AEROTECNICA (I, p. 651 e App. I, p. 53)
Il volo risulta generalmente composto di parti acrobatiche specialmente per certi aeroplani militari di impiego particolare (intercettori, caccia, ecc.); è nell'arte di saper intessere i varî tipi di acrobazie che consiste la bravura e l'abilità dei piloti militari. Nella grande varietà di combinazioni di volo acrobatico, due serie si sono particolarmente affermate nei recenti impieghi bellici di questi ultimi anni: il bombardamento in picchiata ed il volo di attacco di siluramento degli aerosiluranti.
Bombardamento in picchiata. - Cresciuta la velocità dei bombardieri, per difendersi con essa dagli attacchi dei velivoli intercettatori, aumentata la quota di volo, per tenersi al di sopra delle cortine di sbarramento dell'artiglieria contraerea, il bombardamento aereo è andato via via diventando sempre più probabilistico e tanto più limitato nel tempo quanto più intenso, dato che il bombardiere ha a sua disposizione un solo istante opportuno per sganciare la bomba (un secondo di indugio, a 720 km/h, produce uno scarto di gittata di circa 200 m.) anche se, in quell'istante, non siano corretti l'assetto e la rotta del velivolo.
È risultata da ciò subito la necessità di passare dalla concezione del bombardamento individuale a quello di massa per ottenere con la regolazione della successione dei lanci delle bombe dai varî apparecchi una distribuzione di esse sul bersaglio con tale fittezza (bombardamento "a tappeto") da determinare, con la legge delle probabilità, la certezza statistica di colpire l'obiettivo ("rose di tiro"). Questo metodo, però, si presenta come il più dispendioso e richiede un calcolo preventivo del rendimento distruttivo fornito dal rapporto fra il costo della distribuzione e l'entità della distruzione prodotta, specialmente riferita al gettito disponibile (volume di esplodenti che può essere lanciato in un certo periodo di tempo) e questo alle disponibilità belliche (produzione, trasporti, ecc.) nazionali.
Al fine, quindi, di elevare questo rendimento distruttivo ed in vista delle difficoltà presentate dal bombardamento in volo orizzontale, si è passati al lancio in volo obliquo per tutta la gamma dei valori dell'inclinazione sotto l'orizzontale fino ad arrivare alla picchiata. Ciò è dovuto al fatto che il velivolo bombardiere deve orientarsi secondo la linea di mira e, quindi, deve scendere in volo obliquo contro il bersaglio. In tale modo si passa dalla dispersione del tiro alla concentrazione di esso; dalla concezione di un tiro di quantità a quello di un tiro di qualità. Quest'ultimo metodo di tiro è stato chiamato a tuffo (picchiatelli, in gergo aviatorio). I velivoli destinati a un tale impiego dispongono di acconci dispositivi a servomotore, per mezzo dei quali il pilota, premendo un pulsante, quando vede una prima volta il bersaglio in un traguardo opportunamente angolato (vedi fig. 1), determinerà nel velivolo una picchiata automatica; egli aggiusterà il tiro durante la traiettoria tesa di picchiata e quando crederà giunto il momento più opportuno, quando cioè vedrà centrato in un secondo traguardo il bersaglio, provocherà, con la pressione di un secondo pulsante, la richiamata automatica durante la quale, ancora automaticamente, verrà sganciata la bomba (o le bombe) con il giusto angolo di elevazione precalcolato in funzione della velocità di discesa e della quota di sgancio. È questo il primo esempio in aeronautica di aggiustamento del tiro.
Questa nuova forma di impiego, che esige lunghe picchiate e raggi di evoluzione molto stretti, richiede da parte del progettista una serie accurata di predisposizioni per ottenere che la velocità di discesa non superi certi limiti oltre i quali, durante la richiamata, il pilota verrebbe assoggettato ad insopportabili valori di accelerazioni massime e, più ancora, a pericolose variazioni dell'accelerazione nel tempo.
Attacco di siluramento. - L'attacco alle navi da guerra e da trasporto può essere eseguito da bombardieri sia in volo orizzontale, sia in picchiata; nel primo caso la difficoltà maggiore consiste nel colpire il bersaglio (già da 4000 metri di quota le navi di un convoglio appaiono all'occhio del pilota come puntine di un grammofono su un tappeto più o meno increspato) e nel secondo occorre rinunciare al principale vantaggio dell'aviazione, consistente nell'energia cinetica delle bombe, accumulata vincendo nell'ascesa in quota la forza di gravità, che si traduce in lavoro di penetrazione nel bersaglio corazzato e protetto, dato che la velocità di picchiata non può raggiungere i valori della velocità di caduta delle bombe da alta quota.
Le navi attaccate, se non sono scortate dalla caccia aerea, reagiscono col fuoco delle artiglierie antiaeree quando sono in navigazione, e con queste e con quelle della base d'appoggio se sono alla fonda. Con la navigazione manovrata, poi, eludono il puntatore o sono favorite, nel colpire il bombardiere in picchiata, dagli inevitabili vincoli delle traiettorie di affondata. In entrambi i casi, però, le bombe, anche se raggiungono il bersaglio, hanno in generale scarso effetto se la nave dispone di protezione corazzata (opera morta) mentre il siluro risulta più micidiale perché colpisce direttamente la parte immersa meno corazzata (opera viva) mettendo in tal modo in crisi la attitudine della nave al galleggiamento.
L'attacco con il siluro da parte di squadriglie di aerosiluranti è di adozione recente; velivoli isolati lo avevano tentato, in forma rudimentale, già durante la prima Guerra mondiale. Le esperienze della recente guerra hanno confermato che un siluro che colga il bersaglio affonda la nave mercantile e sventra i compartimenti stagni della nave da battaglia; una salva di siluri affonda la nave da battaglia non ostante i compartimenti stagni. Il siluro può quindi essere considerato l'arma specifica da impiegare contro le navi.
Gli aerosiluranti, così come sono stati realizzati durante la seconda Guerra mondiale, hanno impiegato, nei loro lanci, siluri (v. siluro, in questa App.) di caratteristiche navali con le necessarie modifiche richieste dallo speciale impiego. L'opportunità di non rinunziare alla dote precipua del velivolo bellico, la velocità, e la necessità di ottenere un giusto angolo di infilamento del siluro nell'acqua alla velocità risultante dalle velocità di lancio e di caduta, obbligano l'aerosilurante ad attaccare la nave a quote intorno al centinaio di metri sul livello del mare. Ne consegue la necessità di un buon puntamento a distanze che risultino sufficientemente protettive (circa metri 4000) dalla offesa dei mezzi contraerei del nemico.
A differenza del sottomarino, l'aerosilurante in quota - anche di pochi chilometri - spazia con l'occhio del volatore su di un vasto orizzonte (da 12.000 metri di quota l'occhio umano abbraccerebbe geometricamente la millesima parte della superficie terrestre), ma esso non può, come il sottomarino, fare affidamento, se non in pochissimi casi, sul fattore della sorpresa (ciò che accade alle prime luci dell'alba, al tramonto del sole, col sole alle spalle, con la luna di fronte).
La nave nemica, osservato il lancio e la scia del siluro navigante in immersione, tenta di manovrare, nel tempo necessariamente non breve del percorso subacqueo dell'arma, in modo da evitarla.
Ne viene di conseguenza che, per avere la garanzia di colpire il bersaglio, l'aerosilurante è costretto a scendere in picchiata, aumentando la sua velocità nella discesa, ad eseguire una ripresa, a mantenersi in volo orizzontale sul livello del mare, ad eseguire il puntamento e il lancio e ad allontanarsi infine con una rotta che non è vincolata da alcuna necessità (come è schematicamente mostrato dalla fig. 2).
L'attacco assume un suggestivo aspetto eroico e tale è in effetti se l'aerosilurante, allo scopo di ridurre la lunghezza del percorso subacqueo del siluro ed aumentare il valore della velocità media risultante (aerea di caduta e subacquea), al fine di ridurre il tempo a disposizione della nave nemica per la manovra di schivamento, esegue il lancio "ravvicinato".
È merito dell'Italia di aver - fin dal 1936 - affrontato e risolto su basi tecniche e scientifiche questo interessante problema per opera della Sezione 1 aerodinamica di Guidonia, all'inizio con l'impiego di siluri derivati da quelli navali e poi con siluri speciali, studiati e realizzati in modo da conservare - o perdere solo in parte - la velocità, impressa loro dal velivolo lanciante, lungo tutto il percorso subacqueo. In questo caso la durata del percorso subacqueo risulta tanto ridotta da rendere praticamente impossibile la manovra di schivamento della nave.
L'esperienza di questa ultima guerra ha confermato l'avvento della superiorità dell'arma volante su quella galleggiante che deve chiedere aiuto, per la sua difesa, ai velivoli da caccia, unico effettivo sistema per cercare di neutralizzare questa nuova forma di offesa antinave.
Freni aerodinamici. - Entrambe queste manovre acrobatiche sono caratterizzate dal fatto che il velivolo, discendendo dalla quota di volo a quella di attacco o di bombardamento accresce, per l'effetto della gravità, la sua velocità sulla traiettoria. A questo aumento di velocità fa riscontro un maggior raggio nella manovra di richiamata in prossimità del suolo o del mare ed una maggiore sollecitazione fisiologica sul corpo e sui sensi del pilota e del personale di bordo. È stato quindi necessario ridurre o limitare la velocità di discesa dei velivoli picchiatori o siluratori impiegando opportuni dispositivi di frenamento. Questi dispositivi sono di natura aerodinamica ed entrano in funzione durante il volo discendente e sono esclusi, a volontà del pilota, dopo la manovra di richiamata.
Essi sono in generale rappresentati da superfici ordinariamente occultate durante il volo, che si aprono a volontà del pilota (in alcune applicazioni recenti anche automaticamente) fornendo una forza resistente ad azione baricentrica, o quasi, in modo da non interferire sui comandi e sull'assetto del velivolo. Si ritrova, in architettura aeronautica, la più grande varietà di tali freni. Essi possono essere suddivisi in due classi principali: freni a superfici e freni a paracadute. Nella fig. 3 sono riportati alcuni dei più classici tipi di freni a superfici alari, e cioè: centrali - ventrali (a), dorsali (b), combinati (c), anteriori (d) e posteriori (e) detti anche a forcola. Nella fig. 4 è riportato un tipo di freno a paracadute.
Equazioni del moto acrobatico. - Tutti i moti acrobatici ai quali è stato fatto cenno possono essere esaminati nelle loro caratteristiche numeriche, geometriche e dinamiche. Trattandosi però di moti varî di un solido libero di muoversi nello spazio, la trattazione matematica assume una formulazione molto complessa, le equazioni differenziali del moto non sono rapidamente integrabili e la risoluzione si presenta necessariamente molto laboriosa.