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Aggiornamenti in tema di responsabilità degli enti
A quindici anni dall’introduzione del d.lgs. 8.6.2001, n. 231, tante sono ancora le questioni aperte nell’ambito di una normativa che, pur destinata ad assumere un ruolo sempre più centrale nella prassi penale, risente comunque dell’applicazione di un sistema che sembra consentire scelte interpretative, da parte della magistratura, in grado di determinare non solo disparità ingiustificate di trattamento in relazione a situazioni analoghe, ma anche, appunto, dispute interpretative.
Se di recente non si è assistito ad alcuna modifica normativa riferibile al d.lgs. 8.6.2001, n. 231, parecchi sono stati invece i nodi con cui la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di confrontarsi: dalla prescrizione all’autonomia della responsabilità dell’ente; dal sequestro preventivo all’impugnazione del capo della sentenza relativo all’affermazione della responsabilità dell’ente, alla responsabilità dell’organismo di vigilanza.
Come anticipato, la recente giurisprudenza si è trovata ad affrontare una serie di questioni riconducibili all’interpretazione del d.lgs. n. 231/2001.
Pur in assenza di contrasti interpretativi, la Corte di cassazione ha preso posizione circa la differenza di trattamento tra il regime di prescrizione del reato e il regime di prescrizione dell’illecito amministrativo, evidenziando, in generale, come detta differenza non confligga con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo1. Nello specifico, poi, la Suprema Corte ha, a riguardo, sancito alcuni punti: 1) la contestazione dell’illecito amministrativo, avvenuta mediante – la notifica della – richiesta di rinvio a giudizio della persona giuridica, intervenuta entro cinque anni dalla consumazione del cd. reato presupposto, interrompe il corso della prescrizione e lo sospende fino alla pronuncia della sentenza che definisce il giudizio; 2) l’intervenuta prescrizione del reato cd. presupposto, successivamente alla contestazione all’ente dell’illecito, non ne determina l’estinzione per il medesimo motivo, poiché il relativo termine, una volta esercitata l’azione, non corre fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento nei confronti della persona fisica; 3) in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato cd. presupposto, il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità dell’ente2. Accertamento autonomo che deve avvenire anche quando l’autore del reato cd. presupposto non è stato identificato o non è imputabile e, pertanto, anche qualora la persona fisica alla quale era stata attribuita la responsabilità è stata assolta “per non avere commesso il fatto”. D’altronde, il mutamento della persona fisica ritenuta responsabile del reato contestato non incide sul perimetro della contestazione di reato di cui è destinatario l’ente, in quanto esso risponde per fatto proprio sulla base della cd. «colpa d’organizzazione»3.
Un’importante pronuncia della Cassazione, a Sezioni Unite, è intervenuta poi a puntualizzare le modalità soggettive mediante le quali proporre richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo. Per un verso, è stata ritenuta ammissibile la richiesta presentata dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell’ente in assenza di un previo atto formale di costituzione, a condizione che, precedentemente o contestualmente all’esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l’informazione di garanzia prevista dall’art. 57 d.lgs. n. 231/2001. Per l’altro verso, è stata ritenuta inammissibile, per difetto di legittimazione, la richiesta presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante che sia indagato o imputato del reato cd. presupposto, stante il divieto di rappresentanza posto dall’art. 39, co. 1, d.lgs. n. 231/20014.
Sempre in tema di sequestro preventivo, le Sezioni Unite, nel ribadire che il fallimento della società non è previsto quale causa estintiva dell’illecito dell’ente, hanno poi affermato che in caso di società ammessa al concordato preventivo e successivamente dichiarata fallita – con conseguente mutamento dell’imputazione a carico degli organi apicali e caducazione del titolo di reato legittimante la responsabilità dell’ente necessaria per disporre il sequestro –, il giudice debba procedere a un controllo di un doppio livello di legalità, volto a verificare, da un lato che il fatto commesso dagli organi apicali sia previsto da una legge entrata in vigore prima della commissione dello stesso, nonché, dall’altro lato, che tale reato sia previsto nel tassativo elenco dei reati cd. presupposto5.
La Suprema Corte, in altre decisioni, ha poi fissato alcuni punti: 1) è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni di una società nei cui confronti pende un procedimento anche quando sopravviene, a carico della società stessa, una procedura concorsuale6; 2) in un procedimento a carico di una società instaurato per il reato cd. presupposto previsto dall’art. 416 c.p., nel valutare il fumus commissi delicti, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tenere conto, in modo puntuale e coerente, anche delle concrete risultanze processuali7.
Non è da tralasciare, infine, la presa di posizione della Cassazione in tema di impugnazioni e di responsabilità dell’organismo di vigilanza. Quanto al primo profilo, è stata affermata l’assenza di legittimazione e di interesse, in capo all’imputato autore del reato cd. presupposto, a impugnare il capo della sentenza relativo all’affermazione della responsabilità dell’ente nel cui interesse o vantaggio lo stesso sia stato commesso8. Quanto al secondo aspetto, la Corte ha escluso la responsabilità dell’organismo di vigilanza per il solo fatto che non è stato dimostrato quali fossero le carenze e le manchevolezze ignorate dai componenti di quest’ultimo9.
Tra le decisioni della Cassazione richiamate, soltanto due non risultano del tutto convincenti.
La prima, adottata a Sezioni Unite, riguardante le modalità soggettive mediante le quali proporre richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro, non convince per due motivi: da un lato, riteniamo che attribuire all’informazione di garanzia un ruolo decisivo circa un profilo fondamentale dell’assistenza difensiva – la scelta del difensore – non faccia altro che consegnare al p.m. un potere discrezionale ed esorbitante rispetto alla proprie prerogative; dall’altro lato, ciò che la soluzione adottata lascia comunque irrisolto è la conoscibilità, da parte dell’ente, della circostanza che il proprio legale rappresentante, ovvero altri soggetti ad esso appartenenti in grado di rappresentarlo, siano indagati del reato cd. presupposto. La seconda sentenza che non convince è quella riguardante la responsabilità penale dei componenti dell’Organismo di vigilanza che non si fonda, come dovrebbe, sull’assenza di poteri impeditivi in capo a questi ultimi, ma su altri elementi di natura esclusivamente fattuale.
Note
1 Cass. pen., sez. VI, 10.11.2015, n. 28299, in CED rv. n. 267046, Bonomelli.
2 Cass. pen., sez. VI, 13.5.2016, n. 20098, in CED rv. n. 267129, Pg in proc. Scalisi ed altri.
3 Cass. pen., sez. I, 2.9.2015, n. 35818, Citibank N.A.
4 Cass. pen., S.U., 28.7.2015, n. 33041, in CED rv. n. 264309, Gabrielloni.
5 Cass. pen., S.U., 17.3.2015, n. 11170, in CED rv. n. 263679, Fall. Uniland s.p.a.
6 Cass. pen., sez. II, 14.10.2015, n. 41354, in CED rv. n. 264773, Imet s.p.a.
7 Cass. pen., sez. III, 23.11.2015, n. 46162, Verbatim Italia s.p.a.
8 Cass. pen., sez. V, 21.12.2015, n. 50102, in CED rv. n. 265588, D’Errico.
9 Cass. pen., sez. I, 2.5.2016, n. 18168, in CED rv. 266881, Antonini.