BARBARIGO, Agostino
Nacque da Lorenzo, patrizio veneto, nel 1514- Si segnalò fin da giovanetto per la sua vivace intelligenza: Marino Sanuto, avendo assistito l'8 dic. 1530 a una pubblica accademia sostenuta dai discepoli della scuola di maestro Stefano Plazino, che leggeva umanità in S. Lio, fece particolare menzione di lui, che si era fatto notare per la sua brillante dialettica.
La carriera politica del B. si distingue da quella più comune ai patrizi veneti per il fatto alquanto insolito che raggiunse le più alte dignità della Repubblica senza mai ricoprire alcuna magistratura nelle città suddite o altro ufficio fuori di Venezia. Nel 1537 entrò con anticipo di due anni nel Maggior Consiglio, mediante un'offerta di denaro. Dopo aver esercitato la carica di avvocato alla Doana da Mar, fu eletto nel 1543 nella Quarantia civile; nel 1546 fu auditore nuovo, nel 1548 giudice del Proprio, nel 1554 provveditore sopra i Banchi e poi provveditore alla Sanità: ed è appunto per tale carica che a lui e ai suoi colleghi Míchelangiolo Biondo dedicò nel 1555 un suo opuscolo Della provisione della pestilenza. Nello stesso 1555 fu poi eletto provveditore sopra l'Arsenale, e nel 1561 tra i Dieci savi sopra le Decime.
Fino a questo momento della sua vita, dunque, la sua attività era rimasta limitata a cariche amministrative e giudiziarie, ma proprio in questi anni il B. si elevò alle magistrature e ai consigli politici. Nel 1563 fu eletto nella Giunta del Senato, l'anno successivo senatore ordinario, e da questa data ritornò numerose volte in Senato. Nel 1568 fu provveditore alle Biade; nel 1571 entrò nel Consiglio dei Dieci; nel 1572 fu provveditore al Sale e nel 1576 governatore delle Entrate. Nel 1577 fu eletto consigliere ducale per il sestiere di Dorsoduro, carica alla quale fu ancora elevato nel 1580 e nel 1584. Infine il 22 apr. 1585 la sua carriera politica culminò nell'elezione a procuratore di S. Marco, massima dignità della Repubblica dopo quella ducale. Fu anche tra i candidati che concorsero all'elezione del doge, nel 1577 e nel 1585.
La fiducia e il prestigio di cui godeva presso la nobiltà veneziana sono testimoniati anche dalla sua elezione, assieme ad Antonio Bragadin, a sovraintendere alla costruzione della basilica del Redentore, che la città volle edificare per voto dopo la fine della terribile pestilenza del 1576.
Morì a Venezia nel 1587, pochi giorni dopo aver dettato, il 24 marzo, il proprio testamento. Venne sepolto a S. Andrea della Certosa.
Fonti e Bibl.: Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3781, G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, pp. 9 s. (altra copia all'Oesterreichische Nationalbibliothek di Vienna, fondo ex-Foscarini, cod. 6093); Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, I, p. 171;.G. Degli Agostini, Istoria degli scrittori vinizzant, II, Venezia 1754, pp. 489, 506; M.Sanuto, Diarii, LVI, Venezia 1901, coll. 167 s.; A. Morosini, Historiae venetae, Venezia 1719, II, p. 634. Il suo testamento è conservato all'Archivio di Stato di Venezia, Sezione notarile, Testamenti Marc, Antonio Cavanis, busta193, f. 124.