AFFITTO (App. II,1, p. 65; App. III,1, p. 35)
Affitto di fondi rustici. - Fallito il tentativo di una riforma organica dei contratti agrari posto in essere con la presentazione alla Camera dei deputati, nella seduta del 21 febbraio 1956, di un "disegno di legge sulla disciplina dei contratti agrari per lo sviluppo dell'impresa agricola", ha inizio, nel 1962, un ampio processo di revisione per settori della materia, diretto - come già il disegno di legge del 1956 - al fine di stabilire più equi rapporti tra le parti del contratto agrario e a dare maggiori garanzie di stabilità all'impresa e maggiori poteri di iniziativa all'imprenditore o coimprenditore.
Mentre la durata dei contratti stipulati con coltivatori diretti viene, salvo poche eccezioni, prorogata indefinitivamente ("sino a nuova disposizione") dalla l. 28 marzo 1957, n. 244 e dall'art. 14 della l. 15 sett. 1964, n. 756 (v. anche l'art. 2 della l. 9 ag. 1973, n. 508), altre leggi intervengono a modificare profondamente l'antico regime dei contratti agrari.
Per l'a. di fondi rustici il 1962 segna una svolta di notevole rilievo. Una prima legge (2 apr. 1962, n. 171) sintomatica anche se di portata circoscritta, attribuì all'affittuario il diritto a una quota del valore dell'incremento delle colture legnose a rapido sviluppo esistenti sul fondo. Ma l'innovazione più incisiva si ebbe con la l. 12 giugno 1962, n. 567, che, superando l'interpretazione giurisprudenziale prevalsa nel 1949 e poi consolidatasi, secondo la quale la perequazione dei canoni prevista dall'art. 5 della l. 18 ag. 1948, n. 1140 avrebbe costituito applicazione particolare del principio che ispira l'art. 1467 cod. civ. e avrebbe potuto operare non in base alla semplice sperequazione (iniziale o sopravvenuta) ma soltanto in presenza di un fatto nuovo che avesse alterato le originarie condizioni, introdusse in termini inequivocabili un regime di "equo canone permanente", nel senso che le parti debbono attenersi, nel determinare il canone di a., alle tabelle predisposte da apposite commissioni, e che, ove non vi si attengano, la parte lesa può ottenere la riconduzione del canone entro i limiti tabellari. All'art. 4 detta legge disponeva che i canoni tabellari dovessero essere determinati "tenuto conto" di vari elementi di carattere tecnico-economico "al fine di assicurare una equa remunerazione per il lavoro dell'affittuario e della sua famiglia e la buona conduzione dei fondi".
Altre innovazioni introdotte dalla legge n. 567 del 1962 sono: a) il divieto di qualsiasi compenso dovuto all'affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di a.; b) la nullità di qualunque patto che accolli all'affittuario coltivatore diretto (per tale nozione v. art. 1 l. 25 giugno 1949, n. 353) il rischio dei casi fortuiti straordinari o di quelli ordinari, che determinino perimento di frutti non separati o mancata produzione in misura superiore a un terzo della normale produzione; c) la determinazione di coefficienti di riduzione dei canoni ad opera delle commissioni per l'equo canone in caso di eccezionali avversità atmosferiche o calamità naturali; d) la modifica degli art. 1635 e 1636 cod. civ. nel senso che la riduzione del canone ha luogo "in relazione a ciascuna annata agraria a favore dell'affittuario qualora per caso fortuito si verifichi perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi, in misura non inferiore al terzo della produzione"; e) l'estensione dell'a. a tutte le coltivazioni del fondo salvo eccezioni rigorosamente indicate.
Lo strumento dell'equo canone tabellare nel sistema della legge n. 567 del 1962, se offriva, almeno astrattamente, sufficienti garanzie di tutela dell'affittuario coltivatore diretto, cui la proroga assicura, salvo rare eccezioni, la permanenza sul fondo per un tempo indefinito, poteva, invece, essere facilmente eluso negli a. a conduttore non coltivatore diretto. Il legislatore pertanto, con la l. 22 luglio 1966, n. 606, intervenne a modificare alcuni tratti essenziali della disciplina del contratto di a. a conduttore non coltivatore diretto disponendo: a) che tale contratto deve avere una durata non inferiore a 6 anni (portati a 15 dall'art. 17 l. 11 febb. 1971, n. 11); b) che la disdetta dev'essere data almeno dodici mesi prima della scadenza del contratto; c) che in caso di alienazione del fondo per la formazione della proprietà contadina il contratto si risolve al termine dell'annata agraria successiva; d) che, salvo poche eccezioni il canone dev'essere stabilito a misura e non a corpo; e) che il contratto dev'essere provato per scritto e indicare confini, dati catastali, superficie e altre particolarità utili per l'identificazione del fondo.
Una riforma di più ampio respiro della disciplina dell'a. di fondi rustici è stata posta in essere dalla l. 11 febbraio 1971, n. 11, che ha reso quasi automatico il sistema di determinazione del canone disponendo che le tabelle di equo canone debbano essere compilate sulla base dei redditi dominicali figuranti in catasto con riferimento al 1939 moltiplicati per coefficienti variabili da un minimo di dodici a un massimo di quarantacinque volte (misura, questa, successivamente elevata da un minimo di 24 a un massimo di 55 dalla l. 10 dicembre 1973, n. 814, a seguito di dichiarazione d'illegittimità costituzionale coinvolgente non il sistema di riferimento ai dati catastali, ma la sola entità dei coefficienti), ha ampliato notevolmente i poteri d'iniziativa delle parti in materia di miglioramenti durante l'a., ha elevato a 15 anni la durata minima dell'a. a conduttore non coltivatore diretto, ha assoggettato al regime dell'a. a coltivatore diretto i contratti di a. misto a colonia parziaria o a mezzadria, ha disposto la conversione in a. di rapporti che con l'a. presentano analogie anche solo parziali, ha ammesso all'elettorato attivo e passivo nei consorzi di bonifica, bonifica montana e miglioramento gli affittuari di terreni ricadenti in comprensorio consortile tenuti per contratto a pagare contributi consortili e ha introdotto nella disciplina dell'a. altre disposizioni di minore rilievo a favore dell'affittuario.
La legge n. 11 del 1971 è stata oggetto di varie censure d'illegittimità costituzionale. Fra le affermazioni di maggior rilievo della Corte costituzionale può ricordarsi quella della sentenza 27 luglio 1972, n. 155, secondo la quale è legittimo comprimere anche in modo massiccio il reddito del proprietario locatore "se ad avere vantaggio dalla compressione che la legge esercita sul beneficio fondiario sia un affittuario che coltivi direttamente".
Non si può nascondere che il favore della legge verso l'affittuario ha avuto un effetto disincentivante ai fini della stipulazione di nuovi contratti di affitto. Poiché, peraltro, si riconosce pur sempre una valida funzione a detto contratto, che consente all'imprenditore di dedicare tutta la propria capacità economica all'acquisto di capitali utili per l'azienda agricola anziché immobilizzarne almeno una cospicua parte, anche in applicazione delle direttive comunitarie per la riforma dell'agricoltura la l. 9 maggio 1975, n. 153, prevede notevoli premi a favore di coloro che concederanno in a. i loro terreni per facilitare la costituzione di aziende rispondenti a determinati requisiti.
Bibl.: G. Galloni, Premesse ad una nozione autonoma dell'affitto di fondi rustici, Milano 1970; L. Mosco, L'affitto di fondo rustico nella nuova disciplina legislativa, Bari 1972; A. Massart, L'affitto di fondo rustico nella nuova disciplina, Milano 1974.