agio
. Francesismo ormai corrente alla fine del Duecento, appare nelle Rime e nella Commedia, oltre che nel Detto e nel Fiore. In Pg x1v 109 le donne e'cavalier, li affanni e li agi / che ne 'nvogliava amore e cortesia, evoca un costume di vita splendida e liberale, e rappresenta uno dei modi ideali della società cortese, in opposizione alla dimensione del rischio e dell'impegno personale espressa dal primo elemento (allitterante) della coppia, affanni (cfr. la glossa di Benvenuto: " exercitia armorum, honesta convivia, tripudia et alia solatia, quorum aliqua magis competunt viris, aliqua mulieribus ").
In Rime LXXII 7 e ragionando a grande agio meco, l'espressione vale " comodamente ", " senza difficoltà ". Espressione analoga, sempre riferita a ipostasi (questa volta di Ricchezza), ricorre in Detto 345 ben credo a mente sa 'l mo', / sì 'l t'ho mostrato ad agio,in rima equivoca con per mi'agio (v. 346), cioè " per l'a., il piacere che io posso darti ".
Quanto agli usi del Fiore, la voce ricorre nel discorso di Falsembiante con assiduità di parola tematica che fissa il disimpegno morale degli ordini mendicanti, il tradimento degli obblighi di povertà e astinenza: CXXI 12 S'i' posso trovar via d'aver grand'agi, / or siate certo ch'i' non mi nascondo; inoltre CV 4 ad agio vo' star più che 'l re di Francia!; CVIII 8 po'torno e sto più ad agio che 'n gennaio, dove ‛ stare ad a. ' significa " vivere con ogni comodità, tra gli agi ". Il tema riappare poi nella diceria della Vecchia: e di ciascun sì de' prender su' agio (CLXIII 10), cioè " deve ricavarne i propri agi ", farne fonte del proprio benessere.
In CLIV 6 pare preferibile invece correggere la lezione del Parodi l'agio ch'i'ebbi in la gio' ch'i' ebbi, secondo ipotesi che è già nell'editore (p. 146): la voce è infatti legata in un sistema di termini cortesi e rimanda, per antitesi, a pena e male del v. 2 e, per analogia, a baldo del v. 8 (‛ baldezza ' o ‛ baldore ' è lo stato di liberazione psicologica connesso con il ‛ gioi ' amoroso).