AGATARCO (Αγάϑαρχος, Agatharchus)
Pittore, figlio di Eudemo di Samo, la cui lunga attività si svolse ad Atene, fra il 465 e il 420 a. C. Con notevoli varianti è raccontata dagli antichi scrittori una sua avventura con Alcibiade, il quale lo avrebbe sequestrato nella sua casa, per averlo trovato nelle braccia della sua amante. Ma sembra, invece, che il prepotente uomo politico ateniese lo abbia tenuto prigioniero quattro mesi, per costringerlo a decorargli di pitture la casa, subito, com'egli voleva, nonostante i precedenti impegni allegati, a sua scusa, dal pittore (Demostene, Mid., 147, e il suo scoliaste; Ps. Andoc., Contra Alcib., 17; Plutarco, Alcib., XVI). A. si vantava della rapidità e della facilità nel compiere i suoi lavori; e sentendosi il pittore Zeusi da lui rimproverato della sua lentezza: "È vero, - rispose - io dipingo in lungo tempo, ma per tempo lungo" (Plutarco, Pericl., XIII; De amic. multitud., V). Questi aneddoti servono, oltre che a fissare la cronologia di Agatarco, a darci una qualche idea del carattere della sua arte, che doveva esser facile e, in prevalenza, decorativa. Soggetti di sue pitture non sono ricordati nelle fonti; ma sembra non contraddica al carattere dell'arte di A. la importantissima notizia tramandataci da Vitruvio (De Archit., VII, Praef., 11) che egli per il primo "aveva fatto la scena per la tragedia di Eschilo, e ne aveva scritto un trattato". Aggiunge l'architetto romano che, sull'esempio di A., Anassagora e Democrito avevano scritto trattati sulle leggi della prospettiva. Dal contesto di Vitruvio si desume ch'egli credeva ad una decorazione pittorica della scena, eseguita da A. (il che avrebbe dovuto esser fatto intorno all'anno 46 a. C.); ma non sappiamo se Vitruvio conoscesse direttamente il trattato di A.; e la data del 465 è sembrata troppo antica, per una decorazione prospettica della scena, sia pure con leggi imperfette. Si è, dunque, pensato che l'opera di A. fosse stata, piuttosto, quella di un architetto, nel costruire la prima scena di legno, per la tragedia di Eschilo. Le obiezioni sono certo gravi per chi conosca la storia del teatro greco, ma grave è anche la testimonianza di Vitruvio; e forse l'irrequieta critica moderna ha esagerato in questa discussione, alla quale qui può essere appena accennato.
Bibl.: W. Klein, Gesch. d. griech. Kunst, I, Lipsia 1904, p. 155, e, principalmente, A. Frickenhaus, Die altgriechische Bühne, Strasburgo 1917, p. 72 segg. e 81 segg. In senso opposto, a favore della tradizione vitruviana F. Noack, Σκηνὴ τραγικὴ, Tubinga 1915. Cfr. E. Pfuhl, Malerei u. Zeichnung d. Griechen, II, Monaco 1923, p. 665 segg.