AGGRESSIONE
. Diritto internazionale. - Sino alla conclusione della prima Guerra mondiale la parola ebbe, anche nella terminologia giuridica, il generico significato di attacco militare, violenza armata, guerra da parte di uno stato contro un altro; successivamente, ad essa venne accompagnandosi anche il significato di condanna morale. Si cercò allora di tradurla in un nuovo concetto giuridico, che rendesse automatica l'incriminazione dello stato che ad essa avesse fatto indebitamente ricorso.
L'art. 10 del patto della Società delle nazioni costituì il primo tentativo del genere: "I membri della Società s'impegnano a rispettare l'integrità territoriale e l'indipendenza politica presente di tutti i membri della Società contro ogni aggressione esterna...". In base a questo articolo, perché uno stato membro venisse considerato aggressore non bastava che esercitasse un'azione violenta contro un altro stato membro, ma occorreva che la accompagnasse con lo scopo di annettersi parte o tutto il territorio di quello o di lederne in modo definitivo l'indipendenza politica. Solo in tal caso il consiglio della Società aveva il dovere di provvedere con quelle misure che fossero in grado di prevenire o reprimere l'atto aggressivo, e che andavano dall'arbitrato alle sanzioni economiche e militari. Ma la genericità della definizione di aggressione contenuta nell'art. 10 del patto della Società e la difficoltà d'individuarne a tempo l'elemento intenzionale indirizzarono alcuni membri di essa verso la ricerca di un sistema, sempre nell'ambito della Società, che l'aggressore non potesse assolutamente affrontare. Così nell'estate-autunno del 1923 furono presentati all'assemblea degli schemi di accordi difensivi contro l'aggressione, e il 2 ottobre 1924 venne sottoscritto il cosiddetto Protocollo di Ginevra che, oltre ai casi contemplati dall'art. 10 del Covenant, "presumeva aggressore" anche ogni stato che, in caso di ostilità, si rifiutasse di sottoporre la disputa alla procedura di regolamento pacifico.
In relazione all'inconsistenza della definizione di aggressione contenuta nell'art. 10 del Covenant, l'azione pratica della Società di fronte a varî casi internazionali, si rivelò del tutto insufficiente: non in un solo caso gli organi societarî identificarono un caso di "aggressione", né presero in considerazione le varie divergenze internazionali sulla base dell'art. 10 dello Statuto, ma sempre fecero ricorso ad una azione conciliativa; si ricordano: l'occupazione italiana di Corfù (1923), il conflitto di frontiera greco-bulgaro (1925), gli "affari" di Mossul (1925), Shanghai (1932), Leticia (1932-33), del Chaco (1932-33), il conflitto italo-etiopico (1935-36) e l'attacco russo alla Finlandia nell'ottobre del 1939. Del resto in quei casi in cui la Società, pur evitando di parlare di aggressione, rilevò una certa responsabilità a carico di uno stato, questo finì col ritirarsi dalla Società (Giappone, Paraguay). Nel conflitto italo-etiopico (1935) a una fase conciliativa seguì l'applicazione di sanzioni all'Italia, perché fu ritenuta colpevole di aver violato il Patto della Società per essere ricorsa alla guerra contro uno stato membro di essa, ma non per aver commesso una aggressione secondo il disposto dell'art. 10 del Covenant. Nel caso poi dell'attacco russo alla Finlandia, la stessa Società preferì constatare che l'URSS, rinunciando a sottomettersi alla procedura pacifica prevista dal Patto, si era esclusa dalla Società delle nazioni.
Una convenzione per la definizione dell'aggressione, fu firmata a Londra, il 3 luglio 1933 da Afghanistan, Estonia, Lettonia, Polonia, Romania, URSS e Turchia, e cui aderì in seguito la Finlandia. La formula adottata fu quella presentata dal giurista greco, N. Politis, per conto dell'Unione Sovietica, alla Conferenza del disarmo il 24 maggio 1933. Essa elenca cinque casi di aggressione: 1) Dichiarazione di guerra; 2) Invasione con le forze armate; 3) Attacco con forze terrestri, o navali o aeree; 4) Blocco navale; 5) Appoggio a bande armate o rifiuto di prendere sul proprio territorio misure idonee a privare dette bande di aiuto o protezione. La definizione del Politis fu accolta in un numero notevole di patti internazionali. Tuttavia essa non fu mai considerata né perfetta né perfettibile, a causa della sua chiusa tassatività e del non tener conto né della provocazione né della legittima difesa.
All'indomani della conclusione della seconda Guerra mondiale era sembrato, da principio, che la necessità avvertita da tutti di ricostruire su solide basi un'organizzazione internazionale veramente in grado di assicurare la pace conducesse ad una soddisfacente definizione dell'aggressione, come di quella cioè che si voleva prevenire o reprimere, e che pertanto occorreva precisare. Ma la Carta di San Francisco non ha seguito, in questo, il Covenant della Società delle nazioni, e anziché definire l'aggressione si è limitata ad enumerare tra i suoi scopi anche quello di "prendere efficaci misure collettive per la prevenzione e la rimozione delle minacce alla pace e per la repressione degli atti di aggressione o delle altre violazioni della pace" (art. 1).
Anche la prassi non si è scostata di molto: nei trattati di alleanza conclusi nel 1947-48 dalla Russia con gli stati dell'Europa centro-orientale e da questi tra di loro, per "aggressione" o "politica di aggressione" s'intende chiaramente l'attacco militare o la minaccia di attacco militare, che, nella specie, costituisce il casus foederis. Più chiaramente ancora nel patto di alleanza franco-britannica (4 marzo 1947) ed in quello di Bruxelles, tra Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo (17 marzo 1948) si parla addirittura di "aggressione armata". Un ritorno invece all'art. 10 dello statuto della società delle nazioni - cui si è largamente ispirata - segna invece la definizione di aggressione contenuta negli articoli 24 e 25 della "Carta dell'organizzazione degli stati americani", approvata dalla Conferenza panamericana di Bogotà (30 marzo-30 aprile 1948).
La conclusione generale che si deve trarre è che, attualmente, è impossibile ritenere che esista nel diritto internazionale generale una figura giuridica dell'aggressione, sempre uguale e valevole in ogni caso. Due o più stati possono certo concludere trattati di non aggressione e precisare anche che cosa intendano con queste parole, ma, nel caso che questa precisazione contrattuale manchi, la parola non può avere significato diverso da quello che ebbe sempre in antico, e cioè di attacco militare esterno, violenza armata, guerra.
Bibl.: J. Diamandesco, Le problème e de l'aggression dans le droit international public actuel, Parigi 1936; C. Eagleton, The attempt to define aggression, in International Conciliation, New York, novembre 1930; W. Hertz, Das Problem des Völkansgriffs, Leida 1937; E. Serra, L'aggressione internazionale, Milano 1946; Q. Wright, The concept of aggression, in American Journal of International Law, 1935, pp. 373-395.