affanno
È vocabolo comune nella lirica due-trecentesca (cfr. Chiaro Or vo' cantar 3, Monte L'om poria 3), usato da D. solo in poesia. In Pg IV 95 quivi di riposar l'affanno aspetta, significa solo " difficoltà di respiro ". In If VI 58 Ciacco, il tuo affanno / mi pesa sì, ch'a lagrimar m'invita, Pg XXVIII 95 per sua difalta in pianto e in affanno / cambiò [l'uomo] onesto riso e dolce gioco, e Pd IV 111 Voglia assoluta non consente al danno; / ma consentevi in tanto in quanto teme, / se si ritrae, cadere in più affanno, comprende anche la connotazione di "angoscia ". In Pg XIV 109 le donne e ' cavalier, li affanni e li agi, XVIII 136 E quella che l'affanno non sofferse, e Pd XVII 84 in non curar d'argento né d'affanni, esprime l' " insieme dei disagi fisici e morali " che si affrontano liberamente per qualche buon fine. L'uso di a. nel luogo sopra citato di Pg XIV 109 ci attesta l'origine aulica della voce (infatti viene dal provenzale ahan; si confronti col verso di Arnaldo Daniello citato da D. in VE I VI 6 Sols sui che sai lo sobraffan chem sorz). E troviamo un'eco dell'ideale cortese nelle parole di Cacciaguida all'indirizzo di Cangrande (Pd XVII 84).
Nel Fiore, ovviamente, con a. vengono intesi i dispiaceri incontrati nella vita amorosa: LXXVII 14 sì avrai guiderdon del grande affanno; LXXXIII 6, CLXXXVII 5.
Bibl. - Pagliaro, Ulisse 132 n. 18, 608.