aggradare (aggratare)
Col senso di " tornar gradito ", " piacere ", abbastanza frequente nella lirica e nella prosa duecentesca (Giacomo da Lentini, Bondie Dietaiuti, Brunetto, Guittone, ecc.), si trova in If II 79 tanto m'aggrada il tuo comandamento; in Rime dubbie XV 12 e s'el v'aggrada; in Fiore CLXXXVIII 8 ché l'amor ch'uom attarda, vie più aggrada. Invece ‛ aggratare ' in If XI 93, in rima: che, non men che saver, dubbiar m'aggrata. Vedi anche GRATO.