agiotoponimi
L’agiotoponimo è il nome di luogo derivato dal nome di un santo, cioè da un agionimo. Il complesso dei nomi di luogo che traggono origine da agionimi è detto agiotoponomastica. Denominazioni derivanti da culti cristiani, e dunque risalenti almeno all’epoca tardoantica, si riferiscono a intitolazioni di chiese, cappelle, altari in una chiesa o altro, e rivelano dati interessanti anche per la storia culturale e religiosa. Così il toponimo Santa Maria Capua Vetere (Caserta) deriva dall’antica chiesa di Santa Maria Maggiore (il duomo attuale) e l’abitato si è chiamato (Villa) Santa Maria Maggiore fino al 1862, quando il nome è stato modificato nella forma odierna riprendendo il nome dell’antica Capua (che sorgeva nell’area). Il nome Santa Maria di Licodia (Catania) deriva dalla presenza di un monastero benedettino dell’epoca normanna (cfr. DTI).
In vari casi, sebbene il toponimo derivi chiaramente da un agionimo, non sono più rintracciabili i riferimenti che ne costituivano la motivazione. Per es., il nome di Santa Maria Nuova (Ancona) ha origine da un agionimo, ma il patrono del luogo è sant’Antonio da Padova. Anche il toponimo San Floriano del Collio (Gorizia), denominato San Floriano fino al 1923, deriva da un agionimo, ma il patrono oggi è san Fortunato. In questi esempi il riferimento a un agionimo è certo, in altri casi no: così il siciliano Sant’Avignone sembra essere un agiotoponimo, ma non è ancora stato identificato il santo cui si riferisce e il toponimo potrebbe essere paretimologico (Pellegrini 1990: 401).
Gli agiotoponimi in Italia sono piuttosto numerosi. Stando alle documentazioni raccolte da Imbrighi (1957), si concentrano in alcune regioni: Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Campania. Il più frequente è Santa Maria, che riprende il nome della Madonna, seguito da San Pietro, San Martino, San Giovanni e San Michele. Data la frequenza di questi toponimi in territorio italiano (oltre 600 per Santa Maria), agli agiotoponimi sono state aggiunte delle specificazioni, in particolare dopo la costituzione del Regno d’Italia. Si può menzionare, per es., San Pietro di Cadore (Belluno), che in passato si chiamava semplicemente San Pietro, e dal 1868 al 1957 San Pietro Cadore. Anche il paese San Pietro in Tanagro (Salerno), nella valle del Tanagro, si è chiamato San Pietro fino al 1862. Talvolta l’agionimo figura come determinante di un nome comune nella formazione di un toponimo: Monte San Giovanni in Sabina (Rieti), chiamato Monte San Giovanni fino al 1862, Monte San Martino (Macerata), Monte San Vito (Ancona).
La distribuzione areale degli agiotoponimi si collega a circostanze storiche e a tradizioni religiose locali. San Michele, che riflette un culto molto importante nel medioevo (diffuso dai Longobardi cristianizzati che riconoscevano l’arcangelo Michele come protettore), si addensa in aree in cui appaiono testimonianze archeologiche di insediamento longobardo. Si riferiscono spesso al culto di san Michele anche agionimi come Sant’Angelo, Sant’Arcangelo. Tra questi Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), ricordato nel 1158-1160 («de Sancto Angelo») e nel 1308-1310 («In civitate S. Angeli de Lombardis»; in quell’epoca l’etnico Lombardi può corrispondere a «longobardi» oppure a «italiani del nord»). Monte Sant’Angelo (Foggia), uno dei maggiori centri del Gargano, si è sviluppato attorno al culto di san Michele Arcangelo, risalente probabilmente alla seconda metà del VI secolo, a cui venne dedicato un santuario (sorto su una più antica badia basiliana) divenuto il santuario nazionale dei Longobardi e legato al vescovado di Siponto.
Il culto di san Martino, diffuso dai Franchi, si ritrova spesso in nomi di località presso cappelle e ospizi dedicate al protettore dei viandanti, di frequente ricordato lungo il percorso delle vie romee e di altre antiche strade. L’agiotoponimo San Martino in Strada (Lodi), già testimoniato nel 1115 («Sanctus Martinus qui dicitur in Strata»), allude verosimilmente a un ospizio lungo l’antica strada da Cremona a Milano; anche la chiesa parrocchiale del paese è intitolata al santo. Il nome di San Martino Canavese (Torino), attestato fin dal 1036 («Sanctus Martinus»), si riferisce a una località sorta sulla strada che da Torino conduceva a Ivrea, dove probabilmente si trovava una chiesa dedicata al santo.
La connessione tra i santi venerati localmente e la diffusione dei loro nomi in toponomastica si può notare anche negli agiotoponimi (corrispondenti agli attuali toponimi) Sant’Etiena (Salerno), Sant’Aloia (Basilicata) e anche Sant’Aloi, San Loe (Sicilia), connessi ai culti di Saint-Etienne (santo Stefano) e Saint-Eloi, portati dai Normanni.
Di particolare interesse è il rapporto tra l’agiotoponomastica e la devozione locale: alcuni agionimi, infatti, hanno diffusione areale assai circoscritta e anche i nomi di luogo che ne derivano sono rari e riguardano un territorio ristretto, come mostrano casi quali San Venanzo in Umbria, San Canzian d’Isonzo e San Valentino in Friuli. L’agionimo Sant’Elpidio è testimoniato nelle Marche nei nomi Sant’Elpidio a Mare (Fermo) e Porto Sant’Elpidio (Fermo); sembra, però, che il culto di sant’Elpidio, abate del Piceno, sia anche all’origine di Sant’Arpino (Caserta) attraverso una pronuncia popolare: il santo è infatti il patrono del paese. L’agionimo Sant’Eusanio, tipico della toponomastica abruzzese, è all’origine di Sant’Eusanio del Sangro (Chieti), Sant’Eusanio Forconese (L’Aquila); secondo la tradizione si tratta del culto di sant’Eusanio di Siponto martire a Furci (Chieti). Di area settentrionale (lombarda e veneta) è l’agionimo san Zeno (patrono di Verona) o Zenone, che si ritrova in toponimi come San Zeno di Montagna (Verona), San Zeno Naviglio (Brescia), San Zenone al Lambro (Milano), San Zenone al Po (Pavia), San Zenone degli Ezzelini (Treviso).
Vi sono anche agionimi più rari nella toponomastica, come san Gemini, che si ricorda il 9 ottobre ed è ripreso dal toponimo San Gemini nel Ternano; san Lupo, che si festeggia il 29 luglio, patrono di San Lupo (Benevento); sant’Antimo, martire sotto Diocleziano, patrono del paese chiamato appunto Sant’Antimo (Napoli). Un altro esempio è il nome Sant’Olcese (Genova), che sembra riprendere la leggenda dei vescovi Olcese e Claro, fuggiti dalla Gallia a seguito delle scorrerie del Vandali e degli Alani e fermatisi in val Polcevera, dove morirono.
L’agiotoponomastica risulta per lo più trasparente per il parlante locale, il quale è in grado di riconoscere il santo all’origine del toponimo. Non mancano tuttavia casi di forme alterate e storpiate che non consentono il riconoscimento del nome. Risulta di difficile identificazione l’agionimo all’origine del toponimo Santhià (Vercelli), che corrisponde a Sant’Agata, come mostra l’antica documentazione del nome di luogo, che nel 999 è ricordato come «Sancta Agatha». Di etimo non facilmente riconoscibile anche il toponimo Sandrigo (Vicenza), che corrisponde a San Uderico. Altrettanto complessa è l’individuazione dell’agionimo alla base di San Stino (Venezia): si tratta di San (to) Stefano, attraverso una forma popolare Stevanìn ridotta a Steonìn e quindi a Stin. L’agiotoponimo San Didero (Torino) deriva da San Desiderio, santo a cui è intitolata la chiesa parrocchiale del paese. Il toponimo San Remo (Imperia) corrisponde in realtà all’agionimo San Romolo, pronunciato localmente San Römu e su questa forma è costruito il nome ufficiale. San Marcuòla, nella toponomastica di Venezia, riflette Sant’Ermagora o Ermacora (fu il primo vescovo di Aquileia, nel III secolo), e prende il nome dalla chiesa dedicata ai santi Ermagora e Fortunato. Nella stessa città si trova il toponimo urbano San Aponàl, che deriva da San Apollinare. Il toponimo San Gillio (Torino) è dovuto all’italianizzazione di Gilles, forma francese dal latino Aegidius: la chiesa del paese è infatti intitolata a sant’Egidio. Nel nome locale Valsanzibio (presso Monselice, Padova) si deve leggere il composto «valle san Zibio», in cui Zìbio è forma popolare corrispondente a Eusebio. San Lùcido (Cosenza) è una forma svisata di San Niceto pronunciato Nìceto (una contrada di Motta San Giovanni, nel Reggino, si chiama Santu Nicitu).
Interessanti anche talune forme derivanti dall’incontro di due agionimi: dalla fusione di Protaso e Gervasio deriva San Trovaso, che si trova nella toponomastica di Venezia e anche come microtoponimo presso Preganziol (Treviso); gli agiotoponimi San Cosimano (presso Vicovaro, Roma) e San Cosimano o San Cusumano, in Sicilia, risultano dalla fusione degli agionimi Cosma e Damiano.
Alcune forme di agionimi hanno assunto un genere diverso per influsso della vocale finale: Santo Saba è diventato Santa Saba (Reggio Calabria), da Santo Foca si è avuto Santa Foca (Friuli); anche l’agiotoponimo Santomenna (Salerno), da Santo Menna, in passato era Santamenna.
Vari toponimi giudicati «opachi» dai parlanti, ma dotati di un elemento iniziale San-, sono stati rimotivati come agiotoponimi. È il caso del nome di luogo (Canal) San Bovo (in Trentino), che dipende dalla voce dialettale sambóvo, propriamente «sambuco», evoluzione locale del latino sambucum, non più intesa perché sostituita nel dialetto locale dal termine sambugàro. La rimotivazione ha implicato l’introduzione di un nuovo culto a un San Bovo, al quale è stata dedicata una statua nella chiesa del paese. Un originario fitotoponimo è anche San Genito (Benevento), reinterpretazione di un Sanguineto, Sangineto, derivato dal fitonimo latino sanguinem «corniolo».
Viene erroneamente interpretato come agiotoponimo Sanluri, capoluogo del Campidano (Cagliari), pronunciato Seddóri nella dizione locale. Il toponimo non è composto con l’antroponimo Luri (forma accorciata di Lorenzo), ipotesi che peraltro potrebbe essere avvalorata da un’attestazione (in realtà già paretimologica) «Sanctuluri» del 1364-1365; si tratta invece di un derivato del fitonimo séllaru «sedano», con spostamento dell’accento e con l’esito -ll- > -dd-.
Pseudoagionimo è anche Santa Giorgìa (frazione di Scido, in provincia di Reggio Calabria), che nel dialetto locale è pronunciata Iorghìa. Tale forma deriva dalla parola greca georghía «terra coltivata», successivamente accostata al nome Giorgia, ritenuto quello di una santa. Anche Santa Severina, noto centro calabrese, è un agiotoponimo secondario: all’origine è il toponimo Siberene, antica città del Bruzio menzionata nel V secolo, mentre verso il IX-X secolo, in documenti ecclesiastici bizantini, è nominata come Hagia Seuerine, cioè Santa Severina, da cui il nome odierno. Nacque così una tradizione apocrifa e si formò un agiotoponimo per accostamento paretimologico al nome di una santa effettivamente esistente nella tradizione ecclesiastica.
DTI = Gasca Queirazza, Giuliano et al. (1990), Dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino, UTET.
Imbrighi, Gastone (1957), I santi nella toponomastica italiana, Roma, Tecnica Grafica.
Pellegrini, Giovan Battista (1990), Toponomastica italiana. 10.000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti, spiegati nella loro origine e storia, Milano, Hoepli.