Vedi AFRASYAB dell'anno: 1958 - 1994
AFRĀSYĀB (v.vol. I, p. 106)
Individuata, nei primi anni del nostro secolo, da V. L. Vjatkin sulla collina a N di Samarcanda, nell'antica Sogdiana, A. è diventata oggetto di scavi sistematici solo a partire dalla metà degli anni '60 (v. sogdiana, arte).
La città, a pianta approssimativamente triangolare, è costeggiata sul lato settentrionale da un canale artificiale, il Syab, e presenta quattro cerchie di mura corrispondenti ciascuna a un diverso periodo di vita dell'insediamento. Il primo nucleo si sarebbe formato intorno alla metà del I millennio a.C.; і resti rinvenuti nei livelli più antichi sono databili infatti al periodo achemenide. Lo sviluppo fu rapido e di dimensioni tali da giustificare l'ipotesi dell'identificazione del sito con la città di Maracanda, descritta dai biografi di Alessandro come una delle più grandi tra quelle conquistate dal Macedone. Scarsi sono i reperti dei secoli successivi, mentre agli inizi del VI sec. d.C. si assiste a una rinascita della città, che diventa splendida capitale di uno dei principati della regione, sede del più prestigioso dei dehqān locali, il signore di Samarcanda e sovrano della Sogdiana. In seguito all'invasione islamica si ha un periodo di decadenza che occupa l'VIII e il IX sec., ma la ripresa di epoca samanide perdura fino al XIII secolo.
Se і numerosi resti di strutture architettoniche, і reperti ceramici e l'individuazione di una estesa rete di canalizzazione testimoniano di un'intensa attività agricola e commerciale sviluppatasi già durante la prima fase di vita del luogo, è nel IV sec. a.C. che il conglomerato urbano assume l'aspetto di una vera e propria città. Troviamo infatti le tracce di una cittadella, di importanti arterie viarie e la suddivisione dei quartieri cittadini secondo le diverse attività, lavorative: ceramisti, forgiatori di metallo, orafi e vetrai.
Nei periodi successivi, nonostante le incursioni di potenze militari straniere, la città continua a vivere, ma la riduzione della sua estensione e la presenza di una necropoli, insediatasi in un'area che precedentemente era stata fittamente abitata, testimoniano di uno stato di crisi.
Al periodo medioevale (VI-VIII sec.) risale la costruzione della terza cerchia di mura, entro la quale sono stati rinvenuti quartieri per artigiani, edifici monumentali e soprattutto il palazzo del sovrano. Il modello più diffuso di casa di abitazione resta quello che prevedeva un iwān dal quale si accedeva a una stanza di rappresentanza con altri ambienti ai lati. In una delle case nobiliari, nella stanza di rappresentanza, è stato trovato un plinto a gradini nel quale si è voluto riconoscere un palcoscenico, in conformità con la grande diffusione dell'arte scenica e della danza, ricordata dalle fonti letterarie. In altre, si sono conservate pitture murali і cui soggetti vanno dalla decorazione vegetale alle scene di caccia. Sono stati poi rinvenuti і resti di un edificio pubblico e di un complesso templare.
Infine, il Palazzo. Esso è composto da molte stanze e corridoi, e mostra і segni di tre fasi costruttive. Il mоmento di maggior fulgore fu quello corrispondente al regno di Varkhuman, il sovrano il cui nome ci è noto sia dalle fonti numismatiche sia da quelle letterarie (arabe e cinesi). A questo periodo è stato datato il più suggestivo dei reperti che l'edificio ha restituito, cioè le pitture murali degli ambienti I e 9. L'ambiente I è una stanza quadrata di II m di lato Tutte e quattro le pareti sono dipinte. Su quella occidentale, di fronte all'entrata, sono raffigurati 42 personaggi, disposti su due registri. In quello inferiore, a partire da s, la scena inizia con due figure, poco conservate, cui ne seguono altre tre, stanti, abbigliate con caftani in preziosi tessuti e adorne di gioielli. I tre personaggi recano in mano doni e sul loro collo o volto sono leggibili scritte che li fanno identificare come ambasciatori provenienti dal Čaganian, una regione ai confini della Sogdiana. Qui la scena si interrompe a causa di una grande lacuna, prodottasi nel X sec., che ha distrutto quella che doveva essere l‘immagine più significativa per la lettura dell'intero ciclo pittorico. Seguono due figure con caftano monocolore, armi alla cintura e lunghi capelli che ne indicano l'appartenenza al seguito del sovrano. Più avanti compare una seconda ambasceria composta da cinque persone, che la particolare acconciatura del capo indicherebbe come provenienti dal bacino del Tarim o dalla Cina. Ancora cinque figure, due delle quali anch'essi ambasciatori ― si muovono verso sinistra, mentre le altre tre, vestite come notabili di Samarcanda, si sovrappongono alle prime procedendo dal basso verso l'alto. Vi sono poi due rappresentanti della nobiltà locale e altre tre ambascerie. All'estremità sinistra della parete, tra і due registri, sono dipinti due personaggi: sulla veste di uno di loro si legge una lunga scritta in sogdiano che riporta il discorso di un ambasciatore. All'estremità destra, figurano undici aste disposte in verticale; alla base, cinque cerchi con maschere leonine e tre mazze. Il secondo registro è occupato dai notabili di Samarcanda, seduti a gambe incrodate su tappeti. La parte superiore della parete è andata perduta. Sulla parte S è raffigurato un corteo che si dirige verso un padiglione con quattro personaggi. Il corteo ha inizio con un elefante elegantemente bardato, su cui doveva essere seduta, sotto un baldacchino, una principessa. Le figure che seguono sono tre cavallerizze, due dignitari su cammelli e due personaggi con la bocca bendata che sembrano accompagnare rispettivamente un cavallo e quattro struzzi (?) bianchi. Quindi un cavaliere, riccamente vestito e di proporzioni quasi doppie rispetto a quelle delle figure che lo affiancano. Ancora due cavalieri e tracce di altri cavalli. La parete N è molto rovinata. Si può però capire che vi era rappresentata una scena di caccia al leopardo, nella quale uno dei cavalieri occupava una posizione di rilievo, come si può desumere dalle sue maggiori dimensioni. I cacciatori si arrestano sulle rive di un fiume che ospita due barche rosse, una con figure maschili, l'altra femminili. La parete E, divisa dal vano della porta, presenta scene di giochi: acquatici sul lato meridionale, terrestri su quello settentrionale.
Gli episodi narrati sulle pareti dell'ambiente I di A. sono stati interpretati da L. I. Al'baum come la rappresentazione dell'arrivo a Samarcanda di ambasciatori venuti da varî paesi a portare doni al signore della città. Per contro, M. A. Belenickij e B. I. Maršak ritengono (v. sogdiana, arte) che si tratti di una cerimonia cultuale, durante la quale il sovrano e і dignitari di altre regioni recano doni a una divinità. Una lettura più completa, che tenga conto dei soggetti rappresentati su tutte le pareti, può indurre a leggere il ciclo pittorico dell'ambiente I come la cerimonia per l'incoronazione del sovrano di Samarcanda durante la Festa del Nuovo Anno.
L'ambiente 9, oltre a qualche frammento di fregi decorativi, ha conservato solo le pitture della parete settentrionale. Qui, sotto un arco, sono sedute una divinità maschile e una femminile, che recano in mano un piatto sul quale si può distinguere l'immagine di un cammello in miniatura.
La divinità col cammello è stata rinvenuta anche in altri siti della Sogdiana e si può quindi ritenere che fosse oggetto di un culto locale molto seguito.
Le pitture di A. sono una delle più alte espressioni di quella scuola sogdiana caratterizzata dall'uso sapiente di vivaci colori e da una ricerca del particolare che sfiora il decorativismo che ha lasciato cospicue testimonianze di sé in altre località dell'Asia centrale.
Va infine ricordata la copiosa produzione fittile, rinvenuta in situ o erratica, che ha permesso la conoscenza di oggetti - quali gli ossuarî о le figurine in terracotta - di grande pregio sul piano stilistico e di notevole importanza su quello iconografico.
Bibl.: V. A. Siškin, Afrasiab-Sokroviščnica drevnej kul'tury («Afrāsyāb Tesoro di un'antica cultura»), Taškent 1966; AA.VV., Afrastabskaja kompleksnaja arkheologičeskaja ekspedicija AN SSSR («Spedizione archeologica dell'Accademia delle Scienze dell'URSS ad Afrāsyāb»), Taškent 1969; AA.VV., Tezisy dokladov sessii posvjaščennoj itogam polevykh arkheologičeskikh issledovanij 1972 g. v SSSR («Tesi dei rapporti di scavo della sessione che illustra і risultati della ricerca archeologica sul campo nel 1972 in URSS»), Taškent 1973; S. S. Taškhodžaev, Arkheologičeskie issledovanija drevnego Samarkanda v 1973 g. ― Afrasiab («Ricerche archeologiche sull'antica Samarcanda nel 1973 Afrāsyāb»), Taškent 1974; L. I. Al‘baum, Živopis' Afrasiaba («La pittura di Afrāsyāb»), Taškent 1975; G. Azarpay, Sogdian Painting, Berkeley-Los Angeles-Londra 1981; Ch. Silvi Antonini, The Paintings in the Palace of Afrasiab (Samarkand), in RivStOr, LXIII, 1989, pp. 109-144; P. Bernard, F. Grenet, M. Isamiddinov, Fouilles de la mission franco-soviétique à l'ancienne Samarkand (Afrasiab): première campagne 1989, in CRAI, 1990, pp. 356-380.