afropolitan
s. m. e f. e agg. inv. Chi o che esprime i valori dell’eredità culturale africana in chiave cosmopolita.
• Sembra l’immagine di New York, quella che vive nel suo primo romanzo, «Open City», insignito ieri del premio PEN/Hemingway. Una città crepuscolare. E al tempo stesso meticcia, ibrida. Come lui, punta di diamante degli afropolitan (termine che è la crasi di cosmopolita e africano). Teju Cole, 36 anni ‒ metà trascorsi negli States, dove è nato da genitori nigeriani, e metà a Lagos ‒ fotografo, storico dell’arte, scrittore, è la sintesi perfetta del multiculturalismo (artistico). (Emanuele Buzzi, Corriere della sera, 8 marzo 2012, p. 43, Terza pagina) • Un continente che sta conoscendo una stagione culturale straordinaria è l’Africa, con l’affermazione di una generazione di intellettuali che si definisce afropolitan, protagonista della scena globale. (Maria Serena Palieri, Unità, 4 settembre 2013, p. 17, Comunità) • Narratrice salutata, negli Stati Uniti, tra i migliori venti under 40, laurea a Yale e master a Oxford, vita tra Londra, New York e Roma, Taiye Selasi è poliglotta e «afropolitan» (figlia dell’immigrazione anni Sessanta-Settanta), secondo un termine da lei stessa coniato. (Osservatore romano, 12 gennaio 2014, p. 4).
- Espressione inglese composta dagli agg. african ‘africano’ e cosmopolitan ‘cosmopolita’. Il termine è stato coniato nel 2005 dalla scrittrice ganaense Taiye Selasi.