CASAROLI, Agostino
Nacque a Castel San Giovanni in provincia di Piacenza il 24 novembre 1914. Il padre, Emilio, era sarto e la madre, Giuditta Pallaroni, casalinga.
Le condizioni economiche della famiglia peggiorarono negli anni della seconda guerra mondiale, quando il figlio primogenito, Luigi, restò disperso sul fronte russo, lasciando la giovane moglie con una bambina in tenera età.
Due fratelli della madre erano sacerdoti: mons.Teodoro Pallaroni fu vescovo di Sarsina dal 1931 al 1944 e mons. Agostino Pallaroni fu per molti anni rettore del seminario diocesano di Piacenza. Entrambi influirono sulla precoce vocazione di Casaroli al sacerdozio.
Entrò nel seminario minore di Bedonia, sull’Appennino parmense, il cui rettore era lo zio Teodoro, con un anno d’anticipo, quando ancora frequentava la V elementare, permanendovi per tutte le cinque classi del ginnasio.
Nell’ottobre 1929 fu ammesso al collegio Alberoni di San Lazzaro, dopo aver superato il rigoroso concorso bandito dalla curia vescovile di Piacenza. Nella Relazione privata sui concorrenti all’ammissione al Collegio Alberoni si legge: «Casaroli Agostino – V Ginnasio. Ha buon ingegno e buona volontà per gli studi. Nella pietà e disciplina fa bene. Di carattere aperto e allegro, docile e pronto. Presenta buoni segni di vocazione. Condizioni di famiglia povere» (Archivio di Stato di Parma, Fondo Casaroli, Biografia).
Casaroli vi seguì, fino al 1932, il corso di filosofia, corrispondente al liceo classico, e dal 1932 al 1936, quello di teologia e morale, ottenendo sempre risultati eccellenti. Il suo percorso di studi fu caratterizzato da un costante impegno per l’apprendimento delle lingue e passione per la musica. Negli anni acquisì la padronanza del francese, dello spagnolo, del portoghese, del tedesco e dell’inglese e fece tentativi anche per apprendere il russo e il cinese.
Sul piano umano e religioso, la personalità di Casaroli fu fortemente segnata dalla peculiare proposta formativa del collegio, ispirata al carisma di s. Vincenzo de’ Paoli e della Congregazione della Missione, che esortava a un profondo impegno nell’ambito delle attività caritatevoli. In un’omelia su s. Vincenzo, pronunciata proprio in collegio, il 27 settembre 1968, Casaroli ricordò i «tanti anni della sua gioventù passati nell’atmosfera creata dal suo ricordo, dal suo esempio, dalla sua eredità spirituale» (Archivio Seminario di Bedonia, Fondo Casaroli, Omelie).
Nel 1936, ancora suddiacono, fruendo di una borsa di studio dell’opera Pia Alberoni, s’iscrisse al Pontificium institutum utriusque iuris eretto da Pio XI presso la Pontificia Università Lateranense, per seguire il corso di diritto canonico nell’ateneo. Prima di lui la stessa borsa di studio era stata assegnata ai futuri cardinali Silvio Oddi e Opilio Rossi.
Fu ordinato sacerdote il 27 maggio 1937, festa del Corpus Domini, nella chiesa parrocchiale di Castel San Giovanni, dove era stato anche battezzato e cresimato.
Nello stesso anno, nel mese di gennaio, era stato ammesso, come studente interno, alla Pontificia Accademia ecclesiastica. La classe del 1937 fu particolarmente numerosa: ben sedici iscritti, prevalentemente italiani. Cinque fra loro sarebbero diventerti cardinali: oltre a Casaroli, Corradino Bafile, Sebastiano Baggio, Luigi Raimondi e Jacques-Paul Martin.
L’antica Accademia dei Nobili ecclesiastici nel primo Novecento era stata riformata da Benedetto XV che vi aveva studiato e, in seguito, insegnato stile diplomatico. La nuova denominazione le era stata data, invece, da Pio XI, il quale aveva anche stabilito che il segretario di Stato pro tempore ne fosse il protettore. In essa si formano sacerdoti e religiosi destinati a far parte del servizio diplomatico della S. Sede, presso le nunziature apostoliche o la segreteria di Stato.
Nel 1940, avendo conseguito l’anno precedente la laurea in diritto canonico, Casaroli discusse l’esame finale dell’Accademia diplomatica in segreteria di Stato, dove, lo stesso anno, fu chiamato a lavorare in qualità di archivista della Sacra congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, che aveva competenza sulla politica internazionale della S. Sede.
Contravvenendo al suo abituale riserbo, in occasione del suo settantesimo compleanno, riferendosi a questo periodo affermò: «Le svolte decisive della mia vita non sono mai state determinate da una scelta della mia volontà. Giunto a Roma con l’illusione di dedicarmi all’approfondimento della filosofia, sono prontamente e quasi senza rendermene conto approdato ai lidi della diplomazia. Destinato, come gli altri colleghi della Pontificia Accademia ecclesiastica a viaggiare per il mondo, al servizio delle diverse rappresentanze pontificie, una certa fragilità di salute mi fece destinare ad altro servizio presso la segreteria di Stato, senza che questo mi abbia impedito, in seguito, di viaggiare anche più del previsto» (Nella chiesa per il mondo. Omelie e discorsi, Roma 1987, p. 493).
Il vertice della segreteria di Stato, dopo la morte di Pio XI e l’ascesa al soglio pontifico di Eugenio Pacelli, era composto dal card. Luigi Maglione, segretario di Stato, da mons. Domenico Tardini, segretario agli Affari ecclesiastici straordinari, e da mons. Giovanni Battista Montini, sostituto della segreteria di Stato agli Affari ordinari.
L’apparato negli anni della seconda guerra mondiale ebbe un notevole sviluppo. Agli Affari ecclesiastici straordinari, per esempio, nel 1945 lavoravano tre minutanti, dieci consiglieri e tre archivisti, preposti alla gestione di un indispensabile archivio di lavoro, con sempre aggiornate 'posizioni'.
Un ulteriore importante passaggio nella formazione di Casaroli fu, nel 1946, la frequenza del corso di perfezionamento negli studi internazionali organizzato a Roma dalla Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI), appena al secondo anno di vita: fondata nell’ottobre 1944, con un forte sostegno del governo italiano e il patrocinio del ministero degli Esteri, la SIOI si proponeva – come recitava l’art. 1 dello statuto – di «promuovere lo sviluppo di uno spirito internazionale che superando nella visione degli interessi generali il particolarismo ispirato dall’assoluta sovranità degli Stati, faciliti l’instaurazione di un giusto e pacifico assetto della comunità internazionale».
Per quanto concerne il ministero sacerdotale, in quegli anni Casaroli fu impegnato sia nell’animazione culturale e religiosa, assieme ad altri giovani sacerdoti dell’accademia come Salvatore Pappalardo, Giovanni Benelli, Corradino Bafile, di un gruppo d’insegnanti romani, sia, con duraturo e crescente coinvolgimento personale, nell’assistenza religiosa e sociale dei detenuti del carcere minorile del S. Michele, dove festeggiò, il 25 maggio 1947, il decimo anniversario della prima messa.
Nel 1950 divenne minutante, sempre nella prima sezione degli Affari ecclesiastici straordinari. La sua esclusione, nel 1940, dal servizio diplomatico, a ragione della sua «gracile costituzione» finì per rivelarsi «un vantaggio e una trama provvidenziale», come confessò in un’intervista a Il Messaggero del 14 agosto 1988, in quanto gli permise di diventare partecipe e, in seguito, protagonista, dall’interno e dal vertice della segreteria di Stato, della politica internazionale della S. Sede. Acquisì pienamente, nel tempo, il ruolo che The Sunday Times Magazine in un articolo del 1° ottobre 1967 a lui dedicato, How the Vatican works, definì di «civil servant» della Chiesa universale.
Per tutto il decennio in segreteria di Stato si occupò specificamente dell’America Latina, in stretta collaborazione con mons. Antonio Samorè, già nunzio in Colombia e dal 1953 nuovo segretario agli Affari ecclesiastici straordinari fino al 1967. Nel 1955, accompagnò Samorè e il card. Adeodato Giovanni Piazza, segretario della Sacra congregazione concistoriale, in Brasile, quando a Rio de Janeiro, dal 25 luglio al 4 agosto, si riunì la prima Conferenza generale dell’episcopato latino americano, che portò alla costituzione del Consejo episcopal latinoamericano (Celam).
Come confermano i saggi pubblicati nel volume L’America Latina fra Pio XII e Paolo VI. Il card. Casaroli e le politiche vaticane in una Chiesa che cambia (a cura di A. Melloni - S. Scatena, Bologna 2006) Casaroli, a partire dal rinnovato interesse di Pio XII per il grande universo cattolico latino-americano, connotato da endemica penuria di clero, seguì con grande attenzione il cammino di una Chiesa che tra il concilio e la conferenza di Medellín avrebbe visto mutare significativamente il proprio volto, divenendo un soggetto innovatore e protagonista. Attenzione partecipe rimata immutata, come ha scritto il card. Achille Silvestrini, «anche quando, dal 1963, i nuovi incarichi e le nuove responsabilità in segreteria di Stato lo porteranno a spostare verso le chiese dell’Est il baricentro e l’attività diplomatica» (ibid., p. IX).
Nel marzo 1961 Casaroli ebbe da Giovanni XXIII la nomina a sottosegretario degli Affari ecclesiastici straordinari, al cui vertice era mons. Giovanni Battista Scapinelli di Léguigno, mentre segretario di Stato era il card. Domenico Tardini, sostituito alcuni mesi dopo dal card. Amleto Giovanni Cicognani.
Si aprì per Casaroli, negli ultimi anni del pontificato di Giovanni XXIII e per l’intero pontificato di Paolo VI, una nuova intensa stagione d’impegno e di responsabilità nell’ideazione e nella conduzione della politica internazionale della S. Sede, che si caratterizzò per la crescente interlocuzione con le organizzazioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, e la coraggiosa apertura nei confronti degli Stati dell’Est europeo, comunemente denominata 'Ostpolitik vaticana, volta al fine di riaprire spazi di libertà religiosa per i loro cittadini e di presenza organizzata per le istituzioni ecclesiastiche'.
L'impegno portò Casaroli a frequenti missioni all’estero, tali da costringerlo a lasciare l’insegnamento di stile diplomatico nella Pontificia Accademia diplomatica che teneva dal 1958.
Nel 1961, nel mese di marzo-aprile, guidò la delegazione vaticana alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle relazioni diplomatiche che si svolse a Vienna e si concluse con una convenzione firmata anche dalla S. Sede, nel cui preambolo si dichiarava che i privilegi e le immunità diplomatiche contribuivano a favorire le relazioni amichevoli tra i paesi, quale che fosse la diversità dei loro ordinamenti costituzionali e sociali.
Due anni dopo, nel marzo 1963, di nuovo a Vienna, partecipò alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle relazioni consolari, firmando per conto della S. Sede la relativa convenzione. A suo parere, le delegazioni apostoliche in rappresentanza della S. Sede, in assenza e/o in preparazione di relazioni diplomatiche piene, sarebbero potute essere assimilate alle rappresentanze consolari.
In Unione Sovietica fin dagli anni Venti e nei paesi dell’Europa centrale e orientale dopo l’instaurarsi dei regimi comunisti, la Chiesa cattolica era sottoposta a variegate forme di discriminazione e repressione, che mortificavano la libertà religiosa e ostacolavano, fino a un vero e proprio impedimento – con la sola eccezione della Polonia – l’esercizio dell’azione sociale e formativa e, ancor più, i rapporti tra la decimata e scompaginata gerarchia e il clero e, soprattutto, con Roma.
Proprio nelle settimane della seconda Conferenza viennese pervenne in Vaticano la richiesta di aiuto per lui e per la sua diocesi dell’arcivescovo di Praga, Josef Beran, dal 1949 perseguitato dal regime comunista: nonostante la sua coraggiosa testimonianza antinazista in Boemia, era stato posto prima agli arresti domiciliari e poi confinato in una località sconosciuta. Giovanni XXIII, dopo aver chiesto suggerimenti e aiuto al card. Franz König, arcivescovo di Vienna, uno dei protagonisti del rinnovamento conciliare e futuro presidente del Segretariato per i non credenti, ordinò a Casaroli di compiere, partendo da Vienna, in assoluta riservatezza, due visite, in Cecoslovacchia e in Ungheria per incontrare il card. József Mindszenty, arcivescovo di Esztergon, anch’egli perseguitato e, dopo la repressione della rivolta del 1956, rifugiato nell’ambasciata degli Stati Uniti a Budapest.
Di là dalle molteplici e controverse interpretazioni di tipo politico, della Ostpolitik vaticana Casaroli non solo ha sempre rivendicato l’autonomia rispetto all’omonima Ostpolitik del cancelliere della Repubblica federale tedesca Willy Brandt, ma, soprattutto, ha individuato il fondamento teologico nella sollecitudo omnium ecclesiarum, che comportava la necessaria e doverosa esigenza di prestare soccorso alle Chiese in sofferenza. L’Ostpolitik di Brandt, prestigioso leader socialdemocratico, per molti anni borgomastro di Berlino Ovest, fu invece realizzata dal 1969 e si fondò sull’accettazione delle frontiere definite nel secondo dopoguerra, compresa quella dell’Oder-Neisse con la Polonia che aveva inglobato ampi territori tedeschi, e sul riconoscimento di tutti gli Stati dell’Est europeo, compresa la Germania democratica, sulla base del principio «una Nazione, due Stati». Anche se Brandt fu aspramente criticato di avere subito, nei fatti, la supremazia sovietica nella regione e, per usare una categoria cara a Henry Kissinger e a Leonid Brežnev, anche il principio e la pratica della «sovranità limitata», indubbiamente l’Ostpolitik tedesca, moltiplicò l’influenza economica e culturale della Germania su tutta l’area orientale e balcanica dell’Europa, aprendola all’influenza occidentale e preparandola alla caduta, per implosione, dei regimi comunisti, rilanciando ed estendendo, in ogni caso, la distensione e il dialogo. Brandt, nel 1971, ottenne per questo un meritato, non controverso, Premio Nobel per la pace.
Nel nuovo clima ecclesiale e politico-internazionale del pontificato giovanneo, nella fase di apertura del concilio Vaticano secondo, si manifestarono alcuni segnali di speranza, segni dei tempi, da interpretare e cogliere: la partecipazione ai lavori del concilio di vescovi provenienti dalla Polonia, dall’Ungheria e dalla Cecoslovacchia e l’invito raccolto da due osservatori ortodossi del Patriarcato di Mosca; gli auguri cordiali inviati da Nikita Chruščëv a Giovanni XXIII, nel novembre 1961, per il suo ottantesimo compleanno; il pronto accoglimento da parte sua, così come da parte di John F. Kennedy, nell’ottobre 1962, dell'esortazione del papa a non far precipitare della crisi dei missili cubani; la liberazione del metropolita greco cattolico, mons. Josyf Slipyj, dalla deportazione in Siberia; l’udienza papale in Vaticano, in occasione della consegna del premio Balzan per la pace, al direttore della Izvestija, Alexei Adzhubej, genero di Chruščëv, e a sua moglie Rada, che trasmisero una lettera del primo ministro sovietico nella quale si elogiavano gli sforzi del papa per il mantenimento della pace.
Il primo risultato del paziente lavoro di Casaroli fu, nel settembre 1964, la firma a Budapest di un parziale agreement tra la S. Sede e l’Ungheria. Nel febbraio 1965 riuscì a ottenere per Beran il permesso di recarsi a Roma per la nomina a cardinale. Il governo di Praga dopo il rilascio dell'arcivescovo, avvenuto il 3 ottobre 1963, impose che non facesse più ritorno in patria, ma accettò la nomina da parte della S. Sede di un amministratore sede plena di quell’arcidiocesi nella persona di mons. Frantisek Tomašek.
Nel giugno 1966 Casaroli firmò a Belgrado un protocollo tra la S. Sede e la Repubblica federale iugoslava che comportava la ripresa, tramite lo scambio d’inviati, dei rapporti interrotti nel 1952.
Continuò intanto a coinvolgerlo l’universo ecclesiale e religioso dell’America Latina che nel decennio precedente era stato l’oggetto principale del suo impegno. Nell’agosto 1961, a nome della commissione per l’America Latina fu inviato al secondo congresso nazionale dei religiosi degli Stati Uniti, che si svolse nella prestigiosa Notre Dame University, in Indiana; in un’ampia relazione introduttiva sostenne con forza la necessità che la Chiesa universale varasse una sorta di Piano Marshall per superare le debolezze strutturali del cattolicesimo latino-americano.
Un’altra sua importante missione diplomatica fu quella compiuta a Tunisi nel 1964 per lo scambio degli strumenti di ratifica del modus vivendi stipulato tra la S. Sede e la Tunisia sulla presenza della Chiesa cattolica nel paese.
Il 4 luglio 1967 Casaroli fu nominato segretario della congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari. Il 16 luglio nella basilica di S. Pietro fu ordinato vescovo da Paolo VI. Contemporaneamente divenne anche presidente della Pontificia Commissione per la Russia e membro di quelle per l’America Latina, per la Pastorale delle migrazioni e del turismo, per la Revisione del diritto canonico. Come consultore entrò a far parte anche delle congregazioni per la Dottrina della fede e per i Vescovi, che l’anno successivo, nel 1968, assunse la nuova denominazione di consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa.
Nel giugno 1967 era stato nominato sostituto agli Affari ordinari mons. Giovanni Benelli, mentre segretario di Stato restò Cicognani fino al 1969, quando gli subentrò il card. Jean Villot. Queste nomine si collocavano nel contesto della riforma della Curia romana decisa da Paolo VI in attuazione della costituzione apostolica Regimini Ecclesiae Universae del 15 agosto 1967. Nella segreteria di Stato fu soppressa la cancelleria dei Brevi apostolici, già terza sezione, mentre l’antica prima sezione, la Sacra congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, fu trasformata in un organismo distinto dalla segreteria di Stato, anche se a essa strettamente legato, che assunse il nome di consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa. Alla segreteria di Stato fu attribuita, come organo più vicino al papa, una preminenza assoluta nella Curia romana, con il compito di aiutare il papa nelle sue relazioni con altri dicasteri della Curia. Al cardinale segretario di Stato spettò anche il compito di convocare e presiedere le riunioni periodiche dei capi dicasteri per il coordinamento delle loro attività.
Il decennio successivo del pontificato di Paolo VI, sull'abbrivio delle aperture e delle intuizioni di Giovanni XXIII e grazie anche al personale impegno di Casaroli e alle sue grandi capacità di negoziazione, costituì per la S. Sede una stagione di straordinaria attività politico-diplomatica che vide dipanarsi, con la prosecuzione dell’Ostpolitik, l’inedito, difficile, complesso e anche contrastato, fuori e dentro la Chiesa cattolica, confronto con gli Stati comunisti.
Casaroli fu «attivo, instancabile, paziente, franco, eppure fermo nell’affermazione dei principi e del buon diritto della Chiesa e dei credenti che disponga a intese oneste e leali, conciliabili con questi principi», come riferì Paolo VI al collegio dei cardinali il 21 giugno 1976 per gli auguri onomastici (http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/speeches/1976). Casaroli stesso precisò, in un intervento al Council on foreign relations a New York, il 24 ottobre 1973, che il dialogo era «sulle cose», per trovare «mezzi pratici» che assicurassero alla Chiesa e alla vita religiosa «uno spazio vitale, sufficiente, se non soddisfacente, tra le strutture rigide e strette di uno Stato a regime comunista» (Nella chiesa per il mondo. Omelie e discorsi, cit., pp. 310 s.).
Nonostante l'Ostpolitik di Casaroli sia stata talvolta presentata come una realpolitik, suo scopo precipuo fu il ripristino per la Chiesa di condizioni di libertà necessarie allo svolgimento della vita religiosa in tutte le sue dimensioni. Senza questa premessa non si poteva giungere a una normalizzazione dei rapporti tra la S. Sede e gli Stati socialisti. Accettare, infatti, come spesso si prospettava da parte loro e come giustamente paventava la gerarchia cattolica fedele a Roma, un accordo separato, avrebbe finito per comportare l’esclusione dalle lunghe e complesse trattative di un ineludibile terzo attore, la Chiesa locale. Casaroli fu sempre ben conscio, oltre che per la sua sensibilità di uomo di fede, anche per la sua finezza di diplomatico che la gerarchia e le comunità locali, con la loro determinazione a non cedere neppure alle lusinghe, oltre che alle repressioni, costituivano una preziosa forza di negoziazione.
Nel pontificato di Paolo VI si realizzò anche, dal 1973 al 1975, l’esperienza multilaterale della S. Sede nella Conferenza di Helsinki sulla cooperazione e sulla sicurezza in Europa (CSCE), dove la delegazione della S. Sede, grazie all’abilità e al prestigio di Casaroli e di Silvestrini, con il riconoscimento della libertà religiosa sancito nel 7° principio dell’Atto finale conseguì un’importante formale legittimazione alle richieste della Chiesa nei negoziati bilaterali con i singoli governi. La S. Sede partecipò, fin dalle riunioni preparatorie, come full member alla CSCE, che si concluse nel 1975 con l’Atto finale, in cui sono affermati solennemente, oltre ai principi dell’eguaglianza e della sovranità degli Stati, quelli del non ricorso alla minaccia o all’uso della forza, della composizione pacifica delle controversie, del non intervento degli affari interni, del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo. Su questo specifico, fondamentale principio, la delegazione della S. Sede diede un importante e riconosciuto contributo di elaborazione, innovando in maniera significativa. La libertà religiosa, che concerne la coscienza individuale, ma ha anche un’imprescindibile dimensione sociale, è una cartina di tornasole dell’esistenza delle più generali libertà della persona e della collettività, in quanto la positiva considerazione del fattore religioso va a vantaggio della comprensione e della cooperazione tra i popoli e tra gli Stati.
Nell’autunno 1967 Casaroli compì diversi prolungati viaggi in Polonia per stabilire contatti con l’episcopato, il clero e il laicato cattolico.
Nell'agosto 1970 si recò in visita ufficiale in Iugoslavia, in occasione del ristabilimento dei rapporti diplomatici tra la S. Sede, incontrando il maresciallo Tito, presidente della Repubblica federale, il ministro degli Esteri, esponenti dei governi delle repubbliche federate della Croazia e della Slovenia e il patriarca serbo-ortodosso German.
Nel febbraio-marzo 1971 fu a Mosca per depositare il documento ufficiale di adesione della S. Sede al Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. Incontrò per l’occasione dirigenti del ministero degli Esteri e della commissione Affari religiosi dell’URSS, primi contatti a livello diplomatico ufficiale tra rappresentanti del governo sovietico e della S. Sede in cinquant’anni.
Nel marzo 1973 compì un viaggio in Cecoslovacchia, dove consacrò quattro nuovi vescovi, dopo che per diversi decenni questo era stato impossibile, a seguito della rottura dei rapporti diplomatici. Alla fine di marzo e nei primi giorni di aprile dello stesso anno si recò a Cuba per partecipare all’assemblea della Conferenza episcopale cubana, visitando tutte le diocesi e incontrando anche Fidel Castro e le massime autorità governative, tanto che in quell’occasione si parlò di un’Ostpolitik caraibica. Nel mese di luglio partecipò a Helsinki, in rappresentanza della S. Sede, alla riunione dei ministri degli Esteri per la CSCE.
Un viaggio importante, anche nei suoi risvolti umani, fu quello in Polonia nel febbraio 1974, su invito del ministro degli Affari esteri, durante il quale incontrò a Varsavia le massime autorità dello Stato. Ospite del cardinale primate, Stefan Wyszyński, ebbe colloqui con i rappresentanti dell’episcopato polacco.
L’anno successivo, nel mese di febbraio, compì una seconda breve visita in Cecoslovacchia per incontrare il ministro degli Esteri. Nel mese di giugno si recò per la prima volta nella Repubblica democratica tedesca, incontrando a Berlino Est il presidente del Consiglio e visitando diverse sedi vescovili. Sempre nel 1975, nel mese di luglio-agosto prese parte a Helsinki, come delegato speciale del papa, alla fase conclusiva della CSCE, firmando il citato Atto finale. Nel mese di ottobre nel corso di una visita nella Repubblica federale tedesca, ebbe un incontro con il cancelliere Helmut Schmidt.
Nel gennaio 1978, in occasione della Giornata mondiale della pace, istituita da Paolo VI nel 1968, dopo aver partecipato in una parrocchia cattolica di New York a un incontro ecumenico, si confrontò, a Washington, con il segretario di Stato Cyrus Vance e con la Commissione senatoriale per i diritti dell’uomo. In giugno, in una conferenza presso l’Istituto di studi strategici e internazionali dell’Università di Georgetown (Washington) illustrò l’azione della S. Sede in campo internazionale. Nel mese di giugno, a New York, intervenne all’Assemblea speciale delle Nazioni Unite sul disarmo, leggendo il messaggio inviato da Paolo VI.
Nel brevissimo pontificato di Albino Luciani, che succedette a Paolo VI, morto il 6 agosto 1978, non si ebbe alcun cambiamento all’interno della segreteria di Stato.
Morto Luciani, Karol Józef Wojtyła, all'inizio del suo lungo pontificato (22 ottobre), confermò Casaroli, che aveva avuto modo di conoscere e apprezzare nei diversi viaggi da lui compiuti in Polonia, nella sua carica di segretario del consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa.
Giovanni Paolo II, pur provenendo dalla Chiesa polacca – il cui primate, Wyszyński, diceva di sé, «Vir casaroliensis non sum», quasi a sottolineare l’autonomia e l’autosufficienza della resistenza spirituale nei confronti del regime comunista – ritenne che la Ostpolitik potesse costituire un’altra 'corda al suo arco' e che, inoltre, Casaroli avesse capacità e pluridecennale esperienza nel disciplinare e governare la Curia romana. Indubbia è, inoltre, la consonanza sull’impegno della S. Sede per una più risoluta affermazione dei diritti umani.
Nel marzo 1979 Casaroli si recò in Polonia per predisporre la visita del nuovo papa polacco. Creato cardinale nel concistoro del 30 giugno, il 1° luglio fu nominato segretario di Stato, prefetto del consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa e presidente della Pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano.
Due anni dopo, nel gennaio 1981, dopo aver avuto la nomina a presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (APSA), ebbe dal papa uno speciale mandato a rappresentarlo nel governo civile dello Stato della Città del Vaticano.
Giovanni Paolo II costituì, per quanto concerne la questione dell’Ostpolitik, un’indubbia novità, per la sua stessa storia personale e pastorale di condivisione delle sofferenze di una nazione e di un’intera regione dell’Europa. Nella sua prima enciclica, Redemptor hominis, del 1979, affermò che i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali hanno come fondamento la dignità della persona; la legittimità dei regimi di qualsiasi paese e di qualsiasi sistema politico-sociale si verifica dalla loro codificazione e dalla loro tutela. Il papa venuto dall’Est interpellava e chiamava in causa l’URSS e gli altri Stati comunisti, con i cui governi i negoziati proseguirono senza interruzione e senza ripensamenti.
Nell’elaborazione e nell’azione di Casaroli fu sempre più forte la consapevolezza che la S. Sede dovesse operare nella comunità internazionale come coscienza dell’umanità, interloquendo in forma privilegiata, sui grandi temi della pace, dello sviluppo e dei diritti, con le organizzazione internazionali, a partire dall’ONU e dalle sue agenzie specializzate. Nella rivendicazione forte e costante della libertà religiosa maturò la convinzione che essa non dovesse essere intesa come privilegio della Chiesa, bensì come cartina di tornasole del riconoscimento di tutti i diritti.
Gli incontri e gli interventi di Casaroli spaziavano ormai in tutti i continenti. Nel marzo 1980 in Libano, in occasione dell’ordinazione episcopale del pronunzio mons. Paul Tabet, partecipando ai lavori della Conferenza episcopale assieme al patriarca maronita, Antoine-Pierre Khoraiche, incontrò anche esponenti delle diverse confessioni religiose presenti nel paese ed ebbe colloqui con il presidente della Repubblica, Eliaf Sarkis.
Nel mese di settembre, su invito dell’episcopato, partecipò in Ungheria alle celebrazioni per il millennio della nascita di s. Gerardo. Incontrò per l’occasione, oltre che i responsabili degli affari religiosi del governo, anche il potente segretario comunista János Kádár.
Nel 1981 furono di grande rilievo due viaggi compiuti in rappresentanza di Giovanni Paolo II: in maggio in Polonia, per presiedere i solenni funerali di Wyszyński, e in dicembre in Messico, per la chiusura delle celebrazioni del 450° anniversario dell’apparizione della Madonna di Guadalupe, patrona delle Americhe. Nello stesso anno e nei due successivi incontrò più volte il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, il vicepresidente George Bush e il segretario di Stato George Schultz.
Il 18 febbraio 1984, a seguito di lunghe e delicate trattative nelle quali aveva svolto un ruolo importante Silvestrini, segretario del consiglio degli Affari pubblici della Chiesa dal 1979, Casaroli firmò per conto della S. Sede l’accordo di revisione del concordato con l’Italia.
Nello stesso anno si recò in Argentina, appena uscita dalla lunga dittatura militare, partecipando, come legato del papa, all’VIII congresso eucaristico nazionale e incontrando il presidente Raúl Alfonsín. Il 18 ottobre presiedette alla firma del Tratado de paz y amistad, raggiunto grazie alla mediazione della S. Sede, tra Argentina e Cile, che pose fine alla lunga controversia sul Canale di Beagle. Nel mese di luglio partecipò alle celebrazioni per l’XI centenario della morte dei ss. Cirillo e Metodio, che si svolsero a Ðakovo in Iugoslavia e a Velehrad, in Cecoslovacchia. Incontrò, per l’occasione gli episcopati nazionali e le autorità politiche, tra cui il vicepresidente della Iugoslavia, Sinan Hasani, e il presidente della Repubblica cecoslovacca, Gustáv Husák.
Il 18 ottobre 1985, nel 40° dell’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite, di fronte all’Assemblea generale lesse il messaggio inviato da Giovanni Paolo II.
Sul terreno dell’ecumenismo, di particolare interesse fu, nel giugno 1986, una serie d’incontri con le autorità religiose della Chiesa autocefala ortodossa della Grecia, rigidamente ferma su posizioni di chiusura nei confronti della Chiesa di Roma.
Nel giugno 1988 fu invitato a Mosca per le celebrazioni del millennario della Russia cristiana e incontrò il segretario del PCUS, Michail Gorbacëv.
Nel febbraio 1989 intervenne a Ginevra alla Conferenza sul disarmo e alla Commissione sui diritti umani. Nei mesi di novembre-dicembre incontrò, in occasione della loro visita in Vaticano, prima il presidente degli Stati Uniti George Bush, poi Gorbacëv al quale Giovanni Paolo II dichiarò: «la visita che ella ha voluto rendere al successore di Pietro costituisce un evento importante nella storia dei rapporti dell’Unione Sovietica con la Sede Apostolica e come tale è considerata con profondo interesse dai cattolici del mondo intero, come da tutti gli uomini di buona volontà» (L’Attività della Santa Sede nel 1989, Città del Vaticano [1990], pp. 940-942).
Nel febbraio 1990 Casaroli partecipò in Ungheria alla solenne celebrazione in memoria del card. Mindszenty e firmò nel Parlamento di Budapest l’accordo per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Ungheria e S. Sede.
Nel mese di settembre siglò a New York, per conto della S. Sede, la Carta dell’UNICEF sui diritti dei bambini; nel mese di novembre partecipò a Parigi, unico sopravvissuto dei protagonisti della Conferenza di Helsinki, al summit dei capi di Stato e di governo della CSCE.
Ponendo termine a questo denso calendario d’impegni internazionali, il 1° dicembre 1990 Giovanni Paolo II accettò le dimissioni di Casaroli dalla carica di segretario di Stato per il raggiungimento del 75° anno di età.
Negli anni di servizio attivo Casaroli aveva avuto anche l’onore e l’onere di accompagnare Paolo VI e Giovanni Paolo II in molti dei loro viaggi. In sostituzione del presidente dell’Istituto per le opere di religione mons. Paul Casimir Marcinkus, a seguito del coinvolgimento di questo nello scandalo del Banco ambrosiano, nel 1982 aveva chiesto e ottenuto da Giovanni Paolo II che il delicato compito dell’organizzazione dei viaggi del papa fosse affidato al padre gesuita Roberto Tucci, successivamente nominato cardinale.
Casaroli ricevette un grande numero di lauree honoris causa in Europa, nelle Americhe e in Asia, nell’ambito delle scienze umane, degli studi diplomatici e dei diritti umani. Le lezioni magistrali pronunciate nelle diverse occasioni, per gran parte inedite, sono sempre di grande spessore teorico.
Giovanni Paolo II il 27 maggio 1987, ricorrendo il 50° dell’ordinazione sacerdotale del suo «primo collaboratore», gli indirizzò una lettera di apprezzamento e di gratitudine per l’importantissimo lavoro da lui svolto e «per la ricchezza del suo ingegno, la sua diligenza, la sua abilità in questioni che richiedono singolare prudenza, specie nel campo dei rapporti internazionali» (http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/letters/1987). Nella lettera è importante anche il riconoscimento all'intensa e personalissima dimensione sacerdotale di Casaroli: «Tutti questi gravosi incarichi, tuttavia, non le hanno mai impedito di esercitare anche un molteplice e zelante ministero pastorale, dando costantemente prova di essere cosciente del dovere sacerdotale di dispensare i misteri di Dio (cf. 1 Cor 4, 1). Infatti, oltre a svolgere l’apostolato comune ai presbiteri, da lungo tempo ella ha cura dei giovani, principalmente dei carcerati, allo scopo di richiamarli alla virtù con paterne esortazioni e incoraggiamenti. E questa opera di misericordia è da lei compiuta nel nascondimento, evitando di dar nell’occhio alla gente. Come Assistente Ecclesiastico è stato, inoltre, di grande aiuto all’Unione degli Imprenditori Cattolici, che hanno un ruolo importante nell’odierna società, così assetata di giustizia, per il cui conseguimento è necessario porre in atto la dottrina sociale cattolica. Del resto, in tutta la sua vita sacerdotale risplende quella carità cristiana, che l’ha spinto a portare aiuto e sollievo alle famiglie in condizioni disagiate, ai poveri, ai bisognosi».
Nell’ultima stagione della sua vita, che corrisponde al decennio finale del Novecento, Casaroli, senza più impegni diplomatici e di governo, continuando sempre a conservare la residenza nella Città del Vaticano, proseguì con assiduità l’esercizio del proprio ministero sacerdotale tra i giovani detenuti del carcere minorile di Casal del Marmo di Roma e coltivò il proprio interesse per la musica e la lettura di libri di storia e di letteratura.
Avendo conservato, negli anni, una vasta documentazione, riordinò i propri ricordi per affidarli alla riflessione degli storici e degli uomini di Chiesa, ricostruendo nel volume Il martirio della pazienza. La S. Sede e i paesi comunisti (1963-89) (a cura di C.F. Casula - G.M. Vian, Torino 2000) le travagliate vicende dei rapporti tra la S. Sede e i paesi comunisti dal 1963 al 1989.
Nel gennaio 1995 per un programma della RAI, Gli anni che cambiarono il mondo. Il card. Casaroli racconta, rievocò alcuni episodi della sua lunga attività diplomatica.
Morì nella Città del Vaticano il 9 giugno 1998.
Opere
Oltre a quelle citate: L’anno santo e la pace nel mondo, Roma 1975; Solenne commemorazione del servo di Dio papa Paolo VI nel centenario della nascita, Città del Vaticano 1977; La S. Sede fra tensioni e distensione, Torino 1978; Der Heilege Stuhl und die Volkergemeinsschaft. Reden und Aufsatze, a cura di H. Schambeck, Berlino 1981; A vent’anni dalla Conferenza di Helsinki, in Vita e Pensiero, 4, aprile 1986; Glaube und Verantwortung. Ausprachen und Predigten, a cura di H. Schambeck, Berlino 1989; Wegbereiter zur Zeitenwende. Letzte Beitrage, a cura di H. Schambeck, Berlino 1999;
Minute e documenti scritti da Casaroli nel pluridecennale servizio in segreteria di Stato sono conservati nell’Archivio segreto Vaticano, non ancora accessibile per gli anni in questione. Un’ampia selezione di discorsi, messaggi, omelie concernenti il periodo (1979-90) nel quale fu segretario di Stato è disponibile nel sito www.vatican.va/romancuria/casaroli/index-casaroli. Casaroli, per personale decisione, decise che le sue carte private fossero consegnate nelle mani della nipote Orietta Casaroli, che le ha successivamente depositate presso l’Archivio di Stato di Parma e presso il Seminario di Bedonia: Archivio di Stato di Parma, Fondo Casaroli: 1. Biografia; 2. Villa Agnese; 3. Viaggi e conferenze internazionali; 4. Paesi dell’Est; 5. Concilio Vaticano II; 6. Visite di personalità in Vaticano; 7. UCID; 8. Dipendenti laici vaticani; 9. Interviste; 10. Discorsi e omelie; 11. Divorzio; 12. Concordati; 13. Viaggi del Santo Padre Giovanni Paolo II; 14. IOR; 15. Codice di diritto canonico; 16. Appunti manoscritti; 17. Libro; 18. Corrispondenza; 19. Funerale. Archivio Seminario di Bedonia, Fondo Casaroli: 1. Album fotografici; 2. Registrazioni audiovisive: 3. Articoli e discorsi; 4. Omelie; 5. Rassegna stampa; 6. Schemi di omelie o conferenze e manoscritti.
D. De Rio - R. Giacomelli, San Pietro e il Cremlino. Memoria della Ostpolitik vaticana, Casale Monferrato 1991, passim; G. Weigel, The final revolution: The Resistance church and the collapse of Communism, New York 1992, passim; A. Santini, C. L’uomo del dialogo, Milano 1993; C. Stokelj, La S. Sede e la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Belgrado, Madrid, Vienna 1975-1989, Roma 1994, passim; E.J. Gratsch, The Holy See and the United Nations, 1945-1995, New York 1997, passim; Il filo sottile. L’Ostpolitik vaticana di A. C., a cura di A. Melloni, Bologna 2006; G. Barberini, L’Ostpolitik della S. Sede. Un dialogo lungo e faticoso, Bologna 2007, passim; La politica del dialogo. Le carte C. sull’Ostpolitik vaticana, a cura di G. Barberini, Bologna 2008; A. Silvestrini, L’Ostpolitik di A. C. 1963-1989, Bologna 2009; A. C. Il diplomatico e il sacerdote, Castel San Giovanni 2010; G. La Bella, Roma e l’America Latina. Il resurgimiento cattolico sudamericano, Milano 2012; G. Weigel, La fine e l’inizio. Giovanni Paolo II: la vittoria della libertà, gli ultimi anni, l’eredità, Siena, 2012; M. Lavopa, La diplomazia dei «piccoli passi». L’Ostpolitik vaticana di mons. A. C., Roma 2013.