AGOBARDO
. Nato in Ispagna nell'anno 769, prete nell'804, arcivescovo di Lione nell'816, fu uno dei più eminenti personaggi dell'Impero sotto Lodovico il Pio, contro il quale si schierò apertamente, sperando che un cambiamento di persone mettesse fine agli abusi del governo di Lodovico. Questo egli censurò in diversi scritti, specialmente nel Liber apologeticus, composto pei figli di Lodovico contro il padre.
Quando (833) il papa Gregorio IV venne in Francia sperando di poter impedire con la sua presenza la caduta dell'Impero di Carlo Magno, Agobardo scrisse a Lodovico una lettera per illustrare la superiorità della potestà ecclesiastica sopra quella politica. Anche della deposizione di Lodovico e della penitenza ecclesiastica, alla quale egli dovette sottomettersi a Soissons (ottobre 833), v'informa la notevole Cartula di Agobardo. Deluso nelle sue speranze, bandito da Lodovico (risalito sul trono nell'835), e rifugiatosi quindi in Italia, Agobardo dall'esilio intraprese una polemica, importante per la storia della liturgia, con Amalario di Metz, amministratore provvisorio della chiesa di Lione. Assai più notevoli tuttavia sono i suoi scritti pastorali, che combattono alcune delle più dannose superstizioni del suo tempo, come le ordalie o il duello giudiziario, sancito dalle antiche leggi borgognone, e la credenza che le tempeste e le grandini fossero opera di stregoni e la peste degli animali effetto di certe polveri sparse nel regno da fattucchieri mandati dal duca Grimoaldo di Benevento. Questi opuscoli, come pure gli scritti di Agobardo contro gli ebrei (che l'imperatore aveva preso a proteggere), sono preziosissime fonti per la storia della civiltà. Per quella della teologia sono invece interessanti il trattato contro l'adozionismo di Felice di Urgel, e quello contro il culto delle immagini, che ha punti di contatto con il pensiero di Claudio di Torino; come il suo "Ritmo" acrostico (Agobardo pax sit) è interessante dal punto di vista della metrica.
Dal fatto che Agobardo fu il possessore del codice antico, che ci ha tramandato (meno l'Apologetico) le opere di Tertulliano (Codex agobardinus, oggi Paris. Bibl. Nat. lat. 1622), sembra lecito di concludere che egli si ispirasse agli scritti del grande africano, al quale assomiglia nella forza e nel vigore dell'espressione.
Edizione delle opere di St. Baluze, Parigi 1566, ristampata in Patrologia latina, CIV, coll. 9-352; le lettere, a cura di E. Dümmler, in Monumenta Germaniae historica, Epistolae, V, p. 150 segg.
Bibl.: M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, Monaco 1911, pp. 380-390. Sul culto tributato ad A. nella provincia di Lione, v. Acta Sanctorum, Iun. I, p. 748 seg.