aggressività
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Sembra che i circuiti nervosi che regolano i comportamenti aggressivi (CA) facciano parte della rete neuronale che media i comportamenti sociali. Tale rete comprende l’area mediale preottica (o AMP, una regione dell’ippocampo che regola l’aggressività tra i maschi, i comportamenti sessuali e le cure genitoriali), il setto laterale (SL), l’ipotalamo anteriore (IA) e ventromediale (IVM), la sostanza grigia periacquiduttale (PAG), l’amigdala mediale (AM) e il nucleo del letto della stria terminale (NLST) e la corteccia orbitofrontale (COF).
Nei roditori le informazioni provenienti dal bulbo olfattivo − utilizzate per la ricerca del cibo, l’esplorazione dell’ambiente, il riconoscimento individuale e la comunicazione tra individui della stessa specie − raggiungono l’amigdala mediale (MEA), una struttura deputata a valutare il pericolo e a organizzare il comportamento conseguente. Essa invia proiezioni all’ipotalamo (IA e IVM), il quale regola l’attivazione del sistema nervoso autonomo e quindi le reazioni fisiologiche tipiche del CA e, attraverso l’NLST e l’SL, alla sostanza grigia periacqueduttale del mesencefalo che induce la reazione comportamentale. Sembra che diversi sottonuclei siano più attivi in diversi contesti sociali. Per es., la regione posteroventrale dell’AM e la dorsomediale dell’IVM sono più importanti nel regolare l’aggressività in situazioni di difesa, mentre la regione posterodorsale dell’AM nell’aggressività di tipo offensivo. In generale, lesioni di SL, NLST, IA e AM sopprimono i CA, mentre lesioni della COF aumentano l’aggressività, suggerendo che essa svolga un effetto inibitorio sulla rete neuronale dei comportamenti sociali. La stimolazione elettrica dell’IA (noto anche come area di attacco) aumenta, mentre il blocco dei recettori della vasopressina nei neuroni dell’IA riduce l’aggressività dei maschi della stessa specie. Indagini di tipo immunoistochimico, atte a evidenziare modulazioni dei geni precoci come c-fos, indicano che il prodotto di questo gene aumenta in maniera significativa in SL, NLST, IA e AM in diverse situazioni tra cui: l’aggressività tra i maschi; l’aggressività tra le femmine in relazione alle fasi dell’estro; l’aggressività che insorge nelle femmine durante la gestazione e la lattazione per difendere la prole dai maschi. Nei primati non umani i CA sono indotti da segnali acustici o visivi e, come nel caso dei roditori, l’ipotalamo e l’amigdala svolgono un ruolo chiave. La stimolazione elettrica dell’IVM aumenta i vocalizzi minacciosi e la piloerezione nei maschi delle scimmie marmosette (Callithrix jacchus), mentre lesioni dell’IA e dell’area preottica riducono i vocalizzi emessi alla presenza di un intruso maschio. L’amigdala ha un ruolo più complesso: lesioni dell’AM infatti stimolano o sopprimono i CA tra maschi della stessa specie a seconda che, dopo la lesione, l’animale venga reintrodotto in un ambiente più o meno conflittuale. La COF sarebbe, invece, implicata nell’interpretazione dei ruoli sociali e nelle risposte comportamentali a complesse situazioni sociali: per es., lesioni della COF causano aumenti dell’aggressività nei maschi dominanti e riduzione nei maschi subordinati.
Nell’uomo, studi di lesione e di visualizzione encefalica (PET, RMN) indicano che i circuiti nervosi che mediano l’aggressività reattiva sono in parte simili a quelli dei primati e dei roditori. Il ruolo critico esercitato dalla COF è stato per la prima volta riconosciuto e messo in evidenza in pazienti con lesioni in questa sede che manifestavano CA. Queste lesioni possono essere il risultato di un trauma, di un tumore o di disturbi metabolici. In genere i pazienti con lesioni del lobo frontale sono più inclini, nelle situazioni di conflitto, a fare uso della intimidazione fisica e verbale. Anche il lobo temporale è implicato nella suscettibilità a violenza e aggressività, come emerso da studi su pazienti con lesioni o tumori in questa sede o con epilessia del lobo temporale. Mediante studi di visualizzazione encefalica, nei pazienti affetti da disturbo antisociale della personalità è stata riscontrata una riduzione significativa del volume della sostanza grigia in sede prefrontale, attribuita a difetti dello sviluppo. L’interpretazione di queste osservazioni deve comunque tener conto e non la conseguenza della malattia.
Alcune ricerche hanno avanzato l’ipotesi che un incremento dell’attività noradrenergica a livello del locus coeruleus, implicato nel controllo dello stato di vigilanza e nella risposta a stimoli esterni, possa favorire CA diretti contro altri. L’aumento di CA di tipo reattivo è stato ricondotto a una ridotta attività serotoninergica a livello della corteccia prefrontale e dell’amigdala. Bassi livelli di serotonina sono generalmente associati ad alti livelli di impulsività e aggressività. Anche l’equilibrio tra amminoacidi eccitatori e inibitori regola i CA. Un incremento dei recettori per il glutammato sembra facilitare il CA, mentre incrementi del GABA inibiscono i neuroni dopamminergici della via mesocorticolimbica e quindi l’aggressività strumentale. Alcuni studi condotti su pazienti affetti da sindrome da deficit di attenzione e iperattività hanno evidenziato che una reciproca modulazione tra sistema serotoninergico e dopamminergico potrebbe essere cruciale nella patogenesi dei disturbi impulsivi. Studi su modelli animali indicano che la riduzione della serotonina o il blocco dei recettori serotoninergici induce condotte impulsive attraverso la disinibizione delle vie dopamminergiche. Anche diversi ormoni di tipo steroideo influenzano l’aggressività. Il più efficiente mediatore ormonale del CA sia nei maschi sia nelle femmine e il testosterone, mentre il progesterone ha effetti contrari. Tra i roditori l’effetto del testosterone sull’aggressività e variabile e dipende dal profilo genetico.