AGANONE
Forse franco o germanico di origine, tra i presuli stabiliti dai Carolingi nelle sedi italiane, fu, godendo di alta stima e autorità, in qualità di vescovo di Bergamo, negli anni dall'837 all'867, tra i più colti ed attivi. Il 21 giugno 840, insieme con Ramperto, vescovo di Brescia, alla dieta di Ingelheim si trovò a fianco dell'imperatore Lotario I, il quale tra l'840 e l'850 con un diploma a lui diretto assicura pieno possesso dei beni appartenenti alle due chiese bergamasche di S. Vincenzo e di S. Alessandro. Nell'844 con altri vescovi accompagnò Ludovico II, mandato a Roma da Lotario I imperatore a chiedere ragione dell'elezione del papa Sergio II avvenuta senza il consenso imperiale. Pare certo inoltre che A. fosse tra quei vescovi che, nei concili di Aquisgrana del gennaio 860, del febbraio dello stesso anno e dell'aprile 862, autorizzarono Lotario II, re di Lotaringia, a ripudiare Teutberga per sposare la concubina Gualdrada.
Nonostante le energiche negazioni del Lupi, non si può dubitare della parte assunta da A. in questa clamorosa vicenda, perché esistono le esplicite testimonianze del Liber Pontificalis e degli Annales Bertiniani. Gli arcivescovi Teutgaudo di Treviri e Guntero o Guntario di Colonia, capi del gruppo dei vescovi sostenitori di Lotario, si recarono a Roma per giustificarsi presso il papa Niccolò I, ed a lui presentarono un libellus o memoriale, ora perduto, nel quale erano esposte le ragioni del loro operato. Estensore del libello, di tono assai poco riguardoso per il papa, fu proprio il "versutus et cupidissimus" (cfr. Annales Bertiniani, p. 460) vescovo A., il quale per questo suo scritto si guadagnò il soprannome di Elihu, dal nome dell'accusatore di Giobbe. Il papa naturalmente respinse il libello ed il sinodo convocato per l'occasione in Laterano (ottobre 863) scomunicò e depose i due arcivescovi per queste ed altre colpe, e colpì con la stessa pena i vescovi loro fautori, benché non nominativamente e con promessa di perdono, se si fossero ravveduti. I due arcivescovi non accettarono la sentenza, e insieme con A. e con altri dichiarati nemici del papa, come Giovanni, arcivescovo di Ravenna, e Gregorio suo fratello, si ribellarono apertamente. Si sa però che alcuni vescovi fautori di Lotario ottennero il perdono del papa, e forse, tra questi, Aganone.
L'attività propriamente episcopale di A. è documentata dal suo intervento a sinodi provinciali e concili di vescovi: più importante appare il sinodo provinciale di Milano dell'842, in cui l'arcivescovo Angilberto approva la fondazione del monastero dei SS. Faustino e Giovita di Brescia e al fondatore, vescovo Ramperto, concede, perché presiedano alla nuova istituzione, due religiosi franchi, l'abate Leutgario e il monaco Ildemaro del monastero di S. Pietro al monte di Civate. Richiamati poi questi a Milano, il vescovo di Brescia si rivolge ad A., il quale gli manda come abate Maginardo, uomo stimato e di molta esperienza monastica.
Documento della cultura letteraria di A. è la lettera spedita in tale circostanza al vescovo Ramperto; la collaborazione dei due vescovi con l'arcivescovo di Milano sembra inserirsi in un programma di riforma spirituale e di diffusione della cultura per mezzo di monaci chiamati d'oltralpe.
A. figura ancora tra i partecipanti al concilio milanese dell'863.
Ebbe sepoltura nella cattedrale di S. Alessandro. L'iscrizione tombale, che ne ricordava il trentennale episcopato, era leggibile ancora nel sec. XVI.
Fonti e Bibl.: Jaffé-Loewenfeld, Regesta Pontif. Rom., nn. 2698 ss., 2707, 2726, 2747, 2748, 2752, 2758, 2764, 2766 ss., 2788, 2790; Liber Pontificalis. ed. L. Duchesne, II, Paris 1892, pp. 159 ss.; Annales Bertiniani, auctore Hincmaro Remensi archiep., in Monumenta Germ. Hist., Scriptores I, Hannoverae 1826, pp. 460 ss.; M. Lupi, Codex diplomaticus civitatis et ecclesiae Bergomatis, I, Bergomi 1784, coll. 693-832; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia. La Lombardia, II, 1, Bergamo 1929, pp. 23-26; L. Dentella, I vescovi di Bergamo, Bergamo 1939, pp. 71-74; G. Cremaschi, Mosè del Brolo e la cultura a Bergamo nei secoli XI e XII, Bergamo 1945, pp. 13-15.