CATTANEO, Agostino
Nobile genovese, nacque attorno al 1460, primogenito di Goffredo e di Luigina figlia di Cattaneo Cattanei; ebbe tre fratelli, Isnardo, Vincenzo e Mariola, poi sposa a Bartolomeo Usodimare. Nel 1486, durante il terzo dogato del cardinale Paolo Fregoso, il C. entrò nella vita politica, e, nonostante la giovane età, fece parte dell'importantissimo magistratodei Sindacatori, cui spettava il controllo sulle massime autorità e sulle leggi della Repubblica. Quindi, per diversi anni, fino al 1499, rimase lontano dalle cariche pubbliche, probabilmente a causa della dominazione sforzesca in Genova, e mantenne invece la direzione di un attivo banco commerciale, in società con diversi altri nobili genovesi, che operava in Francia, in Fiandra e in Inghilterra. Passata Genova sotto la Francia di Luigi XII, il C. dal 1499 al 1506 prese parte alle lotte politiche interne tra vecchia nobiltà e popolari, schierandosi a favore della prima.
La notte del 19 luglio 1506, durante la sollevazione popolare delle "cappette", guidata e strumentalizzata da Gian Luigi Fieschi, le case e la villa del C. vennero saccheggiate dal popolo, ed egli stesso fu costretto a lasciare la città con tutta la famiglia. L'anno successivo, l'8 maggio, un suo figliolo venne a clamoroso diverbio con alcuni esponenti dei popolari e provocò uno scontro per le vie cittadine.
Nel 1506 la ditta del C. era rimasta coinvolta nel clamoroso fallimento di un'altra ditta genovese operante a Lione, quella di Bartolomeo Cattaneo, lontano parente del C., e di Francesco di Bracelli.
Il C. e i soci (tredici a Genova, nelle persone di Francesco di Camogli, Gerolamo di Negro, Ambrogio Grimaldi, Anfreone Usodimare, Bernardo de Franchi, Oberto Spinola, Paolo da Rapallo, Stefano e Martino Centurione, Benedetto Pinelli, Simone di Basadonne, Lorenzo Cattaneo, Quilico di Negro, quattro operanti a Lione ed Avignone, cioè Raffaele Raggio, Giacomo de Sopranis, Bartolomeo da Zoagli, Francesco de Marinis; altri quattro a Londra, cioè Luchino de Marinis, Alaramo di Bozolo, Pantaleone Casanova, Ansaldo Grimaldi) diedero procura a quattro di loro per tentare di recuperare, almeno in parte, i propri rilevanti crediti.
Probabilmente anche per rifarsi del danno subito, negli anni successivi il C. si offrì come appaltatore del drictus Sabaudiae, in società con Silvestro Invrea e Nicola e Benedetto Spinola; ma anche questa operazione non ebbe esito fortunato, sebbene si sia poi conclusa senza danno economico per il C. e i soci.
Il drictus Sabaudiae venne applicato, in ragione dell'1 e 1/2%, su tutte le mercanzie provenienti da o dirette a Lione, per risarcire una somma di 18.000 lire genovesi che la Repubblica aveva versato al duca di Savoia a titolo di indennità, per ottenere la riapertura del transito attraverso i suoi territori ai mercanti genovesi diretti in Francia:il duca infatti lo aveva chiuso nel 1507 come ritorsione contro il governo popolare che da Genova aveva organizzato la spedizione contro Monaco e la Francia. Ma, alla fine del 1509, ottenuta dal, nuovo governatore francese in Genova l'abolizione del drictus,grazie anche al tacito appoggio dei mercanti lionesi e all'intervento diretto della diplomazia francese, il C. e glialtri appaltatori videro compromesso il loro guadagno. Essi avevano già ottenuto, per delibera del governo del 21 maggio 1509,la garanzia che, in caso di un nuovo arresto del transito attraverso la Savoia, la stessa imposta sarebbe stata applicata alle sete destinate a Lione, quale che fosse il loro itinerario, per terra o per mare. A seguito delle rimostranze del C. e dei soci per la cessazione degli accordi, il 14 giugno 1510 un'ordinanza del Comune stabilì che l'ufficio di Savoia e l'ufficio di S. Giorgio accordassero al C. e soci la restituzione della somma di 21.000 scudi che avevano anticipato. Il 3 dic. 1511, quando la questione era stata definitivamente regolata, il C. e gli altri appaltatori rivendicarono egualmente gli interessi su quel denaro.
Nel 1510-11, negli anni cioè in cui chiedeva e otteneva risarcimento e interessi, il C. era tra gli Anziani; da allora riprese la carriera politica con grande intensità. Tra gli Anziani, al vertice dell'apparato statale e collaboratori dei vari governatori francesi e dei Fregoso, il C. fu richiamato più volte, nel 1511, 1515,1517 e 1519; negli intervalli del 1514 e 1516 fece parte di un'altra importantissima carica,quella di Balia, che lo vedeva fra i suoi membri anche nel 1521, allorché, assediata Genova dagli eserciti ispano-imperiali di Prospero Colonna e del marchese di Pescara, fu decisa, d'accordo col governatore francese e gli Anziani, laresa della città. Che il C. sia stato negli anni trail 1510 e 1520 tra i protagonisti della vita politica interna ed estera della Repubblica e che abbia goduto della fiducia dei Fregoso, è testimoniato anche dalla sua partecipazione all'ambasceria a Massimiliano Sforza, rientrato in possesso del ducato di Milano dopo la ritirata francese. Il C., Ansaldo Grimaldi, Agostino De Ferrari e Nicolò Sauli furono eletti il 2 dic. 1512 per riportare allo Sforza l'obbedienza di Genova; il 2 gennaio successivoriferivano dell'esito positivo della missione. Il C. venne utilizzato nel 1517 in altra ambasceria, all'imperatore Massimiliano e, per difendere i diritti della Repubblica sul territorio di Ovada, già feudo della famiglia genovese dei Guarco. Dopo il sacco di Genova del 1522, la cattura di Ottaviano Fregoso e l'elezione dogale di Antoniotto Adorno, totalmente succube di Carlo V, il C. fu forse costretto a ritirarsi dalla politica attiva, anche perché occupato, come la maggior parte dei nobili-mercanti genovesi in quel periodo, alla tutela dei suoi personali interessi economici e commerciali. Comunque, nel 1525, ricoprì l'ultima carica pubblica, come ufficiale del Mare.
Morì a Genova nel 1526 ed ebbe sepoltura in S. Maria di Castello.
Dal suo matrimonio con Elianetta Stella fu Giuliano erano nati cinque figli maschi: Giambattista, battezzato il 23 giugno 1488; Cattaneo; Gerolamo; Guglielmo e Stefano (morto quest'ultimo in età infantile). Nel 1517 la moglie del C. era già morta, e Cattaneo, Gerolamo e Guglielmo adiscono all'eredità delle nonna materna Isottina De Franchi, vedova di Giuliano Stella, operando Guglielmo, ancora minore, col consenso del padre. Il primogenito del C., Giambattista, nel 1504 era entrato tra i domenicani di S. Maria di Castello, provocando una violenta reazione del padre. Il C., infatti, già nel 1502 lo aveva condotto a gestire il suo banco commerciale; venuto a conoscenza della vocazione del figlio il 19 maggio 1504 entrò nella chiesa insieme con alcuni parenti e ne trasse a forza il figlio, giungendo a percuotere alcuni frati. Lo scandalo fu sopito solo grazie all'intercessione di Bernardo Salvago e di Nicolò Doria.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 10, cc. 179, 332; 477, c. 389; 495, c. 283; Genova, Civica Bibl. Berio, ms. m.r.X, 2 167: L. Della Cella, Famiglie di Genova, c.672; Ibid., Bibl. Franzoniana, ms. 176: F. Federici, Alberi geneal.,cc. 18-19; L. A. Cervetto, Famiglie liguri, in Il Cittadino (Genova), 1897, n. 8; E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti della Soc. lig. di storia patria, XXXVII(1905), pp. 316, 404; V. Vitale, Diplom. e consoli della Repubblica di Genova, ibid.,LXIII (1934), p. 49; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, Paris 1960, docc. 78, 191.