorgimenti strutturali e con recenti tecniche di controllo attivo (per es. emissione di onde di intensità e frequenza tali da annullare l'effetto dell'onda sonora di disturbo).
Le novità in campo aerodinamico sono legate prevalentemente allo sviluppo dell'aerodinamica di tipo computazionale: sono stati realizzati codici di calcolo in grado di prevedere con estrema affidabilità il campo di moto intorno a corpi di varia geometria: ali, corpi fusiformi, velivoli completi. Tali progressi consentono oggi di definire, già in fase di progetto preliminare, le configurazioni migliori dal punto di vista aerodinamico, limitando l'attività di sperimentazione in galleria del vento che rimane comunque strumento irrinunciabile.
Gli sforzi compiuti in questo campo negli ultimi quindici anni sono stati indirizzati principalmente alla riduzione della resistenza, soprattutto quella 'di profilo' e 'indotta'.
Particolare attenzione è stata rivolta al disegno di profili alari per applicazioni in opportuni campi di velocità che, attraverso il controllo dei gradienti di pressione sulle superfici dorsali e ventrali, consentono il raggiungimento e il mantenimento di ampio deflusso laminare all'interno dello strato limite (profili NLF: Natural Laminar Flow, e profili LFC: Laminar Flow Control). La tendenza attuale è addirittura di personalizzare il profilo in base all'impiego previsto (geometria dell'ala, numero di Reynolds e di Mach di utilizzazione, livello di finitura superficiale), modificando profili esistenti o creandone di nuovi mediante il computer.
Gli studi volti alla riduzione della resistenza indotta, provocata dallo sviluppo di vortici liberi alle estremità delle ali, hanno condotto alla realizza zione di alette di estremità, o winglets (fig. 1), di forme più svariate, che ne gli ultimi anni hanno trovato applicazione piuttosto estesa e di cui è preve dibile un diffuso impiego. L'effetto più significativo delle winglets sul campo aerodinamico generato dall'ala è una modifica del flusso intorno all'estremità dell'ala, volto a creare ulteriori azioni portanti su di essa: provocando una diffusione dei vortici si causa infatti una diminuzione dell'energia connessa.
Le ricerche in campo aerodinamico nel trascorso quindicennio hanno altresì condotto all'applicazione di concetti nuovi o alla revisione critica di vecchi principi: è il caso, per es., dell'ala a freccia in avanti (o a freccia negativa), sperimentata sul dimostratore tecnologico X29 della Grumman. Tale soluzione mostra tra l'altro un buon comportamento allo stallo, che s'innesca alla radice dell'ala anziché all'estremità e progredisce gradualmente conservando efficacia agli alettoni, con conseguente controllo laterale dell'aeroplano anche ad assetti critici. Il comportamento dell'ala esalta le qualità del profilo, supercritico al fine di attenuare l'intensità delle onde d'urto e contenere l'aumento della resistenza in regime transonico.
La difficoltà di abbinare a un'ala di questo tipo un piano di coda ha costretto a optare per un'architettura di tipo canard, soluzione risultata felice: il downwash a valle del canard riduce l'incidenza relativa nella parte centrale dell'ala, ritardando l'insorgere dello stallo proprio nella zona dove esso inizierebbe a formarsi. L'introduzione di un piccolo tratto di freccia positiva alla radice dell'ala contrasta la tendenza eccessiva a concentrare gli effetti dello stallo in prossimità della fusoliera. Il rischio di fenomeni aeroelastici (flutters, in particolare), che l'ala a freccia negativa è più incline a sviluppare rispetto a un'ala a freccia positiva, è stato superato irrigidendone la struttura ma senza penalizzazioni di peso, ricorrendo a schemi costruttivi in fibre di carbonio opportunamente orientate.
Meritano attenzione anche gli studi compiuti dalla NASA su un'ala a curvatura variabile in volo, installata sul dimostratore AFI/F111 (Advanced Fighter Integration), dotato tra l'altro di sistema di controllo completamente automatico. Il profilo dell'ala (fig. 2) può essere posto nelle configurazioni di:
− alta portanza, caratterizzata da curvatura massima con i flaps di bordo d'attacco e d'uscita, flessibili, piegati verso il basso (a);
− manovra, con curvatura minore (b);
− volo subsonico, con geometria supercritica (c);
− penetrazione supersonica, ottenuta con entrambi i flaps a deflezione zero (d).
La tecnologia dell'ala adattativa, tuttora in corso di sperimentazione e integrazione con il sistema di controllo automatico, consente riduzioni di resistenza aerodinamica in un ampio intervallo di velocità, miglioramenti nelle prestazioni di virata, estensioni dell'inviluppo di volo con superfici portanti più sottili o più leggere. Le prospettive di sviluppo appaiono confortanti, anche se forse limitate ad applicazioni militari.
Materiali aeronautici. − Il quindicennio 1973-88 ha visto la comparsa e la rapida affermazione dei materiali compositi. Impiegati in un primo momento soltanto per componenti strutturali secondari (superfici di controllo, gondole, portelloni), essi hanno poi trovato estensiva applicazione anche per parti di velivolo notevolmente sollecitate, quali fusoliere, ali, impennaggi.
Materiali compositi a base di fibre di carbonio (kevlar, nomex, ecc.) sono oggi di uso corrente sia in campo militare che in campo civile: essi abbinano ad apprezzabili vantaggi ponderali caratteristiche meccaniche e di lavorabilità confrontabili o superiori a quelle offerte dai materiali tradizionali e inoltre possono vantare tecnologie in continua espansione e prospettive di costo sempre più incoraggianti. L'adozione di tali materiali su alcuni aviogetti civili ha consentito riduzioni nel peso a vuoto di circa il 15%, aliquota ancora maggiore su aeroplani caratterizzati da architetture atipiche.
Nel campo dei materiali metallici citiamo le leghe di alluminio-litio che, grazie al ridotto peso specifico del litio (0,53 kg/dm3), risultano più leggere delle classiche leghe di alluminio e offrono superiori qualità meccaniche, unite però a costi decisamente elevati.
Propulsori. − Le soluzioni espresse in materia di propulsori, in particolare dei turbofans, tendono all'incremento del rendimento globale attuato attraverso il miglioramento dei rendimenti termici e di quelli propulsivi.
Sono stati pertanto notevolmente accresciuti i rapporti di compressione e le temperature d'ingresso dei gas in turbina: i più recenti esemplari raggiungono rapporti di compressione di 40:1 e temperature di 1450 °C, condizioni limite per le attuali soluzioni strutturali e tecnologiche. Anche gli attuali valori del tasso di diluizione (sino a 8 a 1 dei General Electric TF39, installati sul Lockeed C5 Galaxy) sembrano difficilmente superabili, attesi i limiti imposti dalle condizioni di efficienza e d'ingombro del fan.
Il ritorno all'elica, sistema propulsivo col miglior rendimento, è parso pertanto irrinunciabile: è nato quindi il propfan, caratterizzato dall'assenza di carenatura attorno alla ventola e dal nuovo disegno delle pale, i cui primi studi risalgono non a caso al 1973, periodo dell'embargo petrolifero.
Il propfan (nome coniato nel 1975 dalla Hamilton che affiancò la NASA nella messa a punto del progetto aerodinamico delle pale) ha più pale di un'elica convenzionale per evitare l'adozione di diametri inaccettabili alle potenze elevate; le pale hanno profilo supercritico, sì da controllare la posizione e l'intensità dell'onda d'urto e conservare valori elevati dell'efficienza; l'angolo di freccia è variabile lungo l'apertura, massimo all'estremità dove le velocità sono più elevate. Tali accorgimenti conferiscono al nuovo propulsore un rendimento accettabile sino a Mach 0,85, lì dove le eliche tradizionali, per i noti problemi di compressibilità, risultano limitate a Mach 0,7 circa (fig. 3).
Il rendimento propulsivo del propfanrisulta caratterizzato da rapporti di diluizione di gran lunga più elevati rispetto ai motori turbofan (dell'ordine di 30 ÷ 40) ed è alquanto superiore a quello espresso dai più recenti turbofans, con consumi ridotti del 35 ÷ 40%. Sulla falsariga dello schema originario sono state scelte di recente due soluzioni abbastanza diverse, anche se entrambe utilizzano sostanzialmente una doppia ventola controrotante.
La prima, impostata nel 1980 dalla General Electric, è denominata unducted fan ed è caratterizzata da un generatore di gas a monte e da una sezione propulsiva a valle, consistente in due ventole controrotanti mosse direttamente da due turbine libere controrotanti alloggiate nel mozzo. Tale scelta evita l'inserimento di un riduttore tra turbine ed eliche, componente critico viste le potenze in gioco. Le pale risultano di lunghezza ridotta ma in numero maggiore (8 ÷ 10).
La seconda soluzione è stata proposta dalla Allison e dalla Pratt & Whitney e utilizza un propulsore con turboalbero, con turbina di potenza a quattro stadi ruotante a 9500 giri/min, collegata a un riduttore in grado di far ruotare le ventole controrotanti (a sei pale) a 1550 giri/min: esso si presta a essere 'rovesciato' e posto con le eliche in assetto traente, a monte della gondola. Ne risulta un propulsore con possibilità d'installazione subalare, che tra l'altro non provoca problemi di surriscaldamento alla radice delle pale a causa dei gas di scarico, inconveniente manifestatosi sulle configurazioni spingenti. L'elemento critico di questo motore è però il riduttore, preposto alla trasmissione di potenze dell'ordine dei 20.400 kW, con rendimenti prossimi all'unità: l'affidabilità di tale componente si pone quindi come elemento condizionante per il successo e lo sviluppo di tale configurazione. Le case costruttrici continuano a essere tuttora impegnate in lunghe fasi di sperimentazione al banco,con l'obiettivo di pervenire a una vita media di circa 30.000 ore, corrispondenti a circa dieci anni di attività.
Ambedue le versioni del propfan, ormai in avanzata fase di sperimentazione al banco e in volo, sembravano in lizza per la rimotorizzazione di velivoli già esistenti e per la motorizzazione di una nuova generazione di aeroplani da trasporto prevista nel prossimo decennio e caratterizzata da una capienza di 100 ÷ 150 posti. Il continuo progresso del turbofan ha però sminuito l'importanza del propfan e imposto un rallentamento al suo sviluppo.
Un record aeronautico. − Degna di citazione per l'evoluzione dell'a. degli ultimi quindici anni e, in prospettiva più ampia, per la storia dell'aviazione è l'impresa compiuta da D. Rutan e D. Yeager: il giro del mondo senza rifornimento e senza scalo. Il record, stabilito nei giorni 14-23 dicembre 1986, è stato ottenuto con un aereo (il Voyager, fig. 4) concepito ad hoc da B. Rutan: decollato e atterrato sulla base americana di Edwards, ha coperto i 40.212 km del percorso in 9 giorni, 3 minuti, 44 secondi, corrispondenti a una velocità media di 196,5 km/h (fig. 5).
Costruito impiegando tessuti in fibre di carbonio e grafite preimpregnati di resine epossidiche e incollati su sottili pannelli a nido d'ape, il Voyager ha consentito l'imbarco di 3956 kg di carburante, per un peso massimo al decollo di 5142 kg, corrispondenti a un rapporto carico utile/peso al decollo dell'83%, impensabile senza l'utilizzo massiccio di materiali compositi.
Le caratteristiche del velivolo evidenziano la spinta finalizzazione alla massima autonomia: apertura alare pari a 33,7 m, allungamento alare 33,8, fusoliera di sezione circolare di diametro esterno massimo pari a 1 m e di lunghezza pari a 7,74 m; i motori, alternativi e di derivazione automobilistica, sono posti nella zona anteriore e posteriore della fusoliera ed erogano rispettivamente 97 e 82 kW; le eliche, a due pale, sono pertanto poste nell'ordine in assetto traente e in assetto spingente.
Bibl.: v. aeromobile, in questa Appendice.
L'industria aeronautica in Italia. - La nascita dell'industria aeronautica italiana può essere collocata negli anni precedenti la prima guerra mondiale, anche se è dal 1915 che inizia la produzione di velivoli da parte di grandi gruppi industriali (Fiat e Piaggio). Inizia anche in quegli anni l'attività della SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia), mentre altre aziende fondate qualche anno prima (Macchi e Caproni) incrementano le proprie attività produttive.
Gli anni di massima espansione si collocano a cavallo della seconda guerra mondiale, il cui termine comporta l'arresto quasi totale della produzione aeronautica italiana. L'occupazione nel settore, dopo aver raggiunto le 150.000 unità nel 1942, cala drasticamente alla fine della guerra a sole 5000 unità. Non appena le condizioni del trattato di pace lo permettono, le maggiori industrie italiane del settore, che erano riuscite a conservare un minimo di capacità tecnica e produttiva, riprendono la produzione soprattutto di velivoli militari.
Particolarmente importanti per il successivo sviluppo dell'industria italiana sono gli anni che vanno dal 1954 al 1960; in quel periodo, infatti, si pongono le basi su cui ancora oggi è fondata la struttura del settore. Basti ricordare l'inserimento nei grandi programmi militari NATO per la realizzazione di velivoli da combattimento, la progettazione e costruzione autonoma di aerei addestratori e di velivoli da attacco leggeri, la nascita, infine, dell'attività elicotteristica con prodotti costruiti su licenza degli Stati Uniti. Gli anni Settanta si caratterizzano per il massiccio ingresso nel settore aeronautico del capitale pubblico: mentre nel 1971 meno di un quarto dell'attività aeronautica era controllata da capitale pubblico, cinque anni dopo la proporzione tra capitale privato e pubblico si rovescia con gli enti delle Partecipazioni Statali che fanno il loro ingresso nelle aziende più rappresentative del settore: Aeritalia e Augusta.
Gli anni Ottanta si aprono con una sostanziale riduzione del numero di aziende produttrici a seguito di raggruppamenti e di cessioni di pacchetti azionari. Nonostante lo sfavorevole andamento dell'economia mondiale nei primi anni del decennio, il settore aeronautico continua a manifestare sintomi di vitalità sino a tutto il 1982.
Il fatturato del settore (vedi tab.), che aveva raggiunto nel 1980 i 1500 miliardi di lire a prezzi correnti (corrispondenti a circa lo 0,4% del prodotto interno lordo italiano), cresce in termini reali del 23,5% nel 1981 e del 13,1% nel 1982. Anche le esportazioni crescono a ritmo accentuato e in misura superiore alle importazioni; il rapporto tra esportazioni e importazioni, infatti, passa da un valore di 1,86 nel 1980 a 2,75 nel 1982. L'occupazione, che nel 1980 ammontava a 40.700 unità (pari allo 0,5% del totale degli occupati nel settore industriale) raggiunge nel 1982 le 42.600 unità. In aumento risulta anche la quota di occupazione localizzata nelle regioni meridionali: mentre all'inizio del decennio circa il 39% dell'occupazione apparteneva a stabilimenti ubicati nelle regioni del Mezzogiorno, nel 1982 la quota era salita al 41%. La preferenza delle aziende aeronautiche per localizzazioni in ambienti a clima caldo (una caratteristica comune anche nel resto del mondo) è motivata dal fatto che le favorevoli condizioni climatiche rendono possibili i collaudi in volo per gran parte dell'anno.
Collegata al periodo di avvio dei nuovi programmi di ricerca e industrializzazione dei prodotti, la spesa per investimenti denota, nei primi anni Ottanta, un andamento altalenante passando dai 150 miliardi di lire nel 1980 ai 370 del 1981 e ai 270 del 1982. In termini di fatturato e di addetti l'industria aeronautica italiana si pone stabilmente nella quarta posizione in Europa, dietro Gran Bretagna, Francia e Germania Federale, anche se il fatturato totale italiano risulta in valore assoluto molto inferiore a quello degli altri paesi, rappresentando solo il 6% del totale CEE a fronte di quote del 38,9%, 35,1%, 15,9% rispettivamente per Gran Bretagna, Francia e Germania.
Il sottodimensionamento dell'industria aeronautica italiana si rileva anche dalle graduatorie pubblicate annualmente dalla Commissione delle Comunità Europee. La maggior azienda italiana (Aeritalia) occupa, all'inizio degli anni Ottanta, la ventitreesima posizione mondiale preceduta da ben altre 9 aziende europee. Tra le prime 40 aziende aeronautiche del mondo le europee sono 22, ma quelle italiane solo quattro. E ancora, a livello CEE le prime cinque aziende aeronautiche (British Aerospace, Aérospatiale, Rolls Royce, MBB e Dassault) realizzano da sole circa il 60% del fatturato complessivo europeo del settore. In complesso l'intera industria aeronautica italiana denota dimensioni simili a quelle di un'azienda medio-grande di livello internazionale. In Europa la francese Aérospatiale aveva 37.000 addetti, la Rolls-Royce oltre 48.000, la tedesca MBB oltre 36.000 e la British Aerospace ben 78.000; ancora maggiori le dimensioni e la potenza delle aziende americane: Boeing, McDonnell, Lockeed, Northrop, ecc.
È proprio nei primi anni Ottanta che si comincia a parlare in Italia del problema aeronautico. Fino a quell'anno aveva infatti funzionato nei fatti una suddivisione di attività fra le aziende aeronautiche dell'IRI e quelle dell'EFIM, che sostanzialmente corrispondeva alla proposta fatta nel 1978 dalla Commissione di Studio per la riorganizzazione del settore aeronautico a par tecipazione statale (conosciuta come Commissione Rebecchini dal nome del suo presidente). Nella relazione conclusiva della Commissione ci si esprimeva a favore del mantenimento dei due gruppi esistenti (Augusta-EFIM e Aeritalia-IRI) definendone anche i rispettivi campi di attività. In particolare veniva sancito che i grandi programmi e i grandi aeroplani, destinati prevalentemente alle nostre Forze Armate e alla NATO, erano il campo di attività dell'IRI-Aeritalia, mentre gli elicotteri e gli aeroplani di peso inferiore alle 5 tonnellate, con un mercato internazionale, erano invece il campo di attività dell'EFIM (Augusta-SIAI). Dal 1981 in poi questa situazione di coesistenza pacifica si tramuta in una situazione conflittuale con aspre polemiche (più o meno giustificate) su presunte sovrapposizioni e ''doppioni'' soprattutto nel campo degli aerei addestratori: si comincia quindi a parlare di polo aeronautico nazionale quale momento di coordinamento in un unico disegno strategico delle produzioni nazionali. A contrastare tale progetto sono intervenuti notevoli problemi di accorpamento proprietario e gestionale, che non hanno permesso la costituzione del polo.
Dal 1983 e sino al 1985 l'industria aeronautica italiana conosce un certo rallentamento nei ritmi di sviluppo. Dal quadro complessivo emerge per la prima volta nel 1983 una flessione del settore, anche se in termini molto contenuti; preoccupano, in particolare, la diminuzione dell'occupazione (calata in termini assoluti di circa 200 unità) e un connesso rallentamento nello sviluppo del fatturato (cresciuto in termini reali dell'8,3% contro il 13,1% dell'anno precedente). Quest'ultimo subisce addirittura una riduzione del 2% in termini reali nel corso del 1984.
Il 1985 può considerarsi un anno di attesa nel quale, grazie anche alla maggiore attenzione da parte politica per le problematiche del settore, si attenua il pericolo dell'inversione di tendenza paventato nel corso del 1984. Nel dicembre del 1985, infatti, viene approvata la cosiddetta ''legge aeronautica'' che pone le industrie italiane del settore in condizione più adeguata rispetto alla posizione di industrie di altri paesi europei in materia di collaborazioni internazionali.
Grazie al favorevole andamento dell'economia mondiale gli anni dal 1985 al 1989 possono considerarsi abbastanza positivi per l'industria aeronautica italiana. Il fatturato torna ad aumentare a ritmi via via crescenti, come pure l'occupazione. L'unica nota negativa del periodo dal 1985 al 1988 è il trend negativo nella dinamica delle esportazioni. La loro incidenza sul fatturato a partire dal 1980 risulta in via di costante diminuzione; si passa dal 60% del 1980 (a fronte di quote pari al 35÷40% nel caso degli altri maggiori produttori europei) al 37% del 1989. Nonostante ciò e considerando anche che l'Italia non produce grandi aerei da trasporto civili, il saldo tra importazioni ed esportazioni si è sempre mantenuto positivo nel periodo, pur se con oscillazioni notevoli.
In un contesto di progressiva perdita di competitività nei confronti dei concorrenti esteri l'andamento del settore diviene sempre più sensibile all'evoluzione della domanda pubblica interna. Il ruolo svolto dall'operatore pubblico risulta, infatti, estremamente rilevante non solo in termini di sostegno alla domanda (data in ogni caso la limitatezza del mercato interno), ma soprattutto in relazione alla necessità di un potenziamento delle risorse destinate alla ricerca. Il livello degli investimenti e l'elevato rischio che caratterizzano i programmi di ricerca necessari al continuo miglioramento degli standard tecnologici sono, di fatto, al di sopra delle possibilità delle singole industrie nazionali e spesso anche dei singoli paesi. Lo stesso programma finalizzato per l'aeronautica − approvato dal CIPI nel maggio 1981 e recepito nel Piano governativo a medio termine 1982-84 − stabilisce, tra l'altro, che il ruolo dell'operatore pubblico andrà esercitato soprattutto attraverso il sostegno all'attività di ricerca e di sviluppo. Nella medesima direzione ci si era già mossi in precedenza con la proposta di realizzare un Centro Italiano di Ricerca Aerospaziale (CIRA); tale iniziativa, però, a distanza di quasi vent'anni dalla sua proposizione, non è stata ancora attuata completamente a causa di ritardi nell'approvazione della normativa legislativa. E questo è tanto più grave in quanto le produzioni aeronautiche rientrano tra quelle attività che più qualificano il livello tecnologico di un paese industrializzato. Tale caratteristica si esplicita sia nel fatto che oltre il 18% dell'occupazione nel settore è costituito da addetti alla ricerca e sviluppo e circa il 50% da impiegati e dirigenti, sia nel fatto che il valore aggiunto è pari a circa il 50% del valore della produzione, il che riflette appunto l'alto valore tecnologico dei beni prodotti.
Unitamente all'elevato grado di internazionalizzazione, ciò rende di interesse strategico lo sviluppo del settore. Inoltre è da tener presente che nell'ambito delle attività aeronautiche il peso più rilevante è detenuto dalla costruzione di velivoli militari, un settore ritenuto strategico e nel quale anche i paesi più piccoli cercano di essere autonomi.
L'industria aeronautica italiana è suddivisa in due parti: la prima si occupa quasi esclusivamente delle forniture per le Forze Armate italiane e della NATO producendo essenzialmente aeroplani militari da combattimento e da trasporto; la seconda produce aeroplani di minor tonnellaggio, prevalentemente per addestramento militare ma anche per uso generale civile, destinati al mercato internazionale, in cui la concorrenza con gli altri paesi è molto forte.
Una delle peculiarità dell'industria areonautica italiana, rispetto agli altri paesi, è data dal sovradimensionamento del settore elicotteristico e di quello per la produzione di cellule aeronautiche rispetto ai propulsori e agli equipaggiamenti. Gran parte della produzione elicotteristica è destinata all'estero, in quanto il mercato civile interno ha in Italia dimensioni abbastanza modeste, solo di poche unità all'anno. In complesso nel nostro paese operano poco più di un centinaio di elicotteri civili per la massima parte di fabbricazione estera (soprattutto francese). In generale, però, l'intero mercato elicotteristico mondiale sia militare che civile si trova in una fase di stagnazione. In tale contesto il problema che si pone soprattutto per le aziende italiane è quello di rinnovare le linee di prodotto.
Da questo punto di vista la collaborazione internazionale nel campo tecnico, commerciale e produttivo si rivela una necessità. Negli ultimi vent'anni l'industria areonautica italiana ha partecipato ad alcuni grandi programmi di collaborazione internazionale in ambito NATO. Tra gli accordi internazionali più recenti occorre ricordare: nel campo militare, quello per la realizzazione del velivolo multiruolo Tornado, sviluppato dal consorzio Panavia, in cui l'Italia è presente con una quota del 15%; il velivolo da difesa AMX, concepito per il mercato interno e per quello brasiliano e per il quale le industrie italiane sono capocommessa del programma. Nell'ambito dei velivoli di nuova generazione, l'Italia partecipa, con una quota del 21% nel consorzio Eurofighter, al programma per il futuro velivolo europeo da difesa EFA. L'industria italiana si è inserita con ruoli sempre più qualificati anche nei programmi di collaborazione internazionale con industrie statunitensi, relativi a grandi velivoli commerciali a medio e lungo raggio: B767, MD11, MD80. Per ciò che concerne il traffico di terzo livello, o regionale, l'industria italiana è impegnata, insieme con l'industria francese, nella produzione della famiglia di velivoli ATR (da 30 a 90 posti).
Attualmente, comunque, uno dei problemi principali per le nostre industrie aeronautiche è quello del rinnovamento dei prodotti, in particolare per le aziende che operano nel mercato internazionale. Il problema è particolarmente sentito nel settore elicotteristico, dove sino a qualche anno fa la quasi totalità della produzione avveniva sotto licenza degli Stati Uniti.
Lo scenario in cui si troverà a operare l'industria italiana nel prossimo futuro è caratterizzato da alcuni principali fenomeni. Per quanto concerne soprattutto l'a. civile il primo riguarda i processi di trasformazione e concentrazione, che hanno portato l'industria aeronautica mondiale a essere controllata da pochi grandi gruppi industriali: in particolare, Boeing e McDonnell Douglas, il consorzio Airbus e l'industria sovietica.
Il secondo fenomeno è costituito dalle interessanti opportunità che si aprono, a seguito del continuo sviluppo del traffico aereo, per le attività di trasformazione, revisione e motorizzazione. Le favorevoli prospettive di sviluppo sono dovute alla progressiva obsolescenza dei velivoli di linea, all'evoluzione della struttura della domanda, alla necessità di soddisfare nuovi requisiti internazionali relativi alla riduzione delle emissioni sonore e di scarico. Gli andamenti della domanda di trasporto rendono infine prevedibile la realizzazione di aeroplani supersonici di grande capacità (non meno di 200 passeggeri) e grande autonomia (circa 12.000 km).
Il settore dei velivoli militari, invece, pur permanendo di notevoli dimensioni, sconta l'evoluzione dello scenario internazionale che vede una progressiva riduzione delle spese di difesa. Da un lato, gli orientamenti al disarmo sembrano rendere meno urgente l'investimento di risorse rilevanti nello sviluppo di nuovi modelli; dall'altro, il progresso nelle tecnologie di difesa sta rendendo rapidamente obsoleti gli attuali sistemi d'arma e ne richiede la sostituzione entro la prossima decade per la salvaguardia di soglie minime irrinunciabili di difesa.
Ricco di prospettive, infine, si rivela il settore delle produzioni spaziali in cui, pur a fronte di un netto predominio dell'industria statunitense, l'industria europea è riuscita ad avere affermazioni non piccole attraverso un'attività congiunta, sponsorizzata dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA). In questo settore l'Italia si è mossa in maniera particolarmente accorta: da un lato ha appoggiato l'ESA, ottenendo significativi successi con progetti quali lo Spacelab, i satelliti metereologici e per telecomunicazioni; dall'altro, ha stipulato alcuni accordi diretti con il governo degli Stati Uniti e la NASA, raggiungendo la possibilità di avviare programmi bilaterali.
Bibl.: The structure of European industry, a cura di H. de Jong, Kinderhook (New York) 1981; F. Spairani, A. Venier, Una politica aeronautica per l'Italia. L'industria italiana fra autonomia e collaborazione, Milano 1988.