BUCCI, Agostino
Nacque a Torino l'8 dic. 1531 da Domenico, medico non privo di interessi scientifici che insegnò nell'università di Torino dal 1532 al 1535. Di lui si ricorda l'opera stampata nel 1551 a Venezia a cura del B. Quaesita quattuor medicinalia oltre a uno scritto di pietà, un commento ai Salmi penitenziali che non dovette restare senza influenza sulla religiosità controriformistica del figlio. Il B. studiò medicina come il padre che verso il 1550 lo mandò a Padova alla scuola di G. R. Da Monte. Si addottorò però in patria il 3 ott. 1552 e tre anni dopo fu chiamato al lettorato di logica nella stessa università di Torino. Non poté insegnare a lungo, dato che l'università fu chiusa di lì a poco per intervento dei Francesi che occupavano la città. Devotissimo alla casa Savoia come il padre, il B. non mancò di felicitarsi con Emanuele Filiberto quando la pace di Cateau-Cambrésis gli restituì i suoi Stati occupati dai Francesi. Permanendo ancora Torino sotto l'occupazione francese, il duca lo nominò il 15 genn. 1561 lettore ordinario di logica nel collegio di Mondovì istituito l'anno prima, con uno stipendio di "150 scudi di otto fiorini" l'anno. Da Mondovì rientrò a Torino nel 1566 con il ritorno della città al dominio sabaudo. Pochi mesi dopo, il 28 genn. 1567, passò alla cattedra di filosofia.
Alla carriera accademica il B. accompagnò quella non meno proficua e prestigiosa del cortigiano: nel 1559 egli dedicò al duca una orazione sulla guerra contro i Turchi con alcune stanze sul matrimonio di Emanuele Filiberto con Margherita di Francia e fu l'inizio di una lunga attività di oratore ufficiale della corte sabauda, priva in verità di serio contenuto politico. Furono infatti sempre orazioni di circostanza composte in ossequio al cerimoniale delle corti che imponeva di solennizzare determinate occorrenze con orazioni di omaggio affidate generalmente a professionisti della retorica controriformistica. Nel 1566 fu mandato con questa incombenza alla corte di Pio V, nel 1572 ancora a Roma con l'ambasciata di ubbidienza al nuovo pontefice Gregorio XIII. Nel 1574 fu di nuovo oratore ducale per il passaggio del re di Francia Enrico III. Nel 1577 fu incaricato di commemorare la morte dell'imperatore Massimiliano II e nel 1579 quella del re Sebastiano di Portogallo.
La morte di Emanuele Filiberto sopraggiunta nel 1580 non interruppe la sua carriera di oratore di corte: nel 1584 il nuovo duca Carlo Emanuele I gli commissionò un'orazione in morte di Francesco di Valois duca d'Alençon e due anni dopo, nel 1586, lo mandò a Roma a recitare un'altra orazione alla presenza del papa Sisto V. Nel 1592 fu di nuovo a Roma alla corte di Clemente VIII. Tutte queste orazioni in onore di tanti papi gli valsero il conferimento della cittadinanza romana. Oltre a queste il B. recitò altre orazioni: nel 1563 per l'ingresso in Torino dell'arcivescovo Girolamo Della Rovere, nel 1567 per il battesimo del principe di Piemonte, il futuro Carlo Emanuele I, nel 1587 per il battesimo del primogenito di Carlo Emanuele I. Nell'ambito della produzione encomiastica del B. rientra anche il poemetto Amedeide, iniziato nel 1584 per compiacere il duca Carlo Emanuele I e rimasto inedito e interrotto alla stanza CVII (il manoscritto autografo si conserva nella Biblioteca nazionale universitaria di Torino ai segni N-VI-42).
La produzione propriamente scientifica del B. non è così abbondante come quella celebrativa. Di vera e propria medicina in effetti il B. si occupò assai poco e non andò oltre le consuete raccomandazioni sui migliori accorgimenti per evitare il contagio della peste, a meno di non volere attribuire importanza a un opuscolo in latino sul valore nutritivo del vino. La sua sapienza medica egli volle mettere invece a profitto assai inopportunamente in sede di filosofia o più precisamente di filosofia politica ove lo spingeva la prepotente inclinazione del cortigiano. In vari scritti latini dissertò infatti a lungo sulla teoria organicistica dello Stato, riesumando una vecchia irrecuperabile cultura sulla linea del facile parallelismo tra il corpo e lo Stato che tanta fortuna ebbe in clima di trionfante Controriforma. All'impostazione dottrinaria del vecchio corporativismo medievale il B. aggiunse in effetti solo la lustra di una sapienza medica pseudoscientifica in tutto degna del vacuo aristotelismo della tradizione scolastica. Altrettanto prive di originalità sono le sue elucubrazioni sul principe che ripropongono sciattamente la precettistica controriformistica più accreditata sulla subordinazione della politica alla morale cattolica e i doveri che ne derivano.
Nessun interesse scientifico riveste in conseguenza la polemica che nel 1572l'oppose all'altro medico piemontese Antonio Berga sull'interpretazione di alcuni passi di Aristotele. Né maggiore importanza rivestono i rapporti intrattenuti con i dotti del tempo come Antonio Montecatino. A modificare tale giudizio non vale la stima professatagli dal Tasso, che lo conobbe a Roma nel 1573, lo frequentò a Torino nel 1579e lo introdusse come interlocutore, "fornito di quella scienza che aver si può", dei suoi dialoghi Il Forno o vero la nobiltà,De la dignità e Della precedenza. In essi il B. fa aperta professione di filosofia, ma non disdegna di esibire anche la sua più vera vocazione di cortigiano. Ad essa ci rimandano con inequivocabile eloquenza alcune lettere indirizzate dal B. al duca Carlo Emanuele nel 1589, l'anno dell'infausta guerra contro Ginevra, nelle quali dichiarava di attendere a temprar la penna "che si studiarà di dar vita et immortalità alla gloria delle sue armi". A sostegno della stolida politica sabauda il B. non risparmiò in effetti la penna, con risultati, a sentir lui, capaci di giovare "più che un grande soccorso di soldati". Una sua orazione "scritta a prencipi cavaglieri capitani et soldati catolici circa l'impresa sua di Genneva" piacque molto al nunzio pontificio che ne voleva mandare copia al papa. Il suo zelo, come soleva avvenire in personaggi della sua fatta, scavalcava il compito puramente esortatorio del cortigiano e non arretrava davanti all'incombenza assai meno decorosa dell'informatore, se non proprio della spia. Ma senza quella bravura di consumato retore che gli faceva impiantare la sua "essortazione" sull'impresa di Ginevra "sopra la causa publica del cristianesimo in modo tale, che fo passar questo negozio per cosa pubblica, et sopra questo fondo l'essageratione, il che è principalissimo in questo negotio".
Nello stesso 1589 il B. si recò a Venezia per badare alla stampa di certe sue opere, e da lì scrisse al duca per chiedere la giubilazione dalla cattedra. L'ottenne però solo tre anni dopo con lettera patente del 25 ott. 1592 insieme con il titolo di conte palatino e cavaliere. Ma non lasciò l'insegnamento, visto che nello stesso 1592 accettò la cattedra di filosofia offertagli dall'università di Pavia. Recitò la prolusione al corso ai primi di dicembre del 1592, ma dovette morire di lì a poco, perché in un ordine di pagamento del 26 ag. 1593 era dato già per morto.
Il B. sposò una Provana dalla quale ebbe quattro figli: un maschio e tre femmine. Il figlio Domenico Filiberto fu introdotto ancor giovanissimo dal padre alla corte sabauda: nel 1587fece il suo apprendistato di cortigiano descrivendo le feste che solennizzarono il battesimo del principe Filippo Emanuele al quale era stato destinato come segretario. Lo seguirà alla corte spagnola dove morì nel 1605.Due fratelli del B., Filippo e Giovanni Battista, si illustrarono al servizio sabaudo: il primo, Filippo, come professore di istituzioni di diritto civile all'università di Torino, il secondo in qualità di consigliere e maestro uditore della Camera dei conti. Entrambi ebbero qualche parte nella politica sabauda contro Ginevra, dettero cioè il solito contributo di informazioni.
Opere: Due lettere,nel una delle quali si disputa qual sia maggior amore,o quello del padre verso il figlio,o quello del amante verso la donna amata,nell'altra si lauda il matrimonio, Torino 1555; Reggimento preservativo degli huomini,luoghi e città dall'influsso della peste, ibid. 1554; Oratione dellapace et della guerra contra Turchi a prencipi christiani, s.l.né d. (ma 1558); Oratione recitata a nome della città di Turino nella intrata del rev. etill. monsignor Hieronimo Della Rovere arcivescovo di detta città, Torino 1563; Ad Pium V pont. max. oratio pro Em. Philiberto Sabaudiae duce Romae in publico concistorio habita, Romae 1566; Il battesimo del serenissimo principe di Piemonte,fatto nella città di Torino, Torino 1567; Ad Gregorium XIII Pont. Max. oratio pro Em. Philiberto seren. Sabaudiae duce in publico concistorio habita, Romae 1572; Naturales disputationes sex,non parvam ad obscurissimos Arisotelis de Anima libros lucem afferentes, Taurini 1572; Oratione per la entrata di Henrico III christianissimo re di Francia et di Polonia in Turino, Milano 1574; Discorso a S. A. della costituzione dell'anno presente 1577 nel quale si dimostra non essere quest'anno pericolo di contagione per corruttione di aere, Torino 1577; Oratio in funere Maximiliani II imperatoris, Taurini 1577; In Sebastiani sereniss. Portugalliae regis funere oratio, Augustae Taurinorum 1579; De primis legum causis,an iuris disciplina possit absoluta methodo comprehendi compendiaria disputatio, Taurini 1582; De sede animae cogitantis,sive de partium corporis principatu nobilissima disputatio, ibid. 1582; Oratio in funere Francisci Valesii Alenconii ducis habita Camberii anno 1584, Lugduni 1584; Modo di conoscere et distinguere gli influssi pestilenti et difendere da quelli con buoni ordini politici le persone città et luoghi: con la scelta di alcuni rimedii approvatissimi,facili et di poco costo,tanto preservativi quanto curativi, Torino 1585; Ad Sixtum V Pont. Max. oratio, Romae 1586; Breve trattato della Santissima Sindone detta volgarmente S. Sudario pretiosissima reliquia della casa serenissima di Savoia, Torino 1587; Veteris opinionis de vini nutritione defensio cui accedit appendix,qua Plinii locus de commodis et noxis,quae vini potum consequuntur,male a nonnullis aemendatus,explicatur, Augustae Taurinorum 1591; In universam Aristotelis philosophiam praefatio, Ticini 1592.Nel codice N VI 42 della Biblioteca nazionale universitaria di Torino si conserva insieme con il poema Amedeide anche il manoscritto del Memoriale del prencipe, l'opera politica più importante del B., pubblicata di recente da M. L. Doglio, Un trattato inedito sul Principe di A. B., in Il pensiero politico, I (1968), pp. 209-224.Un gruppo di lettere indirizzate al duca di Savoia si conservano nell'Archivio di Stato di Torino, Lettere di particolari, B. n. 127.
Bibl.:Le fonti relative alla biografia del B. e le sue opere sono esaminati e discussinel volumetto di P. A. Arcari, A. B. medico-politico alla corte dei Savoia (Attraverso i suoi scritti politici editi ed inediti), Roma 1942.