AGELTRUDE
Figlia del principe Adelchi di Benevento, visse da giovanetta in un ambiente che era stato sempre considerato la rocca inespugnabile dell'avversione longobarda contro la cosiddetta usurpazione franca e vide l'orgoglio nazionale trionfare con la rivolta del 13 ag. 871, durante la quale l'imperatore Ludovico II e l'imperatrice Engelberga furono fatti prigionieri e rinchiusi nel castello beneventano.
Sposò nell'875, circa, Guido III duca di Spoleto, il futuro re d'Italia (febbraio 889) e imperatore (21 febbr. 891).
La figura politica di A. dominò gli avvenimenti della storia d'Italia nello scorcio del sec. IX, quando, dopo l'improvvisa morte di Guido (novembre-dicembre 894), gli succedé il giovane figlio Lamberto, che era stato associato al padre nell'impero dall'aprile 892.
La riconquista delle province longobarde dell'Italia meridionale - che A. cercava di attuare per mezzo di un parente di suo marito, il marchese Guido IV, combattendo contro i Greci, che avevano costituito a Benevento il centro di un thema greco, e in opposizione alle pretese temporali che il papato vantava su quelle regioni - indusse papa Formoso a richiamare in Italia il re tedesco Arnolfo. Alla venuta di quest'ultimo, A. e Lamberto, seguendo la tattica già adottata dall'imperatore Guido durante la prima discesa di Arnolfo nell'894, si ritirarono e si rifugiarono a Reggio Emilia; ma poi A. corse a Roma, dove organizzò l'opposizione armata. La città cadde in mano degli assalitori il 21 febbr. 896 e il giorno seguente Arnolfo fu consacrato nuovo imperatore da Formoso e ottenne dal popolo romano solenne giuramento di fedeltà, con la promessa che mai più avrebbe prestato aiuto a Lamberto e alla madre Ageltrude. Mentre si accingeva ad espugnare il castello di Fermo, dove A. si era rifugiata, Arnolfo fu costretto ad interrompere l'impresa colpito da un improvviso malore, che il fantasioso storico Liutprando, vescovo di Cremona, attribuisce alle mene astute di Ageltrude.
Come conseguenza di questi avvenimenti si ritiene dai più che il sinodo tenuto a Roma verso il dicembre dell'896 da Stefano VI - nel quale papa Formoso, presente il suo cadavere, fu proclamato indegno ed illegittimo pontefice e le sue ordinazioni furono annullate - fosse voluto dal partito spoletino capeggiato da Ageltrude. Ma la presenza a Roma in quel tempo di A. e di Lamberto è molto dubbia, mentre la considerazione che, annullando le ordinazioni di Formoso, si annullava anche l'incoronazione di Lamberto, che proprio da Formoso era stato eletto imperatore, fa escludere una tale eventualità. È invece certa e indiscutibile l'azione svolta da Lamberto per la riabilitazione di papa Formoso, solennemente proclamata da Giovanni IX nel concilio di Ravenna (maggio-giugno 898) alla preseiiza dello stesso imperatore.
Intanto il 31 marzo o il 1° apr. 897 A. aveva fatto il suo ingresso in Benevento e consegnato il ducato al fratello Radelchi.
Dopo l'improvvisa morte di Lamberto (ottobre 898), Berengario e poi Ludovico III di Provenza si affrettarono ad assicurare la loro amicizia ad A. e a confermarle le precedenti donazioni avute da re e imperatori. Tra le riconferme fatte da Berengario ad A. vi è quella del monastero di S. Flaviano di Rambona, nel territorio di Camerino, costruito dalla stessa A., che, in quella occasione, aveva fatto scolpire un dittico di avorio, conservato ora nel Museo vaticano.
A. si dedicò quindi alla vita religiosa, ritirandosi nel monastero di Natabene in Camerino e poi in quello di S. Nicomede in Fontana Brocoli, presso Salsomaggiore. La "cartula testamenti" dell'ex imperatrice è datata da Camerino l'11 dic. 907; ma l'ultima notizia che abbiamo di A. ci è data da un documento emanato in Fontana Brocoli il 27 ag. 923, con il quale A. disponeva di alcuni suoi beni in favore dell'altare di S. Remigio nella chiesa di S. Maria in Parma, dove era sepolto l'imperatore Guido, in suffragio dell'anima sua e dell'imperatore.
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