Abstract
Nel sistema amministrativo italiano, le agenzie emergono come figura organizzativa autonoma alla fine degli anni Novanta del secolo XX, quale risultato di un gioco di forze che caratterizza la riforma del «centro». I tratti distintivi della figura, individuabili in via interpretativa a partire dalle scelte operate dal legislatore nel d.lgs. 30.07.1999, n. 300, sono tre: il peculiare rapporto con il governo, l’organizzazione interna, le attribuzioni tecnico-operative. Nonostante alcune ambiguità del modello, le agenzie si sono consolidate, in questo primo scorcio del nuovo secolo, come uno strumento utilizzato con regolarità dal legislatore. L’istituzione di uffici governativi dotati di una relativa autonomia, peraltro, non è propria solo dell’ordinamento italiano. Essa caratterizza altri sistemi nazionali e ultrastatali, come l’Unione europea. In questi diversi contesti, però, assume caratteri specifici, così che risulta impossibile rilevare l’esistenza di un modello generale di agenzia, comune ai vari ordinamenti.
Nell’ordinamento italiano, il termine “agenzia” è stato a lungo impiegato dal legislatore per riferirsi, in modo del tutto generico, a enti pubblici dotati di compiti tecnico-operativi: si pensi, ad esempio, all’Agenzia spaziale italiana (l. 30.5.1988, n. 186, e successive modificazioni), all’Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni - Aran (art. 50, d.lgs. 3.2.1993, n. 29, ora art. 46, d.lgs. 30.3.2001, n. 165), all’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente - Anpa (istituita nel 1993 e soppressa nel 1999).
Alla fine degli anni Novanta del secolo XX, però, quella delle agenzie amministrative si è gradualmente definita come una figura organizzativa caratterizzata da alcuni tratti tipici, individuabili in via interpretativa a partire dalle scelte operate dal legislatore nel d.lgs. 30.7.1999, n. 300, che pone la prima normativa organica sulle agenzie. Il più importante tratto distintivo attiene al rapporto con il governo: le agenzie sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro, ma godono di una certa autonomia ed è previsto che contribuiscano a determinare indirizzi ed obiettivi insieme al ministro. Questo aspetto distingue le agenzie amministrative da altri modelli organizzativi, ed in particolare dagli uffici ministeriali, dagli enti pubblici e dalle autorità indipendenti.
I tipi principali di agenzie amministrative sono due. Il primo, che può dirsi “generale”, è disciplinato dalle disposizioni contenute negli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 300/1999, eventualmente integrate dalle normative settoriali rilevanti (si pensi, ad esempio, all’Agenzia industrie difesa, che gestisce le attività delle unità produttive e industriali dell’amministrazione della difesa). Il secondo è quello delle agenzie soggette a una disciplina speciale, derogatoria rispetto a quella del modello generale. Tale disciplina può essere caratterizza da una più accentuata autonomia, come nel caso delle agenzie fiscali (artt. 10 e 57 ss., d.lgs. n. 300/1999), che operano sotto la vigilanza del Ministro dell’Economia e delle finanze e includono l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Ma può anche ridurre l’autonomia delle agenzie amministrative, come avviene per l’Agenzia italiana del farmaco (art. 48, l. 24.11.2003, n. 326).
Sul ricorso ad agenzie amministrative da parte del legislatore italiano può aver pesato l’esperienza di altri paesi europei. È il caso, soprattutto, del programma Next Steps avviato nel Regno Unito nel 1988, che ha condotto alla istituzione di un centinaio di executive agencies e ha sicuramente ispirato il legislatore italiano. L’influenza di altri ordinamenti, in ogni caso, non può essere sopravvalutata. Lo sviluppo delle agenzie è una vicenda che si spiega essenzialmente alla luce delle dinamiche del sistema amministrativo italiano. È il risultato di un gioco di forze che caratterizza la riforma del “centro” nell’ultimo scorcio del secolo scorso. Per un verso, l’amministrazione è chiamata a farsi carico in misura crescente, anche per effetto della spinta decisiva impressa dal processo di integrazione europea, di funzioni operative o altamente specialistiche. Per altro verso, diventa urgente l’individuazione di soluzioni amministrative in grado di garantire, allo stesso tempo, una efficienza maggiore rispetto a quella offerta dal modello degli uffici ministeriali e la partecipazione dei livelli di governo substatali. Per altro verso ancora, si intende mantenere la dipendenza delle amministrazioni dall’indirizzo politico ministeriale, che può essere superata solo nel caso delle autorità indipendenti, per le specifiche ragioni funzionali che ne giustificano, sul piano politico, l’istituzione.
Il consolidamento delle agenzie amministrative in questi ultimi tre lustri è stato limitato. Alcune agenzie sono state soppresse (ad esempio, l’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico e l’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare), altre trasformate in enti pubblici economici (ad esempio, l’Agenzia del demanio), altre ancora assorbite da altre agenzie (ad esempio, l’Agenzia delle entrate ha incorporato l’Agenzia del Territorio). Il modello, poi, ha subìto varie torsioni, giacché il legislatore ha dato vita a organismi ibridi, che combinano elementi tipici delle agenzie amministrative con aspetti propri di altre figure organizzative (si pensi all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, istituita dall’art. 10, co. 11-28, l. 12.7.2011, n. 106, assimilabile in parte alle agenzie, in parte alle autorità indipendenti). Ciononostante, le agenzie amministrative restano uno strumento organizzativo utilizzato con regolarità dal legislatore, come mostra, ad esempio, l’istituzione, negli ultimi anni, dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (art. 2, co. 138-140, l. 24.11.2006, n. 286), dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (d.lgs. 10.8.2007, n. 162) e dell’Agenzia per l’Italia digitale (l. 7.8.2012, n. 134).
Il principale tratto caratteristico delle agenzie amministrative, come si è anticipato, può essere ravvisato nel loro peculiare rapporto con il governo. Da un lato, le agenzie sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro. Dall’altro, godono di una non trascurabile autonomia. A tale autonomia, peraltro, corrisponde la capacità delle agenzie di operare al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali.
Le agenzie amministrative del modello che si è detto generale, disciplinato dal d.lgs. 30.07.1999, artt. 8-9, sono soggette ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro: tali poteri sono fissati dai singoli statuti, ma devono in ogni caso comprendere l’approvazione dei programmi di attività dell’agenzia, dei bilanci preventivi e dei rendiconti, l’emanazione di direttive che indichino gli obiettivi da raggiungere, l'acquisizione di dati e notizie e l'effettuazione di ispezioni per accertare l'osservanza delle prescrizioni impartite, l'indicazione di eventuali specifiche attività da intraprendere (art. 8, co. 4, lett. d), d.lgs. n. 300/1999). Inoltre, al vertice della loro organizzazione interna sta un direttore generale di nomina governativa (art. 8, co. 3, d.lgs. n. 300/1999). Ancora, sono in sostanza prive di autonomia statutaria: i loro statuti - i quali, tra le altre cose, definiscono le attribuzioni del direttore generale, individuano i poteri ministeriali di vigilanza, prevedono un’organizzazione che risponda alle esigenze di speditezza, efficienza ed efficacia - sono atti proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri competenti e adottati con regolamento governativo (art. 8, co. 4, d.lgs. n. 300/1999). Allo stesso tempo, però, i poteri ministeriali di vigilanza sono delimitati. Gli obiettivi da attribuire all’agenzia, infatti, sono definiti da una convenzione tra il ministro competente e la stessa agenzia, la quale, dunque, concorre, insieme al ministro, alla individuazione delle finalità della propria azione, diversamente da quanto avviene per gli uffici dei ministeri (art. 8, co. 4, lett. e), d.lgs. n. 300/1999). La medesima convenzione, peraltro, disciplina anche i risultati attesi, l'entità dei finanziamenti dell'agenzia, le strategie per il miglioramento dei servizi, le modalità di verifica dei risultati di gestione e quelle necessarie ad assicurare al ministero competente la conoscenza dei fattori gestionali interni all'agenzia. L’agenzia, inoltre, gode di autonomia di bilancio.
Le agenzie soggette a una disciplina speciale possono godere di un’autonomia maggiore o minore di quella propria delle agenzie del modello generale. Un esempio del primo tipo è offerto dalle agenzie fiscali (d.lgs. n. 300/1999, artt. 10, 57 ss.). Queste operano sotto la vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, cui spettano poteri di “alta vigilanza” e l’approvazione delle deliberazioni del comitato direttivo relative agli statuti e ai regolamenti e agli atti di carattere generale che regolano il funzionamento delle agenzie (art. 58, co. 2, d.lgs. n. 300/1999). Il loro direttore, inoltre, è di nomina governativa. Gli atti di gestione, però, sono sottratti al controllo ministeriale preventivo (art. 58, co. 3, d.lgs. n. 300/1999). E alle agenzie è riservata la possibilità di definire con il ministro, attraverso convenzioni, non solo gli obiettivi da raggiungere, ma anche le direttive generali sui criteri della gestione ed i vincoli da rispettare (art. 59, co. 2, lett. b), d.lgs. n. 300/1999). Ad esse viene riconosciuta, inoltre, un’autonomia statutaria maggiore di quella delle agenzie del modello generale, giacché gli statuti sono deliberati dal comitato direttivo di ciascuna agenzia e approvati dal Ministro dell’Economia e delle finanze. L’Agenzia italiana del farmaco (l. n. 326/2003), invece, offre un esempio di agenzia che gode di un’autonomia minore di quella propria delle agenzie del modello generale (ad esempio, non è previsto uno statuto, i poteri di vigilanza del ministro non sono delimitati da una convenzione tra il ministro e l’agenzia, gli atti di organizzazione sono adottati direttamente dal ministro competente).
Questo assetto vale a distinguere le agenzie amministrative da altri modelli organizzativi: dagli uffici ministeriali, che non godono di un’autonomia corrispondente a quella delle agenzie amministrative; dagli enti pubblici, soggetti a controlli governativi o ministeriali ma dotati di indirizzi propri; dalle autorità indipendenti, che sono sottratte al controllo della maggioranza politica e protette dalla sua possibile capacità di influenza.
Il disegno, peraltro, può presentare ambiguità. Chiara sulla carta, l’autonomia è spesso molto attenuata nella prassi, per la capacità di controllo e condizionamento, anche indiretto, dell’esecutivo. In questo modo, viene a ridursi la distanza tra la figura dell’agenzia e quella dell’ufficio ministeriale: le agenzie amministrative, seppure aperte ai rapporti con le amministrazioni regionali e locali, si piegano alle esigenze del “centro”, tradendo la ragion d’essere e le potenzialità del loro disegno organizzativo. In altri casi, l’autonomia tende a virare in una vera e propria indipendenza, la quale, però, resta incompiuta e dà luogo a una costruzione irrisolta: un esempio è offerto dall’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, il cui vertice è configurato dalla normativa istitutiva come funzionalmente indipendente dal governo e sottratto agli indirizzi politici, ma che resta dipendente dal governo per l’approvazione dello statuto e del regolamento di organizzazione e funzionamento (art. 10, co. 12 e 22, l. n. 106/2011).
Le agenzie amministrative si caratterizzano anche per la propria organizzazione interna. Questa presenta due varianti principali, quella delle agenzie amministrative regolate dal d.lgs. n. 300/1999, artt.8- 9 e quella delle agenzie soggette a una disciplina speciale, senza ulteriori distinzioni significative; all’interno di questo secondo gruppo, tra agenzie dotate di un’autonomia maggiore o minore rispetto a quella prevista dalla disciplina generale.
La disciplina dell’organizzazione delle agenzie amministrative del modello generale è posta in parte dal d.lgs. n. 300/1999, in parte dalle normative settoriali, in parte dagli statuti delle singole agenzie, in parte dai regolamenti interni, adottati dal direttore generale dell'agenzia e approvati dal ministro competente. Gli organi di vertice sono quattro. Il direttore generale, di nomina governativa, svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo delle attività e degli uffici dell’agenzia ed ha la responsabilità della gestione e del conseguimento dei risultati fissati dal ministro competente. Il direttore generale, poi, è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie attribuzioni, da un comitato direttivo, composto da non più di quattro dirigenti dei principali settori di attività dell'agenzia, nominati dal direttore stesso. È previsto, inoltre, un collegio dei revisori dei conti, nominato con decreto del ministro competente e composto di tre membri, due dei quali scelti tra gli iscritti all'albo dei revisori dei conti o tra persone in possesso di specifica professionalità. Il quarto organo è l’organismo preposto al controllo di gestione. Nel complesso, l’organizzazione dell'agenzia deve rispondere, come si è già ricordato, alle esigenze di «speditezza, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa».
Nelle agenzie soggette a una disciplina speciale, invece, gli organi di vertice sono tre: il direttore, un organo collegiale esecutivo e il collegio dei revisori dei conti. I componenti degli organi di vertice, poi, sono nella maggior parte dei casi di nomina governativa (un esempio di struttura in parte diversa è offerto dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, art. 2, co. 138-140, l. n. 286/2006). E le funzioni dell’organo collegiale sono in parte diverse rispetto a quelle del comitato direttivo delle agenzie del modello generale: esso non si limita ad operare in funzione ausiliaria rispetto al direttore, ma ha compiti autonomi; ad esempio, delibera lo statuto, i regolamenti e gli altri atti di carattere generale che regolano il funzionamento dell'agenzia, i bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese superiori a una determinata soglia che impegnino il bilancio dell'agenzia (art. 68, co. 2, d.lgs. 300/1999). I componenti dell’organo collegiale, inoltre, non possono svolgere attività professionale né essere amministratori o dipendenti di società o imprese nei settori di intervento dell'agenzia. Le agenzie possono essere articolate in uffici centrali e periferici: è il caso, ad esempio, dell’Agenzia delle entrate (art. 13 dello Statuto).
Quanto ai profili funzionali, non si può dire che le agenzie siano chiamate ad esercitare funzioni specifiche, caratterizzate da particolari finalità e da un caratteristico assetto degli interessi, come avviene, ad esempio, nel caso delle autorità di regolazione.
Le agenzie amministrative, piuttosto, si caratterizzano per le attribuzioni loro conferite. I compiti delle agenzie, infatti, hanno sempre natura tecnica e operativa. Inoltre, essi sono il risultato del riordino di attribuzioni in precedenza assegnate al ministro e agli uffici ministeriali: tale riordino si basa su una distinzione tra i compiti di indirizzo politico, mantenuti in capo al ministro e agli uffici ministeriali, e i compiti tecnico-operativi, che vengono conferiti alle agenzie.
Così, per le agenzie riconducibili al modello che si è detto “generale” , il d.lgs. n. 300/1999 stabilisce che esse «svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici» (art. 8, co. 1, d.lgs. n. 300/1999). Analogamente, esercitano attribuzioni tecnico-operative, in precedenza svolte da uffici ministeriali, le agenzie soggette a una disciplina speciale. Ad esempio, l’Agenzia italiana del farmaco svolge una serie di compiti tecnici precedentemente propri della Direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici, oltre ad attribuzioni di alta consulenza tecnica al Governo e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome (art. 48, co. 3 e 5, l. n. 326/2003).
Nonostante la sua apparente semplicità, l’assetto funzionale delle agenzie amministrative solleva diversi problemi, che rendono il modello meno lineare di quanto non sia comunemente riconosciuto.
Un primo problema riguarda il rapporto tra il disegno funzionale e le regole di organizzazione e funzionamento. In molti casi, i compiti tecnico-operativi delle agenzie sono strumentali all’esercizio di attività da parte di altre amministrazioni. In alcune ipotesi, però, le agenzie amministrative svolgono vere e proprie attività finali. Queste possono implicare l’esercizio di poteri autoritativi, come nei casi dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (art. 5, co. 7, d.lgs. n. 162/2007), che può condurre ispezioni, e dell’Agenzia delle entrate, che ha il compito di «perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali sia attraverso l'assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale» (art. 62, co. 1, d.lgs. n. 300/1999). E tendono, talora, ad acquisire i contorni dell’attività di regolazione, vigilanza e controllo (si veda, ad esempio, l’insieme delle attribuzioni che il legislatore attribuisce all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, art. 10, co. 11, l. n. 106/2011). L’attribuzione di tali competenze, tuttavia, non è sempre accompagnata da un’adeguata disciplina dei modi di funzionamento dell’agenzia, in grado di orientarne l’azione al pieno rispetto dei principi che governano l’esercizio dei poteri autoritativi e delle funzioni di regolazione, come quelli di proporzionalità, giusto procedimento e contraddittorio. Essa, poi, risulta a volte poco coerente con lo stesso disegno organizzativo dell’agenzia, là dove sembrerebbe richiedere un’autorità indipendente dalla maggioranza politica e dai regolati, piuttosto che un organismo dipendente dal governo.
Le attribuzioni esercitate, poi, riguardano in molti casi materie di potestà legislativa concorrente o esclusiva delle regioni. In quest’ultima ipotesi, in particolare, le funzioni amministrative avrebbero dovuto essere esercitate da organismi di livello regionale, anziché da amministrazioni del centro». La limitazione del decentramento amministrativo è in parte temperata e corretta sul piano organizzativo. Le agenzie disciplinate dal d.lgs. n. 300/1999, infatti, operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e locali, in base a convenzioni quadro stabilite dal ministro competente. E lo stesso vale per molte agenzie soggette a una disciplina speciale. Resta il fatto, però, che le agenzie governative esprimono una logica funzionale in contrasto con quella propria del decentramento amministrativo, che tendono anzi a neutralizzare.
Un ultimo problema è di ordine più generale. Con l’istituzione di agenzie amministrative, il legislatore rafforza una tendenza consolidatasi negli ultimi venticinque anni, quella a costituire amministrazioni tecniche e sezionali, responsabili dello svolgimento di attività specialistiche volte al perseguimento di uno specifico interesse. Ciò rafforza la specializzazione e l’expertise delle amministrazioni. Allo stesso tempo, però, apre la strada a una possibile frammentazione del sistema amministrativo in una serie di sottosistemi settoriali. Un simile effetto è ancora più evidente nei casi in cui l’agenzia sia istituita per operare all’interno di sistemi comuni europei, composti da amministrazioni dei vari Stati membri e da uno o più organismi dell’Unione. È quanto avviene, ad esempio, con l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie: questa opera all’interno di una più ampia amministrazione europea per la sicurezza dei trasporti ferroviari, coordinata dall’Agenzia ferroviaria europea, ed esercita i compiti che le sono conferiti dalla normativa sovranazionale. Di qui il rischio che l’istituzione di agenzie amministrative, soprattutto ove richiesta dal diritto europeo, apra la strada a un “policentrismo centrifugo” , particolarmente insidioso in un sistema amministrativo già attraversato da forti differenze interne.
Il ricorso a uffici governativi dotati di una relativa autonomia non è un fenomeno organizzativo proprio solo del sistema amministrativo italiano. Esso caratterizza numerosi ordinamenti nazionali. In Svezia, ad esempio, i ministeri sono affiancati da circa 300 agenzie, responsabili del raggiungimento di obiettivi prefissati. La pratica è molto diffusa negli Stati Uniti, dove sono numerose le cosiddette independent executive agencies. E nel Regno Unito, come si è già ricordato, il programma presentato nel Next Steps Report del 1988 ha condotto alla istituzione di un centinaio di executive agencies. La scelta per questo modulo organizzativo, inoltre, rappresenta una risposta a un problema comune ai vari ordinamenti nazionali, quello di garantire una maggiore efficienza all’azione dell’amministrazione centrale.
La convergenza su tecniche di agencification in risposta a un problema funzionale comune, in ogni caso, non deve far perdere di vista le specificità delle varie esperienze nazionali. L’istituzione di uffici governativi in parte autonomi dal ministro, infatti, acquista contenuti diversi a seconda del modo in cui è risolto, in ciascun sistema, il rapporto tra l’amministrazione e il governo.
Quando il processo di agencification si realizza in un ordinamento caratterizzato da una forte coesione tra governo e amministrazione, esso introduce una distinzione tra compiti politici e compiti amministrativi, volta a garantire una maggiore efficienza dell’azione dei poteri pubblici. Questo è avvenuto, ad esempio, in Francia, dove una legge del 1992 ha previsto la possibilità che i ministri istituiscano uffici dotati di autonomia gestionale e organizzativa. L’esperienza francese è significativa, dato che l’amministrazione dispone di un espresso ancoraggio costituzionale all’esecutivo e l’élite politica e quella amministrativa sono tradizionalmente integrate.
Nel caso in cui abbia luogo in un sistema già improntato a una chiara separazione tra politica e amministrazione, invece, il processo di agencification riflette il tentativo di migliorare l’efficacia e la flessibilità dei moduli organizzativi, ribadendo la logica del disegno complessivo. L’esempio principale è offerto dall’ordinamento inglese. Quest’ultimo è caratterizzato, per un verso, da una rigida separazione tra politica e amministrazione, per altro verso, dalla partisan neutrality della pubblica amministrazione, in base alla quale un civil servant deve servire lealmente il governo in carica, di qualunque orientamento esso sia. A differenza di quanto avviene nell’ordinamento francese, dunque, l’amministrazione non forma un tutt’uno con il governo, ma, piuttosto, rimane nascosta dietro a quest’ultimo. In questo contesto, l’istituzione di executive agencies nei modi indicati nel Next Steps Report del 1988 risponde in sostanza all’obiettivo di porre rimedio alla inefficienza del modello ministeriale e all’esigenza di razionalizzare l’allocazione dei compiti amministrativi, proteggendo alcune attività dalle interferenze della politica e migliorando la distinzione tra policy-making e service delivery.
Ancora diversa è l’esperienza statunitense, fortemente caratterizzata dal carattere presidenziale della forma di governo. Negli Stati Uniti, le independent executive agencies si distinguono dai cabinet departments, che rappresentano il cuore della componente presidenziale dell’amministrazione federale, sotto due profili principali: sono sottratte alla guida di un secretary; e operano attraverso poteri più marcatamente normativi. Come i cabinet departments, però, esse sono strettamente connesse all’esecutivo, essendo dirette da un funzionario nominato to serve at the President’s pleasure e soggette ad una supervisione presidenziale attraverso il controllo sul bilancio operato dell’Office of Management and Budget e l’imposizione di un’analisi costi-benefici nel procedimento di adozione delle cosiddette major rules.
Anche se presentano somiglianze strutturali e funzionali, insomma, i vari processi nazionali di agencification si realizzano in contesti tra loro molto differenti. Questi contesti, ed in particolare il modo in cui è definito il rapporto tra l’amministrazione e il governo, condizionano e definiscono la logica di fondo dei processi di agencification nei sistemi nazionali. Ciò esclude che si possa rilevare l’esistenza di un modello generale di agenzia amministrativa, comune ai diversi ordinamenti a regime amministrativo, come talora suggerito dalla scienza giuridica.
Questa conclusione trova un’ulteriore conferma negli sviluppi del sistema amministrativo dell’Unione. Anche nell’ordinamento europeo, il legislatore ha costituito uffici dell’amministrazione centrale esterni alla Commissione, dotati di una relativa autonomia e responsabili dello svolgimento di attività di carattere tecnico-operativo. Come nei sistemi nazionali, ciò è avvenuto per rispondere a un’esigenza di maggiore efficienza dell’azione amministrativa. Le ragioni e i contenuti del processo di agencification nell’Unione, però, dipendono strettamente dal contesto nel quale esso ha avuto luogo e dalle dinamiche del sistema amministrativo europeo.
La principale figura organizzativa è quella delle agenzie esecutive previste dal vigente regolamento finanziario (regolamento del Consiglio 25.6.2002, n. 1605). Quando dà attuazione al bilancio in modo centralizzato, la Commissione può espletare le funzioni d'esecuzione direttamente, attraverso i propri servizi, ovvero affidando a terzi missioni implicanti l'esercizio di potestà pubbliche. Tra gli organismi ai quali è possibile affidare compiti di esecuzione del bilancio vi sono le agenzie esecutive, cui può essere delegata in tutto o in parte l'attuazione, sotto la responsabilità della Commissione, di un programma o di un progetto comunitario (Reg. n. 1605, artt. 54/2, lett. a), art. 55/1). La delega deve essere conforme allo statuto generale delle agenzie esecutive, posto dal regolamento del Consiglio 19.12.2002, n. 58.
Pur dotate di personalità giuridica ed esterne alla sua struttura amministrativa, le agenzie esecutive sono strettamente collegate alla Commissione, coerentemente con il ruolo di preminenza funzionale che il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea attribuisce a quest’ultima nella esecuzione del bilancio. La Commissione decide se istituire un’agenzia esecutiva. Designa i componenti dei suoi organi di vertice. Può porre termine alle funzioni del direttore prima della scadenza del suo mandato. Verifica l'attuazione dei programmi comunitari affidati alle agenzie esecutive. Definisce le condizioni, i criteri, i parametri e le modalità che l'agenzia esecutiva deve rispettare nello svolgimento dei compiti che le sono affidati, nonché le modalità dei controlli esercitati dai propri servizi. Opera un controllo sulla legalità dei suoi atti. Può prorogare la durata di vita dell'agenzia esecutiva, ovvero sopprimerla, qualora non la ritenga più necessaria o constati che la sua esistenza non è più conforme ai principi di buona gestione finanziaria.
La strategia di esternalizzazione dei compiti di gestione prevista dal nuovo regolamento finanziario trova la propria ragion d'essere principale nel tentativo di ridefinire il ruolo e le attività della Commissione a seguito del lungo processo di “amministrativizzazione” dell'istituzione sovranazionale, che ha avvio all'inizio degli anni Sessanta e trova un proprio momento di crisi con le vicende che portano, nel 1999, alle dimissioni della Commissione Santer. Per un verso, la delega dalla Commissione ad organismi terzi di alcuni compiti relativi alla gestione di programmi comunitari implicanti stanziamenti di spesa risponde all'esigenza di rendere più mirata l'azione della Commissione, assicurando che essa si concentri in via prioritaria sui propri compiti principali. Per altro verso, l'istituzione di agenzie esecutive mira a ristabilire uno stretto rapporto tra collegio dei commissari e servizi interni, attraverso una migliore definizione dei compiti della Commissione e delle missioni delegabili ad organismi terzi.
Le agenzie esecutive non debbono essere confuse con le agenzie europee, come l'Agenzia europea per l'ambiente, l'Agenzia europea di valutazione dei medicinali e l'Agenzia europea per le sostanze chimiche. Queste ultime si differenziano dalle agenzie esecutive essenzialmente per il più tenue legame organizzativo con la Commissione e per l'ulteriore funzione di “integrazione amministrativa”. Esse mirano, infatti, anche a garantire e strutturare la collaborazione tra i governi nazionali e tra questi e l'amministrazione centrale europea. Il ricorso ad agenzie europee all'inizio degli anni Novanta e il suo progressivo consolidamento costituisce il frutto di una dinamica che caratterizza e condiziona gli sviluppi della amministrazione europea sin dai prodromi della pratica della comitologia: l'istituzione di agenzie europee rappresenta il tentativo di risolvere la questione di effettività amministrativa posta dalla tradizionale strategia di azione dell’Unione con strumenti che non implicano un diretto rafforzamento dell'amministrazione centrale europea e che preservano le attribuzioni dei corpi amministrativi degli Stati membri.
Artt. 8-10, 57, 59-72, d.lgs. n. 300/1999.
Arena, G., L’esperienza delle agenzie nel sistema amministrativo svedese, in Riv. trim. dir. pubbl., 1974, 69 ss.; Arena, G., Agenzia amministrativa, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1999, 1 ss.; Bassi, N., Agenzie nazionali ed europee, in Enc. dir., Annali, II, t. 2, Milano, 2009, 41 ss.; Caroli Casavola, H., L’amministrazione centrale, in Fiorentino, L. (a cura di), Le amministrazioni pubbliche tra conservazione e riforme, Milano, 2008, 1 ss.; Casini, L., Le agenzie amministrative, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 393 ss.; Casini, L.-Chiti, E., L’organizzazione, in Napolitano, G., a cura di, Diritto amministrativo comparato, Milano, 2007, 61 ss.; Chiti, E., Le agenzie europee. Unità e decentramento nelle amministrazioni europee, Padova, 2002; Clarich, M.-Mattarella, B.G., L’Agenzia italiana del farmaco, in Fiorentini, G. (a cura di), I servizi sanitari in Italia - 2004, Bologna, 2004, 263 ss.; Fiorentino, L.-Stancanelli, A., Le agenzie fiscali (articoli 57, 61-74), in Pajno, S.-Torchia, L. (a cura di), La riforma del governo, Bologna, 2000, 401 ss.; Franchini, C., L’organizzazione, in Cassese, S. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, pt. gen., I, II ed., Milano, 2003, I, 297 ss.; Merloni, F., Le agenzie nel sistema amministrativo italiano, in Dir. pubbl., 1999, 717 ss.; Merloni, F., Le agenzie a cinque anni dal d.lgs. n. 300: l’abbandono del modello generale?, in Vesperini, G. (a cura di), La riforma dell’organizzazione centrale, Milano, 2005, 21 ss.; Napolitano, G., L’Agenzia per l’acqua, in Giorn. dir. amm., 2011, 1077 ss.; Petroni, G., Nuovi profili organizzativi dell’evoluzione del sistema amministrativo pubblico, Padova, 1988; Sciullo, G., Alla ricerca del centro, Bologna, 2000; Vesperini, G., Le agenzie (articoli 8-10), in Pajno, S.-Torchia, L. (a cura di), La riforma del governo, Bologna, 2000, 145 ss.