affezione
. La parola nella terminologia filosofica viene usata, nel suo corrispondente latino affectio, come sinonimo di affectus o passio, e in senso generale denota tutto ciò che accade all'animo e ne determina una modificazione o disposizione.
Come tale Aristotele aveva inteso πάϑος nel De Anima, considerandolo caratteristica comune anche all'anima degli animali (Anima I 402 a 9). L'uso di affectio è assai comune presso gli scrittori latini come Cicerone, Plinio, Tacito, Quintiliano, Gellio, e cristiani come Isidoro di Siviglia. Di a. come " stato " o " modificazione dell'animo ", " affetto ", " amore ", continuano a parlare i padri cristiani: Agostino, Minucio Felice, Cipriano, s. Paolino di Nola. Bonaventura suddivide a. in quattro sensi: " Uno modo ipsa vis affectiva; alio modo dicitur affectio passio vis affectivae, ut gaudium et dolor et huiusmodi; tertio modo dicitur actus potentiae affectivae; quarto modo dicitur habitus affectivus, sicut intellectus uno modo dicitur habitus principiorum et est regula intellectus " (Sum. 1, d. 17, p. 2, dub. 2). S. Tommaso afferma: " affectio est inclinatio animi ad aliquid " (cont. Gent. 168), " omnis affectionis principium est amor " (ibid. I 91), e parla di diversi tipi di a. come " affectio animi " (Sum. theol. I 14 12c), " affectio caritatis " (cont. Gent. III 96), " affectio intellectiva ", " sensitiva ", " sensualis " (cont. Gent. I 89, III 81, Sent. I 8 2). D. usa in due luoghi delle opere latine il termine affectio, in Ep XII 1 col significato di " affetto ", e in Quaestio XVIII 48 affectio sensitiva col significato tecnico di "facoltà sensitiva ".
Nelle opere volgari a. vale talora genericamente " disposizione dell'animo ": Pg XX 119 Talor parla l'uno alto e l'altro basso, / secondo l'affezion ch'ad ir ci sprona / ora a maggiore e ora a minor passo. Nell'ambito di questo significato prevale il valore di " propensione ", " inclinazione interiore ", in Cv III XII 4 quello studio e quella affezione che suole procedere [precedere nell'edizione Simonelli] ne li uomini la generazione de l'amistade. Vale " desiderio ", in Pd IV 98 potesti da Piccarda udire / che l'affezion del vel Costanza tenne (il Buti intende qui il vocabolo come " desiderio e volontà "); XXIV 7 ponete mente a l'affezione immensa (all'infinito desiderio di verità onde D. è travagliato, in contrapposizione con lo stato dei beati, la cui voglia è sempre piena: cfr. v. 3); così pure in Cv III XII 9. Altre volte ha senso affine al moderno " affetto ", come in Pd XXV 21 (detto di due colombi); o, più precisamente, di " affetto devoto ": Pg XXII 15 Giovenale,/ che la tua affezion mi fé palese, e If XVI 60 l'ovra di voi e li onorati nomi / con affezion ritrassi e ascoltai. Qualche commentatore (Torraca) dà alla parola il senso di " amore " anche in Pd IV 121 non è l'affezion mia tanto profonda,/ che basti a render voi grazia per grazia (dove però più probabilmente essa corrisponde a " capacità di sentire ", quindi a " forza affettiva "). Vale certamente " interno sentire ", in Pd XXXII 149 e tu mi seguirai con l'affezione,/ sì che dal dicer mio lo cor non parti. V. anche AFFETTO Sost. e AFFETTO partic. passato.