BASSI, Agostino
Nacque a Mairago (Lodi). il 25 sett. 1773, da Onorato e da Rosa Sommariva. Studiò giurisprudenza a Pavia, dedicandosi contemporaneamente a studi di fisica, chimica., scienze naturali, medicina e frequentando le lezioni di Lazzaro Spafianzani, Alessandro Volta, Giovanni Rasori.
Laureato "giureconsulto" il 21 maggio 1798, fu nominato amministratore provinciale di Lodi; venne poi inviato a Lione in qualità di deputato della Consulta straordinaria dei Cinquecento; tornato a Lodi, rivestì la carica di cancelliere centrale presso la delegazione del Censo; fu poi nominato segretario generale di prefettura a Ravenna e vice-prefetto a Cento: ma ricusò tali incarichi per non allontanarsi dal Lodigiano, dove lo legavano vincoli di farniglia, nonché interessi materiali e scientifici. Colpito poi da una seria affezione oculare, fu indotto a rinunciare ad ogni incarico pubblico e a dedicarsi ad esperienze agricole e zootecniche (coltivazione razionale della patata, pratica del sovescio, allevamento dei merini spagnoli), rivolte soprattutto a conseguire un maggiore utile.
Nel 1808, migliorate le condizioni della vista, si inserì nuovamente nella vita pubblica: dal ministro del Culto fu nominato primo amministratore degli Ospedali civici di Lodi e, poco dopo, membro della Congregazione di carità per l'amministrazione di tutti i luoghi più riuniti in Lodi, carica che conservò per alcuni anni. Nel 1815 entrò a far parte della I. R. Delegazione provinciale di Lodi, allora istituita. Ma dopo tredici mesi fu costretto a dimettersi, in conseguenza di una nuova recrudescenza della malattia oculare (che alcuni decenni dopo doveva portarlo al limite della cecità). Da quel momento, tuttavia, egli riprese, con rinnovato impegno, quella feconda serie di studi e ricerche che lo condussero poi a utili scoperte. Gli esperimenti vennero condotti in un podere, detto "La Fracchia", che egli aveva in affitto, e in un, piccolo fondo di sua proprietà (che, dopo la sua morte, venne chiamato "La Bassiana"). Qui il B. aveva tra l'altro eretto una "casara", che, per il metodo razionale di lavorazione del latte per farne formaggio e per il metodo di tenuta, nurava a servire da modello.
A questa fase della sua attività appartengono le seguenti opere: Dell'utilità ed uso del pomo di terra (Lodi 1814), Osservazione sull'opera del sovescio (Lodi 1819), Nuova maniera di fabbricare il vino a tino scoperto (Lodi 1824).
Le idee e i ritrovati del B. varcarono l'ambito provinciale per entrare nei dibattiti degli scienziati italiani e stranieri intorno alle applicazioni dei ritrovati scientifici all'agricoltura. Amico di Carlo Verri, ne criticò tuttavia l'opera Del vino. Discorsi quattro, edita a Milano nel 1823, con un proprio scritto Analisi critica dei quattro discorsi del Conte Verri intorno alla vite e al vino (Milano 1824, non ristampato nelle Opere): in esso difendeva il valore delle ricerche chimiche del francese J.-A. Chaptal applicate all'enologia.
Ma le ricerche che gli diedero notorietà furono quelle - già iniziate sin dal 1807 e poi sospese - condotte su di una malattia dei bachi da seta, che a quei tempi provocava cospicui danni economici in Italia e in Francia.
I risultati e le conclusioni di tali studi furono comunicati all'università di Pavia nel 1834 e poi vennero pubblicati - dopo ulteriore approfondimento - tra il 1835 e il 1844: Del mal del segno, calcinaccio o Moscardino (Lodi 1835), che rimase il più importante e classico lavoro; Distruzione dei germi calcinici e disinfezioni (Lodi 1836); Memorie in addizione all'opera sul calcino (Milano 1837); Breve istruzione per evitare il danno che reca il calcino o mal del segno ai filugelli (Milano 1839); Sui contagi in generale (Lodi 1844). A quell'epoca era convinzione comune che il "mal del calcino" si sviluppasse spontaneamente sotto l'influenza di sfavorevoli condizioni atmosferiche, dell'incongruo cibo sonuninistrato, dei malgoverno. Il B., invece, sostenne e si sforzò di dimostrare, anche con ricerche microscopiche, che la malattia dei bachi era di natura contagiosa e che essa era, provocata da un "essere vivente", un "fatal, crittogamo parassita".
Giuseppe Balsamo Crivelli, allora supplente alla cattedra di storia naturale a Milano, confermò che l'agente della malattia è una crittogama dei genere botrytis, che egli chiamò Botrytis Paradoxa: nome che poi venne cambiato in quello di Botrytis Bassiana, in onore dello scopritore.
La dimostrazione della possibilità che un parassita microscopico sia la causa di una malattia contagiosa costituisce un passo importante nella storia della microbiologia: rappresenta la convalida della dottrina del "contagio vivo" nella quale già taluni scienziati credevano e che era stata validamente enunciata da E. Acerbi nella sua Dottrina teoricopratica del morbo petecchiale (Milano 1822); costituisce, cioè, la prima dimostrazione sperimentale a quella corrente di, pensiero sul contagio animato, i cui inizi possono essere posti in alcune intuizioni di G. Fracastoro e che avrebbero trovato definitiva e clamorosa conferma nelle ricerche di L. Pasteur e di R. Koch, di cui il B. può essere considerato un precursore, così come lo fu anche, in un certo senso, di J. Lister. Il B., infatti, non solo fomì, tra i primi, concrete basi sperimentali alla teoria parassitaria, ma, proseguendo le ricerche, esaminò le possibilità atte a distruggere i microrganismi e a prevenire il contagio, e giunse a mettere in atto, con una consapevolezza che derivava da esperimenti rigorosamente condotti, pratiche antisettiche dettando così le norme di una moderna disinfezione.
Il problema della lotta contro le malattie contagiose e parassitarie in genere venne poi ulteriormente esaminato dal B., che propugnò la sistematica disinfezione degli ambienti e degli oggetti contaminati (o presunti tali) con cloro, liscivia, acido solforico, calce, ecc.
In tema di morbi contagiosi egli giunse a conclusioni generali, la cui validità fu poi comprovata alcuni decenni dopo, e cioè che tutti i mali contagiosi degli animali e dei vegetali, compreso l'uomo, provenivano da esseri parassiti, e che l'idrofobia, la sifilide, la gonorrea, il vaiolo, il colera, la peste e molte, per non dire quasi tutte le malattie cutanee, erano generate e mantenute da esseri parassiti, vegetali o animali, di diversa specie.
Perfino il concetto di "carica microbica" non sfuggì al B., che mise in rapporto i caratteri e l'andamento del processo infettivo con la quantità di germi che, invadono l'organismo. E nemmeno gli passò inosservato il fenomeno dell'"attenuazione" dei microrganismi patogeni, che però venne valorizzato e terapeuticamente sfruttato solo in seguito, in piena epoca immunologica.
Ormai avanti con gli anni, con la vista gravemente compromessa, il B., abbandonata l'attività sperimentale, continuò a pubblicare memorie: Sulla natura della pellagra e sul modo di prevenirla e curarla (Milano 1845); Istruzioni per prevenire e curare il colera asiatico (Lodi 1849); Dei parassiti generatori dei contagi e dei rispettivi rimedi (Lodi 1851); Della natura dei morbi ossia mali contagiosi e del modo di prevenirli e curarli (Lodi 1853).
Per le sue opere scientifiche, e segnatamente per quelle sul "mal del calcino", tradotte e, diffuse anche all'estero, il B. venne insignito di, vari titoli accademici e onorifici: tra l'altro fu cavaliere della Legion d'Onore e socio corrispondente della Società dei medici di Vienna. Le sue opere furono ristampate nel 1895 a cura d'un comitato nazionale sotto gli auspici della Società medico-chirurgica di Pavia. Morì a Lodi l'8 febbr. 1856.
Bibl.: G. C. Riquier, A. B. e la sua opera, Pavia 1924; G. B. Grassi, Commentario all'opera parassitologica (sui contagi) di A. B., in A. B., Opere, Pavia 1925, pp. XI-XLVIII; A. Pazzini, L'opuscolo del B. sui contagi e il suo valore..., Roma 1940; U. Faucci, In memoria di A. B. nel 1° centenario del... "Mal del segno" (1835-1935), in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, s. 6, XXXII (1941), pp. 1-32; Documenti Bassiani, a cura di L. Belloni, Milano 1956; D. Spallone-C. Rubbini, Le opere di A. B., Roma 1956; M. Romani, L'agricoltura in Lombardia dal periodo delle riforme al 1859. Struttura, organizzazione sociale e tecnica, Milano 1957, pp. 216 n. 28, 224 e n. 53, 228 n. 11, 229 e n. 16; G. P. Arcieri, Il posto di A. B. nella storia del pensiero medico, Torino 1959; M. Romani, A. B. sull'agricoltura lodigiana (1808), in Economia e storia, VI (1959), pp. 514-527.