Abstract
Si definiscono le agevolazioni fiscali e se ne analizzano i principali interventi legislativi, principi costituzionali, profili procedimentali e processuali.
1. Definizione
A dispetto del nome, l’approccio al tema delle agevolazioni fiscali non si presenta affatto agevole (della copiosa letteratura sulle agevolazioni fiscali si ricordano: La Rosa, S., Esenzioni ed agevolazioni tributarie, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1989; Id., Le agevolazioni fiscali, in Amatucci, A., a cura di, Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, I, 401 ss.; Fichera, F., Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992; Basilavecchia, M., Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni fiscali (diritto tributario), in Enc. Dir., Agg. V, 2002, 48 ss.; Batistoni Ferrara, F., Agevolazioni ed esenzioni fiscali in Cassese, S., a cura di, Diz. Dir. Pubbl., I, 2006, 175 ss. Di recente: Pace, A., Agevolazioni fiscali. Forme di tutela e schemi processuali, Torino, 2012).
Infatti, si ritiene comunemente che le agevolazioni fiscali si traducano in deroghe, favorevoli per il contribuente, alle regole di determinazione e applicazione dei tributi. Ciò, però, è poco significativo, dal momento che quelle che vengono definite deroghe servono anche ad adeguare il prelievo alla capacità contributiva sottostante (così, ad esempio, sono da intendere molte deduzioni e detrazioni nel campo delle imposte sui redditi) o ad eventuali altri interessi coinvolti nell’azione amministrativa (in presenza di funzioni discrezionali); e, comunque, non sempre corrisponde al vero, come accade, ad esempio, nei crediti d’imposta, che spesso hanno genesi e itinerari extrafiscali ed entrano nei circuiti tributari solo al momento del versamento, elidendo in tutto o in parte il relativo obbligo.
Piuttosto, appare preferibile dare rilievo ai fini che le varie agevolazioni fiscali perseguono, da individuare in quelli propri della spesa pubblica e dell’intervento diretto dello Stato nell’economia e nella società. Le agevolazioni fiscali, così, surrogano veri e propri finanziamenti pubblici, i quali appunto possono essere proficuamente “attribuiti” piegando la via tributaria a fini extrafiscali, in linea con le moderne concezioni dello Stato interventista e della finanza funzionale. Naturalmente, nel dovere di contribuzione dei consociati vengono in rilievo vari interessi economici e sociali di rilievo costituzionale, i quali, però, se realizzano la ragionevole discriminazione dei contribuenti, che sta alla base della capacità contributiva individuale, o consentono un migliore esercizio delle funzioni amministrative in cui si articola il prelievo, attengono pur sempre al riparto delle spese pubbliche, ossia alla sfera delle entrate pubbliche, e quindi non danno vita ad agevolazioni fiscali, le quali invece sono spese, più esattamente “spese fiscali”.
In verità non è possibile tracciare un discrimen netto tra extrafiscalità e fiscalità o, se si vuole, tra extrafiscalità esterna e extrafiscalità interna alla disciplina dei tributi, anche perché il legislatore non è affatto rigoroso nella disciplina delle fattispecie e, spesso, l’interprete deve affidarsi ad elementi sintomatici della natura agevolativa (individuati, ad esempio, nella sedes legislativa, nel far parte di un complesso organico di misure ispirate ad esigenze comuni e coinvolgenti più tributi, nella presenza di limiti temporali o territoriali estranei ai tributi interessati) con risultati inevitabilmente discutibili in presenza di indici poco chiari e coerenti. E accade anche che istituti strutturalmente identici siano suscettibili di diversa collocazione: ad esempio, a crediti di imposta che sono agevolazioni fiscali (quali quelli dati ai datori di lavoro che aumentano il numero dei lavoratori a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno, di cui all’art. 2 del d.l. 13.5.2011, n. 70, o alle imprese che investono in ricerca e sviluppo ai sensi dell’art.1, co. 281 ss., della l. 27.12.2006, n. 296) fanno da contraltare altri che certamente non sono tali (quali quelli che riguardano i redditi prodotti all’estero ex art.165 Tuir o che discendono dalle dichiarazioni dei redditi e Iva in conseguenza delle normali regole di determinazione di questi tributi), come anche altri di dubbia collocazione (nonostante venga ripetutamente qualificato come agevolazione fiscale, anche nella prassi oltre che in sede normativa, il credito d’imposta spettante alle parti che abbiano pagato l’indennità di mediazione – ex art. 20 d.lgs. 4.3.2010, n. 28 – sembra più che altro concorrere a determinare la disciplina fiscale della mediazione).
Comunque, il criterio funzionale, pur con la relatività dei risultati cui conduce, sembra essere il solo in grado di accomunare veramente le diverse agevolazioni fiscali, consentendone la rappresentazione alla stregua di un genus ampio, cui si riconducono una pluralità di species dalle caratteristiche eterogenee (esenzioni, crediti d’imposta, regimi fiscali sostitutivi, dilazioni di pagamento, ecc.): così, del resto, la prevalente dottrina (si ricordano ad es. i contributi di La Rosa, tra cui quello da ultimo citato). E, soprattutto, consente di distinguere le agevolazioni fiscali in senso proprio (note anche come spese fiscali) da quegli istituti similari, che invece attengono alla disciplina dei tributi o della loro applicazione, che impropriamente sono chiamati non di rado agevolazioni fiscali, ma che andrebbero rappresentati più correttamente in relazione alle loro specifiche caratteristiche intrinseche (e, forse, pure qualificati agevolazioni strutturali o erosioni fiscali); la distinzione (tra agevolazioni fiscali proprie e agevolazioni fiscali improprie) riverbera su principi e regole di riferimento ed è estremamente importante soprattutto nel difetto, ricorrente, di chiare discipline di riferimento. Altre distinzioni, che pure si fanno, hanno una valenza prevalentemente descrittiva, cogliendo spesso caratteristiche esteriori dei singoli istituti, legate alla struttura degli stessi o ai contesti in cui ricorrono (cfr. ad es. Zennaro, R., Tipi agevolativi e problemi procedurali, in Moschetti, F.-Zennaro, R., Agevolazioni fiscali in Dig. Disc. comm., I, 1987, 64 ss.; D’Amati, N., Agevolazioni ed esenzioni tributarie, in N.D.I, I, 1980, 153 ss.).
Non conduce a risultati proficui la considerazione del fenomeno delle agevolazioni movendo da formule e definizioni legislative, che spesso, anche con riferimento alle varie species, sono poco precise (accade che le agevolazioni fiscali siano distinte dalle esenzioni e dai regimi sostitutivi aventi finalità agevolative – così gli artt. 9 e 15 della legge delega per la riforma tributaria, 9.10.1971, n. 825, e l’art. 17 della l. 29.12.1990, n. 408 – o che, superando tali etichette, siano ricondotte agli «interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive» o si vogliano far confluire tra «istituti giuridici tributari destinati a finalità etiche e di solidarietà sociale» – così, rispettivamente, l’art.1, co. 3, d.lgs. 31.3.1998, n. 123 e l’art. 2 della l. 7.4.2003, n. 80), devono essere relativizzate in base ai contesti in cui ricorrono (come peraltro si è detto a proposito del credito d’imposta) e possono assumere significati differenti o particolari (emblematiche sono le figura delle esenzioni e delle esclusioni, che sono difficilmente distinguibili sul piano della teoria generale del diritto e assumono significati del tutto peculiari nell’ambito dell’Iva).
Ed analogamente può dirsi se si procede ad un’analisi della giurisprudenza sulle agevolazioni fiscali, in quanto all’inclusione tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie de «il diniego o la revoca di agevolazioni» ex art.19, co. 1, d.lgs. 31.12.1992, n. 546 è conseguito che la giurisprudenza sposasse una nozione molto ampia delle agevolazioni fiscali al punto di renderla priva di una vera connotazione. Si ricorda, in via esemplificativa, come la Corte di cassazione abbia ritenuto impugnabili innanzi al giudice tributario, riconducendoli alla previsione testé riferita, anche atti estremamente diversi quali il rifiuto di iscrizione e la cancellazione dall’anagrafe delle Onlus (cfr. Cass., S.U., 27.1.2010, n. 865) o la risposta resa a seguito di interpello (cfr. Cass., 15.4.2011, n. 8663).
Tra gli interventi normativi di carattere generale in tema di agevolazioni tributarie spiccano vari tentativi legislativi di una revisione organica delle agevolazioni fiscali delegata al Governo. Due sono quelli più incisivi.
Col primo – che poi è il solo parzialmente riuscito – posto in essere in seno alla riforma tributaria degli anni ’70, in relazione ai tributi allora introdotti o modificati, si fissavano il criterio generale «di limitare nella maggior possibile misura le deroghe ai principi di generalità e di progressività dell'imposizione» e criteri ulteriori, tra i quali quelli di sostituire esenzioni con esclusioni e soprattutto esenzioni, agevolazioni fiscali e regimi fiscali sostitutivi di tipo agevolativo con «la concessione di contributi, anche sotto forma di buoni di imposta, commisurati a parametri da determinare senza riferimento all'imponibile», nonché ridurre la tassazione per taluni soggetti e fattispecie imponibili (cfr. art. 9 della l. n. 825 del 1971); i risultati piuttosto modesti, cui perviene il d.P.R. 29.9.1973, n. 601, vengono in qualche modo giustificati in vista dell’elaborazione di una legge organica (si legge, infatti, nella relazione governativa di accompagnamento al d.P.R. n. 601 del 1973: «il presente decreto va considerato come un complesso di norme destinate ad evitare un vuoto per il periodo di tempo che lo separa dalla legge organica sugli incentivi»), che però non hai mai visto la luce del sole.
Col secondo tentativo, di cui all’art.17 della l. n. 408 del 1990 (come modificato dall’art. 9 della l. 30.12.1991, n. 413), la revisione, che riguardava anche a «agevolazioni o regimi agevolativi riconducibili a caratteristiche strutturali dei tributi, che costituiscono comunque deroga ai principi di generalità, di uniformità e di progressività della imposizione», doveva uniformarsi a principi e criteri direttivi, quali, essenzialmente, la sostituzione delle agevolazioni in essere con crediti e buoni d’imposta, la temporaneità degli interventi, la predeterminazione della loro incidenza economica, l’individuazione di ambiti di intervento meritevoli; nessun esito, però, si è avuto (e lo schema di decreto delegato presentato dal Governo è stato prontamente ritirato; per un’analisi critica di esso si veda Fichera F., op. cit., p.279 ss.). L’insuccesso di tali tentativi viene spiegato per il confuso accostamento di tipologie differenti, le agevolazioni proprie o spese fiscali e quelle improprie o strutturali, e per le correlate deficienze disciplinari circa gli interventi richiesti (così ad es. La Rosa, S., op. loc. ult. cit., 420 ss.). Pur tuttavia, il legislatore tributario nell’introduzione di future agevolazioni fiscali sembra gradualmente aver tenuto presente le avvertite esigenze di temporaneità degli interventi, di preferenza per le figure dei crediti d’imposta, di predeterminazione dell’incidenza finanziaria (cfr. ad es., Pace A., op. cit., .5 s.)
Si ricorda, inoltre, un ulteriore tentativo di revisione delle agevolazioni, rimasto anch’esso senza esito, che si suole rinvenire nell’ambito del velleitario disegno di riforma e codificazione del sistema fiscale statale, di cui alla l. 80 del 2003, ove per l’emanando codice si prevede «l'introduzione di norme che ordinano e disciplinano istituti giuridici tributari destinati a finalità etiche e di solidarietà sociale» (nell’art. 2, co. 1, lett. n) e si individuano anche, in seno ai nuovi tributi istituendi, specifiche finalità meritevoli di considerazione con lo strumento delle agevolazioni. Ed ancora, più recentemente, si è tornato a parlare di revisione delle agevolazioni tributarie, in conseguenza della congiuntura economica negativa e al fine di evitare aumenti di tributi e tagli a spese pubbliche (cfr. ad es., nell’ambito della cd. spending review, artt. 40, co. 1-ter, d.l. 6.7.2011, n. 98, e 21, co. 2, d.l. 6.7.2012, n. 95, come convertiti e modificati. Per un primo commento Fichera F., Agevolazioni fiscali, bilancio delle tax expenditures e politica tributaria: il caso italiano in Rass. Trib., 2012, 994 ss., e 2013, 211 ss.).
In una posizione a se stante si colloca il d.lgs. n. 123 del 1998, il quale – in applicazione della delega di cui alla legge 15.3.1997, n. 59 – «individua i principi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, ivi compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefici di qualsiasi genere» (qualificati «principi generali dell'ordinamento dello Stato», specificandi con regolamenti ministeriali e fonti degli enti locali e comunque pienamente efficaci decorso inutilmente il termine ultimo annuale per l’adozione di queste fonti complementari: cfr. artt. 1 e 12) e, per l’appunto, tra le tipologie di intervento prevede il credito di imposta e il bonus fiscale. Esso, pur con il limite di guardare alle sole attività produttive, ha il pregio di fissare delle procedure uniche (automatica, valutativa, negoziale) per l’attribuzione dei vari benefici che attengono all’area della spesa pubblica e dell’intervento dello Stato nell’economia; tuttavia, di esso non sembrano aver tenuto conto molti interventi normativi in tema di agevolazioni fiscali, che, provenendo da fonti di pari grado, risultano avervi derogato (per di più, la disciplina di attribuzione dei benefici fiscali sembra oggetto di una revisione in itinere, essendo stato abrogato – ex d.l. 22.6.2012, n. 83 – l’art.1 del d.l. 23.6.1995, n. 244, cui rinvia l’art.7 d.lgs. n. 123 del 1998).
Infine va ricordata la predetta inclusione de «il diniego o la revoca di agevolazioni» tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie ex art. 19, co. 1, d.lgs. n. 546 del 1992 – innovativa rispetto al previgente catalogo di atti impugnabili (di cui all’art.16 d.P.R. 26.10.1972, n. 636), ma sostanzialmente in linea con importanti conclusioni cui era pervenuta importante giurisprudenza movendo da un’interpretazione estensiva dell’avviso di accertamento (cfr. ad es. C. cost., 3.12.1985, n. 313; Cass., 7.9.1991, n. 9429) – la quale consente al contribuente una tutela distinta e anticipata rispetto a quella ottenibile avverso il successivo o i successivi provvedimenti impositivi.
L’utilizzo della via tributaria per fini extratributari in alternativa ad altri strumenti di intervento pubblico impone una riconsiderazione di principi e regole del diritto tributario in funzione della specificità del fenomeno agevolativo. Data la sede si limita l’attenzione ad alcuni principi costituzionali.
Innanzi tutto viene in rilievo il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., il quale è stato spesso chiamato in causa per analisi di costituzionalità delle agevolazioni e conseguenti frequenti giudizi di disvalore (che poi stanno alla base delle velleitarie revisioni e razionalizzazioni via via proposte); in particolare si ritiene che il principio di capacità contributiva sia un necessario tertium comparationis nella valutazione della costituzionalità delle agevolazioni (rispetto alla normale disciplina tributaria), potendosi queste ultime giustificare in assenza di capacità contributiva o in presenza di una capacità contributiva attenuata (Moschetti, F., Problemi di legittimità costituzionale e principi interpretativi, in Moschetti, F.-Zennaro, R., op. cit., 74 ss.). Simili approcci, però, muovono dall’idea che le agevolazioni concorrano pur sempre a definire il presupposto o la disciplina del tributo, e quindi da una non chiara percezione della nozione delle agevolazioni e dei correlati limiti del principio di capacità contributiva. Piuttosto, ai fini della costituzionalità delle disposizioni agevolative, appare preferibile escludere ogni rilievo della capacità contributiva (presupposta dalle norme agevolative come da quelle impositive) e guardare agli altri principi costituzionali (alla base dei fini extrafiscali perseguiti dal legislatore) che eventualmente rilevino e, soprattutto, all’uguaglianza (nelle specificazioni della coerenza e della ragionevolezza dei diversi interventi pubblici), di cui all’art. 3 Cost. (sia pure con sfumature diverse si vedano ad es. i contributi di: La Rosa S., op. loc. ult. cit., 416 ss., e Fichera, F., Le agevolazioni, cit., 145 ss.).
Condivisibile, invece, è il riferimento al principio della riserva di legge ex art. 23 Cost., comunemente richiamato, sia pure con alcune precisazioni. Infatti, la riserva di legge non riguarda la materia tributaria tout court, come talvolta si sostiene, ma le prestazioni patrimoniali imposte, nelle quali non si ricomprendono le agevolazioni fiscali (che invece si collocano sul versante della spesa); tuttavia queste ultime si riconducono ugualmente all’art. 23 Cost., ogni qualvolta incidano (di regola derogando alla disciplina ordinaria) sulle caratteristiche delle prestazioni tributarie oggetto di riserva. Più esattamente le agevolazioni che incidono su an e quantum debeatur, soggiacciono alla riserva di legge, che come è noto riguarda doverosità ed entità delle prestazioni tributarie; mentre quelle che incidono su quomodo e quando debeatur sfuggono alla predetta riserva, anche se dalla consueta disciplina legislativa (anche) di tali profili discende che pure esse siano di fonte legislativa (derogando a una disciplina legislativa), ossia che la legge diventi la loro fonte “normale”. Ne consegue che le prime (che poi sono le più frequenti) spettano ex lege o, tutt’al più, sono attribuite dall’amministrazione nell’esercizio di potestà amministrative vincolate, mentre nelle seconde si aprono spazi a discrezionalità amministrative (si pensi a quelle frequenti in ordine a sospensioni della riscossione e rateazioni dei pagamenti) e a fonti normative secondarie, anche su delega legislativa (aperture di tal fatta sembrano possibili nella finanza locale; così sembra doversi leggere – per ritornare all’esempio appena fatto – l’art. 26 d.lgs. 26.2.1999, n. 46 che in ordine alle dilazioni di pagamento delle somme iscritte a ruolo richiama la disciplina di cui all’art. 19 d.P.R. n. 602 del 73 «salvo diversa determinazione dell'ente creditore») (per una più recente analisi della riserva di legge ex art. 23 Cost. in ordine ai vari profili delle prestazioni tributarie, avendo riguardo soprattutto alla riscossione, si veda Guidara, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010,130 ss.).
Si ricordano inoltre i principi, sostanzialmente costituzionali, di cui agli artt.107-109 TFUE (già 87-89 TCE). Essi riguardano gli aiuti di stato, ma assumono particolare importanza nei confronti delle agevolazioni fiscali (che sono tra gli aiuti maggiormente utilizzati dagli Stati, anche in via mascherata, non solo con funzione protezionistica di contribuenti nazionali, ma anche – ultimamente e vista la diffusione della cd. concorrenza fiscale tra gli Stati – con funzione di incentivo degli investimenti stranieri nei propri territori), al cui utilizzo pongono significativi limiti, sia pure nell’ottica dell’UE di salvaguardia della concorrenza. Infatti non sono più possibili le agevolazioni fiscali, statali o con risorse statali, che incidano sugli scambi tra Stati membri e favoriscano talune imprese o talune produzioni; tranne che si tratti: di agevolazioni «a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti» o destinate «a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali»; oppure di agevolazioni considerate compatibili. A tale ultimo fine ed entro un preciso perimetro (di cui all’art. 107.3 TFUE), che comunque fa salve le eccezioni decise dal Consiglio (artt. 107.3, lett. e, e 108.2 TFUE), occorre una comunicazione formale dello Stato membro, cui segua una valutazione positiva della Commissione (in tal senso anche il silenzio), in attesa della quale l’agevolazione non può avere applicazione; anche se la procedura riferita ormai non occorre ove le agevolazioni soddisfino le condizioni richieste dal reg. della Commissione 6.8.2008, n. 800. Parallelamente la Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti negli ordinamenti di questi ultimi (sul tema degli aiuti fiscali si vedano ad es.: Fontana, C., Gli aiuti di stato di natura fiscale, Torino, 2012; Ingrosso, M.-Tesauro, G., a cura di, Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009; Salvini, L., a cura di, Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007; Fransoni, G., Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pisa, 2007).
Disorganicità e frammentarietà di molti degli interventi legislativi in materia di agevolazioni risaltano principalmente sul piano applicativo. Significativamente il d.lgs. n. 123 del 1998 ha delineato, a seconda della necessità o meno di un’istruttoria amministrativa e della sua finalizzazione, una procedura automatica, una valutativa, una negoziale. Tuttavia esso riguarda «lo sviluppo delle attività produttive» e fissa dei «principi» comuni a tutti gli interventi di sostegno pubblico, tra cui le agevolazioni fiscali; comunque, non risulta spesso compatibile con le discipline di vari interventi agevolativi, che a volte contengono proprie regole procedurali o non hanno una propria autonomia procedimentale nell’ambito dell’azione impositiva. Sicché, piuttosto che procedere ad una difficile (e poco utile) ricognizione dei non pochi itinerari applicativi delle varie agevolazioni, appare preferibile svolgere delle considerazioni generali circa la cd. domanda dell’agevolazione, gli atti dell’amministrazione, l’eventuale recupero (sui profili applicativi, anche per i riferimenti, si vedano ad es.: La Rosa S., Esenzioni, cit., 4; Pace, A., op. cit., 16 ss.).
A tal proposito decisiva appare la qualificazione della situazione giuridica vantata dal contribuente, che dall’esame delle varie disposizioni agevolative risulta essere spesso di diritto soggettivo (anche condizionato, nella sua esistenza o persistenza, sospensivamente o risolutivamente, al verificarsi/non verificarsi di atti/fatti). Ne deriva, in tali casi, che quella che viene comunemente chiamata domanda di agevolazione non è altro che una comunicazione di voler avvalersi dell’agevolazione, ma anche che: se non è diversamente disposto dalla legge, la domanda non è neppure necessaria e il diritto all’agevolazione può essere fatto valere anche dopo il pagamento del tributo e perfino in sede di impugnazione del provvedimento impositivo incompatibile (e laddove prevista, come più recentemente si registra, spesso per esigenze di copertura finanziaria, essa è da intendere di regola come elemento costitutivo del diritto al trattamento di favore); laddove richiesta dalla legge o comunque posta in essere, sempre che non sia introiettata all’interno dell’azione impositiva, la verifica amministrativa dei presupposti per godere dell’agevolazione si traduce in atti ricognitivi o di certazione (e l’eventuale fruizione dell’agevolazione a seguito dell’emanazione di tali atti va vista come effetto legale di essi), giammai in provvedimenti di concessione (figura a volte evocata, ma impropriamente); è da escludere una volontà amministrativa non soltanto per gli atti positivi, ma anche per quelli negativi (circa l’insussistenza originaria o sopravvenuta dei presupposti dell’agevolazione o di condizioni ostative), in relazione ai quali impropriamente si richiama l’istituto della revoca (provvedimento di ritiro per ragioni di opportunità, di cui essenzialmente all’art. 21 quinquies della l. 7.8.1990, n. 241).
Naturalmente a conclusioni opposte si perviene nei casi in cui dall’esame delle disposizioni normative emerge che il contribuente vanti situazione di interesse legittimo (di tipo pretensivo), cui faccia da contraltare una vera e propria potestà amministrativa (anche discrezionale); trattasi di casi che, come si è detto in precedenza, attengono essenzialmente alla riscossione dei tributi ed ai profili del quomodo e del quando debeatur, tra i quali oggetto di attenzione sono state, soprattutto, le dilazioni di pagamento.
Il recupero delle agevolazioni spettanti ex lege, ove indebitamente fruite, normalmente avviene nell’ambito (e con le regole) dell’azione impositiva dell’amministrazione finanziaria (ad es. pretendendosi il maggior tributo dovuto) e, se non è diversamente disposto dalla legge, non sono necessari specifici atti dell’amministrazione, impropriamente detti di revoca, per quanto nella prassi questi possano anche aversi (ma si veda art. 9, d.lgs. n. 123 del 1998).
Per il recupero del credito d’imposta è stata introdotta nel 2004 (art.1, co. 421-423, l. 30.12.2004, n. 311, ma anche art. 27, co. 16-20, d.l. 29.11.2008, n.185) una disciplina speciale, di cui interessa evidenziare che: essa riguarda i crediti d’imposta (con alcune esclusioni), anche se non utilizzati in compensazione ai sensi dell’art.17 d.lgs. 9.7.1997, n. 241; si traduce nell’emanazione di un atto di recupero del credito da notificare, secondo la disciplina degli avvisi di accertamento, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello dell’utilizzo del credito, e che costituisce titolo per l’iscrizione a ruolo in via straordinaria; l’ufficio «può» accedervi (e sembrerebbe in alternativa all’ordinaria azione impositiva); è previsto uno specifico e più rigido regime sanzionatorio. Pur con integrazioni e correzioni apportatevi, la disciplina non manca di destare perplessità principalmente in ordine alla definizione del suo ambito di operatività (visto che essa, immaginata per crediti aventi una spiccata autonomia rispetto alle fattispecie tributarie coinvolte, viene riferita a tutti i crediti d’imposta, ma non anche a figure affini, a volte neppure distinguibili, quali buoni d’imposta, detrazioni, deduzioni) e al rapporto con le alternative azioni impositiva e sanzionatoria (una scelta discrezionale dell’ufficio tra le diverse vie di azione possibili, per di più in assenza di canoni di riferimento, come si palesa dalla littera legis, sembra contraria alle riserve di legge ex artt. 23 e 25 Cost. e possibile causa di irragionevoli disparità di trattamento).
La tutela in materia è inevitabilmente condizionata dalla coesistenza di differenti itinerari applicativi delle agevolazioni (di recente e in generale, si veda Pace, A., op. cit. op., spec. 171 ss.). Si tralascia in questa sede quella ottenibile mediante l’impugnazione degli atti impositivi (ma non può escludersi una tutela in seno alle azioni di rimborso), censurati per la negazione o l’asserito venir meno dell’agevolazione, per prestare invece attenzione a quella che riguarda gli atti che sono diretta espressione dei procedimenti agevolativi.
Il riferimento è al «diniego» e alla «revoca» di agevolazioni, la cui ricomprensione tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie (ex art.19, co. 1, lett. h, d.lgs. n. 546 del 1992), non ha soltanto risolto positivamente il problema della riconducibilità a queste ultime di controversie solo formalmente tributarie (in linea, come si è detto, con importanti indicazioni giurisprudenziali), ma soprattutto ha consentito una tutela autonoma delle situazioni giuridiche coinvolte nelle agevolazioni, particolarmente importante in quelle pluriennali in relazione alle quali si può ottenere una tutela unitaria ed anticipata rispetto a quella frazionata e distribuita nel tempo ottenibile avverso i provvedimenti impositivi emanandi per i singoli periodi d’imposta (per puntuali osservazioni si rimanda a La Rosa S., Rapporti ed interferenze tra diniego di esenzione pluriennale, accertamenti parziali e condono, in Riv. dir. trib. 1997, III, 183 ss.. Cfr. anche, sia pure in una prospettiva diversa, Fransoni, G., Giudicato Tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001, 320 ss.)
Il tipo di tutela ottenibile è conseguente alla natura della situazione giuridica vantata. Sicché essa sarà comunemente di accertamento, vantando il contribuente spesso un diritto soggettivo all’agevolazione. Mentre in presenza di interesse legittimo essa sarà di annullamento, dovendosi distinguere poi la caducazione dell’atto di ritiro dell’agevolazione (cd. revoca), immediatamente satisfattiva della situazione vantata (interesse legittimo oppositivo), dalla caducazione del diniego, che invece non soddisfa la situazione vantata (appunto di tipo pretensivo, mirando il contribuente ad ottenere il beneficio fiscale) e obbliga l’amministrazione ad una nuova pronuncia (pur condizionata dall’effetto conformativo della sentenza): il che si riscontra ad esempio nelle controversie sulle dilazioni di pagamento (per approfondimenti si veda Guidara A., Note in tema di giurisdizione tributaria sulle dilazioni di pagamento, in Riv. dir. trib. 2011, II, 507 ss.), per le quali ormai è pacifica la giurisdizione delle Commissioni tributarie, un tempo negata.
In verità a tanto non sempre si perviene, persistendo antitetiche letture monolitiche dell’oggetto del processo tributario, nel senso o dell’accertamento del rapporto o dell’annullamento dell’atto impugnato, affatto aderenti al dato normativo; e accade anche che la giurisprudenza consideri il contribuente, che non ha impugnato il diniego, decaduto dal diritto all’agevolazione (invece che dall’azione processuale), che pertanto non può più essere fatto valere in sede di impugnazione dei successivi atti impositivi, anche relativi a più periodi d’imposta (per quanto non manchino riserve: cfr. ad es. Cass. 6.5.2002, n. 6471. In termini problematici, già sotto la vigenza della previgente legge processuale; Basilavecchia M., In tema di atti di “concessione” o “diniego” delle agevolazioni pluriennali, in Riv. dir. fin., 1985, II, 99).
Resistenze e incrostazioni, però, sembrano destinate a venir meno man mano che si colgano (e si mettano adeguatamente a fuoco) le implicazioni del sempre maggiore ampliamento delle possibilità di accesso alla giurisdizione tributaria, di matrice essenzialmente pretoria: la nozione estremamente lata di agevolazione, di cui all’art. 19, co. 1, lett. h, cit. (foriera anche di contrasti: di recente ad es. Cass., 20.11.2012, n. 20394, e Cass., 5.10.2012, n. 17010), può essere opportunamente collegata (e per tanto forse meglio spiegata) alla rilettura del catalogo degli atti impugnabili, significativamente suggellata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. ad es. Cass., 8.10.2007, n. 21045; Cass. 11.5.2012, n. 7388), nel senso di ricomprendervi, in presenza di un sufficiente interesse a ricorrere del contribuente, anche atti che manifestino una compiuta pretesa o siano comunque incidenti sul rapporto tributario, ancorché difettino di natura autoritativa.
Infine, conclusivi di procedimenti dedicati sono anche gli atti di recupero del credito, sulla cui impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie, ancorché non contemplati tra gli atti impugnabili, non si sono mai avuti grossi dubbi (cfr. ad es. Cass. 7.4.2011, n. 8033), perché sostanzialmente equivalenti ad avvisi di accertamento (anche se della loro natura autoritativa l’amministrazione sembrava in primis dubitare considerandoli piuttosto revoche di agevolazioni).
Artt. 3 e 23 Cost.; artt. 107-109 TFUE; art. 9, l. 9.10.1971, n. 825; d.P.R. 29.9.1973, n. 601; art.17, l. 29.12.1990, n. 408; d.lgs. 31.3.1998, n.123; art. 2, l. 7.4.2003, n. 80; art.1, co. 421-423, l. 30.12.2004, n. 311; reg. CE, 6.8.2008, n. 800; artt. 2 e 19, d.lgs. 31.12.1992, n. 546.
Salvini L., a cura di, Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007; Ingrosso M.-Tesauro G., a cura di, Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, Napoli, 2009; Basilavecchia M., In tema di atti di “concessione” o “diniego” delle agevolazioni pluriennali, in Riv. dir. fin., 1985, II, 77 ss.; Id., Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni fiscali (diritto tributario), in Enc. Dir., Agg. V, 2002, 48 ss.; Batistoni Ferrara F., Agevolazioni ed esenzioni fiscali in Cassese, S., a cura di, Diz. dir. pubbl. I, 2006,175 ss.; D’Amati N., Agevolazioni ed esenzioni tributarie, in N.D.I., App., I, 1980,153 ss.; Fichera F., Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992; Id., Agevolazioni fiscali, bilancio delle tax expenditures e politica tributaria: il caso italiano, in Rass. trib. 2012, 994 ss., e 2013, 221 ss. ; Fontana C., Gli aiuti di stato di natura fiscale, Torino, 2012; Fransoni G., Giudicato tributario e attività dell’amministrazione finanziaria, Milano, 2001; Id., Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pisa, 2007; Guidara, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010; Id., Note in tema di giurisdizione tributaria sulle dilazioni di pagamento, in Riv. dir. trib., 2011, II, 507 ss.; La Rosa, S., Esenzioni ed agevolazioni tributarie, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1989; Id., Le agevolazioni fiscali, in Amatucci, A., a cura di, Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, I, 401 ss.; Id., Rapporti ed interferenze tra diniego di esenzione pluriennale, accertamenti parziali e condono, in Riv. dir. trib. 1997, III, 181 ss.; Moschetti, F.-Zennaro, R., Agevolazioni fiscali in Dig. comm., I, 1987, 63 ss.; Pace A., Agevolazioni fiscali. Forme di tutela e schemi processuali, Torino, 2012.