agostinismo
Indirizzi, correnti e dottrine di pensatori che si richiamano ad Agostino, in partic. le scuole filosofiche e teologiche sorte nell’ordine agostiniano. L’a. non si può intendere come un sistema, in quanto pretese sistematiche non ebbe neppure la speculazione di Agostino; il termine include piuttosto il complesso delle dottrine di Agostino alle quali in maniere, e con interpretazioni diverse, torneranno costantemente i pensatori medievali, e anche oltre il Medioevo, entro e fuori la vera e propria scuola agostiniano-francescana. Come pure con cautela va assunta la distinzione tra a. filosofico e a. teologico, che è da considerare non come se nell’a. si potesse ritrovare una distinzione formale tra filosofia e teologia, ma nel senso che ora vengono accentuati temi di ordine teologico, ora di ordine filosofico. Per l’a. teologico alcuni usano anche, sia pure restringendolo ai pensatori dell’ordine agostiniano (scuola o scuole agostiniane) e di un determinato periodo (secc. 17°-19°), il termine agostinianismo. Mentre l’a. filosofico discende soprattutto dagli scritti di Agostino anteriori, o di poco posteriori, all’episcopato, l’a. teologico si fonda specialmente sugli scritti antipelagiani; a quelli della polemica antidonatista risalgono le dottrine ecclesiologiche e politiche (➔ anche Agostino).
Dal sec. 5° al sec. 12°: Agostino come modello di cultura. In teologia, la reazione contro l’a. teologico portò alla condanna del predestinazionismo (concilio di Arles, 475); tale reazione fu a sua volta frenata dall’altra condanna del semipelagianesimo (concilio di Orange, 529); onde prevalse un ‘a. moderato’ o ‘temperato’, il quale riconosce che per la salvezza la grazia è necessaria e che l’initium salutis è dono di Dio, ma anche che tutti i battezzati hanno la possibilità di salvarsi, purché l’abbiano voluto. Questo indirizzo prevalse anche contro il rinato predestinazionismo di Gotescalco (sec. 9°). Ma ancora nell’età carolingia come nella precedente, è Agostino che (con pochi altri e in misura minore) offre il modello e l’esempio di ciò che s’intende per cultura, e gli elementi di questa, nello schema delle arti liberali: con i principi di esse e della filosofia, e con la visione cristiana della storia. I motivi neoplatonici rimasti vivi nel pensiero di Agostino influiscono sull’avversario di Gotescalco, Scoto Eriugena; l’idealismo platonizzante opera sulla cultura occidentale attraverso Agostino, ed è lui l’autorità suprema cui si ricorre anche nelle posteriori controversie che si sviluppano al tempo della riforma gregoriana e della lotta delle investiture, intorno alla Chiesa e alla sua natura, allo Stato e ai suoi rapporti con la Chiesa, ai doveri del sovrano. Il De civitate Dei (trad. it. La città di Dio) (➔) fornisce, non solo alle dottrine politiche, ma a una storiografia, che è nello stesso tempo una pubblicistica, le concezioni fondamentali: del peccato d’origine, causa prima dei mali degli uomini, guerre e discordie, e della pace come massimo dei beni, perseguita questa dal ‘re giusto’, e provocate quelle dalla libido dominandi del sovrano malvagio. Sul piano della riflessione filosofico-teologica tutta la cultura medievale fino al sec. 12° resta dominata dall’a.: così nel rapporto tra intelletto e fede (s. Anselmo) come nella concezione della subordinazione delle arti alla riflessione esegetica e teologica.
Nel nuovo clima culturale del sec. 13° l’influenza di Agostino è predominante. Gli elementi fondamentali di questo a. sono: la mancanza di una distinzione formale tra filosofia e teologia, tra verità razionali e verità rivelate, in rapporto alla concezione della conoscenza umana come dovuta all’interiore illuminazione del Verbo divino che, incarnandosi, ha reso più facile, anche con la parola esteriore, l’apprensione delle verità divine, sicché, appunto, la rivelazione e la cognizione naturale s’integrano, ma la prima prepara e la seconda compie (credo ut intelligam); il concetto della sapienza come soprattutto dottrina e verità morale, preminenza cioè del Bene rispetto al Vero e della volontà sull’intelletto, il che corrisponde, con le simpatie per il platonismo, alla tendenza al misticismo che caratterizza tutte le correnti agostiniane. A queste posizioni fondamentali si associano: la concezione della materia, non come mera possibilità, bensì come attualità positiva, benché in grado minimo, appena embrionale, in quanto contiene in sé le ‘ragioni seminali’ delle cose; il considerare l’anima e il corpo – platonicamente – come sostanze autonome ed eterogenee, per cui la prima, anche senza il corpo, ha in sé, specialmente nell’uomo, il proprio principio di individuazione; ‘ilemorfismo universale’, o composizione ilemorfica degli esseri spirituali: angeli e anime sono composti anch’essi di una materia, s’intende spirituale, e di una forma; pluralità di forme nei composti, specie nell’uomo; il ritenere l’anima come sostanzialmente identica con le sue facoltà, e la libertà come qualità della volontà (la possibilità di volere il male dipende non dalla libertà in sé, ma dalle deficienze della volontà nell’uomo soggetto al peccato, sicché soltanto l’impulso della grazia muove la volontà a credere). Ma questo a., per quanto pugnace, pur difeso com’è dall’influente ordine francescano, non riesce ad arrestare la marcia trionfale delle correnti scolastiche che erano venute accogliendo, lungo il sec. 13°, la filosofia di Aristotele: gli stessi seguaci dell’a. (tra i quali emerge s. Bonaventura) accettano alcuni principi peripatetici, specialmente la fisica, pur mantenendosi più fedeli ad Agostino che ad Aristotele, in una indipendenza di fronte a questi, che permette loro di liberarsi prima dai pregiudizi dell’aristotelismo. Da qui, seppure non possa qualificarsi come mera rinascita dell’a., la nuova tendenza della scolastica che, attraverso Duns Scoto (il quale mantiene la preminenza della volontà sull’intelletto e la pluralità delle forme negli esseri), si continua in Occam e nel nuovo nominalismo. Ma anche l’ordine agostiniano (eremitano), pur con qualche dissenso specie nelle dottrine politiche, radicalmente curialistiche (scuola ‘agostiniana antica’ o, da Egidio Romano, ‘egidiana’: Giacomo da Viterbo, Agostino Trionfo da Ancona e Bartolomeo da Urbino, autori tra l’altro del Milleloquium s. Augustini, Alessandro da S. Elpidio, Gerardo da Siena, Michele da Massa, Bernardo Olivieri, Tommaso da Strasburgo, Alfonso Vargas), aderisce al tomismo, il quale a sua volta inserì nel proprio sistema, pur mitigandole (resistendo però alle tendenze pelagiane trasmesse da Abelardo ai suoi seguaci), le principali tesi dell’a. teologico, che la scuola agostiniana mantenne con più fermo vigore anche in Gregorio da Rimini, incline all’occamismo; mentre il predestinazionismo estremo risorgeva con Bradwardine, al quale si suole ricongiungere J. Wycliffe (e quindi J. Hus).
Nei secc. 14° e 15° è di nuovo l’Agostino filosofo che attrae al neoplatonismo cristiano Petrarca e gli umanisti più dotati di senso religioso; mentre all’umanesimo si accosta un agostiniano, Egidio da Viterbo, che mantiene in teologia le tradizioni della scuola (Ugolino Malabranca, Giovanni da Basilea, Agostino Favaroni, Giacomo Pérez da Valenza, per certi riguardi Simone Fidati da Cascia). Ma un dissidio non tarda a riprodursi, a opera di Lutero, animato forse dapprima dal desiderio ambizioso di far risorgere o diffondere in Germania la scuola agostiniana, ma spinto ad aggravare sempre più le proprie tesi e ad assumere un atteggiamento decisamente ribelle, fino a sostenere, contro Erasmo, la ‘servitù dell’arbitrio’. Senonché, mentre il pensiero filosofico-politico del Rinascimento, pur rimanendo ancora avvinto per molteplici legami a quello dell’età precedente e alla teologia, si avvia in nuove direzioni, l’a. teologico si mantiene anche nella Chiesa cattolica. Seripando ripresenta ancora al concilio di Trento le tesi tradizionali della scuola. La disputa antica tra chi ha fiducia nelle forze umane, e chi poca o nessuna, riprende, pur nel nuovo clima culturale e spirituale, nelle controversie intorno alla predestinazione e alla grazia, con Baio, Giansenio e i loro seguaci, le cui dottrine sono ripudiate dalla Chiesa cattolica (➔ giansenismo), e, anche all’interno di questa, nelle accese discussioni tra molinisti, gesuiti, tomisti, domenicani. Ma anche agostiniani: quelli cioè della cosiddetta ‘nuova scuola’ (F. La Fosse, C. Lupo o De Wulf, E. Noris, B. Désirant, A. Piette, P. Manso, F. Belelli, G.L. Berti, E. Flórez, G. Bertieri, M. Marcelli, E. Kluepfel, S. Villaroig), i quali mantengono che il peccato d’origine ha menomato la natura umana anche nei doni naturali (non soltanto privandola di quelli soprannaturali): onde il permanere di una concupiscenza, causa di peccato, anche se non può dirsi tale, e la necessità non solo della ‘grazia sufficiente’, ma di quella ‘efficace’, per qualsiasi atto moralmente buono: mentre quella necessaria per giungere alla vita eterna è concessa da Dio soltanto ad alcuni, essendo la predestinazione alla gloria anteriore alla previsione dei meriti. A giustificare il peccatore non basta il pentimento causato dal timore della pena ma si richiede quello determinato da un vero, anche se solo incipiente, amore di Dio. Questo sistema va parecchio più in là del tomismo, ma si sforza di distinguersi dal giansenismo, a cui lo vollero assimilare gli avversari, e Benedetto XIV (per es., con breve del 31 luglio 1748) riconobbe che poteva essere insegnato. Analoghe discussioni si ebbero nelle confessioni sorte dalla Riforma. Nonostante la crescente diffusione del calvinismo e del ‘criptocalvinismo’ e le condanne degli ‘eretici’ italiani o degli arminiani, dalla mentalità più razionalistica (e, tra l’altro, per la loro difesa della tolleranza, agli antipodi della dottrina agostiniana del compelle intrare e delle teorie curialistiche), le tendenze più favorevoli al riconoscimento della libertà umana e dell’efficacia della ragione si affermarono dapprima su basi aristoteliche (soprattutto attraverso Melantone) nel luteranesimo; in parte (e provocando gravi contrasti) nello stesso calvinismo; più ancora nell’anglicanesimo e nelle confessioni sorte da esso (caratteristico il dissidio, nel metodismo, tra J. Wesley e il rigido calvinista G. Whitefield), per sfociare nel deismo. Motivi agostiniani si rilevano anche nel cartesianesimo, soprattutto in Malebranche per la sua dottrina delle idee e la teoria del dualismo anima-corpo.