affondare [affonde, in rima, II singol. pres. indic.]
È usato sempre figuratamente. In Pd XXVII 121 ha il significato di " sommergere ": Oh cupidigia, che i mortali affonde / sì sotto te, che nessuno ha podere / di trarre li occhi fuor de le tue onde!; in Rime CIII 20 Cotanto del mio mal par che [la donna] si prezzi / quanto legno di mar che non lieva onda; / e 'l peso che m'affonda / è tal che non potrebbe adequar rima, il Pernicone commenta: " l'affanno che mi opprime è tale che in rima non si può esprimere. L'immagine del peso che affonda e che la rima non potrebbe adequar (quasi portare a fior d'acqua) è stata suggerita dalla nave e dal mare del v. 19 ". Ricorre anche in Fiore XCII 5 (Con mio baratto ciaschedun affondo, " tolgo di mezzo ", ma secondo il Petronio " mando in rovina "), e CXXI 11 vo dicendo ch'i' vo fuor del mondo / ... ma chi vuol dire vero, i' mi v'affondo, " mi ci tuffo dentro ".