ADORNO, Agostino
Figlio di Raffaele e di Violante di Giacomo Giustiniani Longo, visse lungo tempo nei suoi feudi, essendo fuoruscito da Genova durante il dominio dei Fregoso, dei Francesi e dei Milanesi: nel 1474 militava al servizio degli Aragonesi. Ucciso Giangaleazzo Sforza nel 1476, si unì agli altri Adorno e al procugino Prospero, ma, caduto questo, dovette ancora lasciare Genova. Nel 1488 col fratello Giovanni, col quale condivise le vicende politiche fino al 1499, si associò ai Fieschi (Gian Luigi e Ibietto) e a Battista Fregoso contro Paolo Fregoso, governatore di Genova per il duca Sforza: l'8 settembre con loro si impossessò della città. Ma i congiurati, di fatto rivali, non riuscirono a trovare un'intesa fra loro, e Ludovico il Moro, con un abile e tempestivo intervento, poté riavere Genova, designando l'11 settembre come suo governatore l'A., che due giorni dopo assumeva il potere. Il fratello Giovanni lo coadiuvò per le funzioni militari.
Nei dieci anni che durò questo dominio milanese l'A. esercitò con prudenza e con tatto il potere, mentre il Moro rispettava, almeno formalmente, l'autonomia genovese, pur controllandola con i suoi commissari: fu un periodo di relativa tranquillità interna e di fortunata ripresa commerciale. I tentativi delle fazioni avverse fallirono; il 5 ag. 1493 l'A. concluse una vantaggiosa pace con la Spagna che doveva durare venticinque anni e fu un punto di partenza decisivo per l'espansione dei Genovesi (l'inserimento di Genova nei paesi asburgici, favorita dal trattato, sarà un fatto di capitale importanza nella storia politica, economica e bancaria della città del sec. XVI); nel 1495 resistette alle lusinghe francesi, che promettevano il riacquisto della Lunigiana, al tempo della calata di Carlo VIII in Italia (quando la funzione politica e navale di Genova appariva in tutta la sua importanza); nello stesso anno, interpretando il comune sentimento di indipendenza, volle che il contratto per la costruzione della flotta a disposizione dei Francesi venisse stipulato non dal Moro, ma da delegati genovesi.
Nell'intricato gioco dopo il mutamento di politica del Moro, l'A. riuscì a riottenere Sarzana dai Fiorentini, ma non Pietrasanta, prevenuto, in questo, dai Lucchesi e non sostenuto francamente dallo Sforza e tanto meno dall'imperatore Massimiliano, venuto a Genova nel settembre del 1496. Il Moro, giunto a Genova a calmare gli animi irritati (marzo 1498), pur accolto sfarzosamente, non poté rimuovere le cause del malcontento, sicché, quando Luigi XII attaccò la Lombardia, l'aiuto militare da lui richiesto venne spedito con ritardo (forse ad arte) e l'A. iniziò segrete trattative col re di Francia sotto pretesto di accordi commerciali. Il fermento crebbe in Genova per i forzati contributi di denaro chiesti al Banco di S. Giorgio dagli Adorno. Fuggito il Moro da Milano, l'A. fece decretare dal Gran Consiglio l'assoggettamento alla Francia (6 settembre), ma non poté più controllare la situazione: il 14 sera entrava in funzione un governatore francese e l'A. partiva da Genova per Silvano d'Orba. Morì nel 1502.
Aveva sposato prima una Spinola e poi la figlia del conte Onorato di Ventimiglia, dal quale ereditò la contea di Tenda. Mostrò vivo interesse per la cultura e incaricò ufficialmente B. Senarega di continuare la serie degli Annali della Repubblica. Tre sue lettere del 1491 sono inserite nella raccolta Lettere et orationi di Pietro Cara (Torino 1520). Il Bandello lo ricorda nella XIX novella della I parte (cfr. ediz. G. Brognoligo, I, Bari 1928, p. 238). È designato, insieme col fratello, nel testamento di Giuliano Adorno, marito di s. Caterina Fieschi, come amministratore di un lascito a favore dei parenti bisognosi. Ricostruì e abbellì con opere d'arte il castello di Silvano.
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