ZAPPOLI, Agamennone
ZAPPOLI, Agamennone. – Nacque a Bologna il 4 aprile 1811 da Settimio e da Marianna Fabbri, terzo di sette figli. Il padre, funzionario napoleonico, impartì loro un’educazione liberale. Antigono, primogenito, si laureò in medicina e chirurgia (1831), mentre Agamennone, iscrittosi a filosofia (1828), passò poi a giurisprudenza. Entrambi, tuttavia, furono attratti precocemente dal teatro, a Bologna e in provincia: le loro prime prove come attori risalgono al 1828-29.
Agamennone, oltre alla recitazione, mostrò inclinazione verso la drammaturgia, pubblicando già nel 1831 il suo primo testo: La giornata del contratto, commedia brillante di tre atti in prosa. L’ambiente artistico felsineo, di sentimenti patriottici, fu subito coinvolto nella rivoluzione del febbraio-marzo del 1831: Agamennone, al pari di altri giovani attori del calibro di Gustavo Modena, calcò le scene schierandosi senza riserve dalla parte della ‘libertà’. Con l’approssimarsi delle truppe austriache, in marzo, fece parte della legione Pallade, composta in prevalenza da studenti, e raggiunse il generale Carlo Zucchi a Rimini, per concludere la sua breve esperienza militare con la sconfitta sul campo. Tornato a Bologna continuò il suo impegno politico-culturale durante la cosiddetta epoca dell’anarchia, sigillata dalla definitiva restaurazione imposta dal cardinale Giuseppe Albani nel gennaio del 1832. Sul finire dell’anno tentò con scarsa fortuna la via dell’editoria, dando vita al periodico Annali teatrali, già in crisi dopo pochi numeri. La sovraesposizione di cui aveva goduto nel 1831 continuava a nuocergli; né, d’altro canto, Zappoli aveva intenzione d’espatriare. Nel maggio del 1833, dovendo laurearsi, si vide negato il certificato politico necessario per sostenere l’esame e perciò non poté poi dedicarsi alla carriera forense. La polizia lo descriveva come un pessimo soggetto, «uno dei principali cantori della libertà che marciò colle Orde dei faziosi [...] e che diede alle stampe molti scritti incendiari, ed Inni rivoluzionari, ch’egli stesso più volte declamò nei pubblici teatri per fino decorato con manto all’eroica tricolorato. [...] Il ricordato Zappoli persiste anche presentemente nelle perverse massime liberali» (Calore, 2003, p. 44). Il 13 gennaio, fra l’altro, gli era nata la figlia Enrichetta e il 6 febbraio 1833 ne aveva sposato la madre, Amalia Bartoloni.
Si trovava quindi nella necessità di dare un minimo di stabilità alla propria vita, tanto più che la famiglia non poteva continuare a mantenerlo e che il fratello Antigono aveva accettato di recarsi nelle Marche dove aveva ottenuto una condotta medica. Il Libro dei Compromessi politici, fatto redigere dal cardinale Albani, completato nel 1834, lo descriveva così: «Non si conosce in lui cambiamento di condotta, benché fingasi ravveduto» (Calore, 2003, p. 47). In un contesto simile, per Zappoli era molto difficile sopravvivere. Cercò di sbarcare il lunario come drammaturgo e capocomico, buttandosi su generi meno impegnati, sentimentali, ‘ridicoli’ o storici; non riuscì mai, tuttavia, a entrare nel circuito nazionale, restando sempre ancorato – salvo una puntata a Roma nel 1836 – all’ambiente della provincia bolognese, con i suoi teatri di periferia. Nel 1837 mise in scena Il Pirata ossia l’arrivo del Duca Ernesto dopo la battaglia navale di Palermo, e si dedicò al recupero di classici, come Virginia di Vittorio Alfieri (1838).
Altri drammi, come Ottone, Virginia Galluzzi e Annibale Bentivoglio, sarebbero stati pubblicati a Firenze nel 1842.
Fra il 1833 e il 1836 Zappoli collaborò, lato rappresentazioni teatrali, alla Gazzetta di Bologna, poi ad altri fogli dalla vita effimera, patrocinando idee innovative, come l’istituzione di un’accademia d’incoraggiamento, insediata a Bologna, ma rivolta ai poeti drammatici italiani. La sua instancabile passione gli consentì di continuare un’attività intermittente nella sua città, sempre in bilico fra iniziative confortate dal consenso del pubblico e repressione. Coinvolto, durante la quaresima del 1840, nello scontro fra fautori e detrattori del funambolico padre Ugo Bassi, finì naturalmente per riportare su di sé le attenzioni della polizia, soffrendo addirittura, causa un testo considerato troppo liberale, arresto e detenzione per alcuni giorni, nel 1841.
Nell’aprile del 1842 riuscì finalmente a espatriare a Firenze, dove aveva già stretto contatti con intellettuali e giornali. L’ambiente gli era finalmente congeniale e favorevole. L’amicizia di Giovan Battista Niccolini lo spinse addirittura, nel novembre del 1843, a promuovere una sottoscrizione in proprio favore, alla quale risposero personalità del calibro di Pietro Giordani, Niccolò Puccini, Gian Pietro Vieusseux. Dalle lezioni private, sua principale fonte di sussistenza, passò alla vita del drammaturgo puro, dando alle stampe entro il 1845 la maggior parte dei drammi per i quali si era impegnato con i suoi finanziatori: Salvator Rosa, Un episodio della guerra di Fiandra, I poveri e i ricchi. Le sue pièces furono rappresentate non solo a Firenze, ma in tutta la Toscana, da Pisa a Siena; i suoi testi erano venduti regolarmente nelle librerie. La sua bibliografia si arricchì quindi di una commedia, Il nostro secolo¸ e di altri tre drammi, Ottone, Dante Alighieri e L’assedio di Firenze.
Il genere storico medievaleggiante era di gran moda e Zappoli, di sentimenti liberali come la maggior parte dei più reputati autori del tempo, non esitò a replicarlo da par suo. Dante Alighieri, in particolare, sembra raccogliesse il favore del pubblico fiorentino. In effetti il testo presentava un’alternanza di prosa e di versi tratti dalla produzione di Dante, in modo da evitare la censura e far intervenire direttamente l’autore. Il centone funzionò, tant’è che nel 1846 ne propose una versione ampliata da rappresentare in due sere consecutive: una specie di ‘maratona’ dantesca, che si concludeva con l’esilio, fatalmente connotato in senso politico. Solo nel 1848, tuttavia, gli spettori poterono goderne la messa in scena integrale: accadde a Bologna e fu di nuovo un successo. A interrompere una vita sempre economicamente precaria, ma pur allietata da qualche soddisfazione, furono gli abortiti tentativi insurrezionali romagnoli del settembre del 1845, che indussero le autorità granducali, benché prive di prove, prima a incarcerare Zappoli al Bargello per qualche giorno, poi a espellerlo dallo Stato in ottobre.
Il drammaturgo era probabilmente in contatto con gli ambienti patriottici più radicali, ma non vi sono testimonianze conclusive al riguardo: con moglie e figlia si recò in Corsica, dove riprese il suo mestiere adattandolo alla cultura isolana, quindi passò a Marsiglia, forse grazie a una trafila di esuli; ma sul finire del 1846, approfittando delle aperture dischiuse dal pontificato di Pio IX, era di nuovo a Bologna. Riuscì a trovare un impiego come distributore presso la biblioteca comunale dell’Archiginnasio; e ricominciò la sua vita di autore e di pubblicista, occupandosi di politica culturale e di pubblici spettacoli. Il 1848 lo trovò pronto all’impegno militante: scrisse in breve un intero repertorio di opere patriottiche (I due sergenti, Le cinque giornate di Milano, Un invalido di Napoleone, La Lega italiana, La cacciata dei Tedeschi dall’Italia), che infiammarono un contesto urbano già ampiamente mobilitato. Non partecipò alle operazioni militari in Veneto, ma l’8 agosto, in occasione dello scontro armato della Montagnola fra ‘plebe bolognese’ e austriaci, si schierò decisamente dalla parte del popolo, rivendicando alla componente democratica il merito della pur effimera vittoria. La radicalizzazione politica di Zappoli è testimoniata dall’adesione al costituendo Circolo popolare, nel novembre del 1848, dalla direzione del foglio felsineo La Costituente Italiana, nel gennaio del 1849, quindi dalla candidatura alla Costituente romana, non coronata tuttavia da successo. Un percorso piuttosto tipico e simile a quello di molti altri emiliani e romagnoli degli Stati romani, partiti da posizioni genericamente riformiste e patriottiche e poi approdati al mazzinianesimo nell’inverno del 1848-49.
La restaurazione espose Zottoli a prevedibili ritorsioni: arrestato una prima volta per breve tempo già nella primavera del 1849, appena tornati gli austriaci, lo fu in via definitiva il 15 febbraio 1850. Cominciò allora l’ultima, tragica fase della sua vita. Fu prima in carcere a Imola, poi a San Leo, poi a Rimini, infine – dopo la sentenza del tribunale della Sacra consulta, che l’8 aprile 1851 lo condannava a vent’anni di galera per ‘sedizione e insurrezione contro il Sovrano legittimo’ a mezzo stampa, di nuovo a Imola, anche a causa delle precarie condizioni di salute. Le suppliche della famiglia e l’impegno di legali amici per attenuare quella che pareva una crudele esagerazione, ebbero come effetto, il 24 febbraio 1852, la commutazione della pena in esilio. Zappoli, assai sofferente, prese la via del Piemonte e si fermò a Voghera, dove si dedicò di nuovo al giornalismo e al teatro. Un consulto medico a Torino lo costrinse a pensare a una sistemazione in riviera, probabilmente a Nizza Marittima. Ma non ci arrivò mai: a Nervi, mentre era in viaggio con la famiglia, la morte lo colse il 22 gennaio 1853. Aveva dettato egli stesso il proprio epitaffio: «Copre questa pietra/Agamennone Zappoli bolognese/Dottore in ambo le Leggi/Non seppe che fosse odio/non fece male alcuno/Amò l’Italia sovra tutto/E/Per tutta la vita tutto per ella sacrificò/Giacque vittima della clericale romana vendetta» (Calore, 2003, p. 142).
Fonti e Bibl.: Il Fondo Agamennone Zappoli (6 bb.) è conservato presso la Biblioteca del Museo del Risorgimento di Bologna. Le opere teatrali di Agamennone Zappoli pubblicate sono numerose: La giornata del contratto, Bologna 1831; Ottone, Firenze 1842; Virginia Galluzzi, Firenze 1842; Annibale Bentivoglio, Firenze 1842; La gratitudine, Firenze 1842; I poveri e i ricchi, Firenze 1845; Salvator Rosa, Firenze 1845; Un episodio delle guerre di Fiandra, Firenze 1845; Dante Alighieri, Bastia 1846; Il trionfo del popolo bolognese nell’8 agosto 1848, Bologna 1849. Su A. Z. si veda: Cenni biografici intorno al dottor A. Z. bolognese, Bologna 1881; A. Sorbelli, Una caratteristica figura bolognese del Risorgimento, in Rassegna storica del Risorgimento, II (1934) pp. 795-804; e soprattutto M. Calore, A. Z. patriota e drammaturgo (1811-1853), in Bollettino del Museo del Risorgimento, [Bologna] 2003, pp. 9-142 (l’intero fascicolo è dedicato a Zappoli).