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affetato

di Luigi Vanossi - Enciclopedia Dantesca (1970)
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affetato

Luigi Vanossi

Il termine appare in Fiore CLVII 12 Agli uomini lasciam far la larghezza,/ ché natura la ci ha, pezz' è, vietata. / Dunque a femina farla si è sempiezza; / avvegna che ciascun' è sì affetata / che volontier di lei fanno stranezza, / sed e' non s' è alcuna disperata!, che riprende il luogo Natur' è quella che le v' ha fetate/ sì com' ell' ha fetato a caccia il cane (LVIII 7-8), di contenuto affine e disposto simmetricamente nel discorso di Amico. In entrambi i casi il Parodi interpreta " naturato ", " concepito ", probabilmente collegando la parola a un etimo ‛ feto ', e così ancora il Petronio. Pare invece preminente l'influsso del francese antico afaitier nel senso di " allevare ", " istruire ", " disporre ". Appare infatti evidente, nel secondo dei luoghi citati, che la glossa " naturato " è tautologica, mentre più verosimile è un'opposizione tra apprendimento ad opera di natura e quello artificiale (entro la nota antitesi ars/natura). Può essere una conferma in questo senso il brano " Car, si con li loirres afaite / Pour venir a seir e a main / Le gentill espervier a main; / Ainsinc sont afaitié par dons / A doner graces e pardons / Li portier aus fins amoureus " (Roman de la Rose 7518 ss.), dove, appunto, si tratta di addomesticamento ad arte: il parallelismo col nostro brano pare perfetto fin nella similitudine con specie animale (cane - sparviere). Tale senso si rispecchierà anche in CLVII 12.

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