Abstract
Viene illustrata l’istituzione delle Agenzie fiscali nel quadro della riorganizzazione dell’Amministrazione finanziaria di cui al d.lgs. n. 300/1999, approfondendone la natura ed i profili organizzativi e funzionali nonché le conseguenze, soprattutto di ordine processuale, connesse alla loro entrata in funzione.
Il d.lgs. 30.7.1999, n. 300 ha realizzato un complessivo riordino dell’Amministrazione finanziaria, con l’obiettivo di modernizzarla, superando le disfunzioni da tempo avvertite (cfr. Gallo, F., Come riorganizzare l’amministrazione finanziaria per la lotta all’evasione e l’assistenza ai contribuenti?, in Rass. trib., 1995, 885 ss.; Id., La modernizzazione dell'Amministrazione Finanziaria e le politiche di controllo e di accertamento, in Rass. trib., 1997, 685 ss.; La Rosa, S., Considerazioni sulla proposta di una «agenzia» per l’accertamento e sull’efficienza dell’amministrazione finanziaria, in Rass. trib., ivi, 1995, 2019 ss.; Lupi, R., L’agenzia delle entrate tra legalità e flessibilità, in Rass. trib., 1999, 1435 ss.; Id., La disciplina delle entrate, in Tratt. Cassese, Diritto amministrativo speciale, III, Milano, 2000, 1969 ss.).
La necessità di un simile rinnovamento si era posta già in occasione della riforma tributaria del 1973, nella consapevolezza che le novità introdotte esigevano un adeguamento dell’apparato chiamato a gestirle, per renderlo idoneo ad assolvere i nuovi compiti previsti dalla legge (Cassese, S., Il sistema amministrativo italiano, Bologna, 1983, 208).
All’epoca, però, non si pose mano all’assetto amministrativo, che rimase pressoché immutato per tutto il ventennio successivo.
Il primo passo in senso riformista fu compiuto con la l. 29.10.1991, n. 358 che delineò un modello organizzativo di tipo piramidale, in cui gli uffici venivano articolati per funzioni. Tutta la struttura faceva capo al Ministero delle finanze, presso cui erano incardinati tre Dipartimenti di livello centrale, distinti in ragione della diversità di materia trattata (Dipartimento del territorio; Dipartimento delle dogane; Dipartimento delle entrate), che sovrintendevano alla gestione del sistema. In posizione decentrata, venivano istituite le Direzioni regionali delle entrate (afferenti al Dipartimento delle entrate) e le Direzioni compartimentali (afferenti agli altri due Dipartimenti), con competenza territoriale corrispondente alla circoscrizione regionale. Al livello periferico, s’introducevano gli uffici unici delle entrate (che sostituivano i precedenti uffici delle imposte dirette, dell’IVA e del registro) e gli uffici unici del territorio (che sostituivano i precedenti uffici tecnici erariali e le conservatorie).
Benché si trattasse di un disegno organico di riordino, teso a rendere più funzionale l’Amministrazione finanziaria, anche in considerazione della crescente importanza acquisita dalla questione fiscale e dalla lotta all’evasione, la l. n. 358/1991 non conseguì gli obiettivi attesi, complice la lentezza che caratterizzò la sua attuazione.
Per questa ragione, a soli sei anni di distanza, il legislatore ha previsto un nuovo intervento – questa volta nell’ambito di una riforma più ampia, relativa a tutta l’Amministrazione centrale – delineato nella l. delega 15.3.1997, n. 59 ed attuato con il d.lgs. n. 300/1999.
La novella ha segnato l’abbandono del tradizionale «modello ministeriale», fortemente burocratizzato e basato su uno stretto legame tra Ministero e struttura amministrativa, a favore di un modello incentrato sulla separazione tra politica e gestione amministrativa (cfr. D’Auria, G., La nuova geografia dei Ministeri, in Giorn. dir. amm., 2000, 17 ss.; Lupi, R., La riorganizzazione del Ministero delle finanze, ibidem, 25 ss.).
Il nuovo assetto dell’Amministrazione finanziaria prevede ora, da un lato, strutture al servizio diretto del Ministro-responsabile politico, con compiti di formulazione, sperimentazione e controllo delle politiche pubbliche; dall’altra, strutture molto professionalizzate, le Agenzie fiscali, con funzioni di tipo gestionale.
L'apparato viene complessivamente snellito, perché il Ministero delle finanze è accorpato a quello del tesoro e spogliato dei compiti di amministrazione attiva, demandati alle Agenzie fiscali. Queste, dal canto loro, sono disegnate come organismi tecnici specializzati, dotati di un elevato grado di autonomia e perciò più flessibili dei pregressi Dipartimenti di cui prendono il posto (cfr. Fiorentino, L.-Stancanelli, A., Le agenzie fiscali (articoli 57, 71-74), in Pajno, A.–Torchia, L., a cura di, La Riforma del Governo. Commento ai decreti legislativi n. 300 e n. 303 del 1999 sulla riorganizzazione della presidenza del consiglio e dei ministeri, 2000, Bologna , 401 ss.; Stancanelli, A., Il Ministero delle finanze verso l’unificazione con il ministero del tesoro (articoli 56, 58-60), ibidem, 395 ss.).
Alla base di tale ristrutturazione v’è l’intento di potenziare l’efficienza della gestione amministrativa, passando da una logica di tipo burocratico ad una visione di stampo imprenditoriale, orientata alla semplificazione e al perseguimento di obiettivi di performance.
Non si tratta di una sorta di privatizzazione di funzioni pubbliche, ma di una nuova cultura gestionale e, con essa, di nuove forme di attuazione dei servizi di riferimento: le Agenzie fiscali sono pur sempre soggetti pubblici, anche se possono funzionare secondo regole organizzative più elastiche, tipiche del settore privato.
La riforma si svolge in parallelo al più generale processo di trasformazione dell’Amministrazione pubblica tout court, ma si sviluppa nel segno dell’autonomia di disciplina, in considerazione della specialità dell’Amministrazione finanziaria e del settore da essa «amministrato».
Sebbene il modulo organizzativo «agenzia» fosse conosciuto in Italia già alla fine degli anni ’80 del secolo scorso (cfr. Arena, G., Agenzia amministrativa, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1998, 1 ss.; Bassi, N., Agenzie nazionali edeuropee, in Enc.dir., Annali 2, II, Milano, 2008, 41 ss.; Soricelli, G., Le agenzie amministrative nel quadro dell’organizzazione dei pubblici poteri, Napoli, 2002; Vesperini, G., Le agenzie (articoli 8-10), in Pajno, A.–Torchia, L., a cura di, La Riforma, cit., 149 ss.), è il d.lgs. n. 300/1999 a dettarne, per la prima volta, una disciplina generale (artt. 8-10).
Non si tratta ancora, tuttavia, di un regime giuridico uniforme, sia perché sopravvivono le agenzie precedenti alla riforma, che restano soggette alle proprie normative particolari, sia perché lo stesso d.lgs. n. 300/1999 riconosce carattere speciale alle Agenzie fiscali, prevedendo per esse disposizioni ad hoc (Casini, L., Le agenzie amministrative, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, 393 ss.; Cipolla, G.M., Agenzie fiscali, in Dig. comm., Agg., III, Torino, 2007, 25 ss.; Merloni, F., Il nuovo modello di Agenzia nella riforma dei ministeri, in Dir. pubbl., 1999, 717 ss.).
L’art. 10 del menzionato Decreto, infatti, dispone che quest’ultime sono disciplinate dagli artt. 56 e ss. «anche in deroga agli articoli 8 e 9», ossia alle norme generali applicabili alle altre agenzie.
La medesima fonte legislativa, dunque, delinea un modello «ordinario» di agenzia, con regole comuni (artt. 8-9), e un modello «in deroga», valido solo per le Agenzie fiscali (artt. 56-72).
I tratti di differenziazione si apprezzano, innanzitutto, sul piano delle caratteristiche generali: mentre le agenzie sono definite come strutture di primo livello dell’organizzazione ministeriale (art. 12), al servizio di amministrazioni pubbliche, comprese quelle locali, considerabili quali uffici dirigenziali dotati di maggiore autonomia, le Agenzie fiscali sono soggetti con personalità giuridica di diritto pubblico (art. 61, co. 1), formalmente distinti dal Ministero. Ad esse sono demandate funzioni non solo di tipo tecnico-operativo, come accade per le altre agenzie, ma anche autoritative, con conseguente titolarità dei rapporti giuridici, poteri e competenze.
A ciò si aggiungono le specifiche disposizioni derogatorie previste per questi soggetti in materia di autonomia patrimoniale e di bilancio, statutaria, di personale e di rapporti con il Ministero.
Quanto al primo profilo, l’art. 70, co. 1, prevede che il finanziamento delle Agenzie fiscali derivi, oltre che dai trasferimenti statali, come per le altre agenzie (art. 9, co. 4), anche dai corrispettivi per i servizi resi a soggetti pubblici o privati, nonché da altri proventi patrimoniali e di gestione. Le Agenzie fiscali, infatti, diversamente dalle altre, possono presentarsi sul mercato per erogare prestazioni a titolo oneroso e reperire così risorse proprie. La l. 23.12.2005, n. 266 ha rafforzato questa autonomia patrimoniale, stabilendo che esse provvedano all’autofinanziamento.
Altrettanto ampia è la loro autonomia di bilancio: mentre le agenzie possono esercitarla nei limiti del fondo stanziato in un’apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero competente (art. 8, co. 4, lett. f), le Agenzie fiscali non soggiacciono a tale restrizione e, tra l’altro, redigono un bilancio proprio, che non confluisce in quello dell’amministrazione centrale.
Ulteriore profilo derogatorio è poi rappresentato dalla modalità di approvazione degli statuti.
Quelli delle agenzie «ordinarie» sono emanati con apposito regolamento governativo, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e devono uniformarsi ai principi di cui all’art. 8, co. 4, d.lgs. n. 300/1999. Di contro, gli statuti delle Agenzie fiscali sono deliberati dai rispettivi comitati di gestione e sottoposti solo all’approvazione del Ministero dell’economia e finanze (art. 60, co. 2).
Anche sul piano della disciplina del personale, la posizione delle Agenzie fiscali è sui generis, perché per esse è contemplato un comparto di contrattazione ad hoc (art. 71, co. 1), distinto dal comparto ministeri, e l’emanazione di un regolamento apposito per garantire l’indipendenza e l’autonomia del personale (cfr., al riguardo, d.P.R. 16.1.2002, n. 18).
Infine, il più intenso legame tra Agenzie fiscali e Ministero, ravvisabile tra l’altro nella possibilità di nominare un commissario straordinario, in sostituzione del Direttore, nei casi di risultati negativi della gestione o di gravi inosservanze agli obblighi di cui alla convenzione, contribuisce a distanziare tali Agenzie dalle altre (art. 69). Per quest’ultime, infatti, nei casi indicati, si procede applicando al Direttore le disposizioni sulla responsabilità amministrativa dei dirigenti delle amministrazioni statali (d.lgs. 30.3.2001, n. 165).
Dal complesso di deroghe fin qui descritte, che peraltro non esauriscono tutte quelle ravvisabili in base al dato normativo, si possono trarre due conclusioni: da un lato, che le Agenzie fiscali hanno carattere speciale e presentano una più marcata autonomia rispetto alle altre agenzie; dall’altro, che esse si collocano al di fuori del modello di agenzia creato dal d.lgs. n. 300/1999, con la conseguenza che la loro natura giuridica dev’essere ricostruita autonomamente, in base alle sole previsioni ad esse dedicate.
L’individuazione della natura delle Agenzie fiscali è questione controversa e condizionante. È controversa perché non vi sono indicazioni normative univoche sul punto, il che ha favorito l’emergere di differenti posizioni, soprattutto in dottrina. È condizionante perché, a seconda di come venga risolta, discendono conseguenze diverse sul piano sostanziale e processuale, come si vedrà nel proseguo.
Il punto nodale che occorre sciogliere è se questi soggetti siano ancora parte dell’Amministrazione statale, inquadrabili come organi del Ministero delle finanze, oppure si collochino in posizione di autonomia, rientrando nella (macro) categoria dell’ente pubblico.
Si è consapevoli che possa apparire riduttivo qualificare le Agenzie fiscali partendo dalla «apriorististica contrapposizione tra enti pubblici e amministrazioni statali», atteso il recente processo di disaggregazione dell’organizzazione statale e la difficoltà di individuare una nozione unitaria di ente pubblico (cfr. Tabet, G., Spunti critici sulla natura delle Agenzie fiscali e sulla loro equiparazione alle Amministrazioni dello Stato, in Rass. trib., 2002, 817 ss.).
Tuttavia, si è dell’idea che quella contrapposizione continui a mantenere la sua valenza giuridica, ove si consideri che essa segna il discrimen per stabilire il regime applicabile ai soggetti coinvolti.
Provando a razionalizzare gli elementi giuridici a disposizione, la qualifica delle Agenzie fiscali come enti pubblici autonomi rispetto al Ministero sembra l’opzione da preferire.
Depongono in tal senso la diversa posizione che la riforma assegna loro rispetto alle altre agenzie ivi previste (cfr. supra, § 2.1), l’ampia autonomia organizzativa che le caratterizza e, soprattutto, l’esplicito riconoscimento della personalità giuridica, che costituisce elemento di rottura del collegamento giuridico con l’apparato statale e, al contempo, tratto distintivo dell’ente pubblico (Cons. St., 28.6.2012, n. 3820).
È pur vero che può attribuirsi personalità giuridica anche ad un organo dell’amministrazione statale (Rossi, G., Enti pubblici, Bologna, 1991, 206), ma ciò implica che gli effetti giuridici dei relativi atti/attività si imputino, in tutto o in parte, anche all’amministrazione di riferimento.
Tale circostanza va esclusa nella fattispecie in esame, ove solo si consideri il tipo di trasferimento effettuato a favore delle Agenzie fiscali.
Ad esse è attribuita l’intera funzione di amministrazione relativa alle entrate, dogane, territorio e demanio, che quindi non può più essere riconosciuta, quanto alla titolarità, al Ministero e, quanto alla gestione, al Dipartimento. Detta funzione viene definitivamente sottratta alla struttura ministeriale, che non conserva nemmeno poteri sostitutivi o concorrenti in caso di inerzia delle Agenzie, né di autorizzazione preventiva o di ratifica successiva. Di contro, al Ministero sono state attribuite altre e diverse funzioni, a loro volta esclusive ed espressamente codificate (Nucera, V., Agenzie fiscali e processo tributario, in Rass. trib., 2003, 1562-1563; in giurisprudenza, cfr. Cons. St., 5.4.2006, n. 1789).
Sul piano positivo, il rilievo è confortato dalle norme che espressamente assegnano alle Agenzie fiscali la titolarità dei rapporti giuridici, poteri e competenze connesse con le funzioni attribuite (art. 57, d.lgs. n. 300/1999), fenomeno questo che mal si concilia con l’idea di una relazione organica tra i due enti, tale per cui l’attività dell’uno si imputa giuridicamente all’altro (Cass., S.U., 14.2.2006, n. 3116; Cass., S.U., 29.10.2007, n. 22641).
Con riferimento alle entrate fiscali, ciò porta a concludere che la potestà impositiva spetti, oggi, all’Agenzia delle Entrate, chiamata a svolgere, in luogo della precedente struttura ministeriale, l’intera sequenza delle attività concernenti l’attuazione dei tributi – dalla fase istruttoria a quella contenziosa – con il corredo dei poteri che vi si collegano (art. 62, d.lgs. n. 300/1999).
Il Ministero, per converso, rimane del tutto estraneo alla gestione del rapporto, pur essendo titolare dell’obbligazione d’imposta e, quindi, del relativo credito, come dimostrato dal fatto che le entrate acquisitive affluiscono al bilancio dello Stato, senza transitare in quello dell’Agenzia.
La scissione tra titolarità e gestione dell’obbligazione tributaria non deve stupire, essendo già presenti nel nostro ordinamento ipotesi di attribuzione a soggetti autonomi di potestà o funzioni prima spettanti allo Stato, che rimane titolare della posizione giuridica di diritto sostanziale (si pensi all’attività di riscossione esercitata mediante concessionari).
La posizione di terzietà delle Agenzie rispetto al Ministero deriva, poi, dal fatto che l’art. 70, d.lgs. n. 300/1999 prevede per esse la facoltà (e non invece l’obbligo) di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura di Stato ai sensi dell’art. 43, R.d. 30.10.1933, n. 1611, che è appunto norma sulla rappresentanza in giudizio degli enti pubblici diversi dalle amministrazioni statali.
Nella stessa prospettiva, si aggiunga che Agenzie fiscali e Ministero delle finanze possono stipulare la convenzione di programma e promuovere la partecipazione a (o la costituzione di) società e consorzi aventi ad oggetto la prestazione di servizi strumentali alle rispettive funzioni pubbliche (art. 59, co. 2, 3 e 5, d.lgs. n. 300/1999): il che presuppone, a monte, non solo la soggettività giuridica, ma anche l’autonomia delle Agenzie medesime, non essendo ipotizzabile che il Ministero stipuli convenzioni o costituisca società o consorzi con se stesso.
Tirando le fila del discorso, si può concludere allora che la riforma abbia introdotto una figura soggettiva nuova, distinta e non incardinata nell’apparato ministeriale, benché ad essa collegata, il cui riferimento concettuale è offerto dalla categoria degli enti pubblici (Cons. St., 7.3.2013, n. 1405). Del resto, non è privo di significato che, con riguardo all’Agenzia del Demanio, sia lo stesso d.lgs. n. 300/1999 a parlare di ente pubblico economico, qualificazione questa che, sebbene volta a specificare il carattere economico dell’Agenzia indicata, indirettamente conferma la natura di ente pubblico anche di tutte le altre (Cass., 26.10.2006, n. 23005).
Il Capo II del d.lgs. n. 300/1999 costituisce la normativa quadro delle Agenzie fiscali: la Sezione I di detto Capo le istituisce e regola i loro rapporti con il Ministero; la Sezione II ne delinea l’organizzazione, le attribuzioni ed i principi di funzionamento.
Alla disciplina primaria si aggiungono, in posizione subordinata, gli statuti di ciascuna Agenzia, che specificano i fini istituzionali, le competenze degli organi ed i rapporti tra gli stessi; i regolamenti di contabilità, che si conformano, nel rispetto delle disposizioni generali in materia di contabilità pubblica, ai criteri civilistici; i regolamenti di amministrazione, che si occupano principalmente del personale e dell’articolazione centrale e periferica.
Il quadro delle fonti è completato dalle convenzioni triennali stipulate tra il Ministero ed il Direttore di ciascuna Agenzia fiscale, che stabiliscono, tra l’altro, gli obiettivi da raggiungere, le direttive ed i vincoli, le strategie, le risorse disponibili e le modalità di verifica dei risultati di gestione.
Nella impostazione originaria, la riforma prevedeva quattro Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e del Demanio), tutte con personalità giuridica di diritto pubblico, aventi natura non economica.
L’evoluzione successiva al 1999 ha in parte modificato tale impianto, prevedendo, da un lato, la trasformazione dell’Agenzia del Demanio in ente pubblico economico (art. 1, d.lgs. 3.7.2003, n. 173), dall’altro, l’incorporazione, a decorrere dal 1.12.2012, dell’Agenzia del Territorio in quella delle Entrate e l’incorporazione dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) nell’Agenzia delle Dogane, che assume la nuova denominazione di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (art. 23 quater, d.l. 6.7.2012, n. 95, conv. in l. 7.8. 2012, n. 135).
Entrambe le novità hanno inciso su profili generali, quali la denominazione, il numero e la distribuzione delle competenze degli enti in questione.
In particolare, il primo intervento ha impresso carattere imprenditoriale all’Agenzia del Demanio, che adesso persegue i propri obiettivi con modalità organizzative e strumenti operativi di tipo privatistico, adottando criteri di economicità e di creazione di valore economico nella gestione del patrimonio immobiliare dello Stato.
Il secondo ha eliminato formalmente l’Agenzia del Territorio, oltre che l’AAMS, con conseguente ampliamento della struttura e delle attribuzioni dell’Agenzia delle Entrate e delle Dogane, giacché esse acquisiscono le funzioni degli enti incorporati, con le relative risorse umane, finanziarie e strumentali, compresi i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, senza alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale.
I tratti distintivi delle Agenzie fiscali sono rimasti, per il resto, quelli originari: si tratta di enti pubblici con propria autonomia statutaria, regolamentare, amministrativa, patrimoniale e contabile, che operano secondo principi di legalità, imparzialità e trasparenza e in base a criteri di efficienza, economicità ed efficacia nel perseguimento dei loro obiettivi (art. 61, d.lgs. n. 300/1999).
Ad esse sono demandate le funzioni un tempo esercitate dai Dipartimenti delle Entrate, delle Dogane, del Territorio e da altri uffici del Ministero, inoltre, le regioni e gli enti locali possono affidare loro la gestione delle proprie funzioni, definendone i limiti in apposite convenzioni (art. 57).
Mediante convenzione sono regolati anche i rapporti tra Agenzie fiscali e Ministero delle finanze: quest’atto negoziale è la conclusione di un procedimento a cascata, che vede nel documento di programmazione economico finanziaria le prime specificazioni degli obiettivi e dei vincoli della gestione; nel documento di indirizzo del Ministero, le linee guida, la determinazione delle grandezze finanziarie e dello scenario di politica fiscale, destinato a divenire esecutivo, per la gestione, con le singole convenzioni (sul loro significato, sia pur incidentalmente, C. cost., 28.7.2004, n. 288; si precisa che i rapporti tra Agenzia del Demanio e Ministero sono regolati da un contratto di servizio).
Accanto allo strumento convenzionale, nel quale si esprime il potere di indirizzo del Ministero, il rapporto con le Agenzie si sviluppa anche sul piano dell’attività di controllo. Questa viene esercitata essenzialmente sui risultati di gestione, pur nel rispetto dell’autonomia riconosciuta agli enti in discorso. A tale riguardo, si rammenta che il Ministero può nominare un commissario straordinario, in sostituzione del direttore, nei casi di risultati negativi della gestione o di gravi inosservanze agli obblighi di cui alla convenzione.
Quanto agli atti delle Agenzie, non è previsto un controllo ministeriale preventivo; solo le deliberazioni del Comitato di gestione relative agli statuti, ai regolamenti e agli atti di carattere generale sul funzionamento delle Agenzie medesime, sono trasmessi al Ministro, il quale può chiedere di sospenderne l’efficacia, sollecitando una nuova deliberazione (sui rapporti tra Agenzie fiscali e Ministero, si veda Stancanelli, A., Il Ministero, cit., 398 ss.).
Passando al profilo dell’assetto interno, gli organi delle Agenzie fiscali sono tre:
il Direttore generale che rappresenta e dirige l’Agenzia, emana gli atti che non siano attribuiti ad altri organi e sottopone alla valutazione del Comitato di gestione le scelte strategiche aziendali e le nomine dei dirigenti responsabili delle strutture al vertice centrale e periferico;
il Comitato di gestione (prima, Comitato direttivo) che delibera lo Statuto, i regolamenti e gli altri atti generali sul funzionamento dell’Agenzia, i bilanci di previsione e di rendicontazione, i piani aziendali e le spese. È composto da quattro membri più il Direttore e, solo per l’Agenzia delle Entrate, è integrato da due membri nominati su designazione della Conferenza Stato-città ed autonomie;
il Collegio dei revisori che esercita il controllo sull’amministrazione dell’Agenzia, sul rispetto della legge e dello Statuto, sulla tenuta della contabilità, sulla rispondenza del bilancio alle scritture contabili. È composto dal presidente, due membri effettivi e due supplenti iscritti nel registro dei revisori contabili.
Ciascuna Agenzia si articola, infine, in strutture centrali e periferiche, secondo una logica che si conforma alle esigenze della conduzione aziendale, favorendo il decentramento delle responsabilità operative e la semplificazione dei rapporti con i cittadini.
Le attribuzioni delle Agenzie fiscali sono indicate negli artt. 62-65, d.lgs. n. 300/1999 e specificate nei rispettivi statuti e atti interni.
L’Agenzia delle entrate si occupa della gestione amministrativa e operativa della fiscalità, svolgendo funzione di accertamento e riscossione dei tributi diretti e indiretti, nonché di ogni diritto o entrata precedentemente di competenza del Dipartimento delle entrate e curandone il relativo contenzioso. Il suo fine istituzionale è quello di perseguire il massimo grado di adempimento degli obblighi tributari e, per questo, presta assistenza ai contribuenti, cura le relazioni con essi, predispone controlli diretti a contrastare l’evasione fiscale.
Essa, inoltre, supporta l’attività del Ministero, delle altre Agenzie fiscali e degli enti e organi che esercitano funzioni in settori della fiscalità erariale e collabora con il sistema delle autonomie locali per la realizzazione del federalismo fiscale, potendo fornire servizi alle Regioni e agli altri enti locali per la gestione dei rispettivi tributi, stipulando convenzioni per la liquidazione, accertamento, riscossione e relativo contenzioso.
Particolarmente significativa è l’attività interpretativa, esplicata attraverso circolari che impartiscono indirizzi agli uffici per la corretta applicazione della legge, pur non vincolando i giudici ed i contribuenti (Cass., S.U., 2.11.2007, n. 23031).
La potestà normativa è espressamente riservata al Ministero, sebbene non possa tacersi la crescente tendenza del legislatore a demandare a «provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate» l’attuazione e talora l’integrazione delle fonti primarie. Ancorché aventi forma amministrativa, tali provvedimenti presentano contenuto ed efficacia precettiva, alla stregua degli atti normativi (secondari), nel cui novero andrebbero inclusi, quantomeno sul piano sostanziale (cfr., in argomento, Fransoni, G., Appunti a margine di alcuni “provvedimenti” attuativi emanati dall’Agenzia delle Entrate, in Rass. trib., 2001, 365 ss.; Nucera, V., I provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ed i confini della normatività, in Riv. dir. trib., 2011, I, 961 ss.)
Le attribuzione dell’Agenzia delle Entrate, che costituisce senz’altro la principale delle Agenzie fiscali, sono state progressivamente ampliate, da ultimo, con il d.l. n. 95/2012, che ha trasferito a quest’ente le competenze prima spettanti all’Agenzia del Territorio e, segnatamente, la gestione dei servizi relativi al catasto e alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l’anagrafe degli immobili presenti sul territorio nazionale, sviluppando l’integrazione tra i sistemi informativi relativi alla funzione fiscale ed alle trascrizioni immobiliari.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli svolge attività di controllo, accertamento e verifica relativa alla circolazione delle merci e alla fiscalità interna connessa al commercio internazionale, a garanzia dell’osservanza della normativa comunitaria. Verifica e controlla scambi, produzione e consumo dei prodotti e delle risorse naturali soggetti ad accisa, provvedendo alla relativa riscossione, ed esercita azione di contrasto rispetto agli illeciti extratributari (quali i traffici illegali di droga, armi, beni del patrimonio culturale, etc.). A seguito dell’incorporazione dell’AAMS, l’Agenzia ne ha assunto le funzioni, divenendo competente, tra l’altro, nel settore del gioco, di cui vaglia la legalità e la regolarità del comportamento degli operatori.
L’Agenzia del Demanio è un ente pubblico economico, che opera pertanto in base ad una disciplina di tipo privatistico, assoggettata all’alta vigilanza del Ministero delle finanze, che ne detta gli indirizzi, stipulando a tal fine un contratto di servizio. All’Agenzia spetta la gestione, razionalizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare statale, cioè dei beni immobili per usi governativi, patrimonio disponibile, demanio storico-artistico. Inoltre, si occupa delle attività di supporto alla gestione dei beni confiscati, il cui coordinamento è affidato all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata istituita dalla l. 31.3.2010, n. 50.
Il legislatore non si è occupato delle implicazioni processuali suscitate dall’istituzione delle Agenzie fiscali, a parte quanto laconicamente previsto nell’art. 72, d.lgs. n. 300/1999.
Questo difetto di coordinamento ha determinato un impatto problematico della riforma, soprattutto nell’ambito del contenzioso tributario, ove l’Amministrazione finanziaria è, di regola, coinvolta (per un inquadramento, cfr. Bruno, N.A., La legittimazione ad agire e la rappresentanza in giudizio delle agenzie fiscali, in Rass. trib., 2002, 1515 ss.; Buttus, S., L’istituzione delle agenzie fiscali: profili e problematiche di natura processuale, in Riv. dir. trib., 2001, I, 871 ss.; Cipolla G.M., Agenzie fiscali, cit., par. 5; Glendi, C., Legittimazione (attiva e passiva) e difesa in giudizio delle agenzie fiscali, in Corr. trib., 2001, 2958 ss.; Id., Anche gli uffici dell’Agenzia sono legittimati ad agire e difendersi in cassazione, in Corr. trib., 2006, 1099 ss.; Muleo, S., Il definitivo inquadramento delle Agenzie fiscali ai fini della legittimazione ad agire e processuale, in GT – Riv. giur. trib., 2006, 424 ss.; Nucera, V., Agenzie, cit., 1556 ss.; Russo, P.-Fransoni, G., La notifica degli atti di parte e della sentenza a seguito dell’istituzione delle Agenzie fiscali, in Riv. dir. trib., 2001, I, 895 ss.; Turchi, A., Note sull’individuazione del soggetto da considerare parte del giudizio tributario di cassazione, in Giur. it., 2004, 1 ss.).
Le principali questioni che si sono poste riguardano: a) l’individuazione del soggetto pubblico legittimato nel giudizio di merito e in quello di Cassazione; b) il destinatario della notifica della sentenza di secondo grado; c) il regime transitorio.
a)Fino all’1.1.2001, la qualità di parte nei processi tributari di merito spettava agli uffici locali del Ministero, ai quali era riconosciuta soggettività esterna, in deroga alla disciplina sulla rappresentanza e difesa delle Amministrazioni statali (R.d. n. 1611/1933).
Tale eccezione era limitata ai primi due gradi di giudizio, esauriti i quali, tornava ad operare il R.d. n. 1611/1933, con conseguente legittimazione del Ministero davanti alla Corte di Cassazione.
L’avvento delle Agenzie fiscali ha messo in crisi questo assetto, determinando la necessità di rintracciare nuove soluzioni, sia pure in via interpretativa, che tengano conto della successione tra enti intervenuta.
Con riferimento ai giudizi di merito, si ritiene che l'indicazione dell'ufficio locale del Ministero di cui agli artt. 10, 11 e 12 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546 sia da leggere, adesso, come riferita all'ufficio dell'Agenzia, al quale va pertanto riconosciuta la legittimazione processuale. Ne dà conferma l’art. 20, d.P.R. 26.3.2001, n. 107, secondo cui «tutti i riferimenti ad uffici ... dei Dipartimenti contenuti in norme ... si intendono effettuati nei confronti ... delle competenti agenzie» (conformi le circolari dell’Agenzia delle Entrate, 30.7.2001, n. 21/E e dell’Agenzia del Territorio, 16.7.2002, n. 5/T).
Del resto, anche dopo la riforma permangono le ragioni di semplificazione alla base delle norme processuali del ’92, fondate sulla specifica attitudine funzionale degli uffici locali che hanno svolto l’accertamento a difenderne in giudizio la fondatezza.
Più problematica è l’individuazione del soggetto pubblico legittimato ad agire e resistere nel giudizio di cassazione.
Sembra da escludere che esso possa ancora identificarsi nel Ministero, non più titolare delle funzioni di amministrazione attiva e che più non dispone delle strutture operative per svolgerle, entrambe trasferite alle Agenzie. D’altro canto, nemmeno trova applicazione la normativa in tema di rappresentanza e difesa delle Amministrazioni statali, visto che le Agenzie, per quanto sopra detto, non sono «Amministrazioni statali».
Si profilano, allora, due possibili opzioni: o si riconosce la legittimazione all’Agenzia centrale, in persona del suo Direttore; o la si attribuisce direttamente all’ufficio locale.
Quest’ultima soluzione ha il pregio di assicurare la semplificazione e l'economicità dei giudizi (anche) oltre la fase di merito, di uniformare la disciplina processuale in punto di legitimatio ad processum della pars publica e, sul piano pratico, di garantire al contribuente lo stesso interlocutore in ogni grado del contenzioso, sollevandolo dall'onere di identificare un soggetto diverso per quello di legittimità.
La sua giustificazione teorica poggia sul fatto che le norme del d.lgs. n. 546/1992 sulla soggettività esterna dell’ufficio hanno ormai perso il loro carattere di specialità – non operando più la disciplina generale di cui al R.d. n. 1161/1933 – e possono, quindi, essere applicate estensivamente: viene meno, infatti, la ratio che originariamente spiegava la diversa regolamentazione del giudizio di cassazione rispetto a quello di merito.
Questa impostazione è condivisa dalla circolare n. 71/E del 2001 ed ha ricevuto, più di recente, l’avallo della giurisprudenza di legittimità, che pure inizialmente si era espressa per la legittimazione esclusiva dell’Agenzia centrale (cfr. Cass., 15.11.2002, n. 16122).
Nelle sentenze emesse dal 2006 in poi, la Corte ha affermato, con evidente sincretismo, che il ricorso per cassazione può essere proposto, indifferentemente, nei confronti dell’ufficio dell’Agenzia che ha emesso l’atto, presso la sua sede locale, ovvero nei confronti dell’Agenzia centrale, presso la sede di Roma (Cass. n. 3116/2006; Cass., 9.4.2009, n. 8703; Cass., 22.12.2011, n. 28549).
Solo qualora nel secondo grado di giudizio l’Agenzia si sia avvalsa del patrocinio dell’Avvocatura di Stato ai sensi dell’art. 12, co. 4, d.lgs. n. 546/1992, il ricorso dovrà essere notificato presso quest’ultima, secondo le ordinarie regole processuali (art. 170 c.p.c.).
Quanto alla difesa tecnica in cassazione, si rammenta che le Agenzie fiscali hanno la possibilità di farsi assistere dall’Avvocatura di Stato, previa sottoscrizione di apposita convenzione (cfr. protocollo d’intesa del 21.3.2001, rinnovato il 14.5.2010), in presenza della quale non è necessaria una specifica procura (Cass., 20.3. 2013, n. 6952).
Il ricorso a tale patrocinio acquista rilevanza verso i terzi solo dopo la costituzione in giudizio dell’Avvocatura medesima; il che conferma la necessità di proporre il ricorso per cassazione nei confronti e presso l’Agenzia.
Tuttavia, nell’intento di sdrammatizzare le conseguenze degli eventuali errori di notifica dei contribuenti, la giurisprudenza ha precisato che l’esistenza della convenzione e la sua notorietà all’esterno costituisce motivo di legittimo affidamento per la controparte. Pertanto, la notifica del ricorso eseguita presso l’Avvocatura generale di Stato – malgrado questa non abbia assunto la difesa nella precedente fase di merito – non deve intendersi inesistente, ma nulla e sanabile con la costituzione in giudizio dell’Agenzia o, in difetto, con l’ordine di rinnovazione della notifica all’Agenzia, ex art. 291 c.p.c. (Cass. n. 22641/2007).
b) Un secondo ordine di problemi riguarda il destinatario della sentenza di secondo grado, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare.
In base all’art. 38, d.lgs. n. 546/1992, come autenticamente interpretato dall’art. 21, l. 13.5.1999, n. 133, tale notifica doveva essere effettuata presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato competente ai sensi dell'art. 11, co. 2, del R.d. n. 1611/1933, vista la mancanza di soggettività esterna dell’ufficio locale una volta terminato il secondo grado di merito.
Dopo la riforma questa norma non pare più suscettibile di applicazione: posto che le Agenzie non sono Amministrazioni statali e che difetta, quindi, il presupposto sostanziale per l'applicazione del R.d. n. 1611/1933, viene meno la giustificazione a che la notifica della sentenza di appello sia effettuata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato (la Cassazione ritiene implicitamente abrogato l’art. 21, cfr. sentt. 1.7.2004, n. 12075 e 30.3.2007, n. 7882; contra, Russo, P.- Fransoni, G., La notifica, cit., 900 ss., secondo cui la norma sarebbe ancora applicabile).
Di conseguenza, a decorrere dall’1.1.2001, tale notifica sarà effettuata nei confronti e presso l’Agenzia, salvo che non sia già intervenuta l'Avvocatura nel secondo grado di giudizio, nel qual caso, si dovrà eseguire presso tale organo (Cass., 29.8.2007, n. 18227). Quanto poi a quale «agenzia» indirizzare la notifica, se a quella centrale o all’ufficio periferico, la Cassazione ha precisato che essa può essere effettuata all’una o all’altra sede (Cass. n. 3116/2006).
c) Ulteriore profilo problematico attiene al regime applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della riforma.
Pare corretto inquadrare la fattispecie nella vicenda successoria di cui all’art. 111 c.p.c., ove si consideri che il Ministero delle finanze, sebbene confluito nel Ministero dell'economia e delle finanze, è rimasto ancora in vita, quindi, non può dirsi integrato il presupposto della successione a titolo universale ex art. 110 c.p.c., circoscritto, com’è noto, alle ipotesi del «venir meno» di una parte (l’orientamento è pacifico in giurisprudenza: cfr. Cass., S.U., 29.4.2003, n. 6633; Cass., 6.2.2007, n. 2608; contra, in dottrina, Buttus, S., L’introduzione, cit., 880).
La soluzione proposta, oltretutto, risulta coerente con l’assetto del d.lgs. n. 546/1992, il cui art. 40 esclude che l’estinzione della parte pubblica interrompa il processo, assicurando che esso giunga comunque al termine.
D.lgs. 30.7.1999, n. 300 e s.m.i.
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