Vedi African Union dell'anno: 2012 - 2015 - 2016
Unione Africana
Promotore della creazione dell’Unione africana (AU) è stato, tra gli altri, il leader libico Mu‘ammar Gheddafi, che negli anni Novanta si autonominò erede delle istanze panafricaniste dei grandi padri della patria ed eroi della decolonizzazione africana. La proposta di ridare vitalità ai progetti d’integrazione continentale attraverso un’organizzazione che aggiornasse gli obiettivi dell’Organizzazione dell’unità africana (OAU) è stata raccolta da numerosi capi di stato. L’OAU, fondata nel 1963 da 31 stati africani, aveva l’obiettivo di difendere la sovranità e l’integrità territoriale degli stati membri, sradicare il colonialismo e l’apartheid, rafforzare l’unità e la solidarietà degli stati africani e favorire la cooperazione internazionale nel quadro delle Nazioni Unite.
Nel 2002 a Durban, in Sudafrica, paese simbolo dell’affermazione dei diritti umani nell’Africa liberata, l’Unione africana ha visto la luce. Alla Carta hanno aderito 53 paesi, tutti gli stati africani meno il Marocco, che si è tenuto in disparte a causa della presenza fra i firmatari della Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD).
Con la Carta di Durban, che segna la costituzionalizzazione dei rapporti interafricani, la sovranità negativa, affermata e difesa nella Carta dell’OAU, viene rovesciata. Gli stati africani, meno concentrati sulla difesa dell’ormai acquisita indipendenza, operano per la costruzione di organi neutrali e istituzioni condivise a garanzia delle libertà civili e allo scopo di aumentare il rispetto da parte degli attori esterni. Nella Carta fondativa dell’AU vengono affermate la ricusazione dei rovesciamenti non costituzionali di governo e la condanna del terrorismo, mentre viene sottolineata la promozione degli istituti democratici, della partecipazione popolare, della good governance e dello sviluppo sostenibile. La Carta di Durban introduce la possibilità che organi collettivi interafricani intervengano quando l’autonomia dei singoli governi mette a rischio gli equilibri regionali e continentali, anche attraverso sanzioni, avvicinandosi al concetto della responsibility to protect delle Nazioni Unite. Grande attenzione viene riposta nella tutela dei diritti umani secondo la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.
La struttura dell’AU è concepita secondo un approccio olistico alla sicurezza, che mette in relazione la pace, la sicurezza e lo sviluppo. Gli strumenti di cui si dota l’Unione Africana sono contenuti nell’APSA, un accordo di sicurezza collettiva e di allerta preventiva per facilitare il tempestivo ed efficace intervento in caso di conflitti o situazioni di crisi.
Nel 2004 è stato inaugurato il Parlamento panafricano, al fine di promuovere un maggiore coinvolgimento dei cittadini africani. Nello stesso anno è stato creato il Consiglio per la pace e la sicurezza, un organo composto da 15 stati che ha il potere di prendere decisioni per la prevenzione, la gestione e la soluzione dei conflitti (quali l’adozione di sanzioni e l’autorizzazione di missioni di peacekeeping), le cui funzioni e funzionalità sono ispirate al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Si tratta dell’organo più attivo dell’organizzazione. L’APSA prevede anche la creazione di una forza armata semi-permanente, l’African Standby Force (ASF), la cui costituzione è però continuamente rimandata a causa della scarsità di fondi di cui l’organizzazione dispone.
L’AU è la prima organizzazione regionale e internazionale che ha riconosciuto il proprio diritto di intervenire in uno stato membro, previa decisione della Conferenza, in caso di crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio. L’organizzazione ha introdotto il principio di ‘non indifferenza’, che è subentrato al principio di non interferenza negli affari interni previsto dall’OAU. L’AU ha inviato missioni di peacekeeping in Darfur dal 2003, in Somalia nel 2007, in Mali nel 2012 e in Repubblica Centrafricana nel 2013. Nel 2011 l’AU ha inoltre cercato di porsi come mediatore tra Gheddafi e le forze antigovernative, esprimendo la propria contrarietà sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che ha stabilito la no fly zone. Durante le crisi in Mali e in Repubblica Centrafricana, l’intervento militare francese ha di fatto rimarcato la debolezza dell’organizzazione, che ha dovuto riconoscere la propria inadeguatezza a livello logistico e organizzativo.
Contemporaneamente, l’AU supervisiona il Nuovo partenariato per lo sviluppo dell’Africa (NEPAD), un’iniziativa per la lotta alla povertà e lo sviluppo economico basato sulla creazione di partnership, meccanismi di mutuo controllo e riproduzione di buone pratiche.
Di rilievo la cooperazione in materia di sanità, anche a causa della necessità di combattere HIV e malaria, e l’impegno nelle questioni ambientali, come mostra la posizione comune adottata dagli stati membri dell’AU al summit di Copenaghen.
La struttura dell’AU riflette quella dell’Unione Europea. Organo supremo dell’Au è la Conferenza dell’Unione, composta dai capi di stato e di governo degli stati membri. Principali prerogative della medesima sono la definizione delle politiche comuni dell’Unione, il controllo dell’attuazione delle politiche da parte dei membri, l’adozione del bilancio, l’elaborazione di direttive al Consiglio esecutivo nella gestione dei conflitti e nelle situazioni d’urgenza.
Il Consiglio esecutivo si compone dei ministri degli esteri o di ministri designati dagli stati membri, assicura il coordinamento e prende decisioni nei settori d’interesse comune, tra i quali commercio estero, energia, agricoltura, ambiente, trasporti, istruzione. La Commissione è il vero organo esecutivo: composta da 10 commissari, essa rappresenta l’Unione, ha potere di iniziativa legislativa, vigila sull’attuazione degli accordi, elabora posi- zioni comuni e coordina i membri nell’ambito delle organizzazioni internazionali. La Commissione è presieduta da un presidente che rappresenta l’organizzazione in sede internazionale – dal luglio 2012 l’incarico è affidato al ministro degli interni del Sudafrica Nkosazana Dlamini-Zuma, la prima donna a ricoprire questa carica. Il parlamento panafricano, con sede in Sudafrica, è operativo dal 2004 ed è composto da 230 membri. Attualmente ha solo poteri consultivi, ma nel tempo dovrebbe acquisire pieni poteri legislativi, essendo an- cora il protocollo operativo in fase di ratifica da parte degli stati firmatari.
Il Consiglio per la pace e la sicurezza, il Comitato dei rappresentanti permanenti, il Consiglio economico, sociale e culturale, i comitati tecnici specializzati sono gli organi attualmente funzionanti dell’AU. Altri organi di cui è prevista la creazione sono la Corte di Giustizia e le istituzioni finanziarie (Banca centrale africana, Fondo monetario africano, Banca africana degli investimenti).
Algeria, Angola, Benin, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Capo Verde, Ciad, Comore, Congo (Repubblica), Congo (Repubblica Democratica), Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Gabon, Gambia, Ghana, Gibuti, Guinea, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Kenya, Lesotho, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Mali, Mauritania, Maurizio, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Ruanda, Repubblica Centrafricana, Repubblica Araba Sahrawi Democratica, São Tomé e Príncipe, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Somalia, Sud Sudan, Sudafrica, Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo, Tunisia, Uganda, Zambia, Zimbabwe.
L’Eritrea si era ritirata nel 2009 poiché accusata di appoggiare i ribelli islamisti in Somalia, ma ha riaperto la propria rappresentanza diplomatica presso l’OAU nel 2011.
Nella storia dell’AU è accaduto che alcuni membri fossero sospesi a causa delle loro vicende interne: l’atto costitutivo dell’AU prevede che i governi saliti al potere con mezzi non costituzionali non siano ammessi a partecipare alle attività dell’organizzazione. Nel 2008, a seguito di due colpi di stato, furono sospesi Guinea e Mauritania, nel 2009 il Madagascar, nel 2010 il Niger e la Costa d’Avorio. Anche se questi paesi sono stati poi riammessi dall’organizzazione, l’AU è stata oggetto di critiche quanto alla applicazione discontinua e selettiva delle sanzioni.
A fronte dell’inefficacia dell’Organizzazione dell’unità africana nel perseguire gli obiettivi di integrazione, sviluppo e pacificazione del continente, verso la fine degli anni Novanta vi furono alcune iniziative volte a creare cabine di regia parallele, che affrontassero in modo più diretto e operativo queste e le altre sfide poste al continente africano dalla fine della Guerra fredda. Da una di queste iniziative nacque la spinta necessaria a fondare nel 2002 l’Unione Africana, mentre al summit del G8 di Genova del 2001 i presidenti di cinque stati africani – Algeria, Egitto, Nigeria, Senegal e Sudafrica – lanciarono la New Economic Partnership for Africa’s Development (NEPAD).
Il NEPAD nasceva come la sintesi di due iniziative presidenziali portate avanti dal presidente sudafricano Thabo Mbeki e dal presidente senegalese Abdoulaye Wade, entrambe animate dall’idea che il continente africano fosse entrato in un’era di ‘rinascimento’, in cui sarebbe stato possibile che l’Africa si occupasse dei propri problemi in prima persona.
Rispetto alle iniziative prese dai donatori internazionali e dalle Nazioni Unite nello stesso periodo, l’enfasi del NEPAD era soprattutto sui temi dello sviluppo economico, della promo- zione del settore privato e della governance anche economica, sostituendo così a una retorica assistenzialista un’ottica ‘sviluppista’. Le aree in cui il NEPAD concentra le sue azioni sono sei e indicano delle priorità diverse (più orienta- te alle questioni dello sviluppo economico che alla fornitura dei servizi essenziali) rispetto a quelle che animano l’azione delle organizzazioni internazionali che si occupano delle vicende dell’Africa: agricoltura e sicurezza alimentare, cambiamento climatico e gestione delle risorse naturali, integrazione regionale e infrastrutture, sviluppo umano, governance economica e delle imprese, tematiche trasversali tra cui la questione di genere, il capacity building e l’information technology.
L’iniziativa più interessante promossa dal NEPAD – che si era costituito come organizza- zione indipendente, con sede a Pretoria – è stata quella del Meccanismo africano di revisione tra pari (APRM). Ispirato alle iniziative dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD), l’APRM è un meccanismo di autovalutazione periodica del percorso di sviluppo democratico ed economico di un paese, a cui ciascun membro del NEPAD si può sotto- porre in modo volontario. Come per le iniziati- ve tra gli stati membri dell’OECD e a differenza di quanto avviene per le valutazioni condotte dai donatori internazionali, l’APRM riconosce le specificità del percorso di sviluppo in atto in ciascun paese e non implica nessuna condizionalità, né suggerisce l’applicazione di ricette preconfezionate. Dalla sua creazione, almeno 29 paesi africani si sono resi disponibili a fare parte del processo di revisione. Tutti i paesi che hanno completato il primo processo di revisione hanno accettato il rapporto dei pari e stanno elaborando strategie per mettere in pratica i suggerimenti in esso contenuti.
La quasi contemporaneità della nascita del NEPAD e dell’AU ha dato origine a un dibattito sul posizionamento del NEPAD all’interno della nuova governance continentale: il NEPAD era infatti un’organizzazione indipendente, con un suo segretariato e una sua sede, ma con obiettivi assimilabili a quelli dell’AU, e a cui aderiva un sottoinsieme degli stati membri dell’organizzazione continentale. Dopo un ampio confronto, all’inizio del 2010 il NEPAD è diventato un’agenzia dell’Unione Africana, dedicata ai problemi dello sviluppo del continente. La debolezza istituzionale dell’AU, soprattutto relativamente alle questioni di sviluppo economi- co, è stata così in parte risolta integrandone le risorse con quelle di un organismo fino a quel momento funzionante, a sé stante e slegato da considerazioni di carattere politico-diplomatico. Al tempo stesso, però, la snellezza strutturale del NEPAD aveva permesso che le iniziative fossero portate a termine, mentre la sua inclusione nella struttura dell’AU ha già rallentato alcuni processi in atto, soprattutto nell’ambito dell’APRM, a causa della sovrapposizione tra il livello politico e quello operativo.