BINDONI, Agostino
Nacque nell'Isola Bella del Lago Maggiore, territorio compreso nel ducato di Milano, per cui sottoscrive indifferentemente: "Agostino Bindoni milanese" e "Agostino Bindoni dell'Isola Bella del Lago Maggiore". Apparteneva a famiglia di tipografi e librai in cui si possono distinguere tre generazioni: alla prima (i cui membri erano tutti nativi del territorio di Milano) appartengono, in ordine di età, Alessandro, Benedetto, Agostino e Bernardino; alla seconda, già trapiantata a Venezia, Francesco di Alessandro, Candido di Benedetto, Stefano e Marco figli di Agostino, Giovanni Antonio di Bernardino e Gaspare, del quale non si è appurata l'ascendenza; alla terza Gaspare il Giovane e il fratello suo Francesco, operosi a Venezia nel secolo XVII.
Trasferitosi a Venezia come i fratelli, il B. ebbe almeno cinque figli; di essi Marco fu "librarius ad signum Iustitiae de contrata sancti Salvatoris". Questi ebbe a sua volta due figli che non seguirono il commercio paterno. La maggiore delle figlie (di cui si ignora il nome) andò sposa ad Antonio Gardane che fu il fondatore di quella celebre azienda che dominò il mercato delle edizioni musicali. Una seconda figlia (Polissena) sposò Antonio Riseri da Cesena, e la terza figlia Costantino Raverii, altro noto editore musicale in Venezia nei primi anni del sec. XVII. Così, attraverso le figlie del B., la famiglia si imparentò con due famiglie di editori e tipografi facoltosi (specialmente i Gardane), con cui mantenne sempre ottime relazioni.
Quando Alessandro Bindoni aprì la sua bottega a Venezia, il B. doveva essere assai giovane e non in grado di collaborare col fratello maggiore, né dovette - negli anni successivi - avere mai parte di dirigente nella stamperia, né interessenza, sicché visse il fondatore. Quando Alessandro morì - tra la fine del 1522 ed i primi mesi del 1523 - dopo un breve periodo nel quale la ditta fu condotta sotto la ragione "eredi di Alessandro Bindoni", essa passò a Francesco, figlio maggiore di Alessandro. Ma ormai il B. doveva essere divenuto operaio provetto, giacché Benedetto suo fratello - che aveva già diretto l'azienda assieme ad Alessandro - se lo associò. Nel 1523 si ebbero le prime edizioni sottoscritte "Benedetto e Agostino fratelli de Bindoni", come le Vite dei santi Padri volgarizzate, le Facezie di Poggio Fiorentino, le Regole grammaticali della volgar lingua di G. F. Fortunio,Lo specchio della vera penitenza del Cavalca (1524), le Tusculanae di Cicerone (1525). Dopo questo biennio di buona attività, la collaborazione tra i due fratelli cessò: se ne ignorano le cagioni. Sono di questi anni talune edizioni di opuscoli popolareschi che non hanno note di stampa, ma sono certamente uscite da una tipografia Bindoni, come i cantari storici: El fatto d'arme della Giera d'Adda, l'Assedio de Pavia e il cantare di argomento classico La historia di Lucretia romana. Queste edizioni non sono databili con precisione, e potrebbero essere state pubblicate soltanto dal Bindoni, oltre che dalla società dei due fratelli. Non è certamente sua, invece, quella Historia della regina Oliva (cantare tra ascetico e romanzesco), che esiste in esemplare apparentemente unico nella Biblioteca Condé di Chantilly e che il Picot descrive ed assegna al B., mentre è prodotto di Alessandro (4 apr. 1519).
Per la prima volta il solo nome del B. si legge nell'edizione del De latinae Linguae elegantia di L. Valla, datata 1526. Tra il 1528 e il 1538 la sua attività è scarsissima. Nel 1531 stampa un'edizione del Morgante di Luigi Pulci; nel 1533 il Dialogo de le comete e loro effetti nel mondo di A. Forte e, forse, qualche opuscolo popolaresco senza note tipografiche. Nel 1536 stampa col fratello Bernardino la Vita dei santi Padri hystoriata; nel 1537 ristampa il De motibus corporum coelestium di G. B. Amici. Nel 1538 dà una buona edizione dell'Orlando innamorato del Boiardo: è copia dell'edizione Zoppino del 1526. Seguono - tra le altre edizioni - quelle di poemi e romanzi cavallereschi in rima: Orlando furioso dell'Ariosto (1539); Rinaldoardito di F. Tromba (1542); Mandricardo inamorato di M. Bandarini (1542). Nel 1545 ristampa il Decameron e, negli anni seguenti, pubblica La Sofonisba del Trissino (1549); La Circe del Gelli (1550); il Marescalco dell'Aretino (1550); La cingana di G. Giancarli (1550); Commedie dei Rozzi (1550); L'amor costante e L'Alessandro del Piccolomini (1550-1551), non disdegnando neanche di stampare opuscoli per i cantambanchi. Non si conoscono sue edizioni posteriori al 1558.
Il figlio Stefano fu libraio più che tipografo ed editore; ebbe negozio a Venezia e molti affari anche a Padova - ove spesso si recava - ma si ignora se vi possedesse bottega.
Nel 1579 gli occorse una disavventura con il S. Uffizio: l'Esecutivo contro la bestemmia (organo dell'Inquisizione), che sorvegliava anche tutto quello che interessava la stampa e lo smercio di libri, lo accusò di empietà. Fu arrestato con l'accusa di aver fatto copiare i Ragionamentidell'Aretino allo scopo di ristamparli. Istruito processo contro di lui, fu interrogato "nell'uffizio dell'inquisitore, estratto dalla prigione e rispose" che essendo in Padova per suoi affari gli "capitò tra le mani un francese poverazzo qual haveua molti libri e egli li comprò in blocco e tra essi rinvenne un esemplare dei Ragionamenti. L'aveva fatto copiare - ma non interamente - con l'intento non certo di ristamparlo e venderlo, ma solo di farlo leggere agli amici. La condanna fu molto mite: l'inquisitore si contentò di ordinargli "che digioni ogni venerdì a pane ed acqua, et ogni giorno dichi 7 salmi penitentiali per un anno et ogni sabato la novena in zenochioni davanti la s. Vergine". Il S. Uffizio evidentemente lo sorvegliava, e nel 1580 lo colse ancora in fallo: in una ispezione gli furono trovati in negozio taluni libri importati da fuori "lo Stato di Venezia" e proibiti. Come gli andasse questa volta non si sa, ma è probabile che la disavventura non dovesse costargli più che una multa, come accadde più volte ad altri librai in quel torno di tempo.
Non ebbe un'attività tipografica continuativa ed è probabile che abbia finito, in età matura, per dedicarsi al solo commercio.
Fonti e Bibl.: P. Delalain,Inventaire des marques d'imprimeurs et de libraires, Paris 1892, p. 260; E. Motta,Uno stampatore del Lago Maggiore a Venezia, in Boll. stor. della Svizzera italiana, XIV(1892), p. 199; P. Kristeller,Die Italien. Buchdrucker- und Verlegerzeichen, Strassburg 1893, p. 72, n. 194; E. Picot,La raccolta di poemetti italiani della biblioteca di Chantilly, Pisa 1894, p. 8; E. Pastorello,Tipografi,editori,librai a Venezia nel sec. XVI, Firenze 1924, pp. 9, 13; Id., Bibliogr. storico-anal. dell'arte della stampa in Venezia, Venezia 1933, n. 838; F. Ascarelli,La tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1953, p. 176. Su Stefano, cfr. Arch. Stato di Venezia,Notarile,Testamenti Not. Padavin, busta 1224, n. 128; Ibid.,Not. Paolo Lion, n. 582, c. 82; Ibid.,Not. Zuane Figolin, I, c. 181; Ibid.,Santo Uffizio,Libri proibiti, 1547/1730, busta 46; Ibid.,Esecutivo contro la bestemmia, busta 56, c. 159; C. Sartori,Una dinastia di editori musicali, in La Bibliofilia, LVIII(1956), pp. 177 ss.; G. Pesenti,Libri censurati a Venezia,nei secoli XV e XVI,ibid., pp. 17 ss.