CASANOVA, Agostino da
Le poche notizie biografiche su questo pittore ligure, attivo nella Riviera di Ponente nella prima metà del sec. XVI, si ricavano da quanto egli stesso ha scritto nei propri dipinti, quasi tutti firmati e datati, che si susseguono in un arco di tempo che va dal 1523 al 1550. Originario di Casanova, un piccolo sobborgo di Albenga, l'artista si definisce, nelle sue opere, "civis Ianue": cittadinanza, questa, a cui fa cenno anche l'Alizeri, nelle poche righe che gli dedica, pur dichiarando di non aver mai trovato il suo nome citato dai notai genovesi. Giustamente il Rotondi (1959) afferma che la permanenza a Genova, durata forse per il tempo necessario ad acquistarne la cittadinanza, deve essersi verificata in un periodo molto giovanile della vita del C., cioè quando la città non si era ancora aperta alle novità rinascimentali, conosciute attraverso gli artisti che operarono (dal 1528) nel palazzo di Andrea Doria a Fassolo: non è visibile nelle opere del C. un rinnovamento stilistico in tale direzione. Il fatto invece che queste siano state dipinte e si trovino tutte raggruppate in chiese di paesini della provincia di Imperia (fa eccezione il S. Lorenzo della Galleria sabauda di Torino, di cui peraltro non si conosce l'originaria provenienza) suggerisce l'ipotesi che l'artista abbia trascorso la sua vita nella Riviera di Ponente: ipotesi del resto confermata dai caratteri stilistici dei suoi dipinti, che mostrano tutti una dipendenza da artisti locali o da opere ivi esistenti.
Del C. si conosce un nutrito gruppo di dipinti firmati e datati; la prima opera risale al 3 sett. 1523, ed è un polittico rappresentante la Madonna con i ss. Pietro e Paolo, conservato nella chiesa parrocchiale di Valloria e realizzato in collaborazione con il pittore nizzardo S. Adrechi. Segue il polittico della Madonna del Soccorso, conservato nella parrocchiale di Tavole (1537); poi l'Annunciazione nell'oratorio di Pietrabruna (1545), il polittico dei SS. Sebastiano e Rocco nella chiesa di Molini di Prelà (1547) e il già citato scomparto di polittico, rappresentante S. Lorenzo, conservato nella Galleria sabauda a Torino (1550). Un polittico in cui è raffigurata La Madonna con il Bambino, sormontata da un pannello con il Cristo morto e circondata da otto scomparti con altrettante immagini di Santi, conservato nella chiesa parrocchiale di Villatalla, porta la firma del C. ed è collocato, dal Rotondi (1959), a un momento di poco precedente il polittico di Tavole. Il Rotondi (1959) attribuisce al C. il polittico della Madonna con i ss. Giuliano e Bernardo, conservato nella parrocchiale di Camporosso (datato 1536), ed una tavola con Ilmartirio di s. Stefano, esistente nella chiesa di S. Giorgio a Montalto Ligure. L'Alizeri descrive infine "una tavola intramezzata da archetti" del C., con S. Pietro martire tra i ss. Nicola ed Erasmo, che sarebbe appartenuta al collezionista G. B. Villa di Genova e che non è reperibile.
Il C. rivela una personalità artistica dotata di rilevanti caratteri individuali. Legato, nella sua prima opera, ai modi di Ludovico Brea e della sua bottega, cambia stile nei polittici di Villatalla, di Tavole e infine in quello di Camporosso, che può essere considerato il suo capolavoro per la piena spontaneità di espressione raggiunta e per aver saputo cogliere "dal vero, con sagace prontezza, una ragione di vita e di poesia" (Rotondi, 1959, p. 6). Il C. osserva infatti gli aspetti più scanzonati della realtà, che interpreta con sentimenti burleschi e personali. Vedasi, per es., il modo con cui dipinge, nel polittico di Camporosso, la figura di s. Giuliano che indica con spavalderia, pavoneggiantesi nel suo vivace vestito, e il quadretto retrostante ove sono raffigurati con ingenuità i genitori, uccisi dallo stesso santo nel sonno (il medesimo motivo iconografico del letto verrà ripetuto più tardi dal C. nel fondo dello scomparto dell'Annunziata, nel polittico di Molini di Prelà); oppure il gesto efficacissimo con cui la Madonna del Soccorso del polittico di Tavole, tra l'ingenuo stupore dei presenti, cerca di colpire con un bastone un demonio che sta per impadronirsi di un bambino.
Inizialmente, questi modi derivarono al C. dallo stile popolaresco del pittore domenicano Emanuele Maccario da Pigna, che lo stimolò probabilmente a staccarsi dalla scuola del Brea. Ma, poco dopo, la visione della pala d'altare che il piemontese Pascale Oddone aveva dipinto nel 1533 per la chiesa parrocchiale di S. Biagio a Finalborgo, lo portò definitivamente al gusto per il "vedere naturale" e alle tipiche caratterizzazioni di tipo settentrionale. È presente in lui anche un ricordo dei modi di Gerolamo Giovenone, nella minuta grafia delle forme e nella tersa e cangiante delicatezza dei colori. Nelle ultime opere il C. non seppe mantenersi ad un livello artistico altrettanto alto e finì con il cadere in modi popolareschi e caricaturali fino a tornare, nella sua ultima opera conosciuta, il S. Lorenzo della Sabauda, ad uno stile così vicino a quello del Brea, da far verosimilmente ipotizzare al Rotondi (1957) che questa opera fosse in realtà contemporanea al polittico di Valloria e che l'anno sia stato apposto più tardi, in occasione di un restauro effettuato dallo stesso Casanova.
Bibl.: F. Alizeri, Notizie dei profess. del disegno inLiguria, III, Genova 1874, pp. 424 s.; Boll. d'arte (1911), p. 238; G. V. Castelnovi, Dipinti antichi della Liguria Intemelia, in Riv. ingauna e intemelia, II (1947), 1, pp. 8 s.; P. Rotondi, Un discepolo di Lodovico Brea nella diocesi di Albenga: A. da C., ibid., XII (1957), pp. 138 s.; Id., A. da C. pittore ligure, ibid., XIV (1959), pp. 1-13; G. V. Castelnovi, IlQuattro e il primo Cinquecento, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1970, I, ad Indicem; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 102.