Agostino Bassi
La figura di Agostino Bassi, giureconsulto di professione e naturalista per passione, si radica nella grande tradizione pavese, animata da Lazzaro Spallanzani, Alessandro Volta e Giovanni Rasori, dai quali Bassi fu instradato nei diversi rami della storia naturale. Entro questa dimensione, a un tempo culturale e geografica, si ricompongono gli interessi specifici e la curvatura squisitamente civile delle ricerche sperimentali condotte da Bassi, prevalentemente rivolte al versante applicativo dello studio della botanica, alla pratica e alle tecniche agricole, e alla delucidazione dei fenomeni contagiosi, addivenendo a risultati che conferirono all’opera di Bassi una statura europea.
Agostino Bassi nacque a Mairago, in provincia di Lodi, il 25 settembre 1773. Su esortazione del padre si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo di Pavia, laureandosi nel maggio del 1798. Fin da giovane Bassi però aveva manifestato una particolare inclinazione per gli studi naturalistici: la frequentazione dell’Ateneo pavese fu dunque occasione per entrare in contatto con l’ambiente scientifico. Assisté per proprio conto alle lezioni di Antonio Scarpa, Volta e Spallanzani, e, per mediazione dello zio Giambattista Sommariva, poté entrare in più stretta relazione con il parmense Rasori, che insegnava patologia medica e che divenne negli anni successivi un fidato interlocutore.
Dopo la laurea, Bassi intraprese la carriera come funzionario pubblico e venne nominato amministratore provinciale di Lodi. Dopo essere stato mandato a Lione in qualità di deputato della Consulta straordinaria dei Cinquecento fu di nuovo a Lodi come cancelliere centrale presso la delegazione del Censo. Rifiutati gli incarichi di segretario generale di prefettura a Ravenna e di viceprefetto a Cento per restare nel Lodigiano, cui lo legavano impegni familiari e interessi materiali, dovette infine rifiutare ogni incarico pubblico a causa della seria malattia agli occhi che lo aveva colpito. Scelse per questi motivi di dedicarsi alle pratiche agricole e zootecniche con il principale fine di incrementare gli utili.
In seguito, il miglioramento delle sue condizioni gli permise di tornare a rivestire incarichi pubblici: fu così primo amministratore degli Ospedali civici di Lodi e membro della Congregazione di carità per l’amministrazione di tutti i luoghi pii riuniti in Lodi, mentre nel 1815 entrò nella I.R. Delegazione provinciale di Lodi che era stata appena istituita. Ma nel 1816 fu costretto alle dimissioni per il nuovo aggravarsi delle condizioni della vista. Tornò così a dedicarsi ai suoi esperimenti che condusse nel podere che aveva in affitto (La Fracchia) e nel fondo di sua proprietà, chiamato La Bassiana dopo la sua morte, in cui aveva organizzato una ‘casara’ divenuta un modello per il metodo utilizzato di lavorazione del latte per farne formaggio.
Per le sue opere scientifiche Bassi acquisì notorietà e credito fra gli studiosi italiani e stranieri; fu ascritto a numerose società scientifiche tra cui l’Istituto lombardo di scienze, lettere ed arti di Milano; fu socio corrispondente della Società dei medici di Vienna; fu nominato cavaliere della Legion d’onore. Nonostante il successo scientifico, Bassi non riuscì però a migliorare le proprie condizioni economiche, fintantoché nel 1838 non poté avvalersi di una consistente somma di denaro ereditata dal cugino, il conte Luigi Sommariva. Riuscì così a costruire una dimora a Lodi e ad acquistare, benché ormai quasi completamente cieco, un microscopio costruito da Giovanni Battista Amici. Morì a Lodi l’8 febbraio 1856.
Nella sua opera prima, Il pastore bene istruito, risalente al 1812, Bassi esordisce con queste parole:
Sommamente affezionato sino all’età mia tenera a tutto ciò che ha sapore di economia rurale, in mezzo a’ miei studj ed alle varie mie occupazioni mi dilettai sempre di cose agrarie. Costretto poi da una lunga malattia d’occhi a dover abbandonare i pubblici impieghi ed a desistere per qualche tempo da qualunque letteraria occupazione, rivolsi tutti i miei pensieri e le mie cure agli oggetti campestri, i quali perché mi riuscissero di un più dolce trattenimento volli far acquisto di merini, ossia di pecore di Spagna, nella coltivazione dei quali gustai tanto piacere, che anche ristabilito in salute ed occupato in altre cure, impiegai sempre per la pastorizia il maggior tempo possibile (in Opere di Agostino Bassi […], 1925, p. 3).
La stretta dipendenza, qui denunciata, fra le diverse fasi che ha attraversato la «malattia d’occhi» con le occasioni e i tempi della ricerca rimane una costante della vita di Bassi. Da un canto, dunque, la passione per la pastorizia, dall’altro le ricerche in ambito agronomico, in cui rientrano i successivi saggi sulla coltivazione della patata del 1814, sul sovescio del 1819, sulla fabbricazione del formaggio, risalente al 1820, e sulla produzione del vino, in relazione alla quale Bassi esordiva nel 1824 sottoponendo a dura critica le opinioni di Carlo Verri (1743-1823), con cui era però in amicizia, difendendo per converso le analisi chimiche che il francese Jean-Antoine Chaptal de Chanteloup (1756-1832) applicava all’enologia; la questione, ripresa anche l’anno successivo, in relazione a una nuova tecnica enologica, rimase sempre presente nell’orizzonte delle cure di Bassi, che vi tornò a dedicare alcune interessanti osservazioni fino al 1852.
Di gran lunga più strategiche furono le ricerche che Bassi condusse nel campo che oggi denominiamo infettivologico. Egli fu in effetti il primo a tradurre «le idee eziologiche sulla genesi microbiologica delle malattie in un vero e proprio programma di ricerca» (Mazzarello, in Il contagio vivo, 2009, p. 99). Anche in questo caso l’occasione per gli studi fu indirettamente fornita dalla forzosa sospensione dagli incarichi amministrativi. Cominciò dunque a interessarsi alle malattie del baco da seta, che costituivano una delle principali voci dell’economia rurale in Italia e in Europa. Le pregresse osservazioni compiute sia da coltivatori sia da naturalisti avevano evidenziato che la malattia causava nel corpo molle dei bachi un indurimento e la formazione di uno strato pulverulento, simile a una efflorescenza. Bassi allestì fin dal 1807 un complesso protocollo sperimentale per venire a capo della eziogenesi della malattia. In questa fase egli riuscì però solo a replicare la malattia in una forma che, pur mortale e pur caratterizzata dai medesimi segni, risultava non essere contagiosa. Non si conseguiva così alcuna prova da obiettare alla tesi prevalente secondo cui il ‘mal del calcino’ sorgesse del tutto spontaneamente, a causa di sfavorevoli condizioni atmosferiche e per l’inadeguatezza delle tecniche di allevamento.
Bassi fu il primo giudice implacabile di questa sua iniziale acquiescenza alla teoria allora corrente:
Invano si affaticarono tanti uomini insigni di più nazioni onde far nascere spontaneamente nel baco da seta il calcinaccio o moscardino: ed io pure feci sempre inutilmente allo stesso fine tutti i possibili sperimenti come ho riferito (Del mal del segno […] che affligge i bachi da seta, 1835, p. 10);
e quando poté riprendere le ricerche con continuità, essendosi liberato di quella ingombrante pregiudiziale, riuscì a venire a capo della questione, riconoscendo l’agente infettante in un fungo:
Il solo essere che prendo a descrivere ha la potenza di produrre un tal effetto. Quest’essere omicida è organico, vivente e vegetabile. È una pianta del genere delle crittogame, un fungo parassito (Del mal del segno, cit., p. 12).
Data l’importanza della scoperta, gli esiti a cui Bassi era pervenuto nel 1826 furono soppesati con attenzione. In prima istanza ricevettero le critiche di Ignazio Lomeni (1779-1838), un noto cultore di agronomia. Questi, obiettando il parere contrario del botanico Giuseppe Balsamo Crivelli (1800-1874), che riteneva inorganica la natura della polvere calcinica, non mancò di sottolineare che la scoperta del lodigiano difettava di un chiaro riconoscimento accademico. Questo giunse però il 30 agosto del 1834, allorché una commissione dell’Università di Pavia istituita all’uopo, di cui erano membri, tra gli altri, Pietro Configliacchi e Gaspare Brugnatelli, si pronunciò dando alle prove sperimentali addotte da Bassi ampio riconoscimento. Parallelamente proprio Crivelli, a cui Lomeni si era appoggiato, mutò parere e nelle Osservazioni […] sovra la nuova specie di Mucedinea del genere Botrytis che si svolge sopra i Bachi da seta e le Crisalidi morte da calcino (1835), confermò la scoperta di Bassi. L’agente patogeno, inizialmente denominato Botrytis paradoxa, fu poi, in onore di Bassi, detto Botrytis bassiana (oggi Beauweria bassiana).
Ricevuti questi autorevoli avalli, Bassi mise in cantiere la stesura di un trattato generale intitolato Del mal del segno […] che affligge i bachi da seta, che uscì in due volumi nel biennio 1835-1836, avendo Bassi deciso di dividere la materia in una prima parte teorica e in una seconda pratica. Il trattato ebbe vasta risonanza e circolazione europea, favorita da una traduzione in lingua francese, cui seguì una in tedesco e una in ungherese. Come ricordava Giovanni Briosi (1903, p. 3), non erano mancate le obiezioni, specie quella che poneva in dubbio se il contagio calcinico fosse non tanto proprietà essenziale del fungo, bensì di una sostanza sconosciuta associata al parassita. Bassi rispose con vigore nel 1837, in una memoria aggiuntiva:
Io avrei potuto torre di mezzo più volte tale questione, decidere cioè se il riferito contagio esista nella facoltà riproduttiva del singolare crittogamo da me annunciato, come io opino, o piuttosto in una sostanza estranea a questa pianta e da essa attinta dal baco affetto dal mal del segno come altri si pensano. E ciò avrei potuto dopo d’aver scoperta la detta mucedinea come causa produttrice del detto morbo; quando questo vegetabile si rigenerasse per anco sopra altri corpi organici od inorganici, poiché riprodotto successivamente più volte in altri animali vivi, o morti, fuori dai bruchi, o sopra sostanze inorganiche, e quindi riportato dopo molte produzioni nel flugello, avrei potuto scorgere se il crittogamo in discorso, rigenerato come sopra, suscitava nel baco da seta ancora la stessa malattia detto Calcino o Mal del segno, il che succedendo sarebbe stato dimostrato, a non più dubitarne, che il contagio di cui si tratta consiste realmente nella potenza riproduttrice della pianta stessa i cui germi introdotti nel corpo dei bruchi si schiudono, escono, si riproducono e cagionano così col movimento loro vegetativo o altrimenti la riferita malattia (Del mal del segno, 18372, p. 3).
Il maggior plauso alla scoperta di Bassi giunse dalla Francia e direttamente dall’Académie des sciences parigina, ove il botanico Jean-François-Camille Montagne e l’entomologo Jean-Victor Audouin osservarono con l’ausilio del microscopio i cicli di sviluppo del fungo, sia mediante coltivazione in vitro sia direttamente sulla cute dei bachi da seta. Ma anche a Zurigo Johann Lucas Schönlein diede corso a un analogo protocollo sperimentale che lo condusse alla scoperta nel 1839 dell’agente patogeno della tigna favosa. Friedrich Gustav Jacob Henle, grazie alle esperienze di Bassi, poté giungere a una vera e propria formulazione della teoria del ‘contagio vivo’.
Nel 1844 Bassi partecipò alla Sesta riunione degli scienziati italiani, che si tenne a Milano dal 12 al 27 settembre. In quell’occasione presentò tre memorie, una dedicata alla coltivazione dei gelsi, molto apprezzata (cfr., ad es., G. De Vincenzi, Discorsi, 1845, p. 30: «Né debbo tacere come Agostino Bassi presentò poi una dotta memoria sulla cultura dei gelsi, ed in ispecie intorno al modo di prevenire, scoprire e curare la grangrena che fa perire gran numero di questi alberi»), una sui vini, e una sui contagi in generale in cui egli espose nuovamente i criteri generali della sua metodologia:
Appena ch’io potei conoscere che i contagi e tutte le malattie attaccaticce, segnatamente quelle che affliggono l’uomo, passano dall’individuo infermo al sano per mezzo del contatto immediato tra questi, o per mezzo di corpi infetti, o d’aere contaminato, fui subito d’avviso che tutti i contagi, nessuno eccettuato, sono prodotti da esseri parassiti ossia da esseri organici viventi, i quali entrano in altri esseri, pure organici e viventi, in cui trovano pascolo, ossia alimento loro confacente, in questi si schiudono, crescono e si riproducono, e mi confermai sempreppiù in questa mia opinione dopo d’avere io scoperto che il Calcino o Mal del Segno, malattia contagiosa che attacca i flugelli, vien cagionata da una piccolissima pianta parassita (Tre nuove memorie da presentarsi e leggersi alla sesta riunione degli scienziati italiani […], 1844, poi in Opere di Agostino Bassi, cit., pp. 253-54).
Pur in un crescendo di difficoltà per il peggioramento delle condizioni della vista, Bassi da un lato cercava di conferire alle sue osservazioni una veste più generale, dall’altro non rinunciava a estendere il proprio campo di indagine.
Nel 1846 uscirono i Discorsi sulla natura e cura della pellagra. Le osservazioni ivi esposte costituirono indirettamente un’occasione per effettuare un bilancio di così tanti anni di ricerche:
io poi che, non medico di professione, fra i diversi studi di scienze naturali a cui mi sono dedicato, non istudiai la medicina che per conservar meglio la mia salute e quella degli individui di mia famiglia e de’ miei servi, non che quella degli amici che piacesse loro di approfittare, specialmente delle poche cognizioni da me acquistate in tanti e tanti anni di continue osservazioni e sperienze intorno alle varie malattie che affliggono gli uomini ed altri animali, non che diverse specie di vegetali (p. 3).
Bassi riteneva dunque di poter intervenire fidando sul fatto che, nonostante l’ampia messe di scritti, non era stato «fatto uso di tutto quel raziocinio» necessario, in special modo nei medici italiani in cui prevaleva la tesi che il morbo fosse da attribuirsi «al continuo o quasi continuo uso del mays» (p. 3). Ma se «gli scrittori italiani […] accusano la melica come causa della produzione della Pellagra» Bassi condivideva quanto affermato dal medico francese Pierre-Romain Dozous in un articolo pubblicato nella «Gazzetta medica» milanese nel febbraio del 1846, secondo il quale il cereale doveva ritenersi del tutto innocente. L’insorgenza del morbo doveva piuttosto essere attribuita al suo «mal uso», ovvero al processo di fermentazione a cui sono sottoposti i pani, che darebbe luogo allo «schiudimento di semi di pianticine, ossia di muffe delle infime classi», le quali erano a parere di Bassi «la cagione del terribil morbo in discorso» (Discorsi sulla natura e cura della pellagra, cit., p. 7).
Tre anni dopo Bassi, con intramontata sollecitudine, poneva mano a un impegnativo saggio sul colera, dando prova ancora una volta di saper stringere in un unico nesso osservazioni sull’eziogenesi, sulla cura e sulla prevenzione.
Il pastore bene istruito. Opera […] nella quale s’insegna il modo di ben governare le pecore, specialmente le spagnuole e di ritrarne il più grande vantaggio […], Milano 1812.
Dell’utilità ed uso del pomo di terra e del modo migliore di coltivarlo, Lodi 1814.
Osservazioni […] sull’opera Del sovescio e nuovo sistema di coltura fertilizzante senza dispendio di concio di Gio. A. Giobert, Lodi 1819.
Sulla fabbrica del formaggio all’uso lodigiano nel luogo di Roncadello in Gera d’Adda […], Lodi 1820.
Memoria […] sui nuovi metodi di vinificazione, Lodi 1823.
Analisi critica dei quattro discorsi del conte Carlo Verri intorno al vino ed alla vite […], Milano 1824.
Nuova maniera di fabbricare il vino a tino scoperto senza l’uso di alcuna macchina […], Lodi 1824.
Nuovi cenni intorno all’arte di fabbricare i vini, all’educazione dei filugelli e dei mori ed altri oggetti agrarj […], Lodi 1826.
Cenni intorno al calcinetto, calcinaccio, «Annali universali di agricoltura economia rurale e domestica, arti e mestieri», 1830, 10, 3, pp. 187-92.
Annonce de la découverte des moyens de prévenir et de guérir les maladies des vers à soie, «Annales de l’agricolture française», 1831, pp. 279-84.
Del mal del segno, calcinaccio o moscardino: malattia che affligge i bachi da seta […] Parte prima: Teoria. Parte seconda: Pratica, 2 voll., Lodi 1835-1836 (ed. riveduta, corretta e accresciuta, Milano 18372).
Breve istruzione […] per evitare il danno che reca il calcino o mal del segno ai flugelli [...], Milano 1839.
Tre nuove memorie da presentarsi e leggersi alla sesta riunione degli scienziati italiani. La prima versa sulla coltura dei gelsi ed in ispecie intorno al modo di prevenire, scoprire e curare la gangrena che fa perire gran numero di questi alberi preziosi. La seconda riguarda il miglior metodo di fare e conservare lungamente i vini. La terza infine tratta dei contagi in generale e specialmente di quelli che affliggono l’umana specie, Lodi 1844.
Discorsi sulla natura e cura della pellagra, sulla malattia contagiosa che attaccò l’anno scorso ed attacca tuttora in diversi stati d’Europa i pomi di terra, e come si possa arrestarla, e rimedj sicuri e pronti contro le febbri intermittenti, le scottature e le infiammazioni d’occhi, Milano 1846.
Istruzioni intorno al modo di prevenire, curare ed allontanare per quanto è possibile il fatal morbo colerico, Lodi 1849.
Della più utile coltivazione dei bachi da seta e del miglior modo di diminuire in generale il danno che arreca […], Lodi 1851.
Istruzioni sicure per liberare le uve dalla malattia dominante che tanto vino già rapì sì all’Italia che all’estero, Lodi 1852.
Della natura dei morbi ossia mali contagiosi e del modo di prevenirli e curarli, Lodi 1853.
Si veda inoltre:
Opere di Agostino Bassi, scelte e pubblicate a cura del Comitato nazionale per la ristampa, auspice la Società medico-chirurgica di Pavia, Pavia 1925.
M. Petenghi, Cenni intorno alla vita ed alle opere del dott. Agostino Bassi di Lodi, Lodi 1856.
S. Calandruccio, Agostino Bassi di Lodi: il fondatore della teoria parasitaria e delle cure parasiticide, Catania 1892.
G. Briosi, Cenno biografico di Agostino Bassi, «Atti dell’Istituto botanico dell’Università di Pavia», s. II, 1903, 11, 8, pp. 3-10.
G.C. Riquier, Agostino Bassi e la sua opera, Pavia 1924.
G.B. Grassi, Commentario all’opera parassitologica (sui contagi) di Agostino Bassi, in Opere di Agostino Bassi, scelte e pubblicate a cura del Comitato nazionale per la ristampa, auspice la Società medico-chirurgica di Pavia, Pavia 1925, pp. XI-XLVIII.
A. Pazzini, L’opuscolo del Bassi sui contagi ed il suo valore nella storia delle infezioni, Roma 1940.
R.H. Major, Agostino Bassi and the parasitic theory of disease, «Bulletin of the history of medicine», 1944, 16, pp. 97-107.
L. Belloni, L. Vergnano, A. Zambianchi, Studi su Agostino Bassi, a cura di L. Cremascoli, Lodi 1956.
A. Pazzini, Agostino Bassi nel primo centenario della morte, MCMLVI, Roma 1956.
D. Spallone, C. Rubbini, Le opere di Agostino Bassi, Roma 1956.
Documenti Bassiani, a cura di L. Belloni, Milano 1956.
G.P. Arcieri, Il posto di Agostino Bassi nella storia del pensiero medico, Torino 1959.
E. Djalma Vitali, Bassi Agostino, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 7° vol., Roma 1970, ad vocem.
L. Belloni, Per la storia della medicina, Bologna 19903, in partic. I secoli italiani della dottrina del contagio vivo, pp. 111-26.
G. Fumi, Fonti per la storia dell’agricoltura italiana (1800-1849). Saggio bibliografico, Milano 2003, ad indicem.
K. Kodell Carter, The rise of causal concepts of disease. Case histories, Aldershot 2003, ad indicem.
Il contagio vivo. Agostino Bassi nella storia della bachicoltura, a cura di P. Mazzarello, C. Rovati, catalogo della mostra, Pavia 17 aprile-4 giugno 2009, Milano 2009 (in partic. P. Mazzarello, Infezioni e contagi. Le origini della teoria microbiologica delle malattie, pp. 93-120).