AGLAOPHON
2°. - (᾿Αγλαοϕῶν, Aglaŏphon). - Pittore ateniese, figlio di Aristophon fratello di Polignoto, visse nella seconda metà del V sec. a. C. Gli autori antichi ricordano di lui due quadri, ambedue relativi ad Alcibiade. In uno era rappresentato il celebre Ateniese abbandonato in grembo a Nemesi; nell'altro, le personificazioni dei giuochi olimpici e pitici lo incoronavano vincitore (Athen., xii, 534, D). Uno di questi quadri, tuttavia, viene attribuito da Plutarco (Alkib., 16) ad Aristophon. Comunque i dipinti destarono grande scandalo per la empietà delle scene nelle quali sembrava quasi che Alcibiade volesse mettersi alla pari degli dei. Alcuni vasi dell'ambiente di Meidias (v. Attici, vasi, tavola a colori), ed in particolare la hydrìa da Populonia, con la raffigurazione di Adone in braccio ad Afrodite, possono suggerire un'idea di come fosse concepito il dipinto di Alcibiade e Nemesi, ma non si può affermare che il ceramografo abbia ripetuto tal quale lo schema figurativo del pittore. Così, del pari, non vi è nessuna ragione che possa giustificare l'attribuzione, naturalmente come replica, ad A. di uno dei quadretti Rospigliosi, oggi nel Museo Naz. Romano, pure se vi si vede un atleta che si incorona alla presenza di due figure mitiche. Innanzi tutto, il giovane che si incorona è un guerriero, come indicano le armi che sono presso di lui; inoltre egli si pone sul capo una corona, mentre altre due gliene offrono le figure mitologiche; vi sono quindi in totale tre corone, mentre Alcibiade era celebrato nel dipinto per due vittorie.
Bibl: J. Overbeck, Schriftquellen, n. 1130 ss.; G. Bendinelli, in Boll. d'Arte, V, 1925, p. 150 ss.; E. Pfuhl, Mal. u. Zehchn., II, Monaco 1923, p. 639; A. De Capitani, La grande pittura greca, Milano 1945, p. 41; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 147, n. 60.