Africa - La Nubia dalle origini all'età romana
La Nubia propriamente detta è la regione che il Nilo attraversa tra ed-Debba e Assuan, ma spesso questa denominazione viene estesa anche al Sudan centrale per includere i territori che facevano parte dello Stato kushita tra il I millennio a.C. e il I millennio d.C. Anche a nord, verso l'Egitto, la definizione della Nubia si presta a due interpretazioni: storicamente, infatti, la I Cateratta costituì un limite abbastanza netto, ma dal punto di vista sia etnico sia geografico il vero spartiacque è il Gebel es-Silsila. Lì la valle del Nilo cambia aspetto: l'arenaria si sostituisce alle colline calcaree e la pianura alluvionale si restringe notevolmente, lambita a ovest da un deserto in cui si aprono numerose depressioni e sovrastata a est da massicci cristallini e vulcanici; il fiume, dal corso tortuoso, ha una pendenza dolce, tuttavia interrotta da una serie di cateratte formate da banchi di granito. La valle tra la I e la II Cateratta, ossia tra Assuan e Wadi Halfa, è detta Bassa Nubia, mentre tutta la regione a monte è conosciuta come Alta Nubia.
Questo territorio, poco adatto all'agricoltura a causa della conformazione e del clima, è ricco di materie prime, sia metalli che materiali da costruzione: l'oro soprattutto, ma anche il rame a sud del Wadi Allaqi e modeste quantità di ferro a Meroe; l'arenaria nei pressi del Gebel es-Silsila e di Kertassi, il granito che si trova frammisto al gres e diversi tipi di pietre dure nella zona della I Cateratta; infine il legno, probabilmente allora come oggi ricavato da acacie e tamerici. L'altra grande potenzialità della Nubia è dovuta alla sua posizione di passaggio dalle regioni equatoriali al Sahara: una via di comunicazione quasi obbligata tra l'Africa centrale e il Mediterraneo, attraverso cui giungevano in Egitto, oltre a schiavi e bestiame, beni esotici come spezie, incenso, avorio, ebano, piume di struzzo.
L'interesse che l'Egitto manifestò per le risorse nubiane è attestato fin dal periodo protodinastico; tra le prime testimonianze vi è un'iscrizione rupestre nei pressi della II Cateratta, che ricorda la campagna compiuta in Nubia da un re della I Dinastia, forse da identificare con Djer. Il rapporto tra Nubia ed Egitto fu quasi sempre sbilanciato in favore di quest'ultimo, a ragione del diverso sviluppo politico conosciuto dalle due regioni dopo il Neolitico. Infatti la cultura che G.A. Reisner definì come Gruppo-A, contemporanea al Predinastico in Egitto, non raggiunse mai un'organizzazione statale; forse nel periodo finale esistette un chiefdom che controllava la parte meridionale della Bassa Nubia, ma comunque scomparve quando la I Dinastia assunse il controllo delle vie commerciali. La regione non fu più abitata stabilmente fino alla V Dinastia, quando tra Kubbaniya e il Batn el-Haggar si sviluppò la cultura del cosiddetto Gruppo-C, che durò fino alla conquista egiziana all'inizio del Nuovo Regno. Contemporaneamente a Kerma, nel distretto sudanese di Dongola, fioriva la prima civiltà urbana della Nubia, da cui ebbero origine la XXV Dinastia egiziana e i regni locali di Napata e Meroe. *
Per la bibliografia sulla Nubia si rimanda a quella dei singoli contributi.
di Andrea Manzo
Il nome geografico Kush si riferisce originariamente a una parte dell'Alta Nubia, probabilmente intorno alla III Cateratta. Attestato per la prima volta in testi geroglifici egiziani del regno di Sesostris I, diffusamente utilizzato in tutte le fasi seguenti della storia egiziana e anche nel Vicino Oriente, fu poi usato anche per indicare in senso lato l'Alta Nubia ‒ che effettivamente dovette rappresentare il territorio del principato chiamato dagli Egiziani Kush ‒, tutta la Nubia o, ancora più in generale, tutte le regioni a sud dell'Egitto.
La prima attestazione del nome geografico Kush nei testi egiziani compare in una stele scoperta a Buhen che narra della campagna condotta in Nubia dal generale Montuhotep nel 18° anno di Sesostris I e menziona tra gli avversari degli Egiziani proprio una regione nota come Kas, una forma arcaica, appunto, di Kush che ricorre anche nei coevi testi di esecrazione per indicare una precisa area geografica o anche un potentato politico. L'importanza assunta dall'entità politica indicata come Kush è immediatamente evidente: già nel testo di Montuhotep Kas precede tutti gli altri nomi geografici poiché si trattava probabilmente del potentato più importante tra quelli menzionati. Purtroppo i testi egiziani non ci permettono di seguire la formazione e l'emergere di Kush che dovette avvenire nel corso del Primo Periodo Intermedio, quando si può ipotizzare che la situazione politica della Nubia continuasse a essere caratterizzata, come già nel corso della VI Dinastia alla fine dell'Antico Regno, da fenomeni di aggregazione di potentati già esistenti e, forse, dalla formazione di nuovi.
Kush, localizzata in Alta Nubia, rappresentava un grave pericolo per l'Egitto, come indicato dal fatto che già il predecessore di Sesostris I, Amenemhat I, dopo aver riguadagnato il controllo della Bassa Nubia, la Wawat dei testi egiziani, iniziò a fortificarne il confine meridionale presso la II Cateratta. Le fortezze costruite nella regione non si giustificano infatti con la necessità di controllare militarmente la Bassa Nubia e le popolazioni del Gruppo-C, che dal 2400 a.C. circa popolavano la regione. L'evidenza della cultura archeologica Kerma in Alta Nubia e del sito eponimo, a sud della III Cateratta, conferma che almeno dal 2000 a.C. uno Stato potente si sviluppò in quella regione e che la capitale fu il sito stesso di Kerma. È quindi probabilmente questo il regno indicato come Kush. Il potentato di Kush fu il principale obbiettivo delle attività militari in Nubia di Sesostris III (campagne degli anni 8°, 10°, 12°, 16°, 19°) che culminarono nell'8° anno con l'erezione di una stele di frontiera a Semna: la campagna militare di quell'anno si concluse dunque con l'istituzione formale di una frontiera. La stele esplicita tra l'altro le finalità delle fortezze della II Cateratta che erano militari e di difesa e anche commerciali. La campagna del 19° anno di Sesostris III è documentata dall'iscrizione dedicatoria di Sisatet ad Abido, in cui il dedicante offre alla divinità diversi tipi di legno, dell'oro di Kush, dell'elettro, della malachite e vari tipi di pietre preziose provenienti dal bottino della spedizione. Sulla base di questi documenti possiamo quindi desumere che l'importanza di Kush risiedesse agli occhi degli Egiziani anche nel suo ruolo commerciale, che doveva essere allora predominante. Forse proprio per evitare la sua intermediazione lungo il Nilo e le carovaniere nubiane, i sovrani della XII Dinastia diedero grande impulso anche alle attività di navigazione lungo il Mar Rosso.
Approfittando della debolezza dello Stato egiziano, nel corso del Secondo Periodo Intermedio i sovrani di Kush assunsero il controllo della Bassa Nubia, dove alcuni Egiziani restati nella regione si misero al loro servizio: la stele di Sepedhor, scoperta a Buhen, testimonia che questo funzionario dal nome egiziano costruì a Buhen un tempio di Horo in nome del sovrano di Kush. Un'altra stele, sempre da Buhen, ricorda il viaggio di Ka, altro funzionario dal nome egiziano, a Kush, dove afferma di essersi lavato i piedi con le acque di Kush e di aver fatto parte del seguito del re di Kush, Nedjeh. Diverse altre stele anepigrafi da Buhen recano la rappresentazione del re di Kush che conduce un prigioniero e reca l'arma nubiana più caratteristica, l'arco. In questa fase i sovrani di Kush entrarono anche in contatto con i principi Hyksos che governavano il Basso Egitto. La via attraverso cui tali rapporti si svolgevano è l'antica pista delle oasi, grazie alla quale si poteva evitare di passare per le aree controllate dai principi tebani. La stele di Kamose, un principe tebano, mostra la situazione nel corso del Secondo Periodo Intermedio, nel momento in cui essa era messa in discussione dal tentativo tebano di riguadagnare il controllo della pista delle oasi e spezzare così il rapporto di alleanza tra Kush e gli Hyksos. La caduta degli Hyksos per mano dei principi tebani non solo condusse alla riunificazione del Paese e all'inizio del periodo noto come Nuovo Regno, ma aprì anche all'Egitto la via delle conquiste asiatiche. Una situazione analoga pare essersi verificata anche in Nubia. I graffiti di Arminna Est menzionano il successo delle prime operazioni militari contro Kush e anche i primi governatori nominati nei territori riportati sotto il controllo egiziano. Tra essi va segnalato Tjuroy, nominato da Ahmosi con il titolo di chesw (ovvero governatore) di Buhen, e confermato da Amenhotep I con il nuovo titolo di Sa Neswt en Kush, "figlio del re di Kush", che fu poi il titolo tradizionale dei governatori egiziani della Nubia per tutto il Nuovo Regno. I "figli del re di Kush" furono ben presto posti a capo di un'articolata amministrazione che comprendeva due distretti amministrativi, Wawat e Kush, con confine alla II Cateratta e corrispondenti rispettivamente alla Bassa e all'Alta Nubia, governati da due idenw, residenti a Faras o Aniba nel caso di Wawat, e a Soleb o Amara nel caso di Kush.
L'organizzazione militare del vicereame era posta sotto il controllo di un "comandante del battaglione di Kush". Le regioni già comprese nel principato di Kush continuarono però a essere inquiete e soggette a periodiche ribellioni. La campagna di Thutmosis I, commemorata a Tombos, forse da identificarsi con quella cui parteciparono i due Ahmosi di el-Kab, è datata al 2° anno. In seguito a queste operazioni militari un'iscrizione di frontiera a Kurgus esplicitò formalmente l'annessione del territorio che era stato il cuore del regno di Kush. All'ascesa al trono di Thutmosis II scoppiò nuovamente una rivolta il cui soffocamento è ricordato da un'iscrizione sulla pista tra Assuan e File. La resistenza nubiana doveva allora essere ancora ben organizzata: nell'iscrizione si menziona infatti la cattura dei figli del sovrano di Kush. L'eliminazione di Kush permise all'Egitto non solo di abolire una costante minaccia da sud, ma anche di garantire la sicurezza dell'accesso alle regioni aurifere del Deserto Orientale, da cui dipese in gran parte la politica di potenza egiziana in Asia, e di acquisire una posizione di maggior controllo delle direttrici carovaniere africane lungo cui passavano molti dei prodotti di lusso importati dalle regioni meridionali. Queste conseguenze però si manifestarono con gradualità, viste le rivolte che caratterizzarono l'Alta Nubia fino al regno di Thutmosis III.
Da allora in poi la pace sembra essere stata stabilita a Kush, come indicato anche dall'afflusso di prodotti ricordati negli Annali di Thutmosis III, sulle pareti del tempio di Karnak. Il tributo di Kush comprendeva in genere bestiame, messi, oro, battelli, avorio ed ebano. Al regno di Thutmosis III risalgono anche le liste geografiche più complete che ci siano arrivate, quelle fatte incidere dal sovrano sul sesto e settimo pilone di Karnak. Tra i nomi che si leggono nelle liste ricorre anche Kush. Dopo la fine del dominio egiziano in Nubia e circa tre secoli in cui Kush continua a comparire nelle titolature ‒ probabilmente solo onorifiche ‒ di funzionari egiziani, Kush è il nome che usarono, riprendendo la denominazione geografica che aveva indicato una regione e uno Stato dell'Alta Nubia del II millennio a.C., riferendosi a loro stessi i sovrani della dinastia di el-Kurru, da cui derivarono la XXV Dinastia egiziana e la dinastia napateo-meroitica. Il nome del predecessore di Pi(ankh)i, Kashta, significa proprio "il Kushita", mentre Kush è il nome dato al regno nubiano nella stele di Pi(ankh)i. Grazie all'affermarsi del suo dominio sull'Egitto, Kush è menzionata a più riprese come avversario militare e interlocutore commerciale nei testi assiri; con l'intensificarsi dei contatti con il Vicino Oriente il nome Kush entra a far parte della tradizione letteraria ebraica. Il termine continuò a essere attestato in Nubia anche in documenti più tardi della fase meroitica.
G. Posener, Pour une localization du pays de Koush au Moyen Empire, in Kush, 6 (1958), pp. 39-65; L. Habachi, s.v. Königssohn von Kusch, in LÄ, III, 1980, coll. 630-40; T. Säve-Söderbergh, s.v. Kusch, ibid., coll. 888-93; L. Török, The Kingdom of Kush. Handbook of the Napatan-Meroitic Civilization, Leiden - New York - Köln 1997, pp. 1-5; J. Leclant, s.v. Kushites, in K.A. Bard (ed.), Encyclopedia of the Archaeology of Ancient Egypt, London - New York 1999, pp. 423-28.
di Andrea Manzo
Dopo la fine del dominio egiziano in Nubia si apre una fase assai poco documentata sia dal punto di vista testuale che da quello archeologico. Non è noto nessun insediamento attribuibile a questa fase. Si può ipotizzare che le famiglie aristocratiche nubiane, che avevano già attivamente collaborato con l'amministrazione egiziana e che avevano poi continuato a governare autonomamente l'Alta Nubia dopo la fine del vicereame egiziano, si fossero appropriate del controllo dei centri urbani, che avrebbero quindi mantenuto la loro centralità nel sistema economico e amministrativo della regione. La continuità del ruolo dei centri urbani può infatti essere ipotizzata sulla base del fatto che molti degli insediamenti del Nuovo Regno, come Napata, Kawa e Kerma, furono anche importanti centri sia della XXV Dinastia che napatei. In Bassa Nubia, invece, la fine del dominio egiziano fu marcata dal conflitto armato tra l'ultimo viceré, Panehesy, e il sommo sacerdote di Amon di Tebe. Questa situazione politica e militare potrebbe aver contribuito, insieme alle condizioni di maggiore aridità della fine del II millennio a.C., al parziale spopolamento della regione.
Vista l'esiguità della documentazione relativa a insediamenti di tale fase, l'urbanistica e l'architettura sono poco note. Una lastra di pietra decorata, raffigurante Amon criocefalo e recante il nome di Menmaatre, un sovrano che può essere ipoteticamente ascritto a questa fase, è stata scoperta a Gebel Barkal, presso Napata. Un altro sovrano di nome Ary costruì un tempio di mattoni crudi a Kawa, dove si è rinvenuta una sua stele. Proprio Kawa, accanto a Gebel Barkal (Napata), fu forse uno dei centri egiziani che divenne ora sede di un potentato governato da una famiglia aristocratica nubiana. Questi due documenti sembrerebbero quindi attestare la costruzione di edifici templari, che possiamo immaginare tipologicamente legati ai santuari egiziani del Nuovo Regno precedentemente edificati negli stessi luoghi.
Necropoli - Più ampia è l'attestazione relativa all'ambito funerario: questi tre secoli sono infatti documentati dall'evidenza archeologica scoperta a el-Kurru, poi luogo di sepoltura della dinastia che governò dalla metà dell'VIII sec. a.C. dal medio Nilo al Delta come XXV Dinastia egiziana, e a Hillat el-Arab, un altro cimitero principesco non lontano da Napata. Nella parte centrale del cimitero di el-Kurru G.A. Reisner ha scavato 6 tumuli funerari, un tumulo ricoperto successivamente con una struttura di pietra a pianta grosso modo quadrata, 8 tombe coperte con strutture di pietra a pianta quadrata, piramidi o maṣṭaba, e 11 tombe coperte da piramidi. Le tombe coperte dalle piramidi sono identificate come i luoghi di sepoltura dei sovrani della XXV Dinastia Pi(ankh)i, Shabaka, Shabataka e Tanwetamani e delle loro regine. Le altre sepolture sono state ascritte da Reisner alla fase detta "ancestrale" e distinte su base tipologica in 5 gruppi, attribuito ciascuno a una generazione di circa vent'anni.
La prima generazione, calcolando a ritroso a partire dal regno di Pi(ankh)i, daterebbe quindi alla metà del IX sec. a.C. Alcuni oggetti rinvenuti nelle sepolture della prima generazione però sembrano risalire alla fine del Nuovo Regno egiziano, il che porterebbe a collocare le prime tombe del cimitero addirittura nel periodo del vicereame egiziano di Kush. Una revisione in questo senso della cronologia sembra essere accettata oggi da numerosi studiosi, anche se altri preferiscono mantenere una più prudente datazione delle tombe più antiche all'inizio del IX sec. a.C. Le sepolture coperte da tumuli in pozzi scavati nella roccia con o senza camera laterale, la deposizione di defunti in posizione contratta, l'uso da un certo momento in poi di letti su cui deporre il corpo sono tutti elementi nella tradizione delle culture nubiane del III-II millennio a.C. e oggi ci sono ben pochi dubbi che l'origine della famiglia di sovrani che era sepolta a el-Kurru, e che governò per secoli il regno di Kush e in alcune fasi anche l'Egitto, fosse locale. L'ipotesi di una origine libica della dinastia, avanzata da Reisner sulla base del rinvenimento in alcune tombe ancestrali di punte di freccia di pietra di un tipo da lui ritenuto libico, è stata abbandonata.
A partire dal tumulo 6 di el-Kurru una cappella per il culto funerario è addossata al tumulo, la sovrastruttura viene circondata da un recinto a ferro di cavallo ed è attestato l'uso in riti funerari di ingenti quantità di ceramica recante figure dipinte mummiformi, prefiche o donne inginocchiate dinanzi ad altari. Questi vasi venivano usati presumibilmente nel banchetto funerario, che ritroviamo sia nella tradizione nubiana sia in quella egiziana, ed erano poi intenzionalmente rotti secondo il rito dell'"uccisione dei vasi rossi", che era praticato in Egitto nel Nuovo Regno e che richiedeva la presenza di sacerdoti capaci di recitare le formule relative. La cappella diviene da allora in poi parte integrante della sovrastruttura e attesta l'affermarsi di un culto funerario istituzionalizzato, finalizzato a legittimare l'esercizio del potere attraverso il richiamo alle generazioni passate. In seguito la sovrastruttura divenne a maṣṭaba o, più probabilmente, a piramide, adottando una tipologia architettonica già attestata in Nubia in pieno Nuovo Regno. La prima stele di tipo egiziano nota nella nicchia di una cappella è quella della piramide funeraria 9 di el-Kurru e va forse ascritta ad Alara, un principe che fu in seguito considerato fondatore della dinastia. Anche allora però le modalità di deposizione del corpo ‒ in posizione contratta e, da un certo momento in poi, su un letto ‒ restano locali e solo più tardi sono attestate tracce di possibili sarcofagi e della pratica della mummificazione.
Le tombe di Hillat el-Arab sono attribuibili a un'altra famiglia aristocratica altonubiana. La disposizione delle camere sotterranee è caratterizzata dal passaggio dal tipo con pozzo verticale, databile ancora al Nuovo Regno, a quello con scala di accesso, mentre purtroppo le sovrastrutture non si sono conservate. Le camere funerarie spesso irregolari e variamente articolate contenevano corpi che, nei pochi casi preservati nella loro posizione originaria, erano stesi sulla schiena. Anche in questo caso pare attestata la pratica della rottura rituale dei vasi. Significativamente le tombe di Hillat el-Arab e di el-Kurru sono diverse per struttura e in parte per rituale funerario e ciò potrebbe riflettere l'esistenza in Alta Nubia agli inizi del I millennio a.C. di una pluralità di tradizioni.
Arti minori - Le poche notizie sulle produzioni artigianali dell'epoca si basano sui materiali provenienti sempre dai cimiteri. Siamo poco informati circa la metallurgia, nondimeno è probabile che la lavorazione dei metalli fosse praticata e che la regione continuasse anche in questa fase a svolgere un ruolo nel commercio dell'oro del Deserto Orientale, come attestato dalla presenza di oggetti d'oro nelle più antiche tombe di el-Kurru e, in particolare, dal rinvenimento di una pepita grezza recante un'iscrizione geroglifica.
Riguardo alla produzione ceramica, i materiali provenienti da el-Kurru sono inseribili nella tradizione vascolare egiziana del tardo Nuovo Regno e del Terzo Periodo Intermedio: sono vasi modellati al tornio difficilmente distinguibili dalle coeve produzioni egiziane. Le decorazioni dipinte che compaiono su alcuni vasi di el-Kurru dimostrano che gli artigiani avevano una certa familiarità con le iconografie legate alla religione funeraria egiziana.
Se si eccettuano queste figurazioni su ceramica, gli unici documenti circa la produzione artistica dell'epoca sono la lastra di pietra decorata scoperta al Gebel Barkal, raffigurante Amon criocefalo associato con il nome del sovrano Menmaatre, e la stele figurata di Ary rinvenuta a Kawa. Questi due documenti attestano un riferimento stilistico alle produzioni egiziane di epoca ramesside, d'altro canto ampiamente presenti in Nubia e quindi utilizzabili come modello. Un'analoga influenza stilistica può essere notata anche nella raffigurazione che accompagna l'iscrizione della regina Kadimalo o Katimala a Semna Ovest, databile intorno all'800 a.C.
La presenza nel tumulo 19 a el-Kurru di ceramica importata altoegiziana suggerisce l'esistenza di rapporti commerciali con l'Egitto. Fu probabilmente nel contesto generale di questi contatti che i concetti religiosi egiziani di cui si è detto in precedenza furono adottati. La presenza a el-Kurru fin dalle fasi più antiche di avorio dell'entroterra africano, di ossidiana forse etiopica, di lapislazzuli afghano, di conchiglie del Mar Rosso, di oro del Deserto Orientale, di ceramica importata dall'Egitto e dal Vicino Oriente, di vasi di calcite e alabastro, di amuleti e oggetti smaltati egiziani, attesta l'inserimento della dinastia in una vasta rete di contatti esterni. Ceramica importata dal Vicino Oriente probabilmente per il tramite egiziano è stata rinvenuta anche a Hillat el-Arab. L'emergere della dinastia di el-Kurru e la stessa costituzione del regno di Kush furono un fenomeno forse dovuto proprio alla localizzazione favorevole dell'area compresa tra el-Kurru, Napata e Sanam nell'ambito della rete carovaniera.
Dopo l'affermazione progressiva del potere politico della loro dinastia in Egitto, i sovrani di Kush promossero ambiziosi programmi di costruzione in Egitto e in Nubia. In particolare il re Taharqa, oltre a costruire numerosi monumenti a Tebe, intraprese un articolato programma, collegato probabilmente alla riorganizzazione amministrativa.
In Bassa Nubia abbiamo traccia di templi da lui eretti o restaurati a Qasr Ibrim, Buhen e Semna; in Alta Nubia fece costruire o intervenne nei templi di Amon a Sanam, Napata, Kawa, Tabo e Kerma. Gli interventi in Bassa Nubia possono essere collegati alla necessità di disporre di punti di appoggio e presidi in una regione strategica per il mantenimento delle comunicazioni tra Egitto e Kush. In Bassa Nubia insediamenti della XXV Dinastia e/o napatei esistevano anche a Missinissa e nell'area di Faras-Qustul, mentre i resti rinvenuti nella fortezza di Dorginarti, presso la II Cateratta, sono forse associabili all'attività persiana nell'area. Nel complesso comunque il popolamento della Bassa Nubia pare essere stato piuttosto esiguo, forse a causa dei bassi livelli del Nilo ‒ che riducevano la già limitata produttività agricola dell'area ‒ o, dopo la fine del dominio egiziano dei principi kushiti, anche delle tensioni che si determinarono lungo la frontiera tra Egitto e Kush, specie all'inizio del VI sec. a.C.
Il programma di costruzioni di Taharqa in Alta Nubia è probabilmente legato al rafforzamento della presenza reale attraverso l'istituzione di centri amministrativi cui erano associati dei templi. L'Alta Nubia, regione ricca da un punto di vista agricolo, doveva essere densamente abitata. I centri principali, oltre a Gebel Barkal/Napata, dovevano essere Sanam, Kawa, Tabo, e Kerma. Proprio a Kerma si sono anche messe in luce delle dimore e delle botteghe di vasai di questa fase, mentre a Kawa un esteso abitato di edifici di mattoni crudi doveva circondare il tempio di Amon fatto costruire da Taharqa, raggiungendo un'estensione di circa 17 ha. I templi di Amon a Gebel Barkal/Napata, Sanam, Kawa e Kerma si affiancavano a dei palazzi e dovevano avere un intento non solo religioso ma anche amministrativo e ideologico. Infatti sembra che i templi altonubiani di Taharqa siano sorti nei capoluoghi dei potentati uniti dalla dinastia kushita, nel corso del consolidamento del suo potere in Alta Nubia. Questi stessi centri erano anche toccati dal viaggio di incoronazione del re di Kush e, significativamente, una caratteristica ricorrente dei templi di Amon voluti da Taharqa è la presenza di una sala ipostila con trono su un podio vicino alla cella della divinità.
Come già evidenziato, l'attività edilizia dei sovrani di Kush si concretizzò soprattutto in edifici templari e palatini costruiti presso il Gebel Barkal e in altri siti altonubiani. L'esempio più significativo e paradigmatico delle strutture di questa fase, e dell'architettura templare egiziana in generale, è indubbiamente il tempio di Amon, la cui costruzione fu promossa a Kawa da Taharqa. I palazzi coevi sono meno noti, anche se esili tracce ne sono state rinvenute a Napata, Kawa e Meroe: si trattava comunque di strutture costruite in mattoni crudi che sorgevano in genere in prossimità dei templi. Una residenza aristocratica provinciale, anch'essa di mattoni crudi e di pianta quadrata, è stata rinvenuta a Kerma. Il sistema insediamentale e amministrativo altonubiano, basato sul binomio centro urbano-tempio, si estendeva forse anche alle regioni del medio Nilo. L'inserimento di Meroe nel regno di Kush è dimostrato dalle più antiche inumazioni principesche nei cimiteri ovest e sud, della prima metà dell'VIII sec. a.C.; alcune tracce archeologiche dall'area della Città Reale, insieme alle notizie desumibili dalle più tarde iscrizioni di Irike-Amanote (fine del V sec. a.C.) e Nastasen (fine del IV sec. a.C.), suggeriscono che vi sorgessero un palazzo e un tempio di Amon. Meroe resta però il solo centro urbano con tempio di cui si abbia notizia nel medio Nilo.
Commerci - La struttura del sistema insediamentale e amministrativo era certamente collegata anche agli interessi commerciali. A Sanam, che rappresentava il terminale settentrionale delle piste che attraversavano il Deserto del Bayyudah collegando l'Alta Nubia e il medio Nilo, un edificio dalla pianta allungata e dalle dimensioni imponenti doveva essere un'installazione commerciale, forse adibita a magazzino visto che vi furono rinvenute zanne di avorio. Proprio l'avorio e forse i "cavalli pregiati di Kush", a meno che tale nome non indicasse una razza di cavalli piuttosto che la loro provenienza, erano tra i più apprezzati beni esportati dalla Nubia verso il Vicino Oriente. Sembra del tutto probabile che molti di questi beni fossero scambiati all'interno di relazioni di tipo diplomatico, come suggerito per l'epoca persiana da alcuni cenni di Erodoto e da un rhytòn, con base a forma di amazzone a cavallo e dalla decorazione dipinta con scene di battaglia tra Greci e Persiani (in cui singolarmente prevalgono questi ultimi), scoperto in una sepoltura principesca a Meroe. La qualità della manifattura e il soggetto della decorazione suggeriscono infatti che tale oggetto vada inserito in produzioni commissionate dalla corte persiana e fatte poi circolare presso le aristocrazie straniere come dono diplomatico. D'altro canto l'avorio, l'ossidiana, il lapislazzuli, le conchiglie del Mar Rosso, l'oro grezzo o lavorato, la ceramica importata, i vasi di calcite e alabastro, gli amuleti e gli oggetti smaltati egiziani continuano a essere presenti nelle tombe principesche e suggeriscono che la dinastia di Kush continuasse a essere al centro di una vasta rete di contatti esterni.
Gli oggetti di tipo napateo rinvenuti in sepolture della regione del Wadi Allaqi, una delle regioni aurifere del Deserto Orientale, nel cimitero di Gebel Moya, nella Gezira e in alcuni siti dell'Altopiano Etiopico sono ulteriori testimonianze della rete di rapporti facenti capo al regno di Kush.
Necropoli regali e private - La necropoli reale utilizzata all'inizio di questa fase e fino al 650 a.C. circa, che restò in uso anche quando i sovrani di Kush governarono l'Egitto, è quella di el-Kurru, dove continuarono a essere costruite sovrastrutture piramidali sopra camere cui si accedeva da un dromos, la cui tipologia si era andata definendo nel corso della fase precedente. I sovrani erano deposti in sarcofagi secondo le usanze egiziane, come testimoniato dalla presenza di vasi canopi e usciabti. Accanto a queste strutture sono state trovate anche delle fosse in cui erano deposti i cavalli dei sovrani con tutte le loro bardature. Taharqa inaugurò un nuovo cimitero reale a Nuri, dove furono sepolti i sovrani che si succedettero sul trono di Kush tra il 650 e il 290 a.C., con la sola eccezione di Tanwetamani e di un sovrano forse del IV sec. a.C., che preferirono essere sepolti a el-Kurru. La tomba di Taharqa si caratterizza per le sue dimensioni, maggiori rispetto a quelle delle altre piramidi reali, e per la pianta della struttura sotterranea, che richiama l'Osireion di Abido fatto costruire da Sethi I. La necropoli di Nuri è importante anche perché spesso i nomi dei sovrani che governarono Kush dopo Tanwetamani ci sono noti solo da oggetti trovati nelle sepolture. Vista la scarsità di documenti scritti, inoltre, la seriazione tipologica delle sepolture e lo studio dei loro corredi resta una fonte insostituibile per la determinazione della cronologia dei sovrani. L'ultimo sovrano a essere sepolto a Nuri fu Nastasen alla fine del IV sec. a.C.
Il cimitero di Sanam e uno recentemente scavato a Kerma, i più importanti cimiteri non reali noti, erano caratterizzati dalla presenza di sepolture sia in posizione contratta, spesso associate a ceramiche di tradizione nubiana, sia con il corpo semplicemente disteso sulla schiena e senza sarcofago, sia con inumazioni in sarcofago con il corpo mummificato, spesso associate a ceramiche di tipo egiziano. L'interpretazione tradizionale della coesistenza di diversi costumi funerari attribuisce le tombe di tipo egiziano ad artigiani, sacerdoti o funzionari di origine egizia al servizio dei sovrani di Kush (non va dimenticato però che la popolazione nubiana avrebbe potuto adottare costumi egiziani per fenomeni di acculturazione).
I corredi funerari rinvenuti in questi cimiteri rivelano le capacità tecniche degli artigiani dell'epoca, evidenti nei gioielli d'oro e di pietre dure, in cui l'iconografia delle parti figurate è di tipo egiziano ma la sintassi compositiva è invece originale e legata al gusto locale. I vasi di bronzo, invece, si caratterizzano per la forma tipicamente nubiana, su cui sono talora applicati motivi decorativi che riecheggiano il repertorio egiziano del Nuovo Regno. I pochi esempi di decorazione dipinta delle camere sepolcrali, come quella della tomba di Tanwetamani a el-Kurru e di una tomba aristocratica o principesca recentemente messa in luce nell'area di Napata, riprendono temi, come la vicenda del defunto nell'aldilà o quello delle costellazioni celesti, e stilemi della tradizione egiziana.
Arte tra tradizione e innovazione - Anche nelle sculture e nei rilievi che adornano i monumenti della XXV Dinastia vengono recuperati stilemi e iconografie egiziani dell'Antico, del Medio e del Nuovo Regno, talora con un gusto quasi filologico. L'iconografia del sovrano rappresentato come sfinge che calpesta i nemici libici utilizzata nel tempio di Kawa, ad esempio, riprende figurazioni del tempio funerario di Sahure, re della V Dinastia, e di Pepi II, della VI Dinastia, suggerendo la presenza a Kawa di maestranze provenienti dalla zona di Menfi. Oggi si tende a evidenziare come tali tendenze arcaicizzanti fossero iniziate in Egitto già prima dell'intervento dei Kushiti; è però fuori di dubbio che, anche se così fosse, accettando questa tendenza i Kushiti tesero a presentarsi come continuatori della tradizione faraonica. Non mancarono peraltro delle particolarità che anche nella scultura caratterizzano le opere di questa fase rispetto alla tradizione egiziana, come è ben evidente nelle statue reali rinvenute nei templi di Gebel Barkal e Kerma.
Nell'iconografia vanno senza dubbio ricordati l'uso di una corona aderente "a cuffia" sulla cui parte anteriore erano due urei, invece dell'unico ureo abituale dei sovrani egizi, e la collana con pendente a forma di testa di ariete, simbolo di Amon. Riguardo ai tratti stilistici vanno ricordate le proporzioni delle figure maschili, con spalle e collo molto larghi, l'enfasi nella resa della muscolatura nelle sfingi, la corpulenza nelle figure femminili e i connotati del volto spesso esplicitamente nubiani. D'altro canto nello stesso tempio di Kawa, accanto ai rilievi di gusto arcaicizzante altri coevi, come uno raffigurante cavalieri e cavalli, si distinguono per una maggiore libertà rispetto ai canoni egiziani sia nel soggetto sia nello stile. Serie di rilievi riconducibili a questa tendenza più originale sono stati rinvenuti anche nel tempio di Amon a Gebel Barkal/Napata o a Meroe nel Tempio del Sole.
Il cambiamento del luogo della sepoltura dei sovrani di Kush da Nuri a Meroe, a cavallo dell'inizio del III sec. a.C., marca la fine della fase detta "napatea" e l'inizio di quella "meroitica". La motivazione del trasferimento non è nota e potrebbe essere addebitata a un cambiamento dinastico o, come tradizionalmente ritenuto, al trasferimento della capitale da Napata a Meroe. In realtà alcuni studiosi dubitano che lo spostamento di capitale sia mai avvenuto e ritengono che Meroe sia sempre stata la capitale o, almeno, una delle capitali del regno. Il trasferimento del luogo della sepoltura reale non va in ogni caso sottovalutato nei suoi significati ideologici e politici, anche perché si accompagnò ad altri fenomeni, come l'uso della lingua e del geroglifico meroitici al posto di quelli egiziani e l'affermarsi del dio Apedamak come patrono del sovrano accanto ad Amon, che paiono indicare uno scivolamento a sud del baricentro del regno. Il fenomeno appare evidente anche se si considera la fioritura di centri meroitici nella regione del medio Nilo e del Butana.
Insediamenti - Questi centri erano caratterizzati dalla presenza di uno o più templi, di strutture palatine e necropoli, mentre tracce di consistenti strutture di abitato sono, fatte salve poche eccezioni come Meroe, Naqa e Wad Ben Naqa, assenti. Un elemento che invece si presenta come una caratteristica costante di questi siti è la presenza di uno o più hafir, bacini artificiali di raccolta delle acque piovane che stagionalmente scorrevano lungo i widyān.
L'ipotesi più verosimile circa l'utilizzazione di questi bacini è che fossero destinati ad approvvigionare d'acqua, nella stagione secca, la parte pastorale e transumante della popolazione kushita, dispersa nella stagione umida nelle steppe del Butana. Gli hafir erano in genere associati a templi dedicati ad Apedamak, coerentemente con la connotazione di propiziatore della fertilità di questo dio. Apedamak però era anche un dio guerriero e protettore del sovrano e certamente la costruzione dei complessi tempio-hafir è stata promossa dallo Stato meroitico per esercitare il proprio controllo sulla popolazione transumante del Butana. L'importanza di questi allevatori di bovini nel quadro generale dell'economia meroitica è dibattuta, nondimeno è innegabile che all'interno della popolazione meroitica del Butana esistesse una componente dedita all'allevamento, che viveva probabilmente in simbiosi con gli agricoltori della valle del medio Nilo, magari anche coltivando in alcune aree il sorgo, un cereale adatto alle condizioni di aridità della regione.
Diverse dovevano essere le caratteristiche del sistema di insediamento in Alta Nubia, dove è possibile individuare sulla base degli interventi di restauro e costruzione dei sovrani meroitici a Kawa, Argo, Sanam, Napata e Kerma una certa continuità con l'organizzazione territoriale e amministrativa dell'epoca precedente, basata sul binomio centro urbano-tempio. La Bassa Nubia rimase scarsamente occupata. Le attività edilizie dei sovrani di Kush a File, Dakka, Kalabsha, Dabod e Qasr Ibrim possono far ipotizzare il mantenimento o il ristabilimento di centri amministrativi nella regione, forse in relazione alla sua importanza commerciale quale area di transito o in relazione a contingenze politiche, come il sostegno dei sovrani di Kush alle rivolte antitolemaiche in Alto Egitto alla fine del III sec. a.C. - inizio del II sec. a.C., coincidenti forse con un tentativo meroitico di riguadagnare il controllo della Bassa Nubia. A sud della II Cateratta, invece, i centri amministrativi si trasformarono gradatamente nel II e I sec. a.C. in veri e propri insediamenti, di cui i più importanti erano Faras e Karanog, che divennero sedi del pesto, il governatore della regione, e dove sorsero edifici palatini, magazzini e cimiteri con strutture a piramide attribuibili ai governatori stessi o alle loro famiglie. La floridezza di questi centri è probabilmente collegabile alla loro posizione lungo le direttrici di comunicazione tra Kush e l'Egitto.
Commerci internazionali - Lo spostamento a sud dell'asse del regno non pose termine ai rapporti con l'Egitto. Come già evidenziato, i rapporti non furono sempre pacifici ma, nonostante ciò, Kush rappresentò un interlocutore diplomatico e commerciale importante per i Lagidi e per i Romani ed è probabile che dal commercio con il Mediterraneo lo Stato meroitico traesse gran parte della sua floridezza. Il commercio si giustifica come nelle fasi precedenti per la presenza in regioni controllate dai sovrani di Kush di materie prime come l'avorio, l'oro, gli aromi, l'ebano. I meccanismi attraverso cui il commercio si svolgeva sono poco noti, nondimeno la presenza di oggetti importati nei cimiteri reali, rispetto a quella riscontrata in contesti riferibili all'aristocrazia provinciale di Kush, sembra indicare una maggiore possibilità di accedere a tali beni da parte dei sovrani. Nelle piramidi reali di Meroe sono stati rinvenuti numerosi oggetti d'arte e vasi di metallo di tipo ellenistico-romano. Questo genere di oggetti era fabbricato per la corte imperiale e inviato come dono ai sovrani amici. Ancora una volta quindi, analogamente a quanto riscontrato nella fase precedente, il commercio tra Kush e il mondo mediterraneo appare strettamente connesso all'attività diplomatica ed era forse almeno in parte controllato dalla corte. Significativamente nel palazzo della regina Amanishakheto a Wad Ben Naqa, databile alla fine del I sec. a.C., sono state rinvenute nei magazzini delle zanne d'avorio.
Strutture fortificate meroitiche sorgevano, poi, in prossimità dei pozzi lungo le piste che collegavano la regione di Napata con quella di Meroe e la loro presenza indica almeno una protezione, se non una gestione, del commercio da parte dello Stato. Il controllo sugli scambi poteva anche rafforzare la coesione del regno attraverso la redistribuzione al suo interno, verso le aristocrazie provinciali, di oggetti di lusso importati: non a caso tali oggetti sono stati rinvenuti, pur se in misura minore rispetto al cimitero reale, anche nei pochi cimiteri provinciali del regno di Kush finora indagati. Accanto a vasi di metallo e vetro e a monili di origine mediterranea, nelle tombe principesche e aristocratiche meroitiche si sono rinvenute numerose anfore, molte delle quali certamente vinarie. Questa presenza attesta l'adozione di alcuni tratti dello stile di vita mediterraneo, di cui il consumo di vino era parte integrante.
Architettura - Se si eccettuano i due siti di Meroe e Musawwarat es-Safra, poco è noto dell'organizzazione urbanistica dei centri del regno di Kush. Mentre a Meroe le strutture palatine e templari sono connesse a cospicue aree di abitato e artigianali, a Musawwarat es-Safra, probabilmente in relazione a una presenza solo stagionale di gran parte della popolazione, un vero insediamento è assente. Le stesse conoscenze che abbiamo dell'architettura sono, nel complesso, piuttosto scarse e le indagini archeologiche si sono limitate alle strutture templari e palatine.
L'architettura templare riflette il processo che portò Amon a essere affiancato e per alcuni aspetti soppiantato come protettore del sovrano da Apedamak, una divinità a testa leonina e dal nome meroitico il cui culto pare essere stato particolarmente diffuso nella regione del medio Nilo e del Butana. Apedamak era adorato in un tipo peculiare di santuario, costituito in genere da una stanza sola, talora preceduta da un'antecella e con ingresso a pilone, che conobbe in questa fase ampia diffusione. Il più antico tempio noto dedicato ad Apedamak è quello di Musawwarat es-Safra, costruito alla metà del III sec. a.C., che ben rappresenta questa tipologia. Vista la sua ampia diffusione nella regione del medio Nilo e del Butana, l'origine della tipologia va probabilmente ricercata in quelle regioni. In questa fase continuarono comunque a essere utilizzati e costruiti templi di tipo napateo-egiziano, caratterizzati dall'usuale sequenza di pilone, cortile, ipostila, antecella e cella, come, ad esempio, il santuario di Amon a Meroe. Quest'ultima tipologia templare pare essere connessa al culto di Amon, divinità di tradizione napatea ed egiziana.
L'unico palazzo noto è quello a pianta quadrata di Wad Ben Naqa, fatto probabilmente costruire dalla regina Amanishakheto alla fine del I sec. a.C. Il palazzo, di mattoni crudi e di cui si conserva solo il basamento con stanze allungate forse adibite a magazzino, era originariamente costituito da almeno due piani, con le stanze di rappresentanza dalle pareti riccamente decorate al piano superiore.
Necropoli - L'architettura funeraria è nota grazie alle indagini nelle necropoli di Meroe e Napata, nelle necropoli provinciali di Sedeinga e Kerma in Alta Nubia e di Karanog e Faras in Bassa Nubia. Caratteristiche erano le sovrastrutture di tipo tronco-piramidale, con una finestra che si apriva in prossimità della sommità, cui era addossata una cappella destinata al culto funerario con ingresso abbellito da un pilone. I defunti erano deposti in camere scavate sotto la piramide cui si accedeva attraverso delle scale o un dromos. L'architettura funeraria pare quindi porsi in un rapporto di logica evoluzione rispetto a quella delle fasi precedenti. Il fatto che in epoca postmeroitica ricompaiano le sovrastrutture a tumulo e la pratica dell'inumazione del defunto su un letto, utilizzate in Nubia fino ai primi secoli del I millennio a.C. e derivanti da una tradizione protostorica, potrebbe suggerire che esse fossero sopravvissute anche in questa fase in qualche provincia del regno di Kush, ma purtroppo finora manca qualunque conferma diretta di questa ipotesi. Come per la fase precedente, in mancanza di altri documenti adeguati, la seriazione tipologica delle strutture e dei corredi delle necropoli reali resta fondamentale anche per la ricostruzione della successione dei sovrani di Kush.
Gli alti livelli raggiunti nella metallurgia dagli artigiani nubiani sono evidenziati dagli oggetti presenti nelle sepolture. In particolare le oreficerie erano decorate con le tecniche della martellatura su stampo, della granulazione e con l'applicazione di pietre dure e incrostazioni di vetro. Come evidente nei gioielli che componevano il tesoro della regina Amanishakheto, scoperto nella sua piramide a Meroe, le iconografie utilizzate sono spesso desunte dal repertorio egiziano-napateo con qualche elemento ellenistico mediterraneo, ma il trattamento dei temi e lo stile della rappresentazione sono tipicamente meroitici. Monili erano prodotti anche in bronzo, ugualmente utilizzato per la realizzazione di contenitori e lampade. L'uso del ferro era, invece, limitato alla produzione di armi e strumenti.
Arti - Le somiglianze stilistiche di molti rilievi e sculture che ornavano i templi di questa fase, come il tempio di Apedamak a Musawwarat es-Safra o il santuario delle acque a Meroe, con coeve opere dell'Egitto tolemaico suggeriscono in alcuni casi un intervento di maestranze egiziane. Sebbene il retaggio napateo e gli elementi esogeni siano evidenti in molte opere scultoree dell'epoca, in generale però i soggetti rappresentati sono originali e non mancano di tratti peculiari: l'iconografia del sovrano, ad esempio, si caratterizza per una tunica lunga e uno scialle che ne copre la spalla destra, riecheggianti il costume dei sovrani tolemaici, insieme alla corona "a cuffia", tipica dei sovrani napatei, su cui però ora sono aggiunte altre elaborate corone associate a un'ampia dotazione di gioielli tipicamente meroitici. Le regine vengono rappresentate con abbigliamento e attributi regali simili a quelli dei sovrani e con le caratteristica corpulenza già notata nella fase precedente. Sia nella scultura sia nel rilievo si nota un mutamento nelle proporzioni delle figure, che divengono meno allungate e slanciate rispetto al periodo precedente, e una maggiore enfasi viene data nei tratti del viso agli occhi. Una statuetta bronzea di sovrano databile al I sec. a.C. rinvenuta a Tabo, in Alta Nubia, e una statua colossale in granito del III sec. a.C. dall'isola di Argo, sempre in Alta Nubia, illustrano bene queste caratteristiche, oltre alla maestria tecnica posseduta dagli scultori meroitici nella statuaria sia di pietra sia di metallo. Più collegate alla tradizione napatea paiono in genere le iconografie delle figurazioni nelle cappelle per il culto funerario, con il defunto nella parte interna, intronizzato e protetto da una divinità femminile alata, e scene di offerta; sul pilone potevano essere rappresentate scene di vittoria del sovrano sui nemici del regno.
Una rielaborazione originale di motivi della tradizione egiziano-napatea e di quella ellenistica è evidente anche nella decorazione della raffinata ceramica dipinta, prodotta a partire dal III sec. a.C. Quest'ultima era affiancata da ceramiche fatte a mano e decorate, seguendo una tradizione nubiana antichissima le cui radici affondano nella preistoria, con motivi naturalistici o geometrici incisi o impressi. L'ampia diffusione di queste due classi vascolari testimonia come i contenitori fossero scambiati, forse in ragione del loro contenuto, anche su distanze medio-lunghe rispetto alle aree di produzione. Accanto ai prodotti e ai tratti stilistici potevano viaggiare anche le tecnologie, come si verificò forse per quella del vetro. Non si può infatti escludere che gli intarsi vitrei di alcuni gioielli, alcuni manufatti tipicamente meroitici (come gli anelli da arciere realizzati in vetro) e alcuni recipienti di vetro più tardi, decorati con iconografie squisitamente meroitiche, fossero prodotti in Nubia, sebbene, mancando evidenze dirette dei laboratori di manifattura, sia anche possibile che questi oggetti fossero prodotti in Egitto appositamente per essere esportati verso Kush.
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di Alessandra Bravi
Dopo la spedizione di Elio Gallo nel 29 a.C., la Bassa Nubia entrò a far parte di una unità amministrativa denominata Triachontaschoenus unius Aethiopiae, un protettorato romano governato da un tyrannos etiope. Nel 25/4 a.C. il prefetto C. Cornelio Gallo, reduce dalla repressione di una rivolta nella Tebaide, si spinse oltre la I Cateratta e insediò al governo della Bassa Nubia un protetto di Roma, imponendo ai Kushiti il pagamento di un tributo. Nell'inverno del 22 a.C. un esercito meroitico, comandato da una Candace (Amanirenas o Amanishakheto) marciò contro la fortezza di Qasr Ibrim, principale presidio romano nel territorio annesso al comando del nuovo prefetto Petronio. Dopo aver incontrato Petronio, i Meroiti inviarono ambasciatori ad Augusto per negoziare. La pace fu ristabilita nel 20 a.C., quando Augusto incontrò gli ambasciatori di Kush a Samo, eliminando il tributo imposto da Cornelio Gallo e assecondando altre loro richieste. Forse in seguito a questi avvenimenti, sotto la soglia di un edificio rettangolare a Meroe (M 292), originariamente annesso al santuario di Amon, venne interrata una testa bronzea di Augusto, probabilmente prima della metà del I sec. d.C. Datata da D. Boschung al 30-25 a.C., la testa viene considerata da L. Török pertinente a una statua eretta a Qasr Ibrim in un'epoca compresa tra il 25 e il 21 a.C. (secondo altri ad Assuan, dove i Meroiti si erano spinti nel corso della loro prima incursione), forse durante l'occupazione romana del forte, trasportata poi a Meroe e sepolta dopo il trattato di Samo. Il seppellimento della testa costituiva un atto che ben si addiceva al significato di vittoria espresso dall'intero edificio, come testimoniano le pitture all'interno, che raffigurano scene di trionfo sui nemici.
La presenza romana nel regno di Kush intensifica il processo di acquisizione di beni di prestigio dal mondo mediterraneo. Tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. l'influsso della civiltà ellenistico-romana nelle manifestazioni figurative nelle officine dei principali centri urbani si rivela ancora nell'adozione di stili, iconografie e tipologie di manufatti, testimoniando la presenza di aristocrazie urbane e provinciali tese ad acquisire gli habitus peculiari delle élites dell'oikoumene romanizzata. L'integrazione di Kush nel circuito internazionale dei commerci viene confermata dall'esportazione di oro, elefanti e schiavi, mentre beni e manodopera specializzata continuano a diffondersi in tutta la regione del medio Nilo. La circolazione di manufatti di prestigio contribuisce a costruire una rete di contatti tra i centri urbani e le élites provinciali e a stabilire nuove alleanze con le frange più meridionali del regno, come dimostrano, ad esempio, i beni di prestigio trovati a Sennar-Makwar e in altri centri ai margini del regno di Kush.
Il I sec. a.C. era stato caratterizzato da un grande sviluppo economico e artistico coincidente con il regno della Candace Amanishakheto, la cui attività edilizia è testimoniata a Kawa e Wad Ben Naqa. Le scene raffigurate sui gioielli scoperti nella sua tomba, come gli anelli d'oro, esprimono un'ideologia del potere fondato sull'origine divina della regalità e sulla sua legittimazione da parte dell'Amon di Napata. La regina stessa venne rappresentata sul pilone della sua cappella funeraria, nell'atto di trionfare sui suoi nemici con un costume reale che la assimila a divinità nubiane guerriere e cacciatrici. La simbologia della vittoria tipica della cultura greco-romana viene messa in campo per esprimere la vocazione guerriera di Amanishakheto, come risulta testimoniato dalla presenza nel suo tesoro di un cammeo con testa di Atena, che porta raffigurata sull'elmo attico una Nike sul carro (biga) e reca sul petto un gorgoneion.
Nei decenni centrali del I sec. d.C., durante il regno di Natakamani e della coreggente Amanitore, nel regno di Kush vengono intraprese molte opere edilizie: templi di Amon sono eretti a Naqa e ad Amara; il più recente tempio di Amon a Meroe e il santuario dedicato al dio a Gebel Barkal sono restaurati e ampliati. Un tempio di Isis sorge a Wad Ben Naqa, mentre un santuario di Apedamak viene eretto a Naqa, dove il dio figura su alcuni rilievi con ai lati il re Natakamani e la Candace Amanitore, ambedue accompagnati da un principe della corona. Tipicamente meroita appare il motivo, sul pilone dello stesso tempio, di un serpente con testa di leone che fuoriesce dal calice di un fiore. La costruzione di un grande palazzo a Gebel Barkal e l'apertura di una via processionale che conduce al tempio di Amon a Meroe rivelano intenti programmatici di creare impianti urbanistici regolari; la crescita di un insediamento pianificato si mostra con maggiore evidenza a Meroe, accomunata al centro di Napata nella ristrutturazione dei quartieri reali.
I rilievi che decorano i nuovi templi, come quelli di Amon e Apedamak a Naqa, rivelano la partecipazione di maestranze egiziane, la cui attività traspare anche nel cosiddetto "chiosco romano" a Naqa, e sono caratterizzati da scelte stilistiche in senso arcaizzante. La concertazione di componenti eterogenee, caratteristica dell'arte meroitica, si esprime nel I sec. d.C. nel palazzo a Wad Ben Naqa o nella corte a peristilio del palazzo di Natakamani-Amanitore a Napata. I monumenti eretti dai principi della seconda metà del I sec. d.C. si mostrano aderenti a modelli arcaizzanti; tuttavia nei rilievi rupestri di Gebel Qeili il principe Shorkaror trionfa sui nemici sotto la protezione di una divinità solare sincretistica che rispecchia influenze tardo-ellenistiche, mentre la rappresentazione dei nemici vinti si ricollega ai monumenti della XXV Dinastia nubiana.
In epoca neroniana si intensificano gli scambi commerciali lungo la rotta del Mar Rosso: le importazioni a Roma secondo Plinio raggiungevano i 100.000.000 di sesterzi (Nat. hist., XII, 84). Nerone inviò in Etiopia una spedizione esplorativa a Meroe tra il 61 e il 63 d.C. In questo periodo a Kush sono ancora molto diffusi gli apporti della cultura ellenistico-romana, che penetra nel tessuto sociale del regno meroitico con testimonianze rilevanti di beni di prestigio importati, costituiti in parte da doni. Emblematica a questo proposito è la cosiddetta "coppa di Boccoris", trovata nella tomba reale di Amanikhabale: un vaso d'argento creato in un'officina di corte, probabilmente Alessandria o Roma, e decorato con una scena secondo alcuni tratta dalla leggenda del re Salomone-Boccoris-Bakenrenef, dove il sovrano assume le fattezze di Augusto, secondo altri riguardante il giudizio di Creonte, seduto in trono davanti a Medea. La coppa, inizialmente datata tra il 19/8 a.C. e l'epoca augustea, ma recentemente collocata alla metà circa del I sec. d.C., è stata interpretata come una rappresentazione simbolica della clementia del princeps, costituendo pertanto un oggetto di grande significato politico. Se si accoglie una datazione al I sec. d.C., il manufatto può essere interpretato come un dono diplomatico recato dalla delegazione romana che Nerone inviò in Etiopia nel 61 d.C.
Tra l'inizio del II sec. d.C. e la metà del III, le evidenze archeologiche sembrano confermare la persistenza di un'epoca di pace e prosperità a Kush, nonostante i monumenti esaltino l'iconografia del governante come guerriero trionfante o cacciatore. Una statua di ariete di arenaria, probabilmente pertinente a una via processionale, che reca l'iscrizione di Amanikhareqerem, testimonia l'estensione geografica dell'autorità dei re meroiti fino a Soba, vicino a Khartum. I palazzi monumentali di Meroe e Naqa, i cimiteri a piramidi di Faras e Karanog indicano la crescente rilevanza di una élite amministrativa e sacerdotale. Un gruppo di iscrizioni demotiche nella Dodecascheno, databili tra il II e il IV sec. d.C., dimostra l'emergenza di famiglie aristocratiche della Bassa Nubia che fanno da tramite per l'esercizio della regalità meroitica su questa regione, il cui controllo venne attuato intorno alla metà del III secolo anche grazie alla recessione delle guarnigioni romane dall'area, probabilmente a partire dal 217/8 d.C.
Tra il III e gli inizi del IV sec. d.C., la Bassa Nubia compresa tra la frontiera romana e la II Cateratta era amministrata da un inviato del re chiamato pesto (o peseto). Nell'area tra la II e la III Cateratta risiedeva invece uno sleqeñ, il cui potere è dimostrato dalla magnificenza delle piramidi di Sedeinga, dove egli esercitava la sua autorità.
La diffusione di modelli ellenistici a Kush è testimoniata da un gruppo di sculture "ellenizzanti" di arenaria locale provenienti dal complesso un tempo denominato Terme Romane, oggi riconosciuto come un santuario delle acque. Cronologicamente le sculture possono essere divise in due gruppi, che si possono riferire alle fasi costruttive di tardo II sec. a.C. e tardo I sec. a.C. - inizi II sec. d.C. Lo stile, risultato di una commistione di elementi alessandrini e meroitici, rende queste statue una chiara manifestazione delle strette relazioni tra la produzione locale e la cultura figurativa ellenistico-romana diffusa nel bacino del Mediterraneo, da Roma ad Alessandria. Tra gli esemplari più notevoli è la cosiddetta Venere di Meroe (metà I sec. d.C. ca.), che raffigura una giovane donna, forse appartenente all'élite o alla famiglia reale, e prende a modello un tipo di Venere Pudica molto diffuso in epoca imperiale. Anche l'architettura del santuario richiama tipologie ellenistiche, come l'esedra che si apre sul lato nord della corte, con un bacino al centro.
Alla metà del I sec. d.C. rivive uno stile arcaizzante che si ricollega a tendenze tipiche della scultura a tutto tondo e a rilievo del III sec. a.C. Un tipo statuario di ascendenza altoegiziana, ma che viene rielaborato in maniera autonoma, è costituito dalle cosiddette "statue-ba" trovate nei contesti funerari della Bassa Nubia, che rappresentano il defunto sotto forma di figura alata molto stilizzata e sono riservate alle classi aristocratiche; una grande quantità di teste di arenaria pertinenti a statue-ba proviene dalle necropoli di Aniba, Schablul, Faras, tra il II e il III sec. d.C., che riproducono in maniera schematica e geometrica i tratti fisionomici del defunto. Di dimensioni insolite è la testa maschile da una tomba di Argin, che non trova paralleli stilistici nell'arte meroitica, ma piuttosto nell'ambito delle manifestazioni figurative della Nigeria, testimoniando apporti figurativi da regioni dell'Africa non "colonizzate" dai modelli tolemaici.
Un tipo particolare di decorazione include la pittura degli interni dei templi di mattoni crudi, il cui primo esempio è costituito dal santuario di Taharqa a Qasr Ibrim e che continua a Meroe nei tempietti di I secolo o nella cappella M 292. I modelli iconografici rivelano prototipi del Nuovo Regno nubiano trasmessi dalla XXV Dinastia. Questo repertorio di iconografie, creato probabilmente e trasmesso dalle officine annesse ai grandi santuari, può essere ritrovato anche nella pittura su ceramica e nella scultura. Pertinente a un affresco parietale rinvenuto nel centro urbano di Meroe da J. Garstang è una figura maschile nuda, rappresentata nell'atto di portare un asse alle cui estremità pendono due elefanti. Interpretata come un'immagine di Eracle Potnios, opera di un artista locale, il dipinto rivela forti influenze della cultura figurativa mediterranea, testimoniando ancora una volta la penetrazione dei modelli ellenistici a Kush e la loro appropriazione da parte dell'aristocrazia urbana di Meroe.
La statuaria in miniatura rivela un alto standard nelle officine reali di lavorazione dei metalli tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., come dimostrano una statuetta d'oro di Nawidemak o una seconda raffigurante un prigioniero da Meroe, datata da S. Wenig tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. La piramide 5 del cimitero nord, collocata da D. Dunham tra il 25 e il 41 d.C., ha restituito una testa di Dioniso di bronzo, ora al Museo di Khartum, con globi oculari riportati in pasta di vetro e pietra nera per la pupilla, iride di cristallo di rocca o pietra dura. Dalla stessa piramide proviene una seconda testa di Dioniso, ora a Boston, forse confezionata in un atelier greco tra la prima metà del II sec. a.C. e la prima decade dell'era volgare. Dalla tomba della regina Amanikhatashan (I-II sec. d.C.) proviene un bacino di bronzo, decorato al suo interno da un medaglione con raffigurazione del mito di Atteone, la cui iconografia rivela forse un modello egiziano e la cui fattura sembra collocarsi nel I sec. d.C. Con questi pezzi ci troviamo nella seconda fioritura dei contatti tra Meroe e l'Egitto greco-romano, un periodo che si protrae fino agli inizi del III sec. d.C.
Statuette e oggetti votivi di bronzo sono attestati nella città di Meroe e a Kawa: vasi, lucerne, di cui un esempio straordinario è la lucerna dalla tomba del re Takideamani (prima metà del III sec. d.C.). Una tipologia particolare di decorazione sugli esemplari di bronzo è costituita dall'incisione, come sulla coppa da el-Hobagi con rappresentazione di danza funebre in stile kushita-romano o le scene rituali su una coppa da Gemai. Due coppe incise dalla tomba di un pesto della metà del III sec. d.C. a Karanog rivelano una continuità nel livello di manifattura fino a quest'epoca tarda. Rari esemplari di vasi d'argento perdurano nel III sec. d.C., mentre alcuni esemplari di bronzo, come la coppa dalla tomba 152 del cimitero ovest di Meroe, che ricorda oggetti appartenenti al tesoro di Mildenhall, sono databili ai secoli III e IV d.C.
Tra il I e il III secolo fiorisce nei siti nubiani una ceramica dipinta, distribuita in modo diseguale nei territori a sud e a nord del regno di Kush. Il repertorio dei motivi si riferisce all'ambito ornamentale egiziano, per quanto riguarda gli elementi simbolici e vegetali, e vi si riconoscono motivi di ascendenza ellenistica. Soprattutto dalla Bassa Nubia proviene una ceramica decorata, testimoniata in epoca tardomeroitica ad Areika, Karanog e Faras, più raramente a Kerma, Wad Ben Naqa e nelle piramidi di Gebel Barkal e Meroe. Una grande varietà di decorazioni (tralci di vite, motivi floreali o geometrici, stile narrativo) si presenta negli esemplari più notevoli, come nel vaso che riprende la forma classica del dinos, decorato con pitture rappresentanti un ibis condotto da un pastore e tralci vegetali in basso, o negli esemplari della cosiddetta "scuola accademica" (I-III sec. d.C.), nei vasi dall'isola di Argo o nelle bottiglie "a forma di uovo" da Faras. Un vaso frammentario da Meroe costituisce un unicum per quanto riguarda la figurazione, che rappresenta, con uno stile tipicamente ellenistico, un personaggio maschile con le braccia tese in direzione di una figura femminile, entrambi nudi, tra fiori di loto (II sec. d.C.). Tra il II e il III sec. d.C. vasi globulari con antilopi, antilopi e uccelli (Karanog), motivi vegetali e floreali, cobra alati, giraffe (Karanog), fauni danzanti (un esemplare da Karanog), bicchieri con scene pastorali (da Karanog, II sec. d.C.), vasi a forma di uovo e giare (Tonnenförmige Flasche) con rappresentazioni di prigionieri (Faras I, sec. d.C.), testimoniano come la produzione ceramica tardomeroitica, tra il I e il III sec. d.C., associ a elementi decorativi egiziani motivi tipicamente meridionali, come la giraffa, rivelando la complessità che caratterizza la cultura figurativa nubiana.
Nel I e II sec. d.C. l'impiego di faïence policroma si applica ai rivestimenti dei muri interni o esterni degli edifici. Significative a tale proposito le frequenti rappresentazioni di Apedamak e membri del corteggio di Dioniso, come negli inserti che originariamente decoravano la facciata del palazzo di Amanitore a Napata. Oltre ai numerosi bicchieri realizzati con questo materiale, come l'esemplare da Argin (I-II sec. d.C.), figurano rilievi (Tempio dei Leoni a Naqa) o placchette decorate con leopardi.
Dalle tombe databili tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C. proviene una grande quantità di oggetti di vetro. Plinio (Nat. hist., XII, 98) menziona ancora nel I sec. d.C. importazioni di vitrea in Etiopia, assieme a bronzi e a gioielli. Sono in questo periodo ampiamente testimoniate le coppe di vetro millefiori da centri di produzione egiziani, probabilmente Tanis, una rara tipologia, in quanto alle forme, di vasi di vetro rosso opaco, inoltre vasi di bronzo riccamente decorati, vasi di serpentino, lucerne nordafricane. Dal II sec. d.C. l'importazione massiccia di beni di prestigio dall'Egitto greco-romano sembra essere testimoniata soprattutto per i siti della Bassa Nubia, come Karanog ‒ sede dal I sec. a.C. del pesto ‒ e Sedeinga. In quest'epoca e poi nel III secolo un significativo cambiamento investe l'importazione degli oggetti di vetro. Se questo materiale resta fino al tardo I-II sec. d.C. un segnale dell'alto livello di status, dal II secolo in poi, grazie all'espansione dell'industria romana ed egiziana, diventa un prodotto di massa. In particolare alcune tipologie di oggetti, come i calici di vetro blu e in genere vetri intagliati e faïence, vengono importate a Kush dall'Egitto fino al IV sec. d.C. Un calice di vetro blu, dipinto e dorato, da una piramide della necropoli occidentale di Sedeinga (250-300 d.C.), mostra in quest'epoca tarda la persistenza di una caratteristica peculiare dell'arte meroitica, nella fusione, in un unico contesto figurativo, di elementi simbolici e iconografici egiziani e autoctoni.
Il Periplo del Mare Eritreo dimostra che alla fine del I sec. d.C. l'interesse dei traffici era già diretto verso Aksum. Nel 298 d.C. Diocleziano attuò lo spostamento della frontiera meridionale dell'Egitto a Elefantina. Nella propaganda ufficiale questo restringimento della frontiera verso nord fu giustificato dalla decadenza del territorio dal punto di vista economico, oltre che dalla difficoltà di tenere sotto controllo un Paese sempre più soggetto alle incursioni di Nubiani e Blemmi (Procop., Bell. Pers., I, 19, 28-35). Tra il III e il IV secolo emerse la potenza di Aksum; Meroe venne minacciata alla metà del IV secolo dalle incursioni dei Noba, contro i quali Ezana, re di Aksum, condusse una spedizione militare tra il 360 e il 370 d.C. A questa data risalgono le ultime sepolture del cimitero ovest di Meroe. Le cause del declino dello Stato meroitico, attribuito di volta in volta alla pressione di elementi esterni, come la presenza dei Noba o la competitività economica dello Stato aksumita, si rintracciano oggi piuttosto in un processo diversificato che indusse progressivamente alla perdita di coesione interna e di centralità di Meroe nella compagine politica dei centri dell'Alta Nubia. Le incursioni dei Blemmi e l'instabilità delle rotte commerciali causarono probabilmente un isolamento di Meroe e una diminuzione progressiva della sua importanza come approdo dei commerci a lunga distanza, fatti testimoniati dalla rarefazione e poi dalla scomparsa dell'importazione di oggetti di valore provenienti dai principali centri di potere che si affacciavano sul Mediterraneo. Durante il IV secolo lo sviluppo di un protostato Noba, destinato a incrementare la sua potenza nel V secolo, conduce progressivamente gli scambi di beni di prestigio a spostarsi verso nuovi centri emergenti come Ballana e Qustul. Testimonianze della cultura meroitica si trovano tra il IV e il V sec. d.C. a el-Hobagi, un sito non lontano da Wad Ben Naqa. Le sue piramidi hanno restituito vasellame di bronzo inciso con figure e iscrizioni in geroglifico meroita, rivelando che, anche dopo la conquista di Meroe da parte di Ezana, persiste la vitalità di pratiche artigianali e di tipologie architettoniche che avevano contraddistinto le manifestazioni figurative del regno di Kush in tutto il periodo meroitico.
Bibliografia
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