Afghanistan
Stato dell’Asia centrale. Il regno dell’A. fu fondato nel 1747 da Ahmad Shah, che diede inizio alla dinastia Durrani. Gli successe il figlio Timur Shah (1773-93), il quale, pur governando indisturbato per un ventennio, non riuscì a garantire la solidità del regno, caratterizzato da province ribelli. Seguì la breve monarchia di Zaman Shah (1793-1800), detronizzato dal fratello Mahmud Shah (primo regno, 1800-03); questi invase il Panjab e ottenne la sottomissione nominale dei sikh. Nel 1803 fu deposto da Shudja al-Mulk (1803-09). Con la battaglia di Nimla del 1809, Mahmud Shah, sostenuto da Fath Khan, ritornò al potere avviando il suo secondo regno (1809-29). Nel 1818 perse definitivamente Kabul contro Dost Muhammad (➔ Barakzai, Dost Muhammad). Gli successe il figlio Kamran (1829-42), che regnò su Herat fino al suo assassinio. Nel 1838 Dost Muhammad (regnante su Kabul negli anni 1826-39) adottò formalmente il titolo di amir di Kabul. Perdendo rapidamente le province più lontane che avevano sempre compromesso l’unità dell’impero (Multan nel 1818, il Kashmir nel 1819, Peshawar nel 1834, seguite da Shikarpur e Balkh), egli si trovò a capo di un territorio compatto. Shudja al-Mulk intese ripristinare il suo potere e richiese l’appoggio britannico. L’influenza crescente dei russi sulla Persia e la loro avanzata in Asia centrale spinsero gli inglesi a favorire le rivendicazioni di Shudja in virtù del cd. grande gioco tra l’impero britannico e quello russo. I persiani, infatti, miravano al trono di Herat. Si delineava così la prima guerra anglo-afghana (1839-42), che si concluse con l’insediamento di Shudja a Kabul (1839) e la resa agli inglesi di Dost Muhammad (1840). Il regno di Shudja decadde dopo poco e gli inglesi decisero di ricostituire il potere di Dost Muhammad (1842-63) che nel 1863 scacciò i persiani da Herat. Alla sua morte (1863) le lotte tra i suoi successori avviarono un periodo di disordini che durò per un decennio. Durante il dominio di Sher Ali (1863-66; 1868-79) scoppiò la seconda guerra anglo-afghana (1878-80); il re, ostile agli inglesi perché avevano riconosciuto alla Persia alcuni territori della frontiera del Sistan, si era rifiutato di ricevere l’ambasciatore britannico. Il conflitto si concluse con l’ascesa al trono di Abd al-Rahman (➔ Barakzai, Abd al-Rahman), che dal 1881 regnò sull’intero paese unificato. Gli succedette il figlio Habibullah (1901-19). Nel 1905 egli confermò il trattato di Gandomak: l’emiro si sarebbe occupato di affari interni, l’Inghilterra avrebbe controllato la politica estera. Durante la Prima guerra mondiale l’A. mantenne un atteggiamento di neutralità. Dopo l’assassinio dell’emiro (1919), il terzogenito Amanullah Khan (1919-29) prese il potere e scatenò la terza guerra anglo-afghana. Si arrivò all’armistizio con il trattato di Rawalpindi (1919), con il quale l’A. uscì dall’isolamento e fu riconosciuto formalmente Stato indipendente. Nel 1927 Amanullah Khan introdusse riforme sociali per modernizzare il Paese, ma nel 1929 fu costretto ad abdicare e il cugino Nadir Khan (1929-33) salì al trono. Questi abolì le riforme in precedenza varate e consolidò il Paese. Gli successe il figlio Zahir Shah appena diciannovenne, che instaurò (1964) una monarchia costituzionale. Nacque il PDPA (Partito democratico popolare dell’Afghanistan), comunista e legato all’URSS. Nel 1973 Daud (➔ Daud Khan, Muhammad) conquistò il potere attraverso un colpo di Stato, abbattendo la monarchia e proclamando la repubblica.
Nel dicembre 1979 l’esercito sovietico entrava in A. a sostegno del regime marxista al potere, combattuto all’interno del Paese da un vasto fronte di opposizione. L’intervento sovietico, che sarebbe dovuto essere di breve durata e risolutivo, si scontrò invece con la resistenza inaspettata della guerriglia anticomunista (i mujahidun, «combattenti per la giusta causa»), favorita dalla superiore conoscenza dei luoghi e dall’aiuto massiccio ricevuto da USA, Arabia Saudita e Pakistan. Alla guerriglia interna si aggiunsero contingenti di volontari accorsi da diversi Paesi musulmani per combattere quello che appariva come un legittimo jihad. Nel 1985, di fronte alla difficoltà e ai costi crescenti dell’occupazione, l’URSS iniziò una strategia di disimpegno, che condusse nel febbr. 1989 al ritiro totale delle truppe sovietiche. Il fallimento dell’invasione, che accelerò la fine del regime sovietico, provocò una grave destabilizzazione politica nella regione con conseguenze di lunga durata, dando inoltre impulso al movimento jihadista globale. In partic., in A. la fine di questo periodo innescò una guerra civile che vide l’emergere negli anni Novanta del ruolo dei talebani, i quali nel 1996 crearono un governo integralista che giunse, al suo apice, attorno al 2000, a controllare quasi tutto il Paese. Dopo l’11 sett. 2001 una offensiva guidata dalle forze degli Stati Uniti depose il regime talebano, che proteggeva O. Bin Laden e la sua rete terroristica, insediando un regime rappresentativo delle diverse etnie afghane. Presidente provvisorio della Repubblica, sostenuta da uno spiegamento di forze internazionali, fu H. Karzai, che venne poi formalmente riconosciuto alla guida del Paese nelle elezioni dell’ott. 2004. L’attività talebana non si è però esaurita e ha impegnato sempre più, anche negli anni successivi, le forze militari presenti sul campo a difesa del governo formale.