AGNOLO di Ventura
Scultore e architetto senese, ricordato, per la prima volta, nel 1312. Era della Lira, o contrada di San Quirico. Il Milanesi, sulla scorta del Vasari, gli attribuì i progetti per la Porta S. Agata, costruita nel 1325, e per la Porta Romana (1327) di Siena. Nel 1329 A. risulta pagato per alcuni lavori nel Campo; nel 1333 (20 novembre), con altri maestri, faceva una stima dei lavori del duomo. Si occupò della costruzione del cassero di Grosseto (1334) e della fortezza di Massa Marittima (1336). Era ancora vivente nel 1349.
A. è probabilmente identificabile (benché di ciò non vi sia prova documentaria) con lo scultore Agnolo da Siena che collaborò con lo scultore Agostino di Giovanni Guido per il monumento del vescovo Tarlati, nel duomo di Arezzo, finito nel 1330 ("Hoc opus fecit magister Augustinus et magister Angelus de Senis MCCCXXX"). Tale identificazione, proposta dal Milanesi, è stata in genere accettata dalla critica, salvo qualche riserva (Toesca), tanto che lo scultore di Arezzo, compagno di Agostino di Giovanni, è di solito chiamato A. di Ventura.
Secondo la distinzione delle due mani, proposta dal Cohn-Goerke e in gran parte accettabile, nel monumento Tarlati si dovrebbero ad A.: il gruppo dei rilievi relativi alle imprese di guerra del vescovo, narrate nelle due fasce centrali del monumento (Costruzione delle mura di Arezzo, Assedio di Chiusi, Presa del castello di Fronzola, di Castel Focognano, di Rondine, di Ca prese); inserti nelle formelle con la Resa di Lucignano e la Resa di Bucine; undici statuette del vescovo, poste fra l'uno e l'altro rilievo (decapitate nel 1341).
Ad A. sono state pure attribuite (Carli) alcune delle statuette di Profeti, già nel coro del duomo di Massa Marittima, che la precedente critica assegnava a Goro di Gregorio.
Stilisticamente vicino ad Agostino di Giovanni, A. se ne distingue per una visione spaziale più organica, e per un modellato più nitido anche se un po' rigido, atto a rendere effetti di profondità nella netta scansione dei piani, rivelando così una maggiore dipendenza dalla plastica di Tino di Camaino.
Infine, ad Agostino di Giovanni e al suo collaboratore A. è stata pure attribuita l'Arca dei SS. Regolo e Ottaviano, già nel duomo di Volterra (ora scomposta; irilievi si trovano nel Museo dell'Opera), datata 1320.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le Vite... con nuove annotazioni e commenti di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 429-445; F. Baldinucci, Notizie de' Professori del Disegno, Firenze 1681, p. 128; L. Cicognara, Storia della scultura..., II, Prato 1823, pp. 131 ss.; G. Milanesi, Documenti per la Storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 154 n. 203, 206; C. Petrocchi, Cattedrale di Massa Marittima: l'altare maggiore lavoro di Flaminio del Turco senese, in Bullett. senese di storia patria, XI (1904), p. 117; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IV, La scultura del Trecento, Milano 1906, pp. 367-386; W. R. Valentiner, Studies in Italian Gothic Plastic Art, II, Agostino di Giovanni and A. di V., in Art in America, XIII (1925), pp. 3-18; Id., Observations on Sienese and Pisan Trecento Sculpture, in The Art Bulletin, IX (1926-27), pp. 187-191; W. Cohn-Goerke, Scultori senesi del Trecento, in Riv. d'arte, XX(1938), pp. 242-289; E. Carli, Goro di Gregorio, Firenze 1946, pp. 23, 52-53; P. Toesca, Storia dell'arte ital., II, Il Trecento, Torino 1951, pp. 36, 116, 297; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, pp. 128-130 (con ulteriore bibl.).