BASALDELLA, Afro (Afro-Libio, detto Afro)
Nacque a Udine il 4 marzo 1912 da Leo, pittore e decoratore, e da Virginia Angeli. Dopo la morte del padre (1918) compì i primi studi in collegio a Venezia, dove poi frequentò la scuola media e il liceo artistico. Dopo un anno al liceo artistico di Firenze (1927-28) si diplomò in pittura a Venezia (1931). Nel 1928 con i fratelli Mirko e Dino e con A. Filipponi espose alla I Mostra della Scuola friulana d'avanguardia (Udine, ottobre), e l'anno seguente alla XX Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Casa (Venezia). Sempre nel 1929 vinse una borsa di studio della Fondazione Marangoni, grazie alla quale poté recarsi a Roma, dove incontrò Scipione, M. Mafai e C. Cagli. Nel 1932 trascorse un periodo a Milano, frequentando con il fratello Mirko lo studio di A. Martini e incontrando R. Birolli e E. Moriotti. Nel 1933 espose a Milano alla galleria del Milione con R. Bosisio, F. Pittino, S. Taiuti, e alla I Mostra del Sindacato nazionale fascista di belle arti a Firenze. Tra il 1934 e il 1935 visse a Roma, partecipando insieme con C. Cagli, G. Capogrossi, E. Cavalli, R. Melli, A. Ziveri al fervido clima di scambi da cui nacque il "tonalismo", tendenza dominante della Scuola romana durante gli anni Trenta. Nel 1936 si cimentò in un ciclo di affreschi per il collegio dell'Opera nazionale balilla di Udine (distrutti poco tempo dopo), una delle imprese in cui si espresse la vocazione architettonica della pittura tonale (si veda lo scritto di C. Cagli dal titolo Muri ai pittori, in Quadrante, maggio 1933, p. 19).
Nel 1937 a Parigi collaborò con Cagli alle vaste decorazioni per l'Esposizione internazionale. Nella capitale francese rimase colpito dalla pittura impressionista e anche dal cubismo.
È del 1937 una importante personale alla galleria della Cometa di Roma: L. De Libero, presentandolo in catalogo, notava la matrice veneta del suo acceso colorismo, soprattutto in alcune intense nature morte.
Nel 1938 il B. dipinse affreschi a Rodi (villa del Profeta e Albergo delle Rose) e a Udine (casa Cavazzini). L'anno successivo partecipò alla III Quadriennale di Roma ed espose con Mirko a Torino (galleria della Zecca) e a Genova (galleria Genova). Nello stesso periodo (1938-39) proseguì la sua attività di pittore-decoratore in alcune mostre romane (Maternità e infanzia, del tessile, del minerale: le opere, eseguite a tempera su pannelli, sono andate perdute).
Le tendenze "espressioniste" della sua pittura vennero aspramente criticate: a proposito delle composizioni per la Mostra del minerale G. Pensabene, portavoce della critica di regime, notò (su Il Tevere del 30 nov. 1938) il carattere "deprimente e antivitale" delle sue figure di minatori "i cui corpi si sciolgono in un fango rossiccio che sembra creta".
Del resto il B. partecipò in questo periodo al clima di deciso rinnovamento che si espresse ad esempio nell'attività di "Corrente" (il B. fu presente nel 1939 alla seconda mostra milanese del gruppo, invitato insieme con altri "romani") e nelle varie edizioni del premio Bergamo tra il 1939 e il 1942.
Le opere del periodo 1940-42 mostrano il maturare di una nuova consapevolezza: nelle nature morte, nelle Rovine e soprattutto nei quadri di figura si nota una dimensione più interiore ed evocativa, le superfici tonali si stemperano e si frantumano in una sorta di impressionismo della memoria.
Dal 1941 alla fine del conflitto il B. rimase a Venezia, insegnando mosaico all'Accademia di belle arti. In questo periodo realizzò i cartoni per i mosaici dell'interno del palazzo dei Ricevimenti all'E42 (Roma-EUR). Espose nell'ambito delle mostre sindacali, in una personale (galleria di Roma, 1942), alla Biennale di Venezia (1942) e al IV premio Bergamo (1942), dove ottenne un premio minore.
Nelle opere successive al 1943 si manifesta la tendenza alla sintesi lineare e coloristica, in sintonia con la nuova attenzione italiana per il linguaggio cubista e postcubista, e anche in esplicita reazione alla situazione bellica. Come nota De Libero (1946), la sintassi cubista aiutò il B. soprattutto nel "provocare quella che qualcuno ha chiamato "l'intelligenza degli oggetti", mediante il colore che li spiritualizza e li fa vivi di una sostanza assoluta; per cui anche una sola linea, un semplice profilo s'impone nel suo colore indimenticabile".
Questo periodo di ricerche, durato fino a tutto il 1947, fu la premessa della sua produzione postbellica. Tornato a Roma, il B. si ritrovò vicino a Mirko e a Cagli (tornato dagli Stati Uniti), esponendo nel maggio del 1948 (galleria dell'Obelisco). Come nota Crispolti (1984, p. 250), traversata l'esperienza postcubista in chiave braqueiana, nel 1948 Afro scoprì la dimensione mentale dell'immagine di Klee traducendola però subito da mentale in sentimentale. Notevole fu in questa fase anche l'apporto del fratello Mirko, che gli suggerì la possibilità di condensare le sue intuizioni pittoriche in apparizioni mitiche. Decisivo nella formazione del suo linguaggio astratto fu anche il viaggio compiuto per otto mesi negli Stati Uniti (1950).
A New York, tenne una personale alla Catherine Viviano Gallery e studiò la pittura americana contemporanea, in particolare quella di Arshile Gorky, pur mantenendo, almeno durante gli anni Cinquanta, una posizione ben distinta sia dall'espressionismo astratto sia dall'informale. Nella figurazione del B. si avverte sempre una necessità narrativa: paesaggi, figure e strane apparizioni si leggono spesso tra le righe delle ampie e raffinate stesure coloristiche.
Nel 1951 il B. tenne una nuova importante personale allo studio d'arte Palma di Roma e l'anno successivo ebbe una sala alla Biennale di Venezia (presentato in catalogo da U. Apollonio); qui aderì al gruppo degli "Otto" proposto da L. Venturi in antitesi al "realismo sociale" e all'"astrattismo concretista" (del gruppo facevano parte R. Birolli, A. Corpora, M. Moreni, E. Morlotti, G. Santomaso, G. Turcato, E. Vedova).
L'arte del B. visse durante gli anni Cinquanta un momento di particolare felicità: l'"autobiografismo lirico" che caratterizza i suoi quadri sembra trovare quel piano in cui "le immagini sono ancora radicate alle loro origini oscure, alla loro sincerità inconsapevole" (Afro, A proposito di Gorky, in Arshile Gorky, catal., Roma 1957). La sua è una pittura di memoria e di introspezione, in cui frammenti di sogni, di ricordi, di esperienze vengono rivelati e allo stesso tempo nascosti in un ritmo di linee e di velature.
La Biennale di Venezia del 1956, in cui ottenne il primo premio per la pittura, segnò il culmine di questo periodo, aprendo nel contempo a una nuova produzione in cui i suoi interessi "si spingono sempre più ad una abbreviazione ed infine annullamento della distanza evocativa, appunto per realizzare immediatamente sulla tela un evento di sollecitazione emotiva" (Crispolti, 1984, p. 263).
Alla fine del sesto decennio si fecero più intensi i suoi contatti con gli Stati Uniti: nel 1958 insegnò nel Mills College di Oakland ed espose in varie città della California. Lo stesso anno realizzò per il palazzo dell'UNESCO a Parigi un grande dipinto dal titolo Il giardino della speranza (tecnica mista su tela). Nel 1960 vinse il premio Guggenheim a New York.
Nel corso degli anni Sessanta la sua poetica si avvicinò maggiormente all'informale, nell'uso del collage e nell'accentuata componente gestuale. L'impianto del quadro divenne più sfrangiato e irregolare, costruito attraverso macchie e segni contrapposti, eliminando gli appigli figurativi a realtà sia pure interiori. Dal quadro come schermo, su cui affiora e si deposita l'inconscio, il B. passò al quadro come situazione attiva, tendente a provocare un'emozione; la stesura pittorica, non dovendo più assolvere alla delicata funzione di filtro e di velo, divenne più grezza e immediata.
Dal 1966 iniziò una nuova attività didattica prima nel New College del Fine Arts Institute di Sarasota (Florida), e dall'anno successivo, fino al 1973, all'Accademia di belle arti di Firenze.
Nel 1971 vinse il premio nazionale del presidente della Repubblica per l'Accademia di S. Luca. Molte furono in questo periodo le mostre in Italia e all'estero (in particolare a Parigi, a New York, in Germania). Sullo scorcio del settimo decennio, dopo un periodo di riflessione su tutta la sua vicenda pittorica, apparve una nuova produzione: nei quadri di questi anni macchie e grafismi si distendono in ampie zone di colore piano, quasi geometriche, in cui sembrano tornare, ormai liberi da necessità figurative, gli accordi tonali della sua stagione giovanile.
Nel decennio successivo, pur costretto a vivere semiparalizzato nel suo castello a Prampero, presso Udine, continuò a lavorare e a sviluppare il suo linguaggio: intensificò la produzione grafica, dall'acquaforte all'acquatinta, con un ampio uso di colori. Forse a questa esperienza di incisore va riferita la sua pittura degli ultimi anni, che vive non più di accordi ma di volute e raffinate discordanze cromatiche, in una estrema affermazione di libertà formale.
Il B. morì a Zurigo il 24 luglio 1976.
Tra gli scritti del B. si ricorda Le ragioni dell'arte giovane, Roma 1955.
Fonti e Bibl.: F. Pittino, Afro, Bosisio, Pittino, Taiuti (catal.), Milano 1933, passim; L. De Libero, Pitture di Afro (catal.), Roma 1937; Id., Gli artisti, in Corrente di vita giovanile (Milano), 15 dicembre 1939; C. Brandi, Su alcuni giovani, in Le Arti, III (1939), p. 287; G. Usellini, Afro, in Beltempo, Roma 1942, pp. 44-46; L. De Libero, Afro, Roma 1946; Id. in Afro (catal.), Roma 1946; U. Apollonio in Afro (catal.), Trieste 1946; L. Venturi, Otto pittori italiani, Roma 1952, pp. n. n.; L. Venturi, Afro, Roma 1954; Id., in VIIQuadriennale nazionale d'arte (catal.), Roma 1955, p. 148; P. Bucarelli, B. A., in H. Vollmer, Allgemeines Künstlerlexikon des 20. Jahrhunderts, I, Leipzig 1957, p. 125; N. Ponente, Afro, in Taccuino delle arti (Roma), 1957, n. 15, p. 3; G. Castelfranco-D. Durbè, La Scuola romana dal 1930 al 1945, Roma 1960, p: 51; J. J. Sweeney, Afro, Roma 1961 (nota bibl. di M. Abbruzzese); C. Vivaldi, Afro, in Civiltà delle macchine (Roma), 1967, n. 4, pp. 37-44; L. Vitali, in Afro (catal.), Milano 1968; N. Ponente, in Afro (catal.), New York 1968; M. Pinottini, in Afro (catal.), Torino 1968; C. Brandi, in Afro (catal.), Roma 1973; N. Ponente-V. Gramiccia, Afro, opere grafiche 1970-1974, Roma 1974; C. Brandi, Afro, Roma 1977 (vicenda critica a cura di V. Rubiu e un contributo di V. Gramiccia); B. Mantura, Afro (catal.), Roma 1978; V. Rubiu, in Allgemeines Künstlerlexikon, I, Leipzig 1983, pp. 480-482 (s.v. Afro); E. Crispolti, I Basaldella, Milano 1984, ad Indicem (con bibliografia completa e ampio repertorio iconografico); Otto pittori italiani (catal.), Milano-Roma 1986, nn. 1-7, passim; Afro (catal.), a cura di A. Borgogelli, Milano 1986; Afro. Catal. ragionato delle incisioni e litografie, Milano 1986; S. Lux, in E-42. Utopia e scenario del regime, II, Urbanistica, architettura…, Venezia 1987, pp. 348-352.