BONFRANCESCHI, Agostino (Augustinus de Ariminio)
Nacque probabilmente a Ferrara intorno al 1437 dal giurista Ugolino.
Il predicato "da Rimini", con cui è spesso indicato, sembra derivargli dal padre che in quella città dovette nascere e lì era vicario alle gabelle quando nel 1437si trasferì a Ferrara alla corte di Niccolò III d'Este per divenire membro del consiglio del marchese e poi giudice criminale e riformatore dello Studio cittadino. Di Ugolino si ricorda anche la sua nomina da parte di Borso d'Este quale commissario ferrarese, insieme con Angelo Gambiglioni d'Arezzo, nel 1452per la vertenza con la Repubblica veneziana circa la definizione dei confini con il territorio ravennate.
All'università di Ferrara il B. studiò diritto civile e nell'anno 1457-58, prima di addottorarsi, ebbe l'incarico di leggere diritto civile nei giorni festivi. Il 29 genn. 1459 si addottorava e l'anno dopo si recò a Roma ove ottenne la carica di avvocato concistoriale. A lui si rivolse allora Sigismondo Malatesta, in lotta con Pio II per la questione del Regno di Napoli, per la stesura della difesa del proprio operato da presentare al pontefice.
Rientrato a Ferrara nel 1461, nello stesso anno riprese a insegnare diritto civile all'università. Nel 1462 è ricordato da un atto del 19 dicembre in cui risulta pagare un debito acceso dal padre; l'anno seguente, il 16 febbraio, un altro documento privato ci attesta il suo adempimento di un contratto di acquisto di libri.
Nel 1466 ha inizio la sua attività pubblica. Nel febbraio il duca Borso lo inviò a Bologna presso Giovanni Bentivoglio e, nell'aprile dello stesso anno, a Roma con l'incarico di difendere il signore di Rimini presso il pontefice; nel settembre ritornò a Bologna.
Per attestare al B. la riconoscenza per l'attività diplomatica svolta, Borso chiese all'imperatore Federico III, sceso in Italia nel dicembre 1468, di concedere al B. il titolo di cavaliere aurato e di conte palatino. Federico III accoglieva la richiesta ed emanava il relativo privilegio il 30 genn. 1469. In quello stesso anno il B. riceveva un nuovo incarico. Nell'aprile era inviato a Roma, ufficialmente per la causa relativa all'abbazia di Pomposa, in realtà per aiutare l'ambasciatore stabile estense Giacomo Trotti a concludere un trattato di alleanza con il papa e Venezia in funzione antimedicea e antisforzesca. Infastidito dalla politica della Curia, scriveva il 13 aprile a Borso per esser tolto "presto da questo inferno de questi pretti". Il duca lo richiamava a Ferrara alla fine del mese, ma lo inviava di nuovo a Roma il 25 agosto. Dopo questa missione il B. rimase qualche tempo a Ferrara, donde si mosse il 20 marzo 1471 inviato da Borso a Milano presso Galeazzo Maria Sforza.
Nell'agosto del 1471 Borso moriva e gli succedeva il fratello Ercole, prevalendo sul nipote Niccolò, figlio dell'altro fratello Lionello. Ma Niccolò non si dava per vinto e capeggiava l'opposizione contro Ercole. Questi, nello stesso anno, nominò il B. suo consigliere segreto, affidandogli l'amministrazione della giustizia: in tale veste il B. si impegnò per stroncare l'opposizione al duca. Già il 25 giugno 1472 Francesco Strozzi veniva arrestato con l'imputazione di lesa maestà, perché probabilmente legato alla fazione di Niccolò. Incarcerato allora in Castel Vecchio "have de molta corda per opera di messer Augustino de Ariminia" (Diario ferrarese dall'a. 1409, p. 81). Ma il momento in cui mostrò tutta la sua durezza verso i ribelli fu quando (1476) Niccolò stesso tentò di impadronirsi del potere occupando Ferrara. Sconfitto e fatto prigioniero, fu sottoposto insieme con i suoi fedeli a un processo i cui atti vennero istruiti dal Bonfranceschi. Il giudizio si concluse con la condanna a morte di Niccolò e dei suoi principali collaboratori: e i cronisti sono concordi nell'attribuire al B. la responsabilità della condanna. Il duca Ercole era infatti molto dubbioso sulla opportunità della pena e cedette dopo qualche tempo alle pressanti argomentazioni del B., che era deciso a stroncare le opposizioni alle radici (a lui è attribuita la frase "mortuum hontinem non pugnare"). Ma Ercole non volle seguire il parere del suo consigliere quando questi gli propose di condannare tutti i partigiani di Niccolò, non passibili di pena capitale, al cavamento di un occhio e al taglio della mano. Commutò la pena in quella dell'esilio, accattivandosi così molte simpatie.
Nella sua azione repressiva il B. condannò a morte anche un prete, Giovanni Antonio da Legnano, senza curarsi di chiedere la preventiva autorizzazione ecclesiastica. Ciò gli attirò le ire di Sisto IV che gli comminò la scomunica.
La durezza usata nel processo contro Niccolò rese inviso il B. a buona parte dei suoi concittadini. Non gli dovette alienare invece i favori del duca, il quale in precedenza gli aveva elargito donativi in beni inunobili e nel 1475 aveva perdonato il fratello del B., Girolamo, che, in qualità di tesoriere ducale, aveva compiuto enormi ruberie.
Il B. morì a Ferrara l'11 apr. 1479.
L'unica opera giuridica del B. sembra essere costituita dalle addizioni da lui compiute al Tractatus de maleficiis (o maleficiorum)di Angelo Gambiglioni da Arezzo. Le addizioni del B. compaiono in quasi tutte le edizioni a stampa del Tractatus a partire da quella ferrarese del 1477 e "sono come un altro trattato che completa e a volte corregge l'Aretino" (Fiorelli, I, p. 160 n. 147).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Camera Ducale, serie Memorali,Conto Generale,Registri dei mandati,Minuteria cronologica;Ibid., Archivio segreto estense, serie Ambasciatori, busta I; Diario ferrarese dall'anno 1409sino al1502, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XXIV, 7, vol. 1, a cura di G. Pardi, pp. 55, 81; P. Zambotti Diario ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, ibid., vol. 2, a cura di G. Pardi, pp. 8, 19, 20, 25, 27, 32, 62; U. Caleffini, Diario ferrarese, a cura di G. Pardi, Ferrara 1938, 1, pp. 13, 18, 70, 101, 127, 226, 284; M. A. Guarini, Compendio historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, p. 258; C. Cartari, Advocatorum sacri consistorii syllabum, Roma 1656, p. 41; F. Borsetti, Historia Almi Ferrarie Gymnasii, Ferrara 1735, I, pp. 85, 93; II, pp. 54, 55; L. A. Muratori, Delle antichità estensi, Modena 1740, pp. 234 s.; G. M. Mazzuchelli, GliScrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1626; A. Battaglini, Della corte letteraria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, in Basini Parmensis Opera praestantiora, Arimini 1794, II, 1, pp. 184-86;L. Ughi, Diz. storico degli uomini illustri ferraresi, Ferrara 1804, I, p. 79;L. Tonini, Storia di Rimini, V, Rimini 1882, pp. 184, 541-44;L. von Pastor, Storia dei papi, Trento 1891, II, p. 372n. 5; A. Bottoni, Cinque secoli dell'Università a Ferrara, Bologna 1892, p. 86;G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo studio in Ferrara nei secc. XV e XVI, Lucca 1901, ad annum; Id., Lo studio diFerrara nei secoli XV e XVI..., Ferrara 1903, pp. 100 s.; Id., Borso d'Este, in Studi storici, XV (1906), pp. 189 s.;XVI (1907), p. 130;F. Pasini Frassoni, Diz. storico-araldico dell'antico ducato di Ferrara, Roma 1914, pp. 84, 471, 674;E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 869, 885;P.Fiorelli, La tortura giudiziaria..., I-II, Milano 1953-1954, ad Indicem.